Cons. Stato Sez. V, Sent., 23-05-2011, n. 3069 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con deliberazione del Direttore generale del 26.11.2008 l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento indiceva una procedura aperta per l’affidamento per sei anni, eventualmente prorogabile per altri tre, del servizio di sanificazione ambientale e servizi accessori, da prestarsi presso le strutture ospedaliere e territoriali.

L’importo complessivo a base d’asta stimato era pari ad Euro 12.730.000,00; per l’aggiudicazione veniva prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da individuare in base a due parametri, rispettivamente riferiti al prezzo (punti 50) e alle caratteristiche qualitative e tecniche (punti 50), a loro volta suddivise in cinque elementi, ciascuno dei quali frazionato in sub – parametri.

Le norme di partecipazione avevano previsto la nomina di una commissione incaricata delle operazioni di gara, oltre che di una commissione tecnica per il vaglio dell’offerta tecnica, la quale poteva effettuare una serie di attività istruttorie, fra cui richiedere ad -alcuni o tutti- i concorrenti, ai sensi dell’art. 46 del d.Lgs. 12.4.2006, n. 163, la presentazione "di ulteriori elaborati e/o informazioni di approfondimento ed integrazione delle offerte al fine di acquisire ulteriori elementi necessari per la valutazione". Al termine delle operazioni doveva essere redatto il verbale con la precisazione delle motivazioni del punteggio, da assegnarsi secondo una metodologia predefinita, e delle eventuali inidoneità comportanti l’esclusione dalla gara.

Alla procedura, oltre alla M. S. S.r.l. (di seguito, M.), partecipavano le controinteressate: M. F. M. S.p.A. in A.T.I. con P. S. S.r.l., A. Soc. Coop. Soc. e Consorzio L. A. Soc. Coop.; D. S. S.r.l. (di seguito, D.); I. Soc. Coop. in A.T.I. con M. S.p.A..

Il miglior punteggio tecnico era conseguito dalla M., che otteneva punti 38,70, seguita dalla D. con punti 34,60 e quindi dall’A.T.I. guidata da M. (di seguito, M.) con punti 33,60.

L’offerta economica più conveniente, per un importo mensile pari ad Euro 931.305,00, era invece quella presentata dalla M., che conseguentemente otteneva 50 punti, mentre la M., che aveva presentato un canone mensile pari ad Euro 1.038.251,91, si classificava al terzo posto con 44,84 punti.

La graduatoria definitiva vedeva quindi collocarsi al primo posto l’offerta presentata da M., con punti 83,60, seguita da quella della M. con punti 83,54 e infine da quella della D. con punti 81,46. Con il verbale di gara del 12 gennaio 2010 la commessa veniva perciò aggiudicata provvisoriamente alla prima.

Avverso l’aggiudicazione insorgeva la M. con ricorso notificato in data 11 marzo 2010 e ritualmente depositato presso il locale Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, con il quale deduceva i seguenti motivi di censura:

I – premesso che nel punteggio conseguito dalla prima e dalla seconda classificata vi è uno scarto di appena 0,06 punti, si denuncia che dai verbali di gara apparirebbe che i soli chiarimenti di M. siano stati presi in considerazione a seguito delle audizioni svolte; inoltre, viene denunciata l’irragionevolezza del punteggio attribuito al parametro B.2, identico per le due concorrenti malgrado il giudizio espresso sull’offerta di M. ne sottolinei la superiorità;

II – con riferimento ai sub – parametri B.2 ed E, sarebbe stato consentito alla M. di modificare il proprio progetto tecnico successivamente al termine per la presentazione dell’offerta; inoltre, le nome di partecipazione non avrebbero previsto la possibilità di effettuare audizioni, ma solo di richiedere chiarimenti scritti;

III – in via subordinata, le norme di partecipazione alla gara sarebbero illegittime nella parte in cui facoltizzanti la presentazione di elaborati ed informazioni integrative dell’offerta tecnica;

IV – l’Amministrazione procedente non avrebbe riparametrato il punteggio riferito alla qualità, come invece accaduto con riferimento all’elemento del prezzo;

V – non sarebbero stati registrati né le informazioni che si intendevano acquisire dai concorrenti, né il peso dato alle integrazioni delle offerte tecniche;

VI – non sarebbero stati utilizzati i coefficienti previsti per i sub – parametri.

