Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-05-2011, n. 2871 Piano regolatore comunale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La sig.ra M. A., nella sua qualità di comproprietaria di immobile sito nel Comune di Canneto sull’Oglio (NCT comunale, foglio 23, mappali nn. 304, 320 e 321, dell’estensione di circa 10.300 mq., denominato "Brolo" ed utilizzato come vivaio per piante), sul quale insisteva da oltre trent’anni un vincolo di PRG per attrezzature di interesse pubblico, con destinazione urbanistica F, ha appellato, con ricorso notificato alle parti del giudizio di primo grado (R.G. n. 9874 del 2007) al quale non ha partecipato, la sentenza indicata in epigrafe con la quale il Giudice di primo grado ha respinto il gravame proposto dall’altro comproprietario dell’immobile, sig. G. A. (fratello dell’appellante), per l’annullamento delle delibere comunali n. 28 del 2003, n. 60 del 2003 e n. 28 del 2004 con le quali, in sede di adozione ed approvazione del nuovo PRG comunale, è stato reiterato il vincolo preordinato a fini espropriativi già esistente su detto immobile.

Ha premesso l’appellante, con riferimento alla "…natura degli interessi radicati in capo essa…", che, nella sua qualità di comproprietaria della suddetta area, "…deve ritenersi, sul piano sostanziale, contraddittore necessario dell’Amministrazione, nonché, sul piano processuale, controinteressata in occasione di qualsiasi contenzioso che coinvolga i propri diritti fondiari…", atteso che "…le determinazioni assunte dall’Amministrazione comunale in merito alla destinazione dell’area devono indefettibilmente confrontarsi con i soggetti proprietari, così come ogni contenzioso inerente la legittimità dei vari atti non può svolgersi a propria insaputa…".

Ha soggiunto che, conseguentemente, sarebbero viziati sia il procedimento amministrativo che la sentenza impugnata per i seguenti motivi di diritto:

– violazione del contraddittorio per mancata comunicazione del giudizio promosso dal fratello comproprietario;

– violazione del diritto alla partecipazione alle procedure espropriative, nonché mancata comunicazione all’appellante di qualsiasi atto.

Dei soggetti intimati si è costituito in giudizio soltanto il Comune di Canneto sull’Oglio che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello e, comunque, l’infondatezza dello stesso.

Nella Camera di Consiglio del 5 febbraio 2008, con ordinanza n. 647, la Sezione ha dato atto della rinunzia dell’appellante alla sua istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

In previsione della discussione in pubblica udienza dell’appello sia l’appellante sia l’appellato Comune hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive mediante apposite memorie.

2. – Il sig. G. A., quale comproprietario del medesimo immobile indicato nel capo 1 che precede (vincolato, come già detto, sin dal primo piano regolatore del 1972 a "…zona F per attrezzature di interesse pubblico…") impugnava innanzi al medesimo TAR la deliberazione consiliare n. 28 aprile 2004, n. 28, di approvazione definitiva del nuovo piano regolatore generale del Comune di Canneto sull’Oglio, deducendo otto motivi di impugnazione alla stregua dei quali risulterebbe che illegittimamente sarebbe stato reiterato il vincolo di destinazione pubblica dell’area.

Con sentenza n. 1393 del 10 novembre 2006 (la stessa di cui al capo 1) detto gravame è stato respinto dal TAR con motivazione che può essere così riassunta:

– é infondato il primo motivo perché la determinazione di reiterazione del vincolo é adeguatamente motivata, risultando comprovate dagli atti del procedimento (cfr., in particolare, punto 14 della relazione illustrativa al nuovo PRG e controdeduzioni alle osservazioni del ricorrente), così come richiede la costante giurisprudenza amministrativa, sia le specifiche ragioni del ritardo che hanno determinato la decadenza del vincolo; sia la mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione tra proprietari espropriabili, con conseguente necessità della scelta operata per soddisfare le esigenze della popolazione; sia, infine, la serietà ed affidabilità dell’impegno assunto per la realizzazione dell’opera entro il quinquennio di vigenza del vincolo, anche sotto il profilo tecnico ed economico, tenuto conto delle delibere di G.M. n. 123 e n. 170 del 2004, nonché n. 70 del 2005;

