costituito dai magistrati:
Marina ROSSI DORDI – Presidente
Anton WIDMAIR – Consigliere
Hans ZELGER – Consigliere
Lorenza PANTOZZI LERJEFORS – Consigliere relatore
ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 172 del registro ricorsi 2008
presentato da
von WIDMANN STAFFELFELD ULMBURG Johann e REINISCH Eleonora, rappresentati e difesi dall’avv. Arthur Frei, con elezione di domicilio presso lo studio dello stesso, in Bolzano, Galleria Vintola, n. 17, come da mandato a margine del ricorso; – ricorrenti –
c o n t r o
COMUNE di BOLZANO, in persona del Sindaco pro tempore, che sta in giudizio in forza della deliberazione della Giunta municipale n. 455 dd. 17.6.2008, rappresentato e difeso dall’avv.ti Alessandra Merini, Marco Cappello, Bianca Maria Giudiceandrea e Kezia Pellinghelli, con elezione di domicilio presso l’Avvocatura comunale, Vicolo Gumer, n. 7, giusta delega in calce al ricorso notificato; – resistente –
e nei confronti di
OBERRAUCH Heinrich e Ansitz WEGGENSTEIN S.r.l., entrambi rappresentati e difesi dagli avv.ti Michael Grüner, Christoph Baur e Manfred Natzler, con domicilio eletto presso lo studio degli ultimi, in Bolzano, C.so Italia, n. 32, giusta delega a margine dell’atto di costituzione;
– controinteressati –
per l’annullamento,
previa emanazione di misure cautelari,
1. della concessione edilizia rif. n. 1315/2006, prat. ed. 159/2007, del 28.6.2007, avente ad oggetto: Nuova costruzione – Edificio residenziale “Ansitz Weggenstein” – p.ed. 78/1, C.C. Dodiciville – Via Weggenstein 20, Bolzano;
2. del parere espresso dalla Commissione Edilizia in data 21.2.2007, in parte qua;
3. del parere espresso dalla Commissione Edilizia in data 6.12.2006, in parte qua;
4. del parere espresso dalla Commissione Edilizia in data 30.8.2006, in parte qua;
5. della determinazione dei contributi, giusta nota del 5.3.2007 e, per quanto possa occorrere,
6. della deliberazione del Consiglio comunale 5.5.1988, n. 81;
e per l’accertamento
che l’intervento edilizio oggetto della controversia è soggetto ai contributi di concessione in misura piena, quanto meno nelle parti soggette a modifica della destinazione d’uso.
Visto il ricorso notificato il 3.6.2008 e depositato in segreteria il 13.6.2008 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano depositato il 23.6.2008;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei controinteressati Oberrauch Heinrich e Ansitz Weggenstein S.r.l., depositato il 23.6.2008;
Visto il verbale della camera di consiglio del 24.6.2008, dal quale risulta che la trattazione dell’istanza cautelare è stata rinviata all’udienza di merito;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 36/08, depositata in data 27.6.2008, con la quale è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio su tre quesiti, è stato nominato il C.T.U. ed è stata fissata l’udienza di merito;
Vista la relazione tecnica del C.T.U, dott. J.L. Rungger (depositata il 14.11.2008), e le relazioni dei tecnici di parte;
Viste le memorie prodotte;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la camera di consiglio del 28.1.2009 il consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors ed ivi sentito l’avv. A. Frei, per i ricorrenti, l’avv. M. Cappello, per il Comune di Bolzano e gli avv.ti M. Grüner e C. Baur, per i controinteressati;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
I ricorrenti espongono di essere rispettivamente proprietario (signor J. von Widmann Staffelfeld Ulmburg) e usufruttuaria (signora E. Reinisch) delle pp.ff. 161/2 e 161/5, nonché delle pp.ed. 79/3, 79/4, 79/5, 79/1 e 3163, tutte in C.C. Dodiciville, ubicate a Bolzano, in via Weggenstein, dai nn. 22 a 26.