Si costituivano in giudizio l’Azienda sanitaria provinciale (di seguito, APSS), la controinteressata M. e la D., chiedendo la reiezione del ricorso.

Quest’ultima, tuttavia, dichiarava di associarsi alla domanda principale nella parte in cui eventualmente volta ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura di gara.

Con ricorso incidentale la M. impugnava la deliberazione n. 27/2010 ed il verbale della Commissione di gara del 3.3.2009, nella parte in cui era stata ammessa alla gara la M., deducendo i seguenti motivi:

i – violazione dell’art. 49 del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163, attesa l’assoluta genericità del contratto di avvalimento stipulato per il raggiungimento del requisito della capacità economica;

ii – violazione dell’art. 38, comma 1, del d.Lgs. 12.4.2006, n. 163, in quanto l’istante non avrebbe prodotto le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti di ordine generale per tutti i soggetti titolari di poteri di rappresentanza, né con riferimento alle società delle quali avrebbe dichiarato di avvalersi.

M., di riflesso, con motivi aggiunti notificati il 19 maggio 2010, a sua volta impugnava il verbale della prima seduta di gara del 3.3.2009 e la deliberazione n. 27/2010 del 20.1.2010, nella parte in cui non era stata disposta l’esclusione dalla procedura del raggruppamento guidato da M., deducendo le seguenti ulteriori censure: violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara, del punto 7 delle norme di partecipazione, degli artt. 42, commi 1, lett. a), e 4 e 48 del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 e degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Il T.A.R. adito, con la sentenza n. 199\2010 in epigrafe, accoglieva il ricorso principale di M., reputando fondata una delle censure veicolate con i suoi motivi aggiunti (dopo avere disatteso le doglianze contenute nell’originario atto introduttivo), e rigettava il ricorso incidentale della controinteressata.

Contro la sentenza del primo giudice la M. proponeva il presente appello.

Essa si doleva sia della violazione del corretto ordine di esame tra ricorso principale ed incidentale, sia, e soprattutto, dell’avvenuto rigetto di quest’ultimo, insistendo sulla circostanza che l’originaria ricorrente non aveva prodotto le dichiarazioni previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006 per il sig. C., componente del suo Consiglio di Amministrazione. L’appello censurava la sentenza del T.R.G.A., inoltre, nella parte in cui aveva reputato fondato uno dei motivi aggiunti di M..

Proponevano dal canto loro appello incidentale M., APSS e D.:

– la prima, contro i capi della sentenza del primo giudice che avevano respinto i suoi originari motivi di ricorso, alcuni dei quali erano stati dedotti solo in via subordinata al fine di ottenere la caducazione dell’intera gara (M., inoltre, riproponeva con memoria i suoi motivi di primo grado che il Tribunale aveva semplicemente dichiarato assorbiti);

– la seconda, contestando l’accoglimento del ricorso della M., e contrastando l’appello incidentale di quest’ultima;

– la terza, contestando il rigetto ad opera del Tribunale dei motivi del ricorso di M. che avrebbero potuto determinare la caducazione dell’intera gara.

Le parti costituite sviluppavano ulteriormente le proprie tesi con successive memorie.

All’esito, alla pubblica udienza del 5 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Osserva la Sezione che l’appello di M. merita accoglimento, rivelandosi fondato il preliminare ed assorbente motivo con cui, riproponendo il secondo dei motivi a base del ricorso incidentale esperito dalla parte medesima in primo grado, si deduce che M. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006.

Gli appelli incidentali di M. ed APSS si rivelano per conseguenza improcedibili; quello di D., invece, è inammissibile.

1 La Sezione rileva preliminarmente che la tematica dei rapporti tra ricorso principale ed incidentale in materia di procedure di gara ha trovato una recente quanto persuasiva sistemazione ad opera dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la sentenza n. 4 del 7 aprile 2011, la cui impostazione sembra perciò opportuno seguire.