– il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono anch’essi infondati perché la legge regionale individua soltanto il valore minimo inderogabile di dimensionamento degli standards urbanistici, in rapporto alla capacità insediativa teorica, che non impedisce al Comune di poter superare motivatamente detto valore minimo e perché la relativa determinazione di piano, sindacabile per pacifica giurisprudenza soltanto se palesemente arbitraria ed irragionevole, è stata contestata senza allegare alcun elemento che dimostri tale arbitrarietà e/o irragionevolezza;

– il quinto motivo è infondato in fatto poiché dal parere reso dalla Provincia, in ordine alla compatibilità del nuovo PRG con il Piano Territoriale di Coordinamento, emerge con tutta evidenza che "i rilievi" cui si fa cenno in ricorso sono, a ben vedere, mere proposte non prescrittive, rinvenendosi nel testo come unica prescrizione vincolante, peraltro recepita, quella attinente all’ambito denominato "P 4", estraneo alla fattispecie;

– il sesto motivo segue la sorte negativa già avuta dai precedenti motivi perché la reiezione delle osservazioni del ricorrente è stata motivata tenuto conto di quanto è contenuto nella Relazione illustrativa al nuovo PRG, nel Piano dei Servizi e nelle ampie ed articolate controdeduzioni formulate dal Comune;

– infine, sia il settimo che l’ottavo motivo sono infondati in fatto avendo il Comune proceduto nei termini alle pubblicazioni di rito, come dimostrato dalla documentazione in atti ed essendo stato adottato ed approvato, come parte integrante del nuovo PRG, lo studio geologico redatto già nel 2001.

Con l’appello in epigrafe (n. 9785 del 2007) il sig. G. A., ha chiesto la riforma di detta sentenza deducendo otto motivi di impugnazione volti alla dimostrazione dell’illegittima reiterazione del vincolo di destinazione pubblica del proprio immobile.

In particolare, previa espressa dichiarazione di acquiescenza alla parte di decisione con la quale il primo Giudice ha rigettato il settimo e l’ottavo dei motivi di ricorso di primo grado, ha contestato la fondatezza della restante motivazione della stessa sentenza, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

A)- "…Insufficienza dei presupposti economici per procedere a qualsiasi indennizzo nei confronti della proprietà Brolo…".

Il Giudice di prima istanza avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente l’istruttoria curata dall’Amministrazione, mentre essa, al contrario sarebbe approssimativa, "…tale da rendere la medesima un mero simulacro…", tenuto conto che il Comune avrebbe riconosciuto di "…avere in passato reiterato il vincolo sull’area Brolo senza procedere all’esproprio in considerazione dell’incapienza economica…"; inoltre, sarebbe evidente, in relazione allo stanziamento in bilancio della somma "…di soli euro 400.000,00 per procedere all’intervento sull’area Brolo…", l’assenza "…di una seria volontà…" al riguardo, una volta detratte le spese connesse alla progettazione (fattibilità ed altri livelli di progettazione); infine, lo stesso TAR non avrebbe correttamente "…apprezzato il peso di tale profilo, riducendo l’intera vicenda ad una mera questione di giurisdizione…", potendo, ben vero, "…l’autorità giurisdizionale, senza scendere nel merito della quantificazione, comunque accertare che, anche seguendo il criterio più riduttivo, le somme stanziate siano insufficienti a realizzare l’intervento…".

B)- "…Inadeguatezza della motivazione in merito alle soluzioni alternative ed alla motivazione sottesa all’adozione di standards più incisivi…", in quanto, se è condivisibile in punto di principio l’interpretazione del TAR della derogabilità in aumento del valore minimo stabilito dalla legge regionale, non è, invece, condivisibile la giustificazione operata dal TAR della scelta urbanistica concretamente operata nella specie (per una popolazione di appena 4.500 abitanti) che raddoppia il valore minimo di standard a verde (da 13,25 per mq, a 29,51 per mq), avuto presente: – in punto di fatto, che il territorio comunale, già a caratterizzazione agricola, è immerso nel verde della pianura mantovana e confina con il Parco del fiume Oglio e che, nello stesso Comune appellato ed in quelli limitrofi, sono in esercizio ben 200 aziende florovivaistiche (su circa 2300 ettari di terreno), essendo la zona uno dei principali "…poli internazionali della florovivaistica…"; – in punto di diritto, che la motivazione della sentenza in esame (riequilibrio dei fabbisogni dovuti ad eventuali ristrutturazioni previste per aree industriali dismesse poste in zona A e B, ovvero da esigenze di calmierare il mercato) è errata siccome giustifica l’apposizione "…di un vincolo attuale, a fronte di un fabbisogno non dimostrato e per attività future ed incerte…".

