Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto prot. 225121.III.1.44/14 del 28 dicembre 2009 il Dirigente del Servizio Personale del Comune di Parma indiceva una selezione interna, per titoli ed esami, per la copertura di cinque posti di "funzionario amministrativo (cat. D3)". Il bando richiedeva il possesso del "diploma di scuola media superiore" unitamente ad un’anzianità di servizio (3 anni nella categoria D1 nel profilo professionale di direttore amministrativo, oppure 3 anni nella categoria D1 in profili diversi con diploma di laurea attinente, oppure 6 anni nella categoria D1 in profili diversi, oppure 6 anni nella categoria C nel profilo di istruttore amministrativo e diploma di laurea attinente) oppure il possesso del diploma di istruzione di secondo grado (diploma avente durata almeno biennale conseguito dopo la licenza media inferiore) con ulteriori tre anni di anzianità non valutati nel conteggio dei titoli di servizio; inoltre, stabiliva che "…Il periodo prestato non a tempo pieno sarà valutato in misura proporzionale…".
All’esito della selezione la ricorrente veniva collocata alla settima posizione della graduatoria, con punti 50 (24/30 nella prova scritta e 26/30 nella prova orale, nulla per i titoli di studio e per i titoli di servizio).
Avverso gli atti della selezione proponeva impugnativa in parte qua l’interessata, imputando all’Amministrazione di non avere tenuto conto della sopraggiunta disciplina di cui all’art. 62 del d.lgs. n. 150 del 2009 e della conseguente necessità di prescrivere anche per il personale interno il possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno – previsione peraltro già autonomamente contenuta nel regolamento comunale in materia di concorsi (artt. 6 e 55) -, lamentando l’omessa valutazione dei titoli culturali, dei titoli vari e del curriculum e la mancata verbalizzazione delle modalità di attribuzione dei punteggi per i titoli di studio e di servizio, deducendo l’illegittima riduzione della sua anzianità di servizio in misura proporzionale alla quantità di lavoro prestato in regime di parttime orizzontale. Di qui la richiesta di annullamento parziale degli atti impugnati.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Parma e i sigg.ri A.B., O.S. e F.V., opponendosi all’accoglimento del ricorso.
All’udienza in data 11 maggio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Il Collegio deve innanzi tutto esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa dei controinteressati in ragione dell’asserita ascrivibilità della selezione di che trattasi alla tipologia delle progressioni orizzontali all’interno di una medesima categoria, donde l’addotta riconducibilità della cognizione della presente controversia alla sfera di competenza del giudice ordinario.
L’eccezione è priva di fondamento.
Secondo l’organo regolatore della giurisdizione (v. Cass. civ., Sez. un., 19 dicembre 2009 n. 26814), premesso che spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo le liti relative ai concorsi per soli interni che comportino passaggio ad aree funzionali o a categorie più elevate e che spettano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie attinenti a concorsi per soli interni che comportino l’acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive oppure il passaggio da una qualifica ad un’altra nell’ambito della medesima area, va considerato che, in tema di pubblico impiego, il rilievo attribuito alla circostanza che la progressione nell’inquadramento avvenga all’interno di una stessa area o invece tra aree diverse si riferisce ai sistemi di classificazione del personale di quei comparti della pubblica Amministrazione per i quali la contrattazione collettiva nazionale individua nelle aree la ripartizione di base dell’inquadramento del personale a seconda dell’importanza delle mansioni e delle relative responsabilità, mentre nei casi in cui le diverse mansioni e funzioni sono ripartite verticalmente, in base alla loro importanza, nell’ambito di raggruppamenti per cui sia utilizzata una diversa terminologia (ad es. le categorie), le selezioni per il passaggio da una categoria ad un’altra superiore sono equiparabili, ai fini della giurisdizione, ai concorsi esterni, ferma restando l’irrilevanza della permanenza nell’ambito della stessa area quando le qualifiche contrassegnino diversi campi di specializzazione trasversalmente alle varie categorie. La circostanza, allora, che – come rilevato dalla giurisprudenza (v. TAR Calabria, Reggio Calabria, 28 maggio 2009 n. 375) – nel vigente sistema di classificazione economica e professionale del personale rientrante nel comparto Enti locali, la posizione D3 presenta natura di categoria economica e giuridica, perché presuppone l’espletamento di attività che, seppure omogenee a quelle della categoria generale D, richiedono comunque una specializzazione particolare e dunque consentono l’accesso dall’esterno, ad avviso del Collegio, rivela la sussistenza di una qualifica che non costituisce un semplice intermedio della categoria D, ed integra quindi, per la sua acquisizione, quell’ipotesi di progressione verticale all’interno della medesima area che si è visto rappresentare uno dei casi di "concorso per personale interno" devoluto alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Nel merito, una prima questione concerne la lamentata inosservanza dell’art. 62 del d.lgs. n. 150 del 2009, che – nel modificare il testo dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 – ha introdotto la regola per cui le progressioni di carriera tramite concorso richiedono il possesso del titolo di studio stabilito per l’accesso dall’esterno. Sennonché, il Collegio condivide quell’orientamento giurisprudenziale (v. TAR Umbria 15 dicembre 2010 n. 536) che esclude l’immediata applicabilità agli enti locali della nuova disciplina in materia, occorrendo attendere, ai sensi dell’art. 34, l’adeguamento dei relativi ordinamenti ai principi stabiliti dalla normativa statale, che fissa il termine del 31 dicembre 2010 per tale adempimento e che solo all’inutile decorso dello stesso fa conseguire la diretta operatività delle disposizioni non ancora recepite in sede locale. Dal che l’infondatezza della censura imperniata sull’omessa attuazione di una disciplina in realtà non applicabile, ratione temporis, alla selezione di che trattasi.