L’Adunanza Plenaria ha svolto, in particolare, le seguenti puntualizzazioni:

– l’esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda attorea;

– il vaglio delle condizioni e dei presupposti dell’azione, comprensivo dell’accertamento della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso, deve essere saldamente inquadrato nell’ambito delle questioni pregiudiziali;

– il ricorso incidentale costituisce uno strumento perfettamente idoneo ad introdurre, nel giudizio, una questione di carattere pregiudiziale rispetto al merito della domanda;

– salve puntuali eccezioni individuate in coerenza con il diritto comunitario (che qui non rilevano), la legittimazione al ricorso in tema di affidamento di contratti pubblici spetta solo al soggetto che ha legittimamente partecipato alla procedura selettiva;

– qualora il ricorso incidentale abbia la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale: e la sua accertata fondatezza preclude al giudice l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente.

Per quanto precede, sempre secondo le indicazioni dell’Adunanza Plenaria, il ricorso incidentale che sia diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla gara deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale alleghi un interesse solo strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura (e detta priorità logica sussiste indipendentemente dal numero dei partecipanti alla gara, dal tipo di censura prospettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall’amministrazione resistente).

2 In forza di quanto precede, la Sezione ritiene di dover muovere il proprio esame della controversia proprio dal punto in cui l’appello principale ripropone il secondo dei motivi del ricorso incidentale esperito dalla stessa M. in primo grado, deducendo che M. avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006 e della disciplina di gara. Ciò per la ragione che essa non ha reso le prescritte dichiarazioni con riferimento a tutti i soggetti che all’epoca del bando erano dotati di potere di rappresentanza nella propria compagine sociale, risultando mancante quella riferibile al sig. B. C..

2a Il bando di gara prescriveva, al punto 2.b), che tutti i concorrenti dovessero presentare la dichiarazione di possesso dei requisiti di ordine generale cui al menzionato art. 38; stabiliva poi, alla pag. 18 delle Norme di partecipazione, la pena dell’esclusione per la mancanza, l’irregolarità o la difformità dell’offerta (pur non soggiungendo alcuna specifica ed ulteriore causa di esclusione in relazione alla fattispecie in esame).

2b Quanto all’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006, come è noto, questo stabilisce, in particolare, al comma 1 lett. c), che devono essere esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti di lavori, forniture e servizi, le imprese con amministratori muniti del potere di rappresentanza o direttore tecnico, in carica o cessati nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale.

Il comma 2 dell’articolo precisa che il possesso dei requisiti debba essere attestato dal candidato o concorrente mediante dichiarazione sostitutiva resa in conformità al d.P.R. n. 445\2000; il comma 3 conclude che le stazioni appaltanti, in sede di verifica delle dichiarazioni ricevute, debbano chiedere al competente ufficio i certificati del casellario giudiziale.

2c Tanto premesso, è incontroverso che M. non abbia presentato alcuna dichiarazione riferibile alla posizione del C., suo consigliere di amministrazione nominato dal 29\6\2006.

E’ peraltro decisivo osservare che, in forza dell’art. 20.2 dello statuto della società, la rappresentanza della medesima spetta a "tutti i componenti del consiglio di amministrazione, in via disgiunta tra di loro". Di conseguenza il C., oltre a vantare la posizione di amministratore, quale componente del consiglio di amministrazione, era altresì munito, per espressa previsione statutaria, di un generale e pieno potere rappresentativo della società.

Da qui la necessità che anche per il medesimo, in qualità di amministratore munito del potere di rappresentanza, venisse acquisita la dichiarazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006.

2d Né vale opporre che il C. non avrebbe avuto, di fatto, poteri effettivi di legale rappresentanza, in quanto il verbale del Consiglio di amministrazione del 29.6.2002 aveva in realtà affidato la rappresentanza legale della società ed il potere di firma degli atti al solo amministratore K., mentre il C. non avrebbe esercitato alcun effettivo potere di rappresentanza fino al 20 maggio 2008, quando aveva ricevuto una specifica delega per lo sviluppo commerciale limitatamente alla Romania.