Si è costituito in giudizio il solo Comune di Canneto sull’Oglio che con memorie ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso di primo grado -non essendo stata evocata in giudizio la controinteressata comproprietaria del terreno fatto oggetto della destinazione urbanistica contestata- nonché l’acquiescenza prestata dall’appellante, in ragione dei motivi di appello proposti, che attengono "…esclusivamente alla reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla previsione del parco urbano sotto il profilo del dimensionamento degli standards urbanistici…", alla parte di decisione che non riguarda tali profili di impugnazione.

Ha, altresì, controdedotto nel merito alle critiche mosse alla sentenza appellata, della quale ha chiesto la conferma, in quanto:

– il primo motivo di appello sarebbe, non solo inammissibile (perché questione nuova, concernente atti non impugnati, non attinente alla legittimità del procedimento, ma a questioni patrimoniali di competenza dell’AGO, come già rilevato anche dal TAR), ma anche infondato perché nella somma stanziata vi sarebbe capienza anche per l’indennizzo, oltre che per le spese di realizzazione del parco pubblico;

– il secondo motivo, oltre che inammissibile perché relativo a profilo nuovo non dedotto in primo grado, sarebbe comunque infondato in fatto prevedendo la legge regionale come standard minimo il valore di 26.5 mq per abitante e non di 13,5 mq, come affermato dall’appellante.

Con più memorie entrambe le parti costituite hanno, poi, ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive confermando le conclusioni già in precedenza rassegnate.

3. – Alla pubblica udienza del 8 marzo 2011 entrambi gli appelli sono stati introitati per la decisione.

4. – Ciò precisato in punto di fatto deve il Collegio procedere, preliminarmente, alla riunione dei due appelli in epigrafe essendo essi rivolti all’annullamento della medesima sentenza di primo grado.

5. – L’appello n. 9874 del 2007 è inammissibile per le seguenti considerazioni.

5.1 – La sig.ra M. A., pur non avendo partecipato, in qualsivoglia veste processuale, al giudizio di primo grado conclusosi con la sentenza dalla medesima criticata, sostiene di essere, comunque, legittimata ad appellare ed a tal proposito afferma che:

– "…avrebbe potuto promuovere giudizio per opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., in quanto lesa dal giudizio instaurato tra il fratello e l’Amministrazione…"; – "… il comproprietario di un’area sottoposta a vincolo espropriativo non può apoditticamente qualificarsi come necessariamente ed irrimediabilmente cointeressato, rispetto alle azioni di annullamento dei provvedimenti ablatori,…" e, quindi, non può affermarsi, altrettanto "…apoditticamente, che il comproprietario tragga vantaggi dall’annullamento dei provvedimenti di esproprio…"; – "…potrebbe avere interesse a conseguire l’indennizzo comunale…", associandosi "…alle procedure di esproprio indennizzi economici…";

– "…non potrebbe qualificarsi come soggetto che dall’impugnazione amministrativa abbia solo da trarre vantaggi e la cui partecipazione possa essere elisa…";

– "…essendo un centro autonomo di interessi…", questi ultimi non potrebbero "…qualificarsi come necessariamente ed esclusivamente equipollenti a quelli del ricorrente…", per essere, invece, "…distinti ed opposti rispetto a quelli del fratello G. A., talché il giudizio inerente le evoluzioni della proprietà dell’area non poteva svolgersi a propria insaputa…".

5.2 – Orbene, ritiene il Collegio che la semplice lettura di tali affermazioni mostri come l’appellante sia incorsa in aperta ed insanabile contraddizione nell’esposizione delle ragioni per le quali sarebbe oggi legittimata ad appellare la sentenza in oggetto, pur non avendo partecipato al giudizio di primo grado conclusosi con detta sentenza, e come, quindi, il mezzo processuale proposto non superi il vaglio di ammissibilità già sotto tale profilo.