In data 4 luglio 2006 il signor H. Oberrauch presentava al Comune di Bolzano domanda volta ad ottenere il rilascio di concessione edilizia per la demolizione di un immobile esistente sulla p.ed. 78/1 in C.C. Dodiciville (confinante con le particelle sopraccitate) e per la costruzione di un edificio ad uso residenziale, di 10.917,78 mc, di cinque piani fuori terra e tre piani interrati, in via Weggenstein, n. 20, in zona classificata dal PUC “verde privato” (doc. 2 del Comune).
La Commissione edilizia, in una prima seduta del 30 agosto 2006, rinviava l’esame del progetto, chiedendo la presentazione di documentazione integrativa. In particolare, veniva richiesto un rilievo planivolumetrico completo e dettagliato, tenuto conto che l’area si trova “in regime di vincolo storico e documentale e ai margini di una zona sottoposta alla tutela degli insiemi”. Inoltre venivano avanzati i seguenti rilievi di massima:
* “l’edificazione sul fronte strada in fregio alla via Weggenstein deve garantire la formazione continua di un marciapiede di almeno mt.1.50;
* le deroghe delle distanze di PUC dai confini e la gestione delle distanze dagli edifici esterni al lotto deve documentalmente essere dimostrata nel rispetto dei dettati dell’art. 59, comma 3;
* l’altezza dei volumi tecnici all’estradosso della copertura non può per norma superare mt. 1,50, salvo eventuali soluzioni in deroga per problemi di qualificazione dell’accessibilità alla copertura verde, comunque presentando tavola rappresentativa della planimetria e delle sezioni del piano di copertura con le relative destinazioni d’uso;
* l’ipotesi del muro di recinzione in muratura ad altezza di mt. 2 circa, può essere concessa in deroga al regolamento vigente solo mediante adeguata motivazione architettonica e relativa documentazione tecnica, con particolare attenzione ai problemi di rispetto delle proprietà confinanti;
* il progetto va integrato con perizia idrogeologica e con studio di fattibilità antincendi” (doc. n. 4 del Comune).
Con nota del 10 novembre 2006 il progettista trasmetteva al Comune di Bolzano il rilievo planivolumetrico, il plastico volumetrico dello stato di fatto e di progetto e altra documentazione (doc. n. 6 dei controinteressati).
Nella successiva seduta del 6 dicembre 2006 la Commissione edilizia rinviava nuovamente l’esame del progetto, chiedendo ulteriore documentazione (doc.ti n. 5 e 6 del Comune).
Nella seduta del 21 febbraio 2007, la stessa Commissione, esaminata la documentazione integrativa presentata dal geom. H. Klauser il 25 gennaio 2007, esprimeva parere favorevole al progetto (doc. n. 7 del Comune e n. 11 dei controinteressati).
Con nota del 5 marzo 2007 l’Amministrazione comunale comunicava al signor H. Oberrauch l’importo dovuto a titolo di contributi di concessione, successivamente versato all’Amministrazione in data 18 giugno 2007 (doc. n. 12 dei ricorrenti).
In data 28 giugno 2007 veniva rilasciata al signor H. Oberrauch la concessione edilizia oggetto di impugnazione.
In data 27 novembre 2007 il Direttore dei lavori comunicava al Comune di Bolzano l’inizio dei lavori (doc. n. 16 dei controinteressati).
A fondamento del ricorso notificato il 3 giugno 2008 i ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi:
1. “Violazione delle norme di attuazione al Piano urbanistico comunale di Bolzano, in particolare artt. 3 e 23; eccesso di potere per travisamento di fatti e difetto di istruttoria”;
2. “Violazione dell’art. 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17 per difetto di motivazione; eccesso di potere per contraddittorietà tra pareri rilasciati dalla stessa amministrazione; perplessità tra pareri rilasciati dalla stessa amministrazione; perplessità. Violazione dell’art. 26 delle norme di attuazione al PUC di Bolzano per difetto del plastico volumetrico dell’area”;
3. “Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e contrasto con precedenti provvedimenti concessori, violazione dell’art. 23 delle norme di attuazione al PUC”;
4. “Violazione degli artt. 66, 73, 75, 76 e 78 della legge provinciale del 11.8.1997, n. 13; erroneo computo dei contributi di concessione”.