Come ha esattamente replicato l’appellante, infatti, una prescrizione dell’atto costitutivo (quella che assegna la rappresentanza a tutti i componenti del consiglio di amministrazione, in via disgiunta) non può essere obliterata da una delibera dell’organo amministrativo: e questo tanto più in considerazione della previsione dell’art. 11 dello stesso Statuto, che riserva le modificazioni dei patti sociali alla competenza dei soci mediante delibera assembleare.

Il primo giudice, come la difesa del ricorrente in primo grado, ha espresso l’avviso che l’applicazione dell’art. 38 cit. debba valorizzare più l’effettività del potere che la sua mera titolarità, nel senso che "il requisito della moralità professionale deve essere valutato in capo ai soggetti che svolgono funzioni rappresentative delle ditte concorrenti nella gare pubbliche, avuto riguardo alle funzioni sostanziali di essi più che alle qualifiche formali e, quindi, al concreto esercizio del potere di rappresentanza della persona giuridica".

Questa Sezione, tuttavia, ha recentemente rimarcato, con approfondita motivazione, la necessità di ancorare l’applicazione della norma di cui si tratta su basi di oggettivo rigore formale, sottolineando che occorre avere riguardo alla posizione formale rivestita dal singolo nell’organizzazione societaria, piuttosto che dedicarsi a problematiche quanto malcerte indagini "sostanzialistiche" (Sez. V, 25 gennaio 2011, n. 513).

Si è dato atto, invero, che "L’interpretazione del citato art. 38 con riferimento ai soggetti per i quali la dichiarazione deve essere resa è stata oggetto di diversi orientamenti giurisprudenziali, fra i quali permane un contrasto.

L’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 fa riferimento, per le società di capitali, agli "amministratori muniti del potere di rappresentanza".

Secondo una parte della giurisprudenza, per l’individuazione dei soggetti tenuti alle dichiarazioni sostitutive finalizzate alla verifica del possesso dei requisiti di moralità, quando si tratti di titolari di organi di persone giuridiche da ricondurre alla nozione di "amministratori muniti di poteri di rappresentanza", occorre esaminare i poteri, le funzioni e il ruolo effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto considerato, al di là delle qualifiche formali rivestite (Cons. Stato, V, 16 novembre 2010 n. 8059; VI, 8 febbraio 2007, n. 523, che nella categoria degli amministratori, ai fini dell’art. 38 cit., fanno rientrare sia i "soggetti che abbiano avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale societario", sia i procuratori ai quali siano conferiti poteri di partecipare a pubblici appalti formulando le relative offerte).

Altra giurisprudenza ha… limitato la sussistenza dell’obbligo di dichiarazione ai soli amministratori muniti di potere di rappresentanza e ai direttori tecnici, e non anche a tutti i procuratori della società (T.A.R. Basilicata, I, 22 aprile 2009, n. 131; T.A.R. Liguria, II, 11 luglio 2008, n. 1485; T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, I, 08 luglio 2008, n. 379)….

Il Collegio ritiene di dover aderire – per le considerazioni di seguito esposte – alla seconda tesi, che limita l’applicabilità della disposizione ai soli amministratori della società, e non anche ai procuratori speciali.

Ai sensi dell’art. 2380bisc.c., la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto (amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex artt. 2380 e 2409sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409octiesc.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale della società….

L’art. 38 del d. lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono.

Del resto, si tratta di una norma che limita la partecipazione alle gare e la libertà di iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei requisiti di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale ed è, quindi, insuscettibile di applicazione analogica a situazioni diverse, quale è quella dei procuratori.

Peraltro, anche l’applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una radicale diversità della situazione dell’amministratore, cui spettano compiti gestionali e decisionali di indirizzi e scelte imprenditoriali e quella del procuratore, il quale, benché possa essere munito di poteri di rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono pur sempre circoscritti dalle direttive fornite dagli amministratori)….

Si deve, quindi, prendere atto che l’art. 38 del d.lgs. n. 163/06 – nell’individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione – fa riferimento soltanto agli "amministratori muniti di potere di rappresentanza": ossia, ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l’obbligo ai procuratori.

