CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 27 novembre 2009, n.25040 PRELIMINARE DI VENDITA: QUANTO CONTA IL CERTIFICATO DI AGIBILITÀ?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 cc (risolubilità del contratto per inadempimento) e dell’art. 1455 stesso codice (importanza dell’inadempimento).

Osserva il ricorrente che per un immobile di nuova costruzione per il quale si attendeva il normale decorso dei tempi tecnici per il rilascio del certificato di agibilità, la semplice omessa produzione di detto documento al momento fissato per la stipula dell’atto pubblico di acquisto non poteva essere inquadrata dal giudice d’appello come fattispecie di mancato o tardivo rilascio del certificato stesso. Trattavasi nella specie di provvisoria indisponibilità del documento che non corrispondeva al “mancato rilascio” (diniego scritto motivato) né al “tardivo rilascio” (rinvio del rilascio per determinati adempimenti).

Richiama in proposito statuizioni di questa Suprema Corte secondo le quali la sola omessa consegna del certificato non integra la risolubilità del contratto a danno del venditore, atteso che ciò è ammissibile solo nella ipotesi di impossibilità di ottenere il documento, mentre nella fattispecie in esame vi era la certezza dell’imminente suo rilascio, come provato dalle dichiarazioni del teste notaio De Luca.

L’indisponibilità provvisoria del certificato risultava poi di scarsa importanza perché non diminuiva la commerciabilità del box-garage né gli impediva di assolvere alla funzione tecnico – economica cui era destinato, considerato che esso poteva e doveva costituire semplice pertinenza dell’appartamento poco prima acquistato dal N. dal costruttore nel medesimo complesso.

Con il secondo mezzo si deduce, sempre in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 1497 cc (risolubilità del contratto per mancanza di qualità – aliud pro alio).

Ribadisce parte ricorrente che i giudici del merito avevano errato e confuso clamorosamente la provvisoria indisponibilità con la diversa e più grave fattispecie del mancato o tardivo rilascio del certificato stesso, che viceversa ricorre quando l’Ente pubblico preposto emette esplicito diniego scritto per violazione di norme di edilizia o di igiene.

Con il terzo motivo si denunzia, ancora in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 cc (condizione meramente potestativa).

Osserva il ricorrente che, seguendo l’assunto del giudice “a quo”, potendo risolvere il contratto al momento della stipula dell’atto pubblico per la sola indisponibilità provvisoria del certificato, il promissario acquirente risulterebbe legittimato ad avvalersi di una implicita condizione meramente potestativa, in violazione dell’art. 1355 cc, come si era verificato nel caso in esame.

Con il quarto mezzo si deduce, sempre in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 cc 1 e ultimo comma (eccezione di inadempimento).

Rileva parte ricorrente che nella fattispecie in esame non poteva essere applicato il principio “inadimplendi non est adimplendum” stante la dimostrata insussistenza dell’inadempimento del venditore. Anzi la conoscenza da parte dell’acquirente della mancanza del certificato comportava la comune volontà di entrambe le parti di vendere, e rispettivamente, di comprare l’immobile privo di tale documentazione e di conseguenza l’esecuzione del contratto nei termini voluti da entrambi i contraenti che non poteva integrare un inadempimento opponibile a norma dell’art. 1460 cc come eccezione al venditore.

Con il quinto motivo si deduce, infine, in riferimento all’art. 360 n. 5 cpc, contraddittorietà e/o omessa e/o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia.

Evidenzia il ricorrente:

che la contraddizione della motivazione del giudice “a quo” discenderebbe dalla statuizione di risoluzione del contratto a fronte di un inadempimento mai dichiarato grave;

che l’omessa motivazione discenderebbe dal fatto che era assente in tutto il testo dell’impugnata sentenza ogni considerazione sul punto della prova testimoniale resa dal Notaio attestante che non vi erano elementi impeditivi al rilascio del certificato di agibilità;

che la carenza di motivazione deriverebbe dalla statuizione secondo cui risultava irrilevante la circostanza che il mancato rilascio della documentazione fosse riconducibile ad inerzie di carattere burocratico del Comune di X.

Puntualizza, infine, l’I.l’arbitrarietà della statuizione di irrilevanza dell’avvenuto rilascio del certificato “oltre un anno e mezzo dopo il momento delle reciproche diffide ad adempiere”.

