CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE – SENTENZA 15 giugno 2010, n.22790 IL REATO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA ASSORBE IN SÉ I REATI DI INGIURIE, MINACCE E VIOLENZA PRIVATA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO

Propone ricorso per cassazione B. Rino avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 10giugno 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa della sua responsabilità — per quello che qui interessa- in ordine ai reati di lesioni personali volontarie, maltrattamenti in famiglia e violenza privata, nonché ingiuria e minacce gravi, commessi tutti in danno della moglie separata N. Rita, fino al dicembre 2005.

La persona offesa aveva fornito alla PG, a sostegno delle proprie querele nei confronti dell’ex marito, i testi degli SMS inviatigli dal ricorrente sul telefono cellulare e le registrazioni delle telefonate parimenti ricevute sulla postazione fissa. Nel processo tali elementi erano entrati attraverso la acquisizione dei verbali di PG

— quali atti irripetibili- verbali nei quali erano state annotate le trascrizioni delle registrazioni e le foto degli sms.

I giudici del merito avevano ritenuto inoltre particolarmente attendibile il racconto della persona offesa, corroborato dai referti medici e dalla perizia psichiatrica fatta eseguire nel corso del processo, perizia che aveva lasciato emergere il vizio parziale di mente del prevenuto.

Deduce

1) la violazione degli artt. 234 e 348 c.p.p.

Era stata eccepita in appello la inutilizzabilità delle trascrizioni sopra indicate Tali atti erano stati acquisiti sul presupposto del loro carattere irripetibile. Era vero invece che la PG aveva il dovere di assicurare la traccia del reato acquisendo il telefono cellulare sul quale gli SMS erano registrati e il nastro relativo alla postazione fissa sul quale erano parimenti registrate le telefonate.

Le registrazioni dovevano essere poste a disposizione del giudice il quale avrebbe individuato ex art. 234 c.p.p. la modalità corretta del relativo utilizzo. La Corte aveva erroneamente ritenuto che vi fosse il pericolo della cancellazione delle registrazioni, dimenticando che tale cancellazione non poteva che essere il frutto dì una scelta volontaria e pertanto irrilevante ai fini della configurabilità del “atto irripetibile”.

Ad ogni buon conto era stata violata la procedura prevista dall’art. 360 c.p.p. per il compimento di atti irripetibili.

La questione veniva indicata come decisiva dalla difesa per l’importanza del contenuto delle trascrizioni.

2) il vizio di motivazione sulla ritenuta responsabilità in ordine ai fatti contestati a titolo di maltrattamenti in famiglia.

La prima lacuna argomentativa riguardava il motivo di appello con il quale si era richiesto — nella ottica della esclusione della imputabilità o quantomeno dell’elemento psicologico dei reati- di far maggiore luce sulla corresponsabilità della persona offesa nella causazione degli eventi. Essa infatti era consapevole della patologia psichica che affliggeva il marito e si era comportata in modo tale da scatenarla ogni volta con iniziative vessatorie (telefonate, prosciugamento di un conto bancario, divieto di vedere i figli) di cui è traccia in sentenza.

La seconda lacuna riguardava il motivo di appello col quale era stata richiesta una migliore valutazione della deposizione del teste B. a proposito della imputazione di lesioni. Tale teste , diversamente da quanto ritenuto dalla Corte, aveva fornito una prova d’alibi pressoché inattaccabile, affermando di avere visto il ricorrente andare a dormire la sera in cui si verificò l’azione aggressiva ai danni della querelante. La Corte, sul punto, era incorsa in un travisamento della relativa deposizione.

3) il vizio di motivazione e la violazione di legge riguardo alla ritenuta configurabilità dei reati di ingiurie, minacce e violenza privata.

Si era trattato di comportamenti contemporanei alla condotta ritenuta atta ad integrare il reato di maltrattamenti e pertanto da reputare assorbiti in essa per la coincidenza delle condotte materiali.

Il difensore ha depositato in udienza una memoria.

Il ricorso è fondato nei limiti che si indicheranno.

Occorre in primo luogo dare atto della inammissibilità della memoria difensiva depositata in udienza. Come posto in evidenza ripetutamente dalla giurisprudenza di questa Corte il termine di quindici giorni per il deposito di memorie difensive, previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., è da ritenersi applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di cassazione dall’obbligo di prenderle in esame (Rv. 228646 Massime precedenti Conformi: N. 2628 del 1992 Rv. 194321, N. 4801 del 1993 Rv. 196231, N. 853 del 1995 Rv. 203500).

