CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 8 aprile 2010, n.8366 IN DUE SUL MOTORINO: NON BASTA PER IL CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1. – I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2. – Il ricorso (r.g.n. 27542/06) proposto con atto notificato nel settembre del 2006 dall’Azienda Ospedaliera omissis, cui il ricorso principale (r.g.n. 12155/06) era stato notificato il 10 aprile 2006, è inammissibile perché tardivo. Tanto alla stregua del principio secondo il quale il ricorso incidentale, ancorché l’art. 371, primo comma, cod. proc. civ. prescriva che esso debba essere proposto con l’atto contenente il controricorso, può essere proposto, non essendo detta modalità da considerare essenziale, anche con atto a sé stante, indipendentemente dalla proposizione del controricorso – come nella specie accaduto – ferma peraltro l’esigenza che esso sia notificato nel termine (di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale) stabilito, in base al combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., per la proposizione del ricorso incidentale, non valendo ad escludere l’inammissibilità derivante dall’inosservanza di detto termine la circostanza che l’impugnazione sia tempestiva a norma degli artt. 325 e 327 cod. proc. civ., atteso che la regola fondamentale della concentrazione delle impugnazioni contro la stessa sentenza comporta che tanto l’impugnazione che si intende proporre contro parte non impugnante, quanto quella con cui si intenda impugnare capi diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione, siano vincolate al canone della incidentalità di tutte le impugnazioni successive alla prima (Cass., sez. un, n. 11678/1990, cui adde, ex multis, Cass., nn. 1701/2009, 491/2003, 10226/2002, 8929/2000, 3738/95 e 3293/93).

Nella specie era peraltro decorso anche il termine annuale, risalendo la sentenza impugnata all’8.6.2005.

3. – Il ricorso principale è stato notificato alla A.U.S.L. n. omissis per integrazione del contraddittorio sul rilievo che quello era il soggetto succeduto alla U.S.L. n. omissis e che era stato erroneamente indicato nella sentenza impugnata come “USL n. omissis e Azienda Ospedaliera omissis in persona del legale rappresentante pro tempore” per erronea autoprospettazione della propria denominazione all’atto in cui la parte si era costituita in appello.

Va subito detto che l’errore è evidente e che la sentenza d’appello deve considerarsi emessa nei confronti della A.U.S.L. n. omissis, il cui direttore generale M. aveva del resto conferito la procura ai difensori nel giudizio di appello, sicché l’errore materiale cui s’è fatto cenno non ha influito sulla costituzione del contraddittorio nei confronti della parte legittimata.

3.1. – Tutti e quattro i motivi del ricorso principale del D.L. attengono all’apprezzamento dell’incidenza causale del concorso della vittima – stimato nel 50% dal tribunale con apprezzamento ritenuto corretto dalla corte di merito – in ordine all’incidente stradale verificatosi.

Nessuno pone, invece, il diverso problema della correttezza della liquidazione del danno nel 50% allorché, essendo due le cause materiali (incidente stradale e inadeguatezza delle cure successive) di un evento finale produttivo di danno (amputazione di una gamba, preceduto dalle lesioni), il comportamento della vittima si esaurisca nel paritetico concorso colposo al solo verificarsi delle lesioni e non anche delle cure male eseguite cui sia conseguita l’inevitabilità dell’amputazione dell’arto.

Secondo l’impostazione seguita dalla sentenza (che ha ridotto il risarcimento in relazione al concorso della stessa vittima in ordine all’incidente stradale), se il danneggiato si fosse procurato le lesioni per fatto solo a lui ascrivibile, non sarebbe stato possibile risarcirgli alcunché nonostante il riconosciuto apporto causale colposo della struttura ospedaliera (per inadeguata diagnosi dei medici e carenza degli strumenti tecnici necessari). Il che è, all’evidenza, paradossale, in quanto, in caso di concorrenza di più cause al verificarsi di un evento dannoso, il comportamento del danneggiato al verificarsi di una sola di esse giustifica, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., una riduzione del risarcimento in proporzione da rapportarsi a quella concausa e non al danno finale che ne sia derivato per effetto anche delle altre cause concorrenti.

Ma, come s’è osservato, non di questo si duole il ricorrente, né consta che lo abbia fatto in appello.

Sicché in questa sede deve solo scrutinarsi se sia effettivamente apodittica l’affermazione della corte d’appello secondo la quale “l’incidenza della condotta colposa della vittima nella ritenuta misura del 50% ha formato oggetto di corretta e condivisibile valutazione da parte del primo decidente, stante che la presenza a bordo del ciclomotore della seconda persona ha certamente contribuito alla instabilità del mezzo, inserendosi quale elemento giuridicamente rilevante, nelle particolari circostanze del caso, nella determinazione dell’evento con nesso eziologico. Vanno pertanto tenute ferme le valutazioni in merito espresse dal tribunale” (così la non numerata diciassettesima pagina della manoscritta sentenza).

E la risposta sull’apoditticità dell’affermazione è senz’altro positiva, non essendo stato in alcun modo chiarito in sentenza perché la minore stabilità del mezzo provocata dalla presenza del passeggero abbia potuto concorrere, essa stessa, all’urto contro la barriera protettiva conseguito all’abbagliamento, ovvero perché abbia in ipotesi impedito una conservazione dell’equilibrio del ciclomotore dopo l’urto; ed è errata in diritto nella parte in cui è stata dalla corte territoriale posta in relazione con quanto affermato dal tribunale, che aveva sostanzialmente correlato la sua conclusione sull’efficienza causale della presenza del passeggero in ordine all’incidente al solo fatto che quella presenza fosse normativamente vietata (pagina 11 della sentenza del tribunale di Caltanissetta n. 99/248, riprodotta in ricorso, a pagina 8): tanto perché non la violazione di una norma disciplinante la circolazione stradale può essere di per sé fonte di responsabilità (o di limitazione dell’altrui responsabilità) in sede risarcitoria, ma il comportamento integrante la violazione, purché abbia esplicato incidenza causale sull’evento dannoso.

È quanto fondatamente affermato con i primi due motivi di ricorso (vizio della motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 1223 c.c., 40 e 41 c.p.), che vanno dunque accolti.

3.2. – Del pari fondato è il quarto motivo, col quale è denunciato vizio della motivazione in ordine alla determinazione nella misura del 50% dell’apporto causale colposo della vittima senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali si fosse addivenuti a siffatta quantificazione.

3.3. – È invece infondato il terzo motivo (contraddittoria motivazione su punto decisivo), concernente l’efficienza causale del comportamento del conducente del veicolo non identificato, mai in alcun modo revocata in dubbio dalla corte d’appello, che lo ha anzi dichiaratamente considerato.

4. – La sentenza va conclusivamente cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione perché rivaluti l’apprezzamento relativo all’incidenza causale del comportamento del danneggiato e lo faccia nel rispetto dell’enunciato principio di diritto.

Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi, accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso di G.D.L. e rigetta il terzo, dichiara inammissibile il ricorso dell’Azienda Ospedaliera omissis, cassa in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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