L’esame congiunto dei suindicati motivi conduce, ad avviso del Collegio, al rigetto del ricorso per le ragioni che qui di seguito vanno ad esporsi.

Premesso che il primo giudice aveva dichiarato risolto il contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore proprio per la mancanza del certificato di agibilità, ha ritenuto la Corte del merito infondato il primo motivo di appello con cui l’I., attuale ricorrente, aveva eccepito la mancanza di un grave inadempimento in quanto a suo dire l’immobile era stato costruito in conformità alla concessione edilizia ed alle norme igienico – sanitarie, tanto che in data 17 marzo 1998 era stato poi rilasciato il certificato di abitabilità ed agibilità dell’intero immobile. Ciò sul rilievo che sia alla data del 14 luglio 1996, cioè al momento della comparizione delle parti dinanzi al notaio per la stipula dell’atto pubblico, sia al momento delle reciproche diffide ad adempiere (rispettivamente perfezionate il 20 e il 30 settembre 1996), il promittente venditore non aveva ancora ottenuto la disponibilità del documento relativo al garage oggetto della promessa di vendita.

Risultava irrilevante per il giudice d’appello la circostanza che il mancato rilascio della menzionata documentazione fosse riconducibile ad inerzie di carattere burocratico del Comune di X, atteso che, a seguito del rapporto negoziale instaurato con il promissorio acquirente e dei conseguenti obblighi assunti nei confronti di quest’ultimo, il promittente venditore aveva l’onere di attivarsi onde ottenere tempestivamente il certificato di agibilità indispensabile per accertare l’esistenza dei requisiti inerenti all’immobile oggetto del contratto.

Essendo noto che nella vendita di beni immobili viene in rilievo l’interesse dell’acquirente ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere una determinata funzione economico – sociale e quindi a soddisfare i concreti bisogni che inducono il compratore all’acquisto, tal che il requisito del certificato di agibilità è essenziale, anche per costante giurisprudenza di legittimità, ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità del bene, da tali considerazioni conseguiva che la mancanza di quel documento al momento della diffida ad adempiere costituiva grave inadempimento del venditore ed alla luce di tale circostanza il rifiuto del N. di stipulare l’atto pubblico di trasferimento doveva ritenersi pienamente giustificato.

Parimenti irrilevante risultava, ad avviso della Corte catanese, la circostanza che il certificato di agibilità dell’immobile fosse stato poi effettivamente rilasciato in data 17 marzo 1998, oltre un anno e mezzo dopo il momento delle reciproche diffide ad adempiere, risultando in tale momento già definitivamente cristallizzati i reciproci adempimenti alle obbligazioni contrattualmente assunte.

Infondato era altresì, secondo i giudici d’appello, l’assunto dell’I.secondo cui, essendo stato previsto nel preliminare che l’immobile veniva venduto “nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava”, tale clausola doveva significare accettazione della mancanza del certificato di agibilità dell’immobile.

Invero, viste le richiamate caratteristiche di tale documentazione, ai fini di soddisfare i concreti bisogni dell’acquirente, la sola conoscenza da parte del predetto del suo mancato rilascio al momento della stipulazione del contratto, non accompagnata da una espressa rinuncia al requisito dell’abitabilità non valeva, secondo giurisprudenza di legittimità, ad escludere l’inadempimento del venditore per consegna di “aliud pro alio”.

E la stessa clausola che l’immobile veniva venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, attesa la sua estrema genericità, risultava inidonea ad integrare gli estremi della richiesta rinuncia da parte del promissario acquirente, dovendo così confermarsi la qualificazione attribuitale dal primo giudice di semplice “clausola di stile”.

Ebbene, ad avviso del Collegio, tali considerazioni costituiscono apprezzamento di fatto in ordine all’accertato inadempimento dell’I., promittente venditore, stante la mancanza di agibilità del bene promesso in vendita e alla conseguente legittimità del rifiuto del N., promissario acquirente, alla stipulazione dell’atto pubblico di trasferimento dell’immobile, non solo completo ed esauriente, ma altresì sorretto da motivazione adeguata, esente da vizi logici e da errori di diritto e pertanto incensurabile nell’attuale sede di legittimità, apparendo ultronea ogni disquisizione in ordine alla dedotta presunta violazione dell’art. 1355 cc da parte dell’attuale resistente.

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto con la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di N. Erminio, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00, oltre ad Euro 1500,00 per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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