I ricorrenti hanno chiesto al Tribunale, inoltre, di accertare che l’intervento edilizio in esame è soggetto ai contributi di concessione in misura piena, quanto meno nelle parti soggette a modifica della destinazione d’uso.
Si è costituito in giudizio il Comune di Bolzano e ha chiesto il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
Si sono costituiti in giudizio anche i controinteressati, i quali hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, per tardività, essendo stato notificato il 3 giugno 2008, a distanza di undici mesi dal rilascio della concessione edilizia impugnata; nel merito hanno chiesto che il ricorso sia rigettato, siccome infondato.
All’udienza in camera di consiglio del 24 giugno 2008 la difesa dei controinteressati ha dichiarato di impegnarsi a non costruire ad un’altezza superiore a 10 metri, in attesa della decisione del ricorso nel merito. Le parti, quindi, hanno concordemente chiesto, da un lato il rinvio della discussione dell’istanza cautelare all’udienza di merito e, dall’altro l’ammissione di una consulenza tecnica sulle questioni oggetto di controversia.
Con ordinanza collegiale n. 36/2008, depositata il 27 giugno 2008, il Tribunale ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio e ha nominato consulente il dott. Josef Ludwig Rungger, al quale è stato chiesto di fornire il proprio ausilio tecnico in ordine ai seguenti tre quesiti:
1. “accerti il CTU, sulla base delle concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Bolzano, la cubatura dei preesistenti otto corpi di fabbrica che costituivano la casa ‘Cembran’ di via Weggenstein (p.ed. 78/1, C.C. Dodiciville);
2. accerti il CTU, sulla base delle concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Bolzano, l’altezza dei preesistenti otto corpi di fabbrica che costituivano la casa ‘Cembran’;
3. accerti il CTU, sulla base delle concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Bolzano, la destinazione d’uso dei preesistenti otto corpi di fabbrica che costituivano la casa ‘Cembran’”.
All’udienza fissata per l’affidamento dell’incarico di consulenza, su richiesta della difesa dei controinteressati e nulla opponendo le controparti, al secondo quesito è stato aggiunta la seguente precisazione: “…effettuando il calcolo dell’altezza dell’edificio secondo i metodi vigenti sia all’epoca della costruzione sia all’attualità, avuto riguardo, se possibile, alla morfologia dei terreni interessati”. Il procuratore dei ricorrenti ha nominato consulente di parte il geom. Alberto Martinoni e il procuratore dei controinteressati ha nominato consulenti di parte l’arch. Zeno Bampi e il geom. Helmuth Klauser.
Il consulente tecnico d’ufficio ha depositato la propria relazione tecnica in data 14 novembre 2008.
Successivamente anche i consulenti di parte hanno depositato le rispettive osservazioni e controdeduzioni.
Nei termini di rito la difesa dei controinteressati ha depositato una memoria a sostegno della propria difesa.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con ordinanza n. 24/2009, depositata il 28 gennaio 2009, il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare e ha disposto la sospensione della concessione edilizia impugnata.
D I R I T T O
1. Va disattesa, in via preliminare, l’eccezione di irricevibilità del ricorso, per tardività, sollevata dalla difesa dei controinteressati sul rilievo che parte ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza del progetto e, in particolare, degli aspetti di esso considerati lesivi, ancora prima del rilascio della concessione edilizia, avendo partecipato al relativo procedimento amministrativo.
Osserva il Collegio che, secondo un costante e condiviso orientamento giurisprudenziale, il termine per l’impugnazione di una concessione edilizia ad opera dei confinanti decorre dall’ultimazione dei lavori, affinché gli interessati siano in grado di avere cognizione dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistico-edilizie eventualmente derivanti dalla concessione. L’effettiva conoscenza dell’atto, infatti, si verifica quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera e l’eventuale non conformità di essa al titolo o alla disciplina urbanistica, con la conseguenza che, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine per l’impugnazione decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 5 febbraio 2007, n. 452; Sez. IV, 12 febbraio 2007, n. 599 e TRGA Bolzano 10 marzo 2005, n. 82).