Quanto al merito del gravame deve evidenziarsi che il primo motivo di ricorso è articolato in termini inammissibili.

In primo luogo è da osservare che , come sottolineato anche di recente dalle Sezioni unite di questa Corte in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (SSUU Fruci, Rv. 243416).

Ebbene, il ricorrente nella specie lamenta la assunta inutilizzabilità delle trascrizioni di telefonate e SMS ma non ne dettaglia il contenuto per consentire a questo giudice di legittimità il vaglio sulla rilevanza della questione nell’ottica della necessaria “prova di resistenza” cui sottoporre la motivazione della sentenza impugnata.

D’altra parte, proprio l’esame ditale motivazione, rende evidente che l’utilizzo processuale ditali registrazioni è rimasto marginale nella economia della ricostruzione della vicenda. Questa risulta affidata piuttosto al racconto della persona offesa, al tenore dei referti medici nonché alle deposizioni degli agenti di PG e degli assistenti sociali intervenuti più volte per sedare i numerosi episodi di aggressione fra i coniugi.

Lo stesso ricorrente afferma semplicemente che l’accoglimento della denuncia di inutilizzabilità “potrebbe” comportare una modifica del verdetto di condanna mentre non illustra, come invece avrebbe dovuto, la tesi della centralità del mezzo probatorio ai tini della conferma della decisione del primo giudice.

Infine, l’assorbimento delle imputazioni di minacce e ingiurie nel delitto di maltrattamenti — che qui si disporrà in accoglimento del terzo motivo di ricorso, con futura eliminazione della pena stabilita ex art. 81 cp per tali figure di reato fa venire meno anche la concretezza dell’interesse alla coltivazione del primo motivo di ricorso.

Il secondo motivo è infondato.

La motivazione della sentenza dà atto del comportamento talvolta anche provocatorio della persona offesa, riconosciuto dal giudice di primo grado e riportato nella premessa.

Ciò nonostante, i giudici dell’appello hanno ritenuto in modo argomentato di escludere che una simile evenienza potesse avere influito sulla configurabilità del vizio di mente (in forma diversa da quella accertata) o sull’elemento psicologico del reato in quanto hanno apprezzato anche i racconti degli agenti di PG e dell’altro personale istituzionale che aveva assistito alle aggressioni tisiche e morali poste in essere dal B. nei confronti della moglie, così da rendere evidentemente non più influente l’apprezzamento sulla singola causa scatenante della singola lite. Il giudizio, in altri termini, non presenta le vistose aporie denunciate nel ricorso il quale, quindi, si risolve in una rappresentazione, al giudice della legittimità, di una ricostruzione alternativa del fatto, non valutabile se non dal giudice del merito. Anche il motivo articolato nella forma della denuncia del travisamento della prova (deposizione del teste Bascherini) in realtà by-passa la valutazione effettuata in maniera del tutto plausibile dai giudici.

Questi, infatti, hanno espresso legittimi dubbi sulla tenuta della prova di alibi riguardo al reato di lesioni, affermando che i ricorrente ben poteva essere uscito di casa quantomeno “dopo” che il teste lo aveva visto in tale luogo, pronto ad andare a riposare.

Non si apprezza in alteri termini, in tale valutazione,l’estremo per ritenere che il giudice abbia ignorato una prova invece positivamente esistente ed acquisita agli atti, dovendosi ancora una volta sottolineare che solo tale è l’ambito del travisamento denunciabile con ricorso, mentre, al contrario, il frutto di un apprezzamento della prova motivato e logico si sottrae al sindacato ex art. 606 lett. e) c.p.p..

Il terzo ed ultimo motivo è invece fondato.

Nella materialità del delitto di maltrattamenti rientrano percosse, minacce, ingiurie, privazioni imposte alla vittima e anche atti di scherno, disprezzo, umiliazione e di asservimento idonei a cagionare durevoli sofferenze fisiche e morali( Rv. 243416; Rv. 234047).

Ne consegue che, non risultando diversamente accertato dal giudice del merito e tenuto conto della coincidenza temporale dei delitti contestati ex art. 572, 610, 612, cp, i singoli episodi vessatori rimangono assorbiti nel reato di maltrattamenti La relativa pena potrà essere calcolata e sottratta dal giudice del merito cui gli atti si rimettono per tale unico giudizio.

P.Q.M.

Ritenuto l’assorbimento nel reato di maltrattamenti di quelli di minacce, ingiuria e violenza privata, annulla la sentenza impugnata con rinvio al altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo esame in ordine al trattamento sanzionatorio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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