Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Con pronuncia del 23 settembre 2008 la Corte di cassazione annullava la sentenza della Corte d’appello di Messina del 30 novembre 2007 in ordine al reato di calunnia (capo A) perchè estinto per prescrizione e rinviava per la rideterminazione della pena in ordine ai residui reati di ricettazione (capo B) e di riciclaggio (capo D) contestati a V.D., dichiarando il ricorso inammissibile nel resto.
In sede di giudizio di rinvio la Corte d’appello di Reggio Calabria, dopo aver precisato che in punto di affermazione della responsabilità per i residui reati era intervenuto il giudicato, ha rideterminato la pena in anni tre e mesi due di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.
2. – Contro questa sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, che denuncia la omessa motivazione in ordine alla quantificazione della pena detentiva, che sarebbe stata addirittura aumentata con riferimento alla pena base, giungendo ad una inammissibile reformatio in peius.
3. – Il ricorso è infondato.
Il giudice del rinvio ha proceduto alla rideterminazione della pena – originariamente inflitta all’imputato nella misura di anni tre e mesi quattro di reclusione – a seguito della dichiarazione di estinzione del reato di calunnia da parte della Corte di cassazione, individuando la pena base per il reato di ricettazione (capo b) in anni tre di reclusione, concesse le attenuanti generiche, aumentata di mesi due per effetto della continuazione con il reato di riciclaggio (capo d).
In questo modo, la Corte d’appello ha correttamente eliminato l’aumento a titolo di continuazione operato dal primo giudice, riducendo complessivamente la pena inflitta, sicchè non vi è stata alcuna violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 3.
Nè può ritenersi che il divieto di reformatio in peius sia desumibile dalla costanza che il giudice del rinvio, nella rideterminazione della pena, sia partito dalla medesima pena base indicata originariamente: infatti, anche la rigorosa giurisprudenza delle Sezioni unite, secondo cui il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, esclude la violazione di tale divieto in presenza di una pena base che non sia superiore a quella determinata in primo grado, purchè la pena sia complessivamente più bassa (Sez. un., 27 settembre 2005, n. 40910, Morales).
Nella specie, come si è visto, il giudice di rinvio ha rideterminato una pena complessivamente più bassa della precedente, partendo dalla medesima pena base sicchè deve escludersi che vi sia stata la dedotta violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 3. 4. – L’infondatezza del motivo comporta il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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