Va aggiunto che l’eccezione di tardività, essendo destinata ad incidere sul fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale, postula una prova rigorosa, che deve essere fornita dalla parte che la formula.
E’ pur vero che, nel caso di specie, i controinteressati hanno dimostrato che uno dei due ricorrenti (il signor J. Von Widmann Staffelfeld Ulmburg) ha partecipato al procedimento amministrativo relativo al rilascio della concessione edilizia (cfr. doc. ti 4 e 9 dei controinteressati), ma agli atti non vi è prova della sua conoscenza del progetto nella versione definitivamente approvata in data 28 giugno 2007.
In ogni caso, il Collegio è dell’avviso che solo con il completamento dell’opera (nel corso della quale è sempre possibile una serie di varianti) il privato confinante può compiutamente valutare se proporre ricorso in sede giurisdizionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 6 febbraio 2008, n. 322).
E, nel caso considerato, l’impugnazione è certamente tempestiva, dato che al momento dell’impugnazione i lavori di costruzione erano stati avviati da breve tempo.
2. Nel merito la domanda di annullamento della concessione impugnata è fondata.
Con il primo e il terzo motivo – che si prestano ad un esame congiunto – i ricorrenti lamentano la violazione delle norme di attuazione al piano urbanistico comunale, con riferimento all’altezza e alla cubatura consentite per la costruzione del nuovo edificio, nonché il difetto di istruttoria. Inoltre, i ricorrenti si dolgono che l’Amministrazione abbia omesso di considerare che una parte non trascurabile del volume preesistente sarebbe stato realizzato in assenza di concessione edilizia, e, quindi, non avrebbe dovuto essere calcolato nel progetto autorizzato. Esisterebbe, infatti, una differenza di 1,45 metri tra l’altezza del fabbricato preesistente, risultante dai titoli concessori rilasciati, e l’altezza rilevata dal geom. H. Klauser nella perizia asseverata, allegata al progetto.
Le doglianze hanno pregio, nei limiti di seguito esposti.
2.1. Per quanto concerne la questione relativa all’altezza e alla cubatura consentite per la costruzione del nuovo edificio a seguito di demolizione di un edificio presistente, va premesso che, ai sensi dell’art. 59, comma 3, della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 (nel testo in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia impugnata), “il recupero di edifici siti in zone residenziali non soggette a un piano di attuazione può essere effettuato anche tramite interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi del comma 1, lettera d). Qualora le distanze dai confini e dalle costruzioni esistenti siano inferiori a quelle prescritte dal piano urbanistico comunale, le distanze esistenti non possono essere ridotte. Vanno comunque osservate le distanze prescritte dal codice civile. L’altezza dell’edificio ammessa è quella indicata dal piano urbanistico o quella dell’edificio esistente, qualora quella del piano urbanistico sia inferiore”.
Nel caso specifico la p.ed. 78/1 C.C. Dodicivlle è situata in zona di verde privato. L’art. 23 delle norme di attuazione del PUC di Bolzano prescrive che tali zone “…sono vincolate all’obbligo di rispettare e di mantenere il verde rispettando le destinazioni d’uso di cui all’art. 9 (zone residenziali) delle presenti norme di attuazione. E’ comunque ammessa la demolizione e la ricostruzione di edifici esistenti nel rispetto della volumetria preesistente. Valgono i seguenti indici…altezza massima: 10 m. oppure quella dell’edificio esistente…”.