La soluzione accolta, oltre ad essere maggiormente rispondente al dato letterale del citato art. 38, evita che l’obbligo della dichiarazione possa dipendere da sottili distinzioni circa l’ampiezza dei poteri del procuratore, inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di estrema rilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese, costituito dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti." (in termini, appunto, Sez. V, 25 gennaio 2011, n. 513).

Le considerazioni così ricordate rafforzano il convincimento che una posizione quale quella del C., componente dell’organo di amministrazione e munito, in base allo statuto, di pieni poteri rappresentativi, non potesse sfuggire all’applicazione dell’art 38, comma 1, lett. c), del Codice appalti, a prescindere dalla prassi e dalle decisioni assunte in seno allo stesso consiglio di amministrazione.

2e La difesa dell’originaria ricorrente insiste, peraltro, sul fatto di essersi attenuta alla lexspecialis, che non dettava particolari prescrizioni sulle modalità della dichiarazione da rendere. La M. rivendica di avere pur sempre dichiarato che non sussistevano in capo ad essa società cause impeditive della partecipazione ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163\2006.

Inoltre, il Tribunale ha assunto che presupposto indefettibile per l’esclusione dalla gara, ai sensi del solo art. 38, è la sussistenza di precedenti penali per gravi reati in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale, mentre non assumerebbe alcun rilievo, in assenza di una specifica disposizione nella normativa di gara, "il mero dato formale della non veridicità della dichiarazione circa i soggetti che abbiano ricoperto le cariche rilevanti nel periodo di tempo all’uopo preso in considerazione dalla disciplina normativa". Nella specie, sempre secondo il Tribunale, nemmeno in corso di giudizio alcun principio di prova è stato offerto sull’esistenza o meno di precedenti penali a carico degli amministratori. Da qui la sua conclusione che, in mancanza di prove, debba essere fatta applicazione del principio del c.d. falso innocuo.

In proposito l’appellante obietta che queste argomentazioni sono inconferenti, per avere egli sollevato la questione dell’incompletezza della offerta avversaria, siccome mancante di una dichiarazione prescritta dalla lex specialis a pena di esclusione, e non già quella della ricorrenza dell’obbligo di esclusione in presenza di precedenti penali. M. soggiunge che alla mancanza della dichiarazione si connette il fatto che M. non ha contemplato, come avrebbe dovuto, il C. nell’elenco degli amministratori, sicché nemmeno l’Amministrazione è stata posta in condizione di effettuare la verifica circa il possesso dei requisiti.

2f Il Collegio, pur dovendo dare atto del non univoco orientamento della giurisprudenza della Sezione sullo specifico thema decidendum, ritiene che le obiezioni dell’appellante colgano sostanzialmente nel segno.

Il primo aspetto da trattare è quello della presunta sufficienza della dichiarazione resa da M..

Un diffuso orientamento di questo Consiglio (cfr. da ultimo CdS, VI, 4 agosto 2009 n. 4905; 21 dicembre 2010, n. 9324) è nel senso che, laddove il bando (senza spingersi ad esigere che vadano dichiarate tutte le condanne penali, riservando così alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito) richieda solo genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell’art. 38 del codice, esso giustifichi una valutazione di gravità/non gravità compiuta dallo stesso concorrente: sicché in tali casi il concorrente non può essere escluso per il solo fatto dell’omissione formale di non aver dichiarato tutte le condanne penali, ma solamente ove la stazione appaltante ritenga che le condanne siano gravi e definitivamente accertate.

Occorre però precisare, a questo riguardo, che, pur quando la lex specialis sia così generica, affinché la dichiarazione sostitutiva del concorrente possa considerarsi conforme alla disciplina imperativa dell’art. 38 cit., è pur sempre necessario che tale dichiarazione sia in grado di assolvere la funzione assegnatale dalla legge, e quindi che essa presenti contenuti specifici e determinati, sì da poter incarnare il modello cui si è riferito il legislatore. Occorre, cioè, che, quando la dichiarazione non promani già dalla persona fisica di volta in volta direttamente interessata, essa indichi comunque l’identità dei soggetti, richiamati dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 38, ai quali viene riferita l’enunciazione dell’assenza di precedenti ostativi, e appartiene quindi l’onorabilità che viene in concreto attestata.

