Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
ento del processo
La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 1 febbraio 2010, riformava la condanna pronunciata dal Tribunale di Bari il 26 novembre 2002, che aveva dichiarato P.L. colpevole dei delitti di rapina aggravata e detenzione e porto in luogo pubblico di arma da sparo. Il giudice di appello assolveva l’imputato dal reato in materia di armi, ritenendo che si fosse trattato di un giocattolo, e confermava la sua responsabilità in ordine al delitto di rapina, fissando la pena in anni cinque di reclusione ed Euro 1.200 di multa.
La sentenza della Corte di Appello evidenziava la pluralità di emergenze istruttorie a carico dell’imputato: la descrizione delle caratteristiche fisiche del rapinatore da parte del titolare dell’esercizio commerciale rapinato, M.G.A.; le lesioni da arma da fuoco subite dal P. concordanti con le dichiarazioni rese dal predetto M. di avere attinto il rapinatore con colpi di pistola; il ritrovamento della Fiat Croma usata per la rapina bruciata e perforata in tre punti da altrettanti proiettili, in conformità a quanto dichiarato dal M. di avere attinto con colpi di pistola la suddetta autovettura.
Propongono ricorso per cassazione i difensori dell’imputato.
L’avv. Antonio Lanzillotta deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 628 c.p., nonchè manifesta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il difensore ricorrente rileva che il M. non ha potuto riconoscere il P. in quanto era travisato nel volto e ciò sarebbe in contraddizione con l’affermazione che lo stesso M. fornì un’accurata descrizione delle caratteristiche fisiche del rapinatore; inoltre, la puntualizzazione testimoniale del M. di essere stato avvicinato da tale S.P. che gli avrebbe riferito che il P. aveva partecipato alla rapina sarebbe in contraddizione con il fatto che lo stesso S. riferì che la rapina era stata fatta utilizzando la sua autovettura che era una Alfa Giulietta e non con una Fiat Croma.
L’avv. Donato Antonio Muschio Schiavone deduce i seguenti motivi:
1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità o nullità, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente afferma che le dichiarazioni rese da S.P. al M. sarebbero inutilizzabili ai sensi dell’art. 62 c.p., in quanto testimonianza indiretta sulle dichiarazioni rese nel corso del procedimento dall’imputato; che la descrizione del rapinatore resa dal M. sarebbe in violazione delle forme di cui agli artt. 213 ss. c.p.p.; che le lesioni dell’imputato riguardavano il glande e la regionale perianale con voluminoso ematoma scrotale, mentre il M. aveva dichiarato di aver colpito il rapinatore alle gambe e, inoltre, sul punto è mancato un accertamento tecnico; che l’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale sarebbe irrilevante la circostanza che la felpa sequestrata all’imputato non presentasse fori, in quanto l’imputato avrebbe disperso i propri capi di vestiario recanti tracce di proiettili, sarebbe illogica, poichè non sarebbe possibile parlare di dispersione in presenza di un rinvenimento e, comunque, sarebbe mancato un accertamento tecnico sul reperto; che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che il teste D.L. ha riferito di avere appreso che era stata effettuata una rapina con la macchina del S. e che l’auto di quest’ultimo era una Alfa Giulietta e, comunque, sui tre fori rinvenuti sulla Fiat Croma trovata bruciata sarebbe mancato un accertamento tecnico.
In definitiva, secondo il ricorrente il giudizio conclusivo della Corte di Appello non sarebbe l’unico possibile alla stregua degli elementi disponibili.
2) violazione di canoni di valutazione probatoria e della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
3) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza,. contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto nella decisione di diniego delle attenuanti generiche sarebbe stato violato il divieto di doppia valutazione di elementi identici in senso sfavorevole all’imputato, poichè la obiettiva gravita dei fatti viene adoperata ora ai fini dell’art. 133 c.p. ora ai fini del diniego delle attenuanti generiche.
4) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente censura quello che considera un errore della Corte di Appello, cioè l’avere ritenuto che la gravita del fatto potesse impedire di apprezzare positivamente altre circostanze del reato al fine di concedere le attenuanti generiche.
5) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto non vi sarebbe alcuna motivazione sull’uso del potere discrezionale di determinazione della pena e, in particolare, non sarebbe stata considerata la modalità dell’azione, cioè l’uso di una pistola giocattolo.
Motivi della decisione
I motivi dei ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.
I motivi dei ricorsi con i quali si censurano vizi di motivazione non sono consentiti nel giudizio di legittimità, poichè, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, analizzando singolarmente e valutando nel loro complesso la pluralità delle emergenze probatorie: qualsiasi diversa valutazione esula dall’ambito di cognizione di questo giudice di legittimità.
Infondata è la censura concernente le dichiarazioni rese da S. al M., poichè il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dall’imputato opera solo in relazione alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento e non al di fuori di esso. Non risulta che dette dichiarazioni siano state effettuate nel corso del procedimento – in tal senso nessuna indicazione è data dal ricorrente – e, comunque, la valutazione di tali dichiarazioni è del tutto marginale nel contesto della motivazione e del complesso del quadro probatorio.
I motivi di ricorso con i quale si lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche sono infondati, sia perchè la sentenza impugnata valuta non solo la gravita del fatto, ma anche la capacità a delinquere dell’imputato, sia perchè ben può un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini e conseguenze.
Per quanto concerne, infine, la determinazione della pena deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha tenuto conto sia della gravita del fatto che della capacità a delinquere del reo; inoltre, il giudice di legittimità non può sindacare valutazioni discrezionali del giudice di merito e, d’altro canto, è principio costantemente affermato da questa Suprema Corte che l’obbligo di motivazione in ordine alla determinazione della pena tanto più si attenua quanto maggiormente la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale, come nel caso di specie.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.