Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Nocera Inferiore giudicava con il rito ordinario M.C., D.A., P.G.:
Imputati:
– capo d) – del reato di cui agli artt. 81 e 110 c.p., art. 644 c.p., comma 1 e comma 5, n. 3 aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7 per usura in danno di I.G.; fatti dal (OMISSIS) fino al decreto che dispone il giudizio;
– capo e) – del reato di cui agli artt. 81, 110 e 629 c.p., in relazione all’art. 628 c.p., comma 1, e comma 3, n. 1, aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7, per estorsione in danno di G. G.; fatti commessi dal (OMISSIS) fino al decreto che dispone il giudizio;
– capo f)- del reato di cui agli artt. 110 e 629 c.p., in relazione all’art. 628 c.p., comma 10 e comma 3, n. 1, aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7, per estorsione in danno di I.G.;
fatti commessi in data antecedente al (OMISSIS);
– capo g) – del reato di cui agli artt. 110 e 629 c.p., in relazione all’art. 628 c.p., comma 1 e comma 3 n. 1, aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7, per estorsione in danno di A.F.; fatti commessi dal (OMISSIS) fino al decreto che dispone il giudizio;
– capo h) – il solo M., del reato di cui agli artt. 81 e 110 c.p., art. 644 c.p., comma 1 e comma 5, n. 3 aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7 per usura in danno di R.A.; fatti commessi dal (OMISSIS) fino al decreto che dispone il giudizio;
– capo k) – il solo M., del reato di cui all’art. 81 c.p. e art. 640 c.p., comma 1 e comma 2, n. 1, per truffa in danno dell’ASL (OMISSIS); fatti dal (OMISSIS) fino al decreto che dispone il giudizio;
Al termine del giudizio i predetti imputati venivano condannati con sentenza del 27.10.2008 alla pena ritenuta di giustizia, esclusa per tutti l’aggravante ex L. n. 203 del 1991, art. 7:
il M. per le imputazioni di cui ai capi – d) – e) – f) – g) – h) – k);
il P. per l’imputazione di cui al capo – g);
la D. per l’imputazione al capo – e);
La corte di appello di Salerno, investita del gravame, confermava la decisione impugnata con sentenza del 26.03.2010;
I tre imputati ricorrono per cassazione a mezzo dei difensori, deducendo:
– M. – D. -;
MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
1) – Con il primo motivo, i ricorrenti censurano la decisione impugnata per nullità dell’udienza preliminare conseguente alla violazione dell’art. 111 Cost., art. 178 c.p.p., lett. c) in relazione all’art. 418 c.p.p. e segg., lamentando che, sebbene il Tribunale avesse dichiarato la nullità del decreto di citazione e rimesso gli atti al Gup, quest’ultimo aveva emesso nuovo decreto per il giudizio senza rinnovare l’udienza preliminare;
2) – con il secondo motivo si deduce la nullità del decreto che dispone il giudizio per incompetenza del Gup distrettuale, atteso che le imputazioni ex art. 416 bis c.p. ed L. n. 203 del 1991, art. 7 non erano state sollevate sin dall’inizio e non erano fondate su elementi di prova sufficienti;
3) – con il terzo motivo si deduce la nullità o inutilizzabilità delle intercettazioni poste a fondamento della decisione di condanna, nonchè dell’avviso di conclusioni indagini, atteso che al momento di tale ultimo avviso non venivano poste a disposizione della difesa le bobine delle intercettazioni nè era dato avviso ex art. 268 c.p.p., nn. 6 e 8; in realtà la trasposizione delle intercettazioni veniva rilasciata dopo la scadenza dei termini ex art. 415 bis c.p.p.;
4)- con il quarto motivo si deduce la nullità delle intercettazioni per omessa motivazione del decreto che autorizzava l’uso di impianti esterni, in violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3 e art. 271 c.p.p.;
5)- Con il quinto motivo si deduce la nullità delle intercettazioni perchè adottate sulla scorta di una denuncia anonima e, comunque, di elementi indiziari privi del requisito della gravità;
6)- con il sesto motivo si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese dalle parti offese in violazione dell’art. 63 c.p.p., atteso che le medesime non potevano essere sentite in tale qualità, risultando già indagabili al momento in cui erano state esaminate;
– il ricorrente sottolinea che tutte le persone offese erano state poi effettivamente indagate per favoreggiamento ma erano state sentite ugualmente in violazione dell’art. 63 c.p.p.;