Infatti, mentre in alcuni punti si afferma ripetutamente la riconducibilità della propria posizione a quella di controinteressato -con la conseguenza che la richiesta finale dovrebbe essere, teoricamente, quella della conferma della sentenza impugnata- con altre si capovolge, sostanzialmente, il quadro di riferimento perché si formula espressa richiesta di annullamento della sentenza, così affiancando, concretamente, la domanda di appello dell’altro comproprietario, in evidente posizione di cointeresse con quest’ultimo.

5.3 – Inoltre, l’appello é inammissibile anche sotto diverso profilo non potendosi non riconoscere alla sig.ra A. che la posizione di parte cointeressata all’annullamento della sentenza appellata, tenuto conto che il provvedimento impugnato in prime cure impone un vincolo espropriativo sul bene immobile comune ad essa ed all’altro comproprietario (il fratello), unico destinatario quest’ultimo di detta sentenza.

Ed invero, è pacifico in giurisprudenza che l’imposizione di vincoli espropriativi o preordinati all’espropriazione, siccome afflittivi in maniera oggettiva ed indiscriminata del comune diritto dei comproprietari, non consente di operare distinzioni tra le posizioni di questi ultimi, così differenziandosi detto specifico caso dalla generale possibilità di operare ognora un’autonoma valutazione della disciplina urbanistica, da parte di ciascuno dei destinatari della stessa, essendo le relative scelte suscettibili, per loro natura, di essere considerate in senso favorevole o sfavorevole.

Consegue che la sig.ra A. avrebbe dovuto autonomamente impugnare in primo grado, nei modi e nei termini decadenziali di rito, la determinazione comunale in questione essendo, peraltro, pienamente avvertita della lesione inferta alla propria posizione giuridica già dal 2003, per effetto della nota del Comune di Canneto sull’Oglio n. 1679 del 3 marzo 2003 di avvio del procedimento, ed avendo partecipato attivamente al successivo iter di approvazione della variante generale allo strumento urbanistico (C.C. n. 28 del 2004), come risulta dalla osservazioni prodotte insieme al fratello comproprietario con nota protocollata al n. 1668 del 8 marzo 2004.

In sintesi, non avendo ciò fatto, è da escludere anche sotto il profilo esaminato che essa, nella sua accertata qualità di cointeressata, sia oggi legittimata ad impugnare la sentenza in epigrafe.

5.4. – Le conclusioni raggiunte nei due capi di motivazione che precedono non impediscono, però, che l’atto processuale comunque proposto dalla sig.ra A. possa essere convertito in atto di intervento direttamente in appello, qualora sia possibile riconoscere alla parte proponente una posizione sostanziale ed autonoma di vantaggio conseguente all’eventuale accoglimento delle ragioni espresse nell’appello proposto da altri.

Alla stregua della rilevata confusione ed ambiguità delle ragioni sottese alla proposizione del proprio atto di appello, da parte della sig.ra M. A., ben potrebbe il Collegio ritenere impossibile anche l’attribuzione all’atto anzidetto della valenza di mero intervento, non essendo evincibile, sulla base delle deduzioni svolte, quale sia con certezza la posizione giuridica vantata dalla stessa sig.ra A..

Pur tuttavia, facendo applicazione del convincimento espresso circa l’ascrivibilità, comunque, della posizione di quest’ultima a quella tipica del cointeressato all’azione giudiziaria proposta da altro soggetto, ben può ritenersi convertibile l’atto di appello in questione in intervento ad adjuvandum delle ragioni per le quali l’altro comproprietario, sig. G. A., ha chiesto la riforma della sentenza che ha respinto il suo ricorso di primo grado, così innestando ogni richiesta della prima (comproprietaria), in via dipendente e condizionata, nell’alveo della domanda di appello proposta dal secondo (comproprietario).