Le modalità del calcolo dell’altezza massima degli edifici sono prescritte dall’art. 3 delle norme di attuazione del PUC, il quale, alla lettera e), stabilisce che l’altezza massima dell’edificio è “l’altezza del muro perimetrale più alto misurata a partire dalla quota del terreno naturale esistente o da quella del terreno modificato da scavi o riporti autorizzati, sino all’estradosso dell’ultimo solaio di copertura nel caso di tetti piani. Nel caso di tetti a falde inclinate l’altezza massima è riferita al colmo più alto del tetto. Nel caso di edifici in aderenza si misura l’altezza massima del singolo edificio; nel caso di edifici costituiti da corpi di fabbrica di diversa altezza, l’altezza massima va misurata su ogni singolo corpo di fabbrica. Quando si costruisce sul confine l’altezza massima viene misurata comunque dal livello più basso del lotto confinante e/o contiguo. Ai fini del suddetto calcolo non si considerano…fino ad un’altezza massima di m. 1,50, ringhiere, parapetti e volumi tecnici esterni alla copertura…”.
Orbene, il manufatto esistente sulla p.ed. 78/1 (casa Cembran), ora demolito, era costituito da otto corpi di fabbrica, di altezze diverse, di cui solo due con altezza superiore ai 10 metri. In particolare, in base alla perizia asseverata del progettista, geom. H. Klauser, le altezze dei singoli corpi di fabbrica erano le seguenti: corpo A: alt. +7,98 m; corpo B: alt. +2,83 m.; corpo C: alt. +4,50 m; corpo D: +14,75 m; corpo E: alt. +2,10 m; corpo F: alt: +7,89 m; corpo G: +10,87 m; corpo H: alt. +4,06 m..
Il progetto approvato dal Comune con la concessione edilizia impugnata prevede, invece, la costruzione di un edificio a corpo unico, a tetto piano e con un’altezza di 15 metri su tutta la superficie di copertura.
Va detto, anzitutto, che il Collegio condivide la tesi dei ricorrenti, secondo cui l’eccezione alla regola dell’altezza massima di 10 metri (che consente, in caso di demolizione e ricostruzione in zone di verde privato, di costruire alla stessa altezza dell’edificio esistente) non può essere interpretata estensivamente, fino al punto di consentire, nel caso di edificio esistente composto da più corpi di fabbrica di altezze diverse, di costruire il nuovo edificio ad un’unica altezza, pari all’altezza massima del più alto degli otto corpi di fabbrica preesistenti.
Il Collegio, tuttavia, non condivide la conclusione cui giungono i ricorrenti, secondo cui il nuovo edificio dovrebbe essere costruito seguendo “il manufatto preesistente, in termini assoluti e in ogni singolo punto e, quindi, in corrispondenza della vecchia sagoma”, intendendo così affermare che la nuova costruzione non potrebbe avere una sagoma diversa da quella preesistente.
Invero, l’art. 59, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997 prevede che possa essere effettuato il recupero di edifici siti in zone residenziali non soggette a un piano di attuazione “anche tramite interventi di ristrutturazione edilizia, ai sensi del comma 1, lettea d”.
Il comma 1, lett. d), del citato art. 59 (nel testo in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia), definisce “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme di opere “che possono portare ad un organismo edilizio per sagoma, superficie, dimensione e tipologia in tutto o in parte diverso dal precedente..”.
Dal quadro normativo sopra richiamato si evince che il legislatore provinciale – a differenza del legislatore statale (cfr. art. 31, comma 1, lett. e, della legge 5 agosto 1978, n. 457) – autorizza il recupero di edifici in zone residenziali non soggette ad un piano di attuazione attraverso la ristrutturazione edilizia degli edifici, imponendo il solo rispetto del limite della cubatura e dell’altezza preesistenti, non invece quello di mantenerne la sagoma. In altre parole, la struttura del nuovo edificio non deve necessariamente essere fedele a quella preesistente, sempreché sia rispettato il limite della cubatura e dell’altezza del vecchio fabbricato.
Ciò chiarito, osserva il Collegio che l’art. 23 delle norme di attuazione non contempla l’ipotesi specifica in cui l’edificio esistente sia composto da più corpi di fabbrica di altezze diverse.