7)-con il settimo motivo, relativo al solo M., si censura la sentenza impugnata per avere omesso di disporre la sospensione del processo e la perizia medica a seguito dell’incapacità dell’imputato a stare in giudizio;
8) – con l’ottavo motivo, relativo alla sola D., si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto il concorso dell’imputata nel delitto di estorsione contestato al capo F) senza illogicamente tenere conto dell’età avanzata dell’imputata (anni (OMISSIS)) e della sostanziale impossibilità di concorso; il tutto in assenza della prova che l’anziana donna fosse a conoscenza dei rapporti intercorrenti tra il figlio M.C. e la parte offesa G.;
P.:
MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
1) – con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa ed illogica motivazione laddove ha ritenuto il suo concorso nell’attività estorsiva del M. nonostante l’assenza di minacce da parte sua;
2)- la sentenza era illogica anche per avere ritenuto l’aggravante della partecipazione di più persone, ex art. 628 c.p., comma 3, n. 1, nonostante che dalle dichiarazioni della parte offesa A. F., emergesse che il P. si era recato da lui da solo e non in compagnia del M.;
3)- Inoltre la sentenza era da censurare per avere negato le circostanze attenuanti generiche sulla scorta dei soli precedenti del P.;
Chiedono l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
M. – D. -;
1 – 2) – Con il primo ed il secondo motivo, i ricorrenti censurano la decisione impugnata per nullità afferenti il decreto che ha disposto il giudizio;
La Corte territoriale ha motivatamente respinto tali eccezioni, già formulate nei motivi di appello, osservando:
alquanto alla manca rinnovazione dell’udienza preliminare, che la stessa era stata correttamente omessa dal Gup atteso che il Tribunale aveva annullato il decreto che disponeva il giudizio solo per una questione di forma, legata all’esatta indicazione della sede giudiziaria in cui si doveva svolgere il processo (Tribunale di Nocera Inferiore e non di Salerno come erroneamente indicato in un primo momento) sicchè il Gip aveva provocato il contraddittorio solo su quest’ultimo punto con apposita udienza camerale per la correzione dell’errore materiale.
Si tratta di una motivazione corretta perchè rispettosa del criterio dettato dall’art. 185 c.p.p., comma 3, che dispone la regressione del procedimento, in caso di dichiarazione di nullità, allo stato in cui è stato compiuto l’atto nullo, principio costantemente interpretato nel senso che la regressione è limitata al singolo atto affetto da nullità e non può estendersi agli atti e fasi regolarmente compiuti.
In tal senso e per un caso analogo è stato espresso il principio per il quale "nel caso in cui gli atti siano trasmessi al PM per l’ulteriore corso, a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado, non è dovuta la rinnovazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. siccome tale esigenza non si pone quando il contraddittorio ha avuto modo di dispiegarsi, nella sua pienezza, nella precedente fase processuale avanti al Giudice di pace e avanti al giudice dell’appello, il quale ultimo ha annullato la sentenza di 1 grado, dichiarando l’incompetenza per materia del primo giudicante" (Cass. Pen. Sez. 6, 21.10.2008 n. 2007).
Da tali principi emerge che, nella specie, non era necessario rinnovare l’udienza preliminare, già ritualmente espletata con pieno dispiegamento del diritto di difesa, ed era sufficiente provocare il contraddittorio solo sull’atto oggetto di annullamento e cioè sull’individuazione della sede competente per il giudizio, argomento sul quale le parti hanno avuto modo di interloquire a mezzo dei difensori nell’apposita udienza convocata. b) – Quanto all’eccezione di nullità dello stesso decreto per incompetenza del Gup distrettuale è parimenti condivisibile la motivazione adottata dalla Corte di appello atteso che, a tal riguardo, non assume rilievo l’imputazione originariamente formulata nelle indagini preliminari, stante la notoria provvisorietà della stessa (Cassazione penale, sez. 1, 04/02/2009, n. 9004), essendo rilevante solo quella con cui il PM formula la richiesta di rinvio a giudizio ed esercita l’azione penale.