Ciò perché, alla stregua della disciplina processuale applicabile ratione temporis alla fattispecie, è riconoscibile un legittimo titolo all’intervento ad adjuvandum anche nei confronti dei soggetti, come la predetta sig.ra A., che pur privi della qualità di parte formale o necessaria del giudizio di primo grado, subiscano, comunque, per effetto della sentenza impugnata (da altri), un pregiudizio, ancorché attualizzatosi soltanto in corso di causa (cfr. C.d.S., sez. V^. n. 1960 del 2002 e n. 3084 del 2009), e perché non vi osta, a ben vedere, neppure la disciplina in proposito dettata dal nuovo codice del processo amministrativo (cfr. art. 97) che, anzi, sembra avere recepito tale citato avviso giurisprudenziale laddove, con formula particolarmente garantistica del più ampio contraddittorio, consente a chiunque vi abbia interesse di intervenire nel giudizio di impugnazione purché ciò sia fatto con atto notificato a tutte le parti, che è adempimento che è stato sostanzialmente qui effettuato dalla sig.ra A..

6. – L’appello n. 9875 del 2007 deve essere respinto per le seguenti considerazioni.

6. 1 – Preliminarmente deve il Collegio dare atto che si è già formato il giudicato su gran parte della sentenza impugnata, sia alla stregua di quanto dichiarato dall’appellante, sia di quanto è ricavabile dal testo dei motivi di impugnazione da questi proposti.

Ed invero, sotto il primo profilo, rileva l’affermazione dell’appellante (cfr. pag. 9, ultimo capoverso) che "…le argomentazioni di cui ai punti 7 ed 8 appaiono convincenti, talché non si propone appello…", alla stregua della quale, siccome riconnessa ai due specifici punti della sentenza impugnata con i quali sono stati rigettati -siccome infondati in fatto- i motivi settimo ed ottavo di primo grado, non può non ritenersi prestata espressa acquiescenza al relativo decisum.

Sotto il secondo profilo, deve convenirsi con l’appellato Comune, che l’appellante ha prestato sostanziale acquiescenza anche ad altri capi di decisione della sentenza in esame, quali quelle inerenti il quinto ed il sesto dei motivi di ricorso di primo grado, essendo evidente dal contenuto concreto dei motivi di appello (due) proposti che difetta ogni critica che attinga la motivazione di reiezione, sia di detto quinto motivo -e cioé delle questioni attinenti la valenza sostanziale di mera proposta non prescrittiva dei contenuti del parere reso dalla Provincia in ordine alla compatibilità del nuovo PRG con il Piano Territoriale di Coordinamento- sia del sesto motivo, concernente il rigetto delle osservazioni al piano prodotte a suo tempo dall’appellante anzidetto.

Infine, ritiene il Collegio di poter rilevare di ufficio che, a ben vedere, il giudicato si è formato anche su altri punti di contestazione pure proposti in primo grado, tenuto conto che le critiche concretamente mosse alla sentenza appellata non investono:

– né la motivazione di quest’ultima che ha correttamente escluso -alla stregua di quanto ricavabile dal punto 14 della relazione illustrativa della variante e dalle controdeduzioni all’osservazione (n. 6) presentata dal ricorrente (cfr. delibera n. 28 del 2004), nonché dai contenuti delle delibere di Giunta di adozione del programma triennale (n. 123 del 2004), di approvazione dello studio di fattibilità del parco (n. 170 del 2004) e di conferimento dell’incarico di progettazione di massima (n. 70 del 2005)- la fondatezza delle censure di difetto di motivazione e di illogicità della contestata previsione vincolistica contenute nel primo motivo di ricorso di primo grado;

– né le ragioni per le quali lo stesso TAR ha ritenuto infondato il quarto motivo, inerente l’illegittima "…monetizzazione, in via generalizzata e quasi per intero della superficie a standard…", nonché il conseguente "…sottodimensionamento del livello minimo di standard in determinati ambiti, con aggravamento di altri ambiti…", peraltro anch’esso comunque infondato per essere pienamente condivisibile la motivazione resa in proposito dal TAR.

6.2 – Altrettanto preliminarmente deve il Collegio esaminare l’eccezione proposta dall’appellato Comune che ritiene difettoso il rapporto processuale essenziale di primo grado, essendo stata omessa la notifica del ricorso alla comproprietaria (sig.ra M. A.) del terreno fatto oggetto della contestata previsione urbanistica.