Tuttavia, un’interpretazione logico – sistematica della citata normativa (in particolare degli artt. 23 e 3 delle norme di attuazione del PUC e dell’art. 59 della legge provinciale n. 13 del 1997) porta ad escludere, tenuto conto della ratio delle disposizioni che garantiscono il rispetto dei diritti acquisiti, che si possa autorizzare l’innalzamento di tutto il nuovo edificio (cioè di tutti i preesistenti corpi di fabbrica) fino al raggiungimento dell’altezza che in precedenza aveva uno solo degli otto preesistenti corpi di fabbrica (e anche esso solo in minima parte). Parimenti, va escluso che dalla citata normativa possa evincersi un obbligo di costruire il nuovo edificio con altezze diverse, a seconda del punto estremo di ogni singola copertura preesistente, considerato che la sagoma della nuova costruzione può essere in tutto o in parte diversa da quella della costruzione preesistente (cfr. art. 59, comma1, lett. d), della legge provinciale n. 13 del 1997).
Il Collegio ritiene ragionevole interpretare le norme citate nel senso che l’altezza massima del nuovo edificio va calcolata operando la media delle altezze dei corpi di fabbrica preesistenti, tenuto conto anche della superficie di essi, così operando un giusto equilibrio tra l’indice di altezza più restrittivo introdotto dal citato art. 23 delle norme di attuazione del PUC e l’altezza della costruzione preesistente. E’ chiaro che se il risultato di tale media dovesse risultare inferiore ai 10 metri, previsti dall’indice di zona, sarà quest’ultimo ad essere applicato.
2.2. Ciò posto, va ora affrontata la controversa questione relativa all’altezza e alla cubatura dell’edificio demolito.
Per quanto concerne l’altezza dei singoli corpi di fabbrica preesistenti, il consulente d’ufficio dott. J.L. Rungger, dopo aver esaminato le concessioni edilizie rilasciate con riferimento alla p.ed. 78/1, ha accertato, con riferimento al corpo di fabbrica più alto dell’edificio preesistente, una differenza di circa 2 metri tra l’altezza risultante dalla concessione edilizia n. 108/1960 e quella autorizzata con la concessione edilizia impugnata, sulla base della perizia asseverata del geom. H. Klauser.
Verosimilmente, dopo il rilascio della concessione edilizia del 1960, sulla p.ed. 78/1 sono state eseguite delle opere abusive, che hanno aumentato l’altezza e la volumetria dell’edificio.
A tal riguardo osserva il Collegio che gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica hanno carattere permanente, essendo caratterizzati dall’omissione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi. E la permanenza cessa o con l’irrogazione della sanzione amministrativa o con il conseguimento dell’autorizzazione che, secondo pacifico orientamento, può essere rilasciata anche in via postuma (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 agosto 2003, n. 4482; Sez. VI, 12 maggio 2003, n. 2653; 30 ottobre 2000, n. 5851). Ne consegue che la demolizione dell’edificio non potrebbe comunque produrre alcun effetto sanante degli abusi, tanto più che la situazione preesistente è rilevante ai fini della nuova costruzione.
In ogni caso, è chiaro che, sul punto, non vi era conformità tra la situazione risultante dalle concessioni edilizie agli atti del Comune e quella di cui al progetto presentato in Comune.
Pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto eseguire ulteriori accertamenti al fine di garantire il rispetto della norma che autorizza la demolizione e la ricostruzione di un edificio nel rigoroso rispetto della volumetria e dell’altezza preesistenti (cfr. art. 59, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997).
Risulta quindi fondata anche la censura di difetto di istruttoria.
2.3. Infine, per quanto concerne l’altezza dei vani tecnici, rileva il Collegio che, ai sensi del citato art. 3 delle norme di attuazione del PUC, i volumi tecnici non vanno considerati, nel calcolo dell’altezza massima, “fino ad un’altezza di m. 1,50”.
