T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 4554 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone preliminarmente il ricorrente – cittadino brasiliano di origine italiana – di aver richiesto al Consolato Generale d’Italia in Curitiba (Brasile) la legalizzazione della documentazione utile al fine del riconoscimento dello status civitatis italiano.

Nell’assumere che, a fronte della suindicata richiesta, l’Autorità consolare competente ai fini della legalizzazione della documentazione a tal fine rilevante abbia osservato un contegno omissivo per effetto del quale si sarebbe venuto a formare silenzio inadempimento, sostiene l’interessato che la condotta tenuta dall’Amministrazione sarebbe inficiata da violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’11 maggio 2011.
Motivi della decisione

1. Va preliminarmente osservato che il ricorrente, con "atto di comunicazione stragiudiziale, diffida e messa in mora" del 12 ottobre 2009, ha invitato il Consolato Generale d’Italia in Curitiba (Brasile) a legalizzare la documentazione dall’interessato presentata ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana.

Nella circostanza, il sig. M.M. rappresentava che, pur a fronte dell’istituzione, da parte del suindicato Ufficio consolare, di un sistema di prenotazione elettronica, nondimeno le vigenti disposizioni di legge (art. 49 del D.P.R. 200/1967) consentono di rivolgersi direttamente al competente Consolato ai fini della legalizzazione dei documenti di stato civile utili per il riconoscimento della cittadinanza.

Nella stessa "diffida" veniva, quindi, sottolineata l’arbitrarietà di un modus procedendi che – in quanto preordinato ad evadere le istanze esclusivamente a mezzo di procedure informatizzate – di fatto avrebbe vietato all’interessato di presentare direttamente all’Autorità consolare l’istanza di che trattasi.

A fronte di quanto come sopra rappresentato, il Consolato Generale d’Italia in Curitiba poneva in evidenza – con l’impugnata nota in data 3 novembre 2009 – che l’attivazione di un sistema di prenotazione online per il servizio di legalizzazione dei documenti brasiliani da produrre in Italia ai fini del riconoscimento di cittadinanza, è stata preordinata ad assicurare "la necessaria equità di trattamento" a fronte delle numerosissime pratiche presentate al medesimo Ufficio consolare in ragione dell’elevato numero di cittadini brasiliani di origine italiana; ulteriormente sottolineando che tale sistema non ha inteso porre alcun "divieto", per gli interessati, di presentarsi "direttamente" presso i competenti uffici.

2. Quanto sopra preliminarmente sottolineato, va escluso che il ricorso – nella sua parte impugnatoria – possa essere ammissibilmente ammesso a delibazione.

L’impugnata nota del 3 novembre 2009 – il cui essenziale contenuto è stato in precedenza riportato – non si dimostra infatti, ex se riguardata, pregiudizievole per la posizione sostanziale dal ricorrente fatta valere in giudizio.

Come osservato, l’Autorità consolare si è limitata, a fronte della diffida alla medesima notificata, a rappresentare le ragioni a fondamento dell’istituzione di un sistema informatizzato di prenotazione ai fini della legalizzazione della documentazione per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Se non può, per l’effetto, sostenersi che la richiesta di che trattasi sia rimasta "inevasa" ad opera della medesima Autorità consolare (la quale ha, diversamente rispetto a quanto sostenuto dal sig. M.M., fornito espressa e motivata risposta alla diffida a quest’ultima notificata), va parimenti escluso che l’atto di che trattasi (impregiudicata, per l’interessato, la possibilità di rivolgersi direttamente al Consolato per la regolarizzazione documentale) rechi valenza provvedimentale suscettibile di arrecare diretto pregiudizio alle ragioni fatte valere dal ricorrente (in esso, piuttosto, dovendo individuarsi connotazione meramente esplicativa delle ragioni sottese all’informatizzazione delle domande di prenotazione in discorso).

3. Se le considerazioni precedentemente esposte inducono, con ogni evidenza, ad escludere l’ammissibilità del mezzo di tutela all’esame sotto il profilo impugnatorio, non può tuttavia non darsi atto dell’inadempimento dell’Amministrazione a fronte della richiesta di legalizzazione documentale di che trattasi.

Va in proposito osservato come la Tabella 4 allegata al D.P.R. 3 marzo 1995 n. 171 (recante Regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990 n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo, relativamente ai procedimenti di competenza di organi dell’Amministrazione degli Affari Esteri) preveda che la durata complessiva del procedimento relativo all’accertamento del possesso della cittadinanza italiana e rilascio della relativa certificazione per tutti i soggetti discendenti jure sanguinis da cittadini italiani non possa eccedere i giorni 240.

