T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 30-05-2011, n. 4877 Spese del giudizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Viene impugnata la nota del Direttore Amministrativo della Università degli Studi "La Sapienza" di Roma del 16/12/2009 al ricorrente comunicata il 18/12/2009 con la quale si è negato allo stesso il rimborso delle spese ed onorari dovuti al proprio difensore in un giudizio di responsabilità amministrativocontabile dinanzi la Corte dei Conti.

Riferisce l’istante che la Procura presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei Conti promuoveva un giudizio di responsabilità con citazione del 28.5.96, nei suoi confronti (unitamente ad altri 59 amministratori dell’Università "La Sapienza" di Roma) poiché nell’espletamento del suo mandato, si sarebbe reso corresponsabile di danno erariale di Lire 38.659.923.000 (trentottomiliardi.seicentocinquantanovemilioni.novecentoventitremila), quale componente degli Organi Collegiali dell’Università.

La contestazione verteva sulla erogazione di detta somma quale maggior esborso dell’indennità c.d. "De Maria" in favore del personale universitario in servizio presso il Policlinico "Umberto I", in violazione dell’art. 31 del D.P.R. 761/1979.

Rappresenta che, costituitosi a mezzo dell’avv. Vitaliano Amiconi, nel corso di annesso giudizio intervenivano sentenze parziali, impugnative in appello, accertamenti richiesti tramite la Guardia di Finanza e che solo nel 2005 veniva emessa sentenza di assoluzione nei suoi confronti (e per altri diciotto convenuti) con compensazione delle spese di giudizio.

Riferisce della esistenza di delibera del 19/3/1999 del Consiglio di Amministrazione della Università che, richiamando l’art. 18 del D.L. 25/3/1997 n.67 statuiva di rimborsare i dipendenti che fossero stati prosciolti da ogni addebito nel giudizio di responsabilità "de quo".

Tanto anche in conformità ad un parere espresso dalla Avvocatura Generale dello Stato.

Evidenzia l’istante che, sulla base di proprio convincimento sulla maturazione del diritto al rimborso delle spese in forza dello specifico impegno della Università, rimetteva alla Università i progetti di parcella relativi alle varie fasi e gradi del procedimento (così come pervenutigli dal suo difensore) ma che il 16/12/2009, interveniva il provvedimento ora impugnato, emesso in conformità di parere dell’Avvocatura dello Stato (a sua volta richiamante una decisione della Corte dei Conti – Sez. I n. 428 del 15/10/2008) che avrebbe negato il rimborso stante la definizione del giudizio (di proscioglimento) con compensazione delle spese di giudizio.

Avverso tale determinazione vengono proposti i seguenti motivi di gravame:

I) Violazione del principio dell’affidamento del dipendente verso la propria Amministrazione. Violazione e falsa applicazione di delibera impegnativa al rimborso di spese di causa. Eccesso di potere.

Richiamata la delibera del 19/3/99 del C.d.A. e le sottostanti disposizioni e pareri favorevoli alla concessione del beneficio del rimborso spese giudiziali, individua il ricorrente la esistenza di una giuridica situazione d’obbligo della Amministrazione al rimborso, incomprimibile a pena di immotivata disapplicazione della stessa delibera del C.d.A. del 19/3/1999, che ove negata si porrebbe anche violativa di una legittima aspettativa del ricorrente ingeneratasi in forza di determinazione dalla stessa Amministrazione assunta nel corso del giudizio di responsabilità.

Quanto al parere dell’Avvocatura cui si sarebbe uniformata l’Amministrazione universitaria tale parere, secondo l’istante, non poteva che vertere esclusivamente sull’esame della congruità delle parcelle richieste.

L’operato della Università sarebbe perciò viziato da eccesso di potere e sviamento.

II) Violazione e falsa applicazione degli: art. 3 comma 2 bis D.L. 25.3.97 conv. L. 23.5.97 n. 135; art. 18 D.L. 25.3.97 n. 67 e di tutte le altre disposizioni concernenti il rimborso delle spese legali ai dipendenti prosciolti da ogni addebito in campo civile, penale, amministrativo e contabile. Eccesso di potere. Sviamento.