E’ noto infatti che il p.m. esercita l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, a seguito della quale l’indagato assume la posizione di imputato (art. 60 c.p.p), (Cassazione penale, sez. 3, 26/04/1995, n. 1455).
Nè tale conclusione può essere posta in discussione osservando che, nelle fasi successive del giudizio le contestazioni e le aggravanti comportanti la competenza funzionale del Gup distrettuale siano venute meno, atteso che la competenza funzionale si radica in base alle richieste del PM tanto che, anche nell’ipotesi in cui vengano escluse le aggravanti ex L. n. 203 del 1991, art. 7, il Gup distrettuale resta competente a decidere sul rinvio a giudizio per i restanti reati attratti per connessione nella sua originaria competenza funzionale. (Cass. Pen. Sez. 6, 22.04.2008 n. 22426).
3-4-5)- Ugualmente infondati sono i motivi sulla nullità delle intercettazioni telefoniche, essendo ormai principio consolidato che il motivo del ricorso per cassazione, con il quale si deduce la mancanza di motivazione dei decreti del PM allorchè ha autorizzato l’uso di impianti esterni, deve ritenersi generico e quindi inammissibile ove il ricorrente venga meno all’onere di fornire dettagliata indicazione dei decreti ritenuti nulli, in modo da porre il giudice del procedimento in grado di verificare l’effettiva inesistenza (Cassazione penale, sez. un., 17/11/2004, n. 45189);
onere a cui non hanno ottemperato i ricorrenti che si sono limitati ad enunciare la censura senza allegare e nemmeno indicare alcuno dei decreti ritenuti nulli;
per altro va sottolineato che il motivo è inammissibile anche perchè proposto per la prima volta in questa sede, mancando ogni rilievo – sul punto – nei motivi di appello.
Sulla scorta di tali principi risulta chiara l’infondatezza delle eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni: – per essere state disposte in assenza di gravi indizi di reato, essendovi solo una denuncia anonima; – per mancato deposito delle bobine; – per intempestiva effettuazione delle trasposizioni; invero anche in questi casi i ricorrenti si limitano all’enunciazione delle censure, senza addurre e nemmeno indicare gli elementi probatori e documentali su cui le stesse si fondano.
Tale conclusione si fonda sul concetto di autosufficienza del ricorso per cassazione il quale comporta che, quando si lamenti la omessa valutazione del contenuto di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso. (Cassazione penale, sez. fer., 13/09/2007, n. 37368).
6)- I principi sino qui esposti in materia di autosufficienza del ricorso, si rivelano violati anche dal motivo con il quale i ricorrenti deducono l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle parti offese a sommarie informazioni testimoniali per essere le stesse raggiunte da elementi che le rendevano indagabili;
si tratta di motivi generici, poichè non vengono allegati nè indicati gli atti da cui trarre la prova dei chiari indizi di reità esistenti a carico dei denunciane sin dal momento in cui venivano sentiti a sommarie informazioni; il tutto in violazione del principio per il quale il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui esame diretto è alla stessa precluso.
(Cassazione penale, sez. 6, 08/07/2010, n. 29263).
Per altro, il motivo si scontra senza confutarla con la motivazione impugnata che, al contrario, ha precisato come non vi fossero prima dell’escussione indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’Autorità procedente, non rilevando in proposito eventuali sospetti, sicchè non vi era motivo di "ritenere che i testi I., G. ed A., dovessero essere escussi quali persone sottoposte ad indagini per reati connessi o collegati e non come persone offese" (vedi, motivaz.).
Invero, l’inutilizzabilità "erga omnes" delle dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito sin dall’inizio come indagato o imputato sussiste solo se al momento delle dichiarazioni il soggetto che le ha rese non sia estraneo alle ipotesi accusatorie allora delineate, in quanto l’inutilizzabilità assoluta, ex art. 63 c.p.p., comma 2, richiede che a carico di detto soggetto risulti l’originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità, senza che tale condizione possa farsi derivare automaticamente dal solo fatto che il dichiarante possa essere stato in qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formazione di addebiti penali a suo carico. (Cassazione penale, sez. 5, 15/05/2009, n. 24953).
