Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 10-05-2011, n. 18351 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ite.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 26 marzo 2010 questa Corte Suprema di Cassazione, quinta sezione penale, ha rigettato il ricorso proposto tra l’altro da C.A. avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia in data 15 ottobre 2009 con la quale era stata confermata la sentenza del Tribunale di Rovigo 8 maggio 2000 che aveva riconosciuto, tra gli altri, la responsabilità del C. in relazione al reato di cui all’art. 455 c.p. (diversamente qualificando il capo A) contestato quale art. 453 c.p.), inerente all’acquisto di un rilevante numero di banconote da 200 marchi tedeschi (649) e da 100 dollari USA (1479) contraffatte, al fine di metterle in circolazione.

La Corte di Cassazione, dopo aver ripercorso nella parte espositiva il fatto e gli esiti dei procedimenti di merito, ha ritenuto che le sollecitazioni difensive formulate in ricorso (trattavansi di vizi motivazionali) dovessero essere respinte.

Avverso la sentenza, ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., ha proposto ricorso straordinario C.A., con il ministero del proprio difensore avv. Florindo Ceccato, rilevando che la sentenza della Suprema Corte aveva erroneamente indicato, quale impugnazione ascritta al prefato, quella di cui all’art. 453 c.p., mentre già il giudice di prime cure aveva diversamente qualificato il reato in quello di cui all’art. 445 c.p. che, commesso in data (OMISSIS), doveva ritenersi prescritto alla data della decisione della Corte di Cassazione. Anche a voler ritenere che il reato contestato quello originario, vale a dire quello ex art. 453 c.p., la prescrizione era comunque maturata.

Con memoria difensiva, ai sensi dell’art. 611 c.p.p., l’avv. Florindo Ceccato ha ripreso e approfondito per il proprio assistito le doglianze già espresse in ricorso, insistendo per l’accoglimento delle medesime.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

3.1 – Occorre per vero che le Sezioni Unite del 27 marzo 2002 (Sez. U., 27 marzo 1 2002, n. 16103, Basile P, rv. 221280) hanno chiarito che l’errore di fatto che si sia verificato nel giudizio di legittimità può essere oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis c.p.p., quando consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso, ed abbia avuto influenza sul processo formativo della volontà del decidente (criterio della decisività), che risulta viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, ed perciò abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (sentenza della Sez. Unite citata).

In particolare, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (rv 221280 citata), e tale errore esula dal campo di applicazione dell’art. 625 bis c.p.p., atteso che il ricorso straordinario non è un ulteriore grado di giurisdizione, ma ha il solo scopo di porre rimedio a sviste o ad errori di percezione nei quali fosse incorso il giudice di legittimità (Cass., Sez. 5, 5 aprile 2005 n. 37725 rv. 232313).

3.3. – Ciò posto, si osserva, nella fattispecie, che la Corte di Cassazione, nonostante il giudice di appello abbia fatto più volte riferimento, nella parte motivazionale della sentenza, alla circostanza che il C. fosse stato condannato dal primo giudice per il reato di cui all’art. 455 c.p., diversamente qualificando il reato contestato sub A) – art. 453 c.p. (sebbene nella parte iniziale del medesimo provvedimento sia stato scritto erroneamente che il Tribunale di Rovigo avesse condannato il C. per il reato di cui all’art. 453 c.p.) – ha ritenuto il ricorrente imputato del reato originariamente contestato ( art. 453 c.p.) ignorando la riqualificazione, non ponendosi così la questione attinente alla prescrizione del reato.

Se il Supremo Collegio non fosse pertanto incorso nell’errore percettivo di ritenere il C. ancora imputato del reato di cui all’art. 453 c.p., si sarebbe dovuto ex officio porre la problematica ex art. 157 c.p. (sul punto di immediata rilevabilità della prescrizione nulla quaestio, cfr. infatti, tra l’altro, Cass., Sez. 4,19 marzo 2009, n. 14450, Stafissi, rv. 244001; Sez. 5, il luglio 2008, n. 39217, Crippa, rv. 242326; Sez. 5, 9 giugno 2005, n. 26064, Colonna, rv. 231916) atteso che il reato, così come ritenuto dal giudice di merito, ben poteva essere perento per essere trascorsi anni quindici dalla sua consumazione (potendo la prescrizione essere più esattamente maturata in data 21 marzo 2010, cinque giorni prima, cioè, della pronuncia della sentenza di legittimità) dovendo pertanto procedere ad esaminare gli atti onde verificare la ricorrenza o meno di fatti sospensivi.

4 – Ne consegue che, residuando la necessità di porre in essere la verifica detta in un nuovo giudizio, la sentenza 26 marzo 2010 della sezione quinta va revocata con le determinazioni di cui in dispositivo.
P.Q.M.

revoca la sentenza di questa Corte Sezione Quinta penale 26 marzo 2010 n. 21878/10 limitatamente alla definizione giuridica del reato e alla omessa decisione sulla prescrizione. Dispone rimettere gli atti al Presidente della Sezione per la fissazione di nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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