Una dichiarazione del tutto astratta e generica, invece, non solo ostacolerebbe l’Amministrazione nella sua funzione di verifica commessale dal comma 3 dell’art. 38, ma sarebbe inidonea in radice alla funzione probatoria.

Il secondo comma dell’articolo àncora, invero, il sistema delle cause di esclusione da questo contemplate alle dichiarazioni sostitutive ex d.P.R. n. 445\2000. E queste attengono a determinati "stati, qualità personali e fatti", propri dello stesso dichiarante o relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza (cfr. l’art. 47, comma 2, d.P.R. cit.). Quando il dichiarante non si riferisca a se stesso, egli deve quindi necessariamente identificare, contestualmente, il terzo al quale gli "stati, qualità personali e fatti" dichiarati devono essere riferiti. Diversamente, in tutti i casi in cui l’identità dei terzi in questione non sia già rigorosamente certa a priori, la dichiarazione resa sarebbe di un’indeterminatezza tale da non implicare alcuna precisa assunzione di responsabilità, e quindi sarebbe inidonea a rivestire un effettivo valore probatorio.

Da quanto precede consegue, in concreto, che, anche in presenza di una previsione generica come quella dell’attuale lex specialis, M. non poteva esimersi dal rendere una dichiarazione di insussistenza di pregiudizi nominativamente riferita ai soggetti rivestenti le posizioni indicate dalla lettera c) dell’articolo (amministratori muniti di potere di rappresentanza; direttore tecnico), e dunque riflettente (anche) la specifica condizione del C..

In casi del genere, si conviene sul principio che un concorrente non possa essere escluso per il solo fatto dell’omissione formale costituita dal non aver dichiarato tutte le condanne penali: ma questo presuppone pur sempre che sia stata esattamente indicata l’identità del soggetto ai cui precedenti si aveva riguardo.

2g Né può accedersi all’idea che ciò che rileva è unicamente la sussistenza di precedenti penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale, mentre non assumerebbe mai rilievo, per lo meno in assenza di una specifica disposizione nella normativa di gara, il mero dato formale della dichiarazione.

Il meccanismo delineato dall’art. 38 d.lgs. cit. prevede che su ciascun concorrente incomba l’onere di rendere una precisa dichiarazione sostitutiva, assumendosi questi così la responsabilità a ciò inerente, ed attribuisce alla stazione appaltante il compito di attivarsi, ma solo in seconda battuta, per verificarla. E non sembra consentito ai concorrenti stravolgere questo meccanismo, che ha natura di ordine pubblico, prestando dichiarazioni sostitutive del tutto generiche ed astratte, e pretendendo di ribaltare sull’Amministrazione (e\o i terzi avversari in giudizio) l’onere dell’istruttoria e della prova in materia.

E’ in via di principio il concorrente a dover provare nel modo previsto dalla legge il possesso dei requisiti, e non l’Amministrazione (e tantomeno il controinteressato) a dover fornire la relativa prova contraria.

Il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 deve essere indefettibilmente dichiarato con diligente puntualità dai concorrenti nel rispetto della legge, tutte le volte che la lex specialis a questa quantomeno si richiami, senza che i relativi accertamenti possano essere rinviati dalla sede propria del procedimento ad un futuro ed eventuale giudizio.

Nel senso della obbligatorietà a tutti gli effetti delle dichiarazioni richieste dall’art. 38, la Sezione ha del resto già avuto modo di osservare (CdS, V, 12 giugno 2009, n. 3742, ed ulteriori richiami giurisprudenziali ivi) che "Le dichiarazioni sono, in realtà, richieste per una finalità che non è solo di garanzia sull’assenza di ostacoli pure di natura etica all’aggiudicazione del contratto, ma anche per una ordinaria verifica sull’affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che lambiscono in modo determinante la professionalità degli amministratori.

Tanto meno si comprenderebbe il meccanismo di verifica a campione, se quest’ultimo non fosse connesso alla obbligatorietà di una dichiarazione, che costituisce il sistema di riferimento per valutare la lealtà dei richiedenti."