Rilevata la piena vigenza delle disposizioni assunte a sostegno della delibera 19.3.99, mai abolite bensì confermate dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248 si denuncia la violazione delle stesse disposizioni e di tutte le altre concernenti il rimborso delle spese legali ai dipendenti prosciolti in giudizi civili, penali, amministrativi e contabili e anche degli artt. 3 e 24 della Costituzione mentre viene anche denunciata la violazione dell’art. 91 c.p.c. in riferimento ad una sentenza di proscioglimento che avrebbe imposto la condanna alle spese delle parti soccombenti (o la compensazione ma solo in presenza di "giusti motivi" di cui non vi è traccia nel dispositivo).

III) Violazione dell’art. 16 della legge 158/89 e di tutte quelle conseguenti e successive inerenti all’autonomia amministrativa dell’Università "La Sapienza". Contraddittorietà.

Quanto alla deroga alla obbligazione che era stata assunta con la delibera 19/3/1999 del Consiglio di Amministrazione sulla base di motivi di valenza normativa e giuridica, viene evidenziato anche, stante il supino adeguamento della Università a pretesi contrari orientamenti desumibili da sentenze della Corte dei Conti, la violazione del principio di autonomia che abilita la Università ad assumere determinazioni autonome e non condizionate da divieti di altri Organi o Enti, nonché la contraddittorietà della decisione negativa assunta nel negare il rimborso con quelle che ne determinarono la concessione.

IV)Violazione della legge 25.3.97 n. 67 e successive anche in riferimento all’art. 3 della Costituzione. Violazione del principio di parità ed uguaglianza poiché la Università avrebbe provveduto, nelle more, a rimborsare le spese legali sostenute da altri convenuti nel giudizio di cui è causa, ugualmente prosciolti come ricorrente ed inoltre sarebbe stato assunto a presupposto del diniego del rimborso la disposta compensazione delle spese mentre il diritto al rimborso delle stesse deriva da una inderogabile decisione dell’Università che assume, allo scopo, la assoluzione come condizione unica per ottenerlo.

Si sono costituiti in giudizio tramite l’Avvocatura Generale dello Stato la Università degli Studi di Roma "La sapienza" ed il Magnifico Rettore della stessa Università nonché il Ministero Istruzione Università e Ricerca.

La Università "La Sapienza" ha eccepito in rito:

a) il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

b) la inammissibilità del ricorso siccome proposto avverso atto privo di valore provvedimentale in quanto solo soprassessorio;

Nel merito viene rilevata la infondatezza della pretesa del ricorrente di ottenere il rimborso in mancanza di fatture attestanti l’avvenuto pagamento degli onorari professionali.

Tanto premesso anche per quanto concerne la integrazione del contraddittorio rileva in via preliminare il Collegio che appaiono superabili le eccezioni prospettate dalla resistente Università.

Quanto a quella di inammissibilità della impugnativa perché proposta avverso atto soprassessorio e non definitivo, tale eccezione non appare condivisibile poiché non può negarsi l’interesse del ricorrente, il quale ha prodotto in giudizio anche atti del suo difensore sollecitativi del pagamento dell’onorario con preannuncio di azioni giudiziarie riferite anche a interessi e rivalutazione monetaria, ad impugnare il provvedimento che lo priva del rimborso dal medesimo assunto spettante.

Quanto a quella relativa al difetto di giurisdizione va osservato che la partecipazione del prof. A. all’Organo Collegiale della Università "La Sapienza" è avvenuta nella di lui qualità di docente universitario e nell’assolvimento di obblighi pur sempre istituzionali in quanto connessi con tale sua qualità.

Non è vano rammentare che la disposizione fondamentale (art. 18 del D.L. 25/3/1997 n. 67) che prevede il rimborso delle spese legali relative a giudizi di responsabilità civile, penale e amministrativa promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali fa riferimento a fatti o atti connessi non solo con l’espletamento del servizio bensì anche con assolvimento di obblighi istituzionali.

Basa il ricorrente il primo motivo di ricorso con cui deduce la violazione di anteriori atti della stessa Università nonché del principio di affidamento (che lo stesso assume ingeneratosi anche in relazione al comportamento dell’Amministrazione che gli stessi atti ha adottato) sulla esistenza di un obbligo al rimborso che, mentre era in corso il giudizio di responsabilità, la Università avrebbe incondizionatamente assunto con una delibera del Consiglio di Amministrazione adottata nel marzo del 1999.