Né, del resto, il requisito del titolo di studio stabilito per l’accesso dall’esterno può trovare autonomo fondamento negli artt. 6 e 55 del regolamento comunale in materia di concorsi. Detta normativa, invero, è espressamente dichiarata suscettibile di deroga a mezzo della procedura di concertazione sindacale, sicché correttamente l’Amministrazione si è attenuta in parte qua agli accordi in quella sede assunti.
Quanto, poi, ai titoli oggetto di valutazione, non convince la censura imperniata sull’omessa considerazione dei titoli culturali, dei titoli vari e del curriculum, in quanto il bando specificava che avrebbero assunto rilievo solo i "titoli di servizio" e i "titoli di studio". Né emerge in tal modo un’inammissibile inosservanza delle disposizioni del regolamento comunale in materia, posto che – come si è detto – l’art. 55 del regolamento, pur estendendo alle "progressioni verticali" la disciplina concorsuale ordinaria, prevede che vi si possa derogare sulla base della concertazione sindacale, il che è quanto avvenuto nel caso di specie. Quanto, poi, alla circostanza che i due diplomi di laurea posseduti dalla ricorrente (l’uno in Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali, l’altro in Filosofia) avrebbero potuto quanto meno essere valutati come "titoli di studio" – perché equipollenti o attinenti alla qualifica messa a concorso (requisito riferito dal bando alla laurea in giurisprudenza, economia e commercio, scienze politiche o lauree equipollenti) -, si tratta di questione che, per il primo dei due diplomi, è strettamente collegata alle modalità di computo dell’anzianità di servizio per la posizione D1 (per intero o in misura ridotta) e che dunque dipende dall’esito della censura relativa al parttime (la si esaminerà successivamente), mentre per il secondo dei due diplomi è sufficiente rilevare come il bando avesse tassativamente indicato i titoli "attinenti" e come tra questi non rientrasse la laurea in filosofia. Quanto, invece, alla mancata verbalizzazione delle concrete modalità di assegnazione dei punteggi relativi ai "titoli di servizio" e ai "titoli di studio", rileva il Collegio che il carattere vincolato di tale operazione e l’indicazione distinta dei punteggi attribuiti per le due categorie di titoli ai vari concorrenti, nonché l’esplicita affermazione secondo cui vi si era provveduto collegialmente ("…Al termine della prova orale, la Commissione prende visione dei titoli di servizio e di studio dichiarati da ogni candidato… ai fini della valutazione dei titoli stessi. I punteggi vengono attribuiti…"), inducono a ritenere assolto l’onere minimo di verbalizzazione all’uopo richiesto.
Un’ultima questione concerne la riduzione dell’anzianità di servizio della ricorrente in misura proporzionale alla quantità di lavoro prestato in regime di parttime orizzontale.
Il Collegio ritiene fondata la doglianza, in adesione a quell’orientamento giurisprudenziale (v. TAR Molise 11 febbraio 2009 n. 20) che evidenzia come ciò che distingua il rapporto di lavoro a tempo pieno e il rapporto di lavoro a tempo parziale è solo il diverso orario di lavoro e la diversa misura della retribuzione – anche ai fini assicurativi e pensionistici -, non certamente le caratteristiche professionali dei due tipi di rapporto che, in ragione dell’assenza di una disciplina che esplicitamente estenda all’anzianità di servizio il principio di proporzionalità vigente per gli istituti di ordine economicoretributivo e per altri aspetti del rapporto di lavoro, ne giustificano una piena equiparazione quanto ad ogni altra conseguenza attinente alla progressione di carriera. Donde l’illegittimità della disposizione del bando che stabiliva che "…Il periodo prestato non a tempo pieno sarà valutato in misura proporzionale…" e la conseguente invalidità delle determinazioni ancorate all’individuazione di una minore anzianità della ricorrente nella posizione D1, da ridefinire per intero sulla base del periodo di svolgimento del servizio (tre anni); il che comporta anche un riesame del titolo di studio utilizzato come requisito per l’accesso alla selezione (Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali), titolo che, per effetto della correzione dell’anzianità di servizio, risulta a questo punto suscettibile di valutazione autonoma, ai fini dell’attribuzione di un ulteriore punteggio. Né, d’altra parte, si tratta di censura tardiva, perché l’interesse a far valere l’illegittimità della norma della lex specialis è evidentemente sorto solo al momento della redazione della graduatoria finale; né, ancora, è appropriato invocare da parte dell’Amministrazione la disposizione di cui all’art. 25, comma 3, del regolamento comunale in materia ("Il servizio prestato non a tempo pieno sarà valutato in misura proporzionale"), perché relativa ai titoli di servizio, non ai requisiti per l’ammissione alle selezioni.
In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti indicati, con conseguente annullamento in parte qua degli atti oggetto di impugnativa, ai fini di una rinnovazione parziale del procedimento.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua gli atti impugnati, ai fini di una rinnovazione parziale del procedimento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
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