Per queste ragioni, il Collegio non può condividere la tesi che sia solo l’effettiva carenza del requisito morale a poter costituire ragione dell’esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica. Lo stesso indirizzo giurisprudenziale circa la possibile rilevanza esimente della "innocuità" del falso presuppone l’indefettibile esistenza, a monte, di una dichiarazione che, proprio perché dotata di un puntuale contenuto, si presta astrattamente, per le sue lacune, ad essere considerata "falsa".

3 Una volta acclarato che M. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, ciò comporta l’accoglimento dell’appello principale, potendo rimanere senz’altro assorbiti i rimanenti motivi d’appello dedotti da M..

Da tanto discende l’improcedibilità dell’originario ricorso giurisdizionale della M., come pure quella dei motivi proposti dalla medesima con il suo appello incidentale, in quanto precedentemente respinti dal T.R.G.A..

Secondo il recente insegnamento della già menzionata pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 4\2011, infatti, la mera partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, poiché la situazione legittimante deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva. Pertanto la definitiva esclusione, oppure l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara, impediscono di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva. Ed il positivo riscontro della legittimazione al ricorso, sempre secondo le puntualizzazioni dell’Adunanza Plenaria n. 4, è necessario tanto per far valere un interesse, cd. finale, al conseguimento dell’appalto, quanto per perseguire un interesse meramente strumentale diretto alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione.

La conclusione cui si è pervenuti conduce a ritenere improcedibile, per ragioni diverse, anche l’appello incidentale dell’APSS, che era inteso semplicemente a contestare l’accoglimento da parte del T.A.R. del ricorso della M., e a contrastare l’appello incidentale di quest’ultima.

4 L’appello incidentale di DUSSMAN va invece dichiarato inammissibile.

Occorre ricordare che il ricorso di primo grado di M. è stato a suo tempo notificato anche a D., benché quest’ultima non avesse qualità di controinteressata sostanziale. Essa, risultata terza nella graduatoria di gara, era difatti, semmai, parimenti interessata a reagire all’esito sfavorevole della procedura, come in effetti ha fatto proponendo un autonomo, apposito gravame.

Non avendo perciò D. qualità di controinteressata, essa non poteva acquisirla per il mero fatto della notifica ricevuta, che valeva solo ad esonerarla dal seguire, per la costituzione in giudizio, il protocollo formale previsto per l’intervento del terzo.

Ciò premesso, nel giudizio di primo grado tale società, nel mentre ha contrastato le censure con cui M. mirava ad ottenere l’aggiudicazione per sé, si è invece associata alla domanda subordinata da questa spiegata per ottenere l’annullamento dell’intera procedura. E questa sua seconda posizione, assimilabile a quella di un interventore adesivo dipendente ad adiuvandum, è quella che sta alla base anche del presente appello incidentale, con il quale viene contestato il rigetto, ad opera del TRGA, dei motivi del ricorso di M. che avrebbero potuto determinare la caducazione dell’intera gara.

L’appello incidentale di D. si rivela pertanto inammissibile, a prescindere da ogni altra considerazione, sia perché, a norma dell’art. 102 cpv. CPA, un interventore può proporre appello soltanto se titolare di una posizione giuridica autonoma, e non quindi ove abbia agito come un interventore dipendente ad adiuvandum, sia in quanto l’appellante incidentale beneficerebbe, altrimenti, di un’elusione dei termini decadenziali di legge per la diretta impugnativa dell’aggiudicazione, coltivando censure non dedotte a tempo debito nella sede propria.

5 In conclusione, l’appello di M. merita accoglimento, stante la fondatezza del suo originario ricorso incidentale inteso a far constare che M. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163\2006.

Gli appelli incidentali di M. ed APSS vanno dichiarati improcedibili, mentre quello di D. inammissibile.

Le spese processuali del doppio grado di giudizio vanno equitativamente compensate tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così provvede: accoglie l’appello principale della M. F. M. S.p.A. nella parte in cui ripropone il ricorso incidentale di primo grado, e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, dichiara improcedibile l’originario ricorso della M. S. S.r.l..

Dichiara improcedibili gli appelli incidentali della stessa M. S. S.r.l. e della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento.

Dichiara inammissibile l’appello incidentale della D. S. S.r.l..

Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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