Tale obbligo sarebbe da ritenersi, secondo il deducente, incomprimibile a pena di una illegittima disapplicazione della stessa delibera del 1999.

Tale rilievo e infondato.

Il deliberato della Università "La Sapienza" di Roma (vedasi delibera del Consiglio di Amministrazione della stessa Università adottato nella seduta del 23/3/1999) come dato leggere nelle premesse, ha inteso richiamare il principio della autonomia universitaria in riferimento alla individuazione delle modalità del rimborso delle spese legali come rappresentato dalla Avvocatura Generale dello Stato con la nota del 29/1/1999 (anch’essa richiamata nella suindicata delib. C.d. Amministrazione del 23/3/1999).

I deliberati della Università devono ritenersi specificativi delle modalità alla cui osservanza restano subordinate le relative erogazioni che non possono ritenersi, come assume il ricorrente, incomprimibili e valere in ogni caso anche cioè allorquando il rimborso non sia concedibile per mancanza dei presupposti che ne consentono la erogazione, come in prosieguo sarà meglio precisato.

Con il secondo motivo vengono infatti richiamate le norme di cui al D.L. 25/3/1997 conv. in L. con mod. n. 135/1997 ed, in particolare, l’art. 18 concernente il rimborso delle spese legali ai dipendenti prosciolti da addebito in campo civile, penale, amministrativo e contabile e rilevata la loro piena vigenza in quanto poste a sostegno della delibera del marzo del 1999 del Consiglio di Amministrazione della Università.

Si denuncia la violazione delle stesse disposizioni non essendo le stesse derogabili, sicchè la loro inosservanza non soltanto contrasterebbe con disposizioni di legge di fonte primaria ma anche con principi di rango costituzionale insiti negli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Tali rilievi sono mal formulati in quanto si risolvono in affermazioni sulla prevalenza di disposizioni di legge che hanno la loro radice nell’art. 18 del D.L. 25/3/1987 n. 67 (conv. con modifiche nella L. 135/1997) che prevede il rimborso delle spese legali sicchè ogni questione relativa alla esistenza dei presupposti per ottenere il rimborso involve, a ben vedere, la questione di una corretta interpretazione delle stesse disposizioni in riferimento alla "ratio legis" ed alla volontà del legislatore che lo stesso rimborso ha previsto in presenza di determinate condizioni (vedasi negli stessi termini quanto ritenuto dalla Università "La Sapienza" e comunicato al difensore del ricorrente e p.c. allo stesso con la nota n. 4349 del 1°/2/2010, significativa anche se successiva alla proposizione della presente impugnativa avente ad oggetto la comunicazione del 16/12/2009).

A seguire i profili di derivazione prettamente legislativa e prendendo a riferimento il già citato art. 18 del D.L. 25/3/1997 n. 67 richiamato nella delibera del C.di Amministrazione del 23/3/1999 possono enuclearsi i seguenti principi di ordine precettivo:

a) deve trattarsi di rimborso dalle amministrazioni di appartenenza di spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale e amministrativa;

b) l’Amministrazione può procedere al rimborso (per il caso di erogazioni in anticipo si configura una ipotesi del tutto particolare) solo se trattasi di spese effettivamente sostenute dal sottoposto al giudizio di responsabilità. Per stare aderenti al caso che ne occupa deve trattarsi di somme effettivamente sborsate dall’incolpato e versate al suo legale.

Non a caso, anzi pertinentemente ed in armonia con la legge che presiede e con la delibera del Consiglio di Amministrazione della Università "La Sapienza" adottata nella seduta del 23/3/1999, l’Amministrazione della stessa Università ha ritenuto che fosse necessario:

a) la presentazione di apposita istanza;

b) un accertamento sulla complilazione delle spese legali sostenute, in conformità al tariffario forense vigente;

c) la acquisizione delle parcelle debitamente quietanzate dal legale di fiducia.

Tanto evidenziato risulta agevole la disamina dei rilievi che si appuntano sul provvedimento di cui alla nota n. 66625 del 16/12/2009 impugnata con il presente ricorso.

Tale nota sulla base di conforme parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato ritiene precluso all’Amministrazione universitaria il rimborso delle spese legali in favore del dipendente prosciolto dal giudice contabile con statuizione compensativa delle spese.