Al riguardo, è sufficiente richiamare le considerazioni già espresse nei precedenti capi di motivazione 5.2 e 5.3 per poter ribadire che, nella specie, la sig.ra M. A., nella sua qualità di comproprietaria del bene fatto oggetto del vincolo in questione, non ha veste di controinteressata, bensì di cointeressata, all’annullamento di detto vincolo, per cui il ricorso di primo grado (deciso con la sentenza appellata) correttamente non è stato notificato alla comproprietaria anzidetta.

Consegue la reiezione dell’esaminata eccezione.

6.3 – Nel merito, osserva il Collegio che i due motivi di impugnazione proposti sono entrambi infondati.

6.3.1 – Quanto al primo, ritiene il Collegio che -in disparte ogni valutazione circa l’ammissibilità delle critiche con esso mosse, siccome coinvolgenti valutazioni di merito che non appaiono irrazionalmente operate dal Comune appellato nel caso in esame- esso comunque non colga nel segno tenuto conto dell’ampia motivazione, supportata dal riferimento ad atti del procedimento specificamene individuati, con la quale il Giudice territoriale ha escluso che sia "…una somma simbolica ed inadeguata…" quella stanziata per la realizzazione del parco urbano in relazione al quale è stato apposto il vincolo in questione.

Infatti, può condividersi l’avviso di detto Giudice che gli atti del procedimento urbanistico in questione, non solo motivano le ragioni per le quali può ritenersi legittimamente reiterato il vincolo e qualificata ineluttabile la relativa scelta, nonché ragionevole, seria ed affidabile la prevista realizzazione nel quinquennio dell’opera pubblica alla quale è collegato il vincolo stesso, tenuto conto della situazione dei luoghi, ma danno contezza sufficiente anche della correttezza della previsione di spesa effettuata, avuto presente che le risorse economiche concretamente apprestate per la concreta realizzazione dell’opera pubblica non appaiono inadeguate, proprio in ragione della già naturale predisposizione dell’immobile oggetto di vincolo ad una sua destinazione a parco pubblico.

In sintesi, tutte le deduzioni svolte con l’esaminato motivo vanno respinte siccome infondate.

6.3.2 – Quanto al secondo, osserva il Collegio come non possa certamente ritenersi irrazionale o sproporzionato, anche in termini di impegno ragionevole di spesa, rispetto alle esigenze della popolazione residente, che il Comune appellato, in presenza dell’accertata carenza di un vero giardino pubblico all’interno del capoluogo che consenta la fruizione di spazi di verde posti a diretto contatto con le zone residenziali, individui quale migliore condizione per realizzare il programmato "parco pubblico" un compendio, quale quello nella specie del "Brolo", avente una sua naturale vocazione a tale scopo che, quindi, per tale sua qualità, rende di minor impatto la spesa ipotizzabile normalmente e, dunque, congrua, come già rilevato, quella individuata nella specie.

Né possono avere negativa incidenza sul convincimento testè espresso le notazioni dell’appellante concernenti l’estensione in genere del verde nel Comune di Canneto sull’Oglio, anche per effetto della vocazione agricola del territorio, ovvero la presenza di molteplici culture vivaistiche, poiché va condiviso l’avviso alla stregua del quale il bisogno di verde pubblico utilizzabile all’interno dell’abitato cittadino per giochi, passeggio, riposo et cetera deve essere direttamente ed immediatamente fruibile specialmente da bambini ed anziani e, quindi, non può ritenersi soddisfatto, né in presenza di tali indicati presupposti, né se a questi si aggiungano aree naturalistiche di carattere boschivofluviale, quali quelle pure esistenti nel caso in esame al di fuori del centro abitato.

In sintesi, anche tutte le deduzioni svolte con l’esaminato ultimo motivo di appello vanno respinte siccome infondate.

7. – Circa le spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che la non agevole valutazione della situazione in fatto ed in diritto del caso esaminato consenta di non porre a carico delle parti soccombenti le spese stesse.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli n. 9874 del 2007 e n. 9875 del 2007, come in epigrafe proposti:

1)- riunisce gli appelli anzidetti;

2)- dichiara inammissibile l’appello n. 9874 del 2005;

3)- respinge l’appello n. 9875 del 2007.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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