costituito dai magistrati:
Margit FALK EBNER – Presidente
Hugo DEMATTIO – Consigliere
Luigi MOSNA – Consigliere, relatore
Marina ROSSI DORDI – Consigliere
ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 120 del registro ricorsi 2008
presentato da
KAJA Krenar, rappresentato e difeso dall’avv. Amanda Cheneri, con domicilio eletto presso lo studio della medesima in Bolzano, via Carducci n. 13, giusta delega a margine del ricorso, – ricorrente –
c o n t r o
MINISTERO DELL’INTERNO – Questura di Bolzano, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, in Largo Porta Nuova n. 9, presso la quale, pure per legge, è domiciliato, – resistente –
per l’annullamento
del decreto di rigetto del Questore della Provincia di Bolzano n. 10/2008 A 12/Imm. dd. 7.3.08 notificato in data 13.3.08 e di ogni atto presupposto antecedente e successivo.
Visto il ricorso notificato il 21.4.2008 e depositato in segreteria il 24.4.2008 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Questura di Bolzano dd. 23.4.2008;
Vista l’ordinanza n. 98 dd. 13.5.2008 di questo Tribunale con la quale è stata cautelarmente sospesa l’esecuzione del provvedimento impugnato;
Vista la memoria prodotta;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza dell’1.4.2009 il consigliere Luigi Mosna ed ivi sentito l’avv. dello Stato G. Denicolò per il Ministero dell’Interno – Questura di Bolzano;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il ricorrente, cittadino albanese nato il 14 agosto 1988, è entrato clandestinamente in Italia nel 2003 e, a far tempo dal 30 maggio 2006, ha ottenuto un permesso di soggiorno “per minore età”, ai sensi dell’art. 28 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, valido sino al 14 agosto 2006. Raggiunta la maggiore età ha presentato, in data 14 agosto 2006, domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
Con l’impugnato decreto del 7 marzo 2008 il Questore della Provincia di Bolzano ha rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
A fondamento del gravame proposto il ricorrente ha dedotto il seguente articolato motivo: ”Violazione artt. 31, 32 e 5, commi V e IX D.L. 286/98 – Eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione – travisamento fatto supposto”.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata con atto del 23 aprile 2008, riservandosi di dedurre e concludere in prosieguo. Con successiva memoria, depositata il 10 maggio 2008, l’Amministrazione ha esposto le proprie controdeduzioni e ha chiesto il rigetto del ricorso, siccome infondato.
Con ordinanza n. 98/08, depositata il 14 maggio 2008, il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal ricorrente in via incidentale.
Alla pubblica udienza del giorno 1 aprile 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
D I R I T T O
L’impugnato provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno al ricorrente è così motivato: “…letto l’art. 32, commi 1 e 1bis del D. Lvo 286/98, così come modificato dalla Legge 189/2002, il quale dispone che, al compimento della maggiore età, allo straniero che ha fruito delle garanzie a favore del minore, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, a condizione che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394; Letti gli atti d’ufficio dai quali risulta che l’interessato ha fatto ingresso in Italia in data 01 settembre 2006, non è mai stato ammesso in alcuno dei progetti stabiliti dalla norma sopra richiamata; Letto l’art. 5 comma 5 del D. Lvo 286/98, così come modificato dalla Legge 189/2002, il quale dispone che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato;”—omissis—“ Ritenuta (che) quindi l’attuale posizione documentata dal richiedente non soddisfa le condizioni stabilite dalla normativa vigente per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro, per attesa occupazione o a qualsiasi titolo, perché il cittadino straniero è stato ammesso ad un progetto di integrazione sociale per un tempo inferiore ai due anni previsti dalla normativa vigente” …omissis.
Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di diniego, affermando che la Questura avrebbe dovuto considerarlo, ai sensi dell’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 286 del 1998, come minore “accompagnato”, essendo stato affidato, subito dopo il suo ingresso in Italia, ad un parente entro il quarto grado (allo zio Masha Festim). Detta circostanza risulterebbe, inequivocabilmente, dal “verbale di affidamento del minore” dell’Ufficio Minori della Questura di Bolzano del 12 aprile 2006.
In ogni caso, nel provvedimento censurato la Questura non farebbe menzione di tale circostanza, come pure di altri fatti, e precisamente che il ricorrente, presente in Italia da oltre cinque anni, lavora con contratto a tempo indeterminato, ha sempre lavorato con condotta regolare e con “perfetta integrazione sociale”.
Le doglianze hanno pregio.
L’art. 32 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e s. m. così recita: “1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23.
1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
1-ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato….”.
Dunque la norma citata prevede, al raggiungimento della maggiore età, la possibilità di convertire il permesso di soggiorno in permesso per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura sia alla categoria dei minori “accompagnati”, sia a quella dei minori “non accompagnati”, a determinate condizioni.
La prima categoria di minori, ai sensi del citato art. 32, comma 1, include:
* i minori conviventi con i genitori o con la persona cui sono stati affidati in via amministrativa o giudiziaria (ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2 del D. Lgs. n. 286 del 1998 e dell’art. 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184);
* i minori “comunque affidati” ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
La seconda categoria di minori, ai sensi del citato art. 32, commi 1bis e 1ter, include:
* i minori “non accompagnati”, che non siano stati destinatari di un provvedimento di rimpatrio da parte del Comitato per i minori stranieri e che siano entrati in Italia prima del compimento dei 15 anni, che abbiano seguito, per almeno due anni, un progetto di integrazione sociale e civile, che abbiano la disponibilità di un alloggio e che frequentino corsi di studio o svolgano attività di lavoro retribuita o siano in possesso di un contratto di lavoro, anche se non ancora iniziato.