Di contro, dal progetto risulta che i vani tecnici all’esterno della copertura hanno un’altezza di 3 metri (cfr. sezione A-A del foglio 10 allegato al progetto); di talché essi vanno considerati, nel calcolo dell’altezza massima dell’edificio, per la differenza di 1,50 metri, nel rispetto della norma citata.
In conclusione, per le ragioni esposte, assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto e, per l’effetto, vanno annullati gli atti come impugnati sub 1, 2, 3 e 4.
3. La domanda di accertamento del calcolo dei contributi di concessione, invece, va dichiarata inammissibile, per carenza di legittimazione a ricorrere.
Va detto, anzitutto, che la determinazione del contributo di costruzione relativo ad una concessione edilizia costituisce attività separata, seppur connessa con quella del rilascio della concessione, con la conseguenza che gli eventuali vizi di legittimità inerenti alla determinazione di detto contributo non incidono sulla legittimità del provvedimento di concessione (cfr. TAR Lazio, Sez. II, 11 giugno 1980, n. 432).
Ciò chiarito, rileva il Collegio che è pur vero che la legittimazione ad impugnare le concessioni edilizie ritenute illegittime spetta a “chiunque”, ai sensi dell’art. 31 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (modificato dalla legge 6 agosto 1967 n. 765), anche se un consolidato e condiviso orientamento della giurisprudenza ha escluso che tale previsione legislativa possa essere intesa come l’introduzione di un’azione popolare. Viene riconosciuta, invero, una posizione di interesse legittimo in capo al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione o a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa; e ciò senza che debba essere data dimostrazione della sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale (cfr, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4528; Sez. IV, 4 dicembre 2007, n. 6157 e TRGA Bolzano 11 ottobre 2001, n. 259 e 6 maggio 2003, n. 169).
Sennonché, detta speciale legittimazione deve intendersi limitata alle sole impugnazioni delle concessioni edilizie e non può estendersi alle domande di accertamento dell’ammontare dei contributi di costruzione, per le quali vale la regola generale, sancita dall’art. 81 c.p.c (applicabile anche al processo amministrativo), secondo cui per agire in giudizio bisogna essere portatori di un interesse personale proprio, salvi i casi in cui la legge espressamente preveda la legittimazione a difendere interessi altrui o collettivi o generali (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, 6 febbraio 2007, n. 476).
Dunque per poter agire in giudizio bisogna essere portatori di un proprio interesse personale, direttamente ed immediatamente collegato con l’area soggettiva di titolarità del ricorrente, non ravvisabile nel caso specifico.
La domanda di accertamento dell’ammontare dei contributi di costruzione deve considerarsi, di conseguenza, inammissibile, per difetto di legittimazione a ricorrere.
Le spese di giudizio sono liquidate, secondo soccombenza, dal seguente dispositivo. Le spese e competenze dovute a titolo di compenso per la consulenza tecnica d’ufficio, nella misura stabilita dal dispositivo, nonché le spese del contributo unificato sono poste per metà a carico del Comune di Bolzano e per la restante metà a carico dei controinteressati, in via solidale.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando,
* accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti indicati in epigrafe sub n. 1, 2, 3 e 4;
* dichiara inammissibile il ricorso volto ad ottenere l’accertamento della misura dovuta a titolo di contributi di concessione.
Condanna il Comune di Bolzano e i controinterssati alla rifusione delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, in via solidale, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00) a carico del Comune di Bolzano e in Euro 2.000,00 (duemila/00) a carico dei controinteressati, in solido tra loro, oltre IVA e CAP, come per legge. Il contributo unificato va posto per metà a carico del Comune di Bolzano e per metà a carico dei controinteressati, in via solidale. Il compenso del CTU, liquidato in complessivi Euro 2.882,65 (duemilaottocentottantadue/65), oltre contributi previdenziali e IVA, come per legge, va posto per metà a carico del Comune di Bolzano e per metà a carico dei controinteressati, in via solidale.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009.
IL PRESIDENTE L’ESTENSORE
Marina ROSSI DORDI Lorenza PANTOZZI LERJEFORS
/awr/br
N. R.G. 172/2008
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it