Con l’ottavo motivo si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto d truffa, ascritto al capo K), limitandosi a richiamare l’esito positivo della visita medica, senza confutare l’assunto recepito dalla Corte di appello, che aveva evidenziato come tale esito era frutto proprio della simulazione contestata all’imputato al capo K).
– Con l’ultimo motivo dedotto per il solo M. si censura la sentenza impugnata per non avere sospeso il procedimento e per non avere disposto la perizia a causa dell’incapacità del medesimo a stare in giudizio ma tale motivo si scontra con la cospicua motivazione espressa dalla sentenza di appello che ha argomentato, in punto di fatto, sulle ragioni per le quali ha ritenuto accertata la capacità dell’imputato a stare in giudizio, sulla scorta delle numerose perizie espletate in altri procedimenti a carico dell’imputato, espressamente richiamate.
Al riguardo la sentenza elenca gli elementi dimostrativi, in maniera convergente, della capacità a stare in giudizio del M., rinvenienti: – dalle argomentazioni del Consulente del PM, Dott. Gu.; – dalla diagnosi di dimissione del M. nel (OMISSIS) dalla Casa di Cura: (OMISSIS), per come analizzata dal dott. C.; – dalle conclusioni della perizia prof. Ri..
Si tratta di un accertamento in punto di fatto in ordine al quale la motivazione risulta completa e non censurabile in sede di legittimità, nemmeno sotto il profilo della omessa perizia, atteso che in tema di accertamenti sulla capacità dell’imputato di partecipazione cosciente al processo, il giudice non è tenuto a disporre perizia, perchè può formare il suo convincimento anche sulla base degli elementi già acquisiti agli atti. (Cassazione penale, sez. 6, 26/02/2008, n. 31662).
Con il motivo relativo all’affermazione di responsabilità della D. per il concorso nell’episodio estorsivo – capo E – si deducono valutazioni della prova fondate essenzialmente sul rilievo dell’età avanzata dell’imputata e sull’equivocità del comportamento della medesima che risultano infondate in quanto omettono ogni considerazione sull’apparato argomentativo della sentenza impugnata ove si precisa:
– che la D. si era recata più volte presso la parte offesa, accompagnata dal figlio M. il quale, in risposta alle proteste del G. sugli assegni rimasti insoluti lo invitava a "rimanere tranquillo" espressione intesa nel suo significato minatorio dal G. che, ben conoscendo lo spessore criminale del M., si era indotto a "lasciare le cose come stavano";
– che tale condotta minatoria del M. era corroborata dal chiaro concorso della madre, D., che ogni volta era presente in evidente funzione di spalleggiamento.
Si tratta di una motivazione del tutto conforme ai principi espressi dalla Giurisprudenza di legittimità in tema di minaccia larvata Cassazione penale sez. 2, 09 luglio 2009. n. 38967 nonchè in tema di concorso mediante condotta di mera presenza. Cassazione penale, sez. 2, 22 aprile 2009. n. 25614.
Tali principi evidenziano la piena infondatezza anche delle censure mosse dal P. riguardo alla contestazione del suo concorso, essendo irrilevante la circostanza che egli non abbia mai pronunciato frasi minacciose ovvero che in alcune occasioni egli sia andato presso la parte offesa senza il M., atteso che la sentenza sottolinea in maniera congrua come il P. formulava le richieste di denaro alla parte offesa A. "per conto del M." dimostrando così il suo pieno coinvolgimento nella vicenda estorsiva nonchè la ricorrenza dell’aggravante delle più persone.
Parimenti infondati appaiono i motivi formulati dal P. relativamente al trattamento sanzionatorio, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena e di concessione delle attenuanti generiche; atteso che riguardo alla pena si è richiamata la gravità del fatto e riguardo alle attenuanti generiche si è fatto riferimento ai numerosi precedenti penali dell’imputato.
Va ricordato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).
Segue il rigetto del ricorso atteso che i motivi proposti, pur se non manifestamente inammissibili, risultano infondati per le ragioni sin qui esposte;
ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.