Orbene, nel caso specifico, l’Amministrazione ha evidentemente ritenuto che l’affidamento del minore allo zio, avvenuto con verbale dell’Ufficio Minori della Questura, non integrasse una delle fattispecie di affidamento contemplate dal comma 1 dell’art. 32 del D. Lgs. n. 286 del 1998 e che il ricorrente non avesse i requisiti previsti dai commi 1bis e 1ter dello stesso art. 32 per la conversione del permesso di soggiorno dei minori “non accompagnati”.
Osserva il Collegio che la Corte costituzionale, nella sentenza 5 giugno 2003, n. 198, ha affermato che il permesso di soggiorno, di cui al citato art. 32, comma 1, deve ritenersi riferibile ed applicabile anche ai minori sottoposti a tutela ai sensi del Titolo X del Libro primo del codice civile. Inoltre, la stessa Corte, per quanto di interesse, ha chiarito che la medesima disposizione, là dove prevede la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno agli stranieri che compiano la maggiore età e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2 e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, (art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 286 del 1998) “viene pacificamente interpretata, secondo quanto riconosce anche l’organo remittente, come relativa ad ogni tipo di affidamento previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 e cioè sia all’affidamento ‘amministrativo’ di cui al primo comma dell’art. 4, che all’affidamento ‘giudiziario’ di cui al secondo comma dello stesso articolo 4, sia anche all’affidamento di fatto di cui all’art. 9 della medesima legge”.
L’ordinanza di remissione alla Corte aveva sottolineato che l’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 286 del 1998 contiene una locuzione – quella “e ai minori comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184” – la quale, sul piano letterale, rivela un grado di pregnanza e di specificità tutt’altro che descrittivo ed atecnico, quanto invece inequivocabilmente e tecnicamente identificativo di un determinato istituto giuridico – l’affidamento familiare ai minori – così come disciplinato dalla norma positiva che l’ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico (cioè l’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 – cfr. T.A.R. Emilia, Bologna, ordinanza 23 luglio 2002, n. 50/02).
Sempre secondo l’organo remittente, l’avverbio “comunque”, contenuto nel citato art. 32, è strettamente riferito, per adiacenza, all’aggettivo “affidati”, con il corollario che l’interpretazione logica da esso deducibile è quella per cui il legislatore, al di là del mero richiamo letterale al (solo) art. 2 della citata legge n. 184 del 1983, abbia inteso riferirsi a tutti i tipi di affidamento contemplati da quella legge, e cioè:
a) l’affidamento “amministrativo”, disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici (art. 4, comma 1);
b) l’affidamento “giudiziario”, disposto dal Tribunale per i minorenni ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore (art. 4, comma 2);
c) l’affidamento “di fatto” ad un parente entro il quarto grado (art. 9, comma 4).
Dunque il giudice remittente individua nell’art. 9 della legge n. 184 del 1983 la base normativa per il riconoscimento del cd. affidamento di fatto, al quale la Corte costituzionale, nel ricostruire l’istituto, si riporta integralmente.
L’art. 9, comma 4, della legge n. 184 del 1983, nel disciplinare le situazioni di abbandono dei minori, impone a chiunque accolga stabilmente nella propria abitazione, per un periodo superiore a sei mesi, un minore del quale non sia parente entro il quarto grado, l’obbligo di segnalare il fatto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.
Secondo la più recente giurisprudenza, anche di questo Tribunale (sent. n. 28/2009 del 14-19 gennaio 2009) condivisa dal Collegio, argomentando a contrario, deve considerarsi implicitamente ammessa la convivenza stabile di un minore con uno o più parenti entro il quarto grado, in ciò risolvendosi il cd. affidamento di fatto (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 1° dicembre 2004, n. 1741; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, ordinanza 27 marzo 2008, n. 490; Sez. III, 27 maggio 2008, n. 1847; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6525 e TRGA Bolzano 4 novembre 2008, n. 360).
Dunque, ad avviso del Collegio, ai fini dell’applicazione dell’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 286 del 1998, la convivenza stabile di un minore straniero con un parente entro il quarto grado può essere in ogni caso ragionevolmente equiparata a quella di un minore affidato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 184 del 1983, anche in assenza di apertura del procedimento di tutela (auspicabile nel superiore interesse del minore, anche in caso di affidamento di fatto ad un parente entro il quarto grado).
Va aggiunto che il precitato “verbale di affidamento del minore” dell’Ufficio Minori della Questura del 12 aprile 2006 è stato sottoscritto dallo zio affidatario e dall’assistente verbalizzante e che detto verbale ha natura di atto pubblico.
Lo stesso, unitamente alla mancata adozione di ulteriori atti da parte delle autorità preposte, ha indubbiamente ingenerato nel ricorrente e nello zio un affidamento qualificato nella regolarità della procedura di affidamento seguita e nella futura conversione del permesso di soggiorno, al raggiungimento della maggiore età.
In conclusione, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno al ricorrente, la Questura avrebbe dovuto ricondurre la posizione del ricorrente al c.d. affidamento di fatto, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 184 del 1983 e, quindi, applicare l’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 286 del 1998.
Per le ragioni espresse il ricorso è fondato e merita accoglimento; di conseguenza, il decreto impugnato va annullato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio, tenuto conto del tenore letterale della disposizione controversa.
Il contributo unificato va posto a carico dell’Amministrazione soccombente, come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Il contributo unificato va posto a carico dell’Amministrazione resistente.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio dell’1.4.2009.
LA PRESIDENTE L’ESTENSORE
Margit FALK EBNER Luigi MOSNA
/br
N. R.G. 120/2008
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it