Nel rilevare come il procedimento suindicato sia comprensivo della sequenza (evidentemente subprocedimentale) preordinata alla legalizzazione della documentazione strumentale all’accertamento di cui sopra (e che, conseguentemente, il termine non possa non ricomprendere anche la durata della relativa procedura), va comunque osservato che – quand’anche si ritenesse non operante siffatto spatium deliberandi – verrebbe allora in considerazione l’operatività del termine generale per la conclusione del procedimento di cui all’art. 2 della legge 241/1990.

Nel dare atto che il termine di cui sopra non risulta essere stato nella fattispecie osservato (ed anzi, è stato abbondantemente superato), a nulla rileva che l’Amministrazione si sia, come in precedenza sottolineato, dotata di un sistema informatizzato di prenotazione: circostanza questa che, quantunque elettivamente preordinata a salvaguardare la par condicio dei richiedenti (l’esaminabilità delle domande dei quali avrebbe dovuto, appunto, seguire l’ordine di "prenotazione"), nondimeno non ha consentito il rispetto del termine di definizione del procedimento (come ulteriormente comprovato, quanto al caso in esame, dalla circostanza che, a fronte della prenotazione online effettuata dall’odierno ricorrente, quest’ultimo sia stato calendarizzato ai fini della legalizzazione dei documenti per il 16 luglio 2012).

A fronte della constatata presenza di un contegno sopra inadempiente, ad opera dell’intimata Amministrazione, si impone l’adozione di una pronunzia che, previa declaratoria dell’illegittimità della descritta condotta, imponga all’Autorità consolare competente di dare positivo riscontro alla richiesta di legalizzazione documentale avanzata dall’odierno ricorrente entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza; in ogni caso riservata, per l’eventualità di perdurante inadempimento, la nomina – su sollecitazione della parte interessata – di apposito organo commissariale che a tanto provveda in luogo della competente Autorità consolare.

4. Quanto alle spese di lite, va preliminarmente osservato come parte ricorrente, con istanza del 6 aprile 2010, abbia chiesto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, a fronte della reiezione della relativa istanza da parte della Commissione istituita presso questo Tribunale, intervenuta con provvedimento in data 2 marzo 2010.

Deve darsi atto, quanto alla (ri)proponibilità dell’istanza in questione, che nel caso in cui la richiesta di ammissione al patrocinio non risulti accolta (come relativamente alla vicenda in esame) dalla Commissione istituita presso il Tribunale Amministrativo Regionale, la stessa istanza possa essere riproposta "al magistrato competente per il giudizio", giusta quanto previsto dall’art. 126, comma 3, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Viene, per l’effetto, a configurarsi la presenza di un’istanza pienamente autonoma rispetto a quella già proposta alla competente Commissione, la quale non può essere integrata da informazioni e/o certificazioni eventualmente già prodotte nel corso del procedimento svoltosi dinanzi a quest’ultima (cfr. T.A.R. Lazio, sez. Iquater, 11 settembre 2009 n. 8583).

Nel rilevare come l’istanza in questione – la cui delibazione, alla luce di quanto sopra riportato, è rimessa al Collegio – risulti corredata da elementi di giudizio diversi rispetto a quelli sottoposti all’attenzione della Commissione, va comunque esclusa l’accoglibilità della stessa.

L’art. 119 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) prevede, infatti, che "il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e all’apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica".

In difetto del possesso del requisito sopra indicato in capo all’odierno ricorrente (soggiorno sul territorio nazionale), l’istanza di che trattasi non è suscettibile di accoglimento.

Quanto sopra doverosamente precisato con riferimento alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dalla parte ricorrente avanzata, rileva conclusivamente il Collegio – in ragione della parziale soccombenza emergente dalla condotta disamina del presente mezzo di tutela – la presenza di giusti motivi per compensare fra le parte costituite le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) così dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

– DICHIARA INAMMISSIBILE il gravame, quanto all’impugnazione della nota del Consolato Italiano in Curitiba (Brasile) in data 3 novembre 2009;

– ACCOGLIE il ricorso, limitatamente al richiesto accertamento dell’inadempimento dell’Amministrazione degli Affari Esteri ai fini della conclusione del procedimento preordinato alla legalizzazione documentale chiesta dall’odierno ricorrente e, per l’effetto, ORDINA all’Amministrazione intimata, nella persona del responsabile della suindicata Autorità consolare, di fornire positivo riscontro alla richiesta di legalizzazione documentale di che trattasi entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

– RESPINGE la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dal ricorrente avanzata dinanzi a questa Sezione a fronte del diniego a tale istanza opposto dalla competente Commissione istituita presso questo Tribunale;

– COMPENSA fra le parti costituite le spese di lite.,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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