Il ricorrente insiste (vedasi anche II e IV motivo) sulla questione della irrilevanza ai fini del diritto al rimborso della esistenza di statuizioni giudiziali compensative delle spese.

Occorre invece distinguere, ad avviso del Collegio, tra tale questione ed il motivo sottostante desumibile dagli atti del procedimento ed in particolare dal carteggio intercorso tra Università e ricorrente.

La stessa Università, prima ancora delle note dallo stesso ricorrente formalmente impugnate, intendendo sistemare la questione insorta con l’attuale istante aveva al medesimo inviato altre comunicazioni tra cui alcune riferite ai c.d. "preavvisi di parcella".

Vedansi le note anteriori a quella ora impugnata del 16/12/1999 ed anche il Rapporto informativo del Responsabile del Settore VII Rip. con cui in riferimento ai plurimi "preavvisi di parcelle" denominati esplorativi" si evidenzia la mancata presentazione di parcelle in originale quietanzate.

Non è vano riassumere il succedersi delle varie comunicazioni inviate al ricorrente.

La nota n. 17865 del 25/3/2009 (che faceva seguito alla nota n. 14255 del 6/3/2009 con cui la documentazione era stata trasmessa alla Avvocatura dello Stato) è stata comunicata al ricorrente e gli rende noto che in conformità al parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato si soprassiede dalla attribuzione del rimborso.

La successiva nota n. 56938 del 28/10/2009 è stata inviata al ricorrente dopo la ritrasmissione alla Avvocatura Generale dello Stato di tutta la documentazione alla quale vengono allegati tutti i preavvisi di parcella, per conoscere l’avviso sulla rimborsabilità delle spese legali in favore del dipendente.

Al riguardo non va trascurata la circostanza che è stata sempre considerata nel carteggio con l’Avvocatura dello Stato anche la questione dell’elevato importo della richiesta di rimborso e tanto sin dal marzo del 2008 (vedasi nota Università n. 14659 del 13/3/2008) e, successivamente anche la nota del 6/3/2009, sempre diretta alla Avvocatura Generale dello Stato con cui la Università rendeva noto, in merito alla rimborsabilità delle spese di cui si invocava parere in merito della stessa Avvocatura, che le stesse ammontavano solo per il prof. A. ad un totale di Euro. 463.390,49.

A tal fine fa testo anche il già richiamato rapporto informativo del 20/2/2009 anch’esso trasmesso alla Avvocatura Generale dello Stato in cui si pone al vaglio della Avvocatura la circostanza della riscontrabilità di "plurimi avvisi di parcella" relativi alla fase del giudizio che sembra dilatata strumentalmente quanto a durata ed attività, in funzione di una artificiosa lievitazione delle parcelle.

Anche la nota (anch’essa già citata) diretta al difensore e p.c. allo stesso ricorrente n. 4349 del 1°/2/2010 che non forma oggetto, perché successiva, della presente impugnativa, fa riferimento a ".. necessarie cautele, allo stato degli atti verso ogni attività solutoria, su conforme parere della Avvocatura Generale interpellata al riguardo, in ragione dell’elevato importo delle spese legali richieste a titolo di rimborso.

Non appaiono sostenibili pertanto le prospettazioni del ricorrente che intenderebbe riversare e ridurre la questione a quella della incondizionata rimborsabilità delle spese e cioè anche in caso di compensazione delle stesse a conclusione del giudizio.

Devono invece sottolinearsi e rimarcarsi le circostanze emergenti dagli atti del procedimento relative non soltanto all’ammontare degli importi contenuti nei "preavvisi di parcelle" ma anche quella assumente rilevanza perché ostativa alla attribuzione del rimborso.

Trattasi di una procedura di spesa autorizzatoria di rimborso (e non di pagamento) dalla legge posta a carico dell’Amministrazione di appartenenza che come tale per essere conforme alle previsioni normative della stessa legge in cui trova radice ("Rimborso delle spese legali di patrocinio" art. 18 D.L. 25/3/1997 n. 67) esige la integrazione della domanda con le fatture attestanti l’avvenuto pagamento degli onorari al difensore che il ricorrente non ha mai esibito producendo soltanto meri "progetti di liquidazione" redatti dallo stesso difensore.

Il ricorso dunque per le ragioni sopra esposte va respinto mentre si ravvisano motivi giustificativi della compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) rigetta il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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