T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 29-06-2011, n. 1210 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Comune di Otranto riattivava, dopo un contenzioso definitosi presso questo stesso TAR, un procedimento di variante urbanistica ai sensi dell’art. 5 del DPR n. 447 del 1998 per la realizzazione di un campeggio all’interno di un’area prossima al cimitero comunale.

A seguito della sentenza di accoglimento della sezione (n. 2909 del 20 luglio 2007, con la quale era stato annullato il parere negativo della Regione Puglia basato proprio sulla "contiguità con il cimitero comunale" e sul fatto che ciò sarebbe risultato "incompatibile con il culto dei defunti"), veniva dunque riconvocata la conferenza di servizi.

Quest’ultima si concludeva ancora negativamente sulla base di un ulteriore parere negativo della Regione, la quale evidenziava questa volta che "l’impianto produttivo turistico previsto, in contrasto con il pubblico interesse, interessa la quasi totalità della fascia di rispetto cimiteriale, questa ultima in effetti riservata a possibili ampliamenti del Cimitero fino al mantenimento ultimo di una fascia di rispetto dello spessore di mt. 50,00".

2. L’atto conclusivo della conferenza ed il presupposto parere negativo regionale venivano dunque impugnati per i seguenti motivi:

a) violazione del giudicato nella parte in cui l’amministrazione regionale non avrebbe tenuto conto che, in applicazione della citata sentenza n. 2909 del 2007 di questa sezione, la stessa avrebbe dovuto indicare le "modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso" e, in ogni caso, attivare in caso di contrasti i meccanismi di composizione del dissenso di cui all’art. 14quater della legge n. 241 del 1990;

b) violazione dell’art. 14ter della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui non sarebbero stati osservati i termini per la conclusione della conferenza di servizi;

c) violazione in ogni caso dell’art. 14quater della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui la Regione non avrebbe indicato le modificazioni progettuali necessarie all’ottenimento dell’assenso, né sarebbero stati attivati i meccanismi di composizione del dissenso;

d) violazione dell’art. 338 del RD n. 1256 del 1934 (testo unico leggi sanitarie) nella parte in cui l’amministrazione regionale avrebbe erroneamente ritenuto che l’intervento ricadrebbe nella fascia di rispetto cimiteriale.

3. Si costituivano in giudizio le amministrazioni statali intimate e quella regionale per chiedere il rigetto del gravame. Circa la produzione documentale di quest’ultima veniva tra l’altro sollevata eccezione di tardività per inosservanza del termine di cui all’art. 46, comma 2, del codice del processo amministrativo, il quale prevede che il provvedimento impugnato e gli atti e documenti in base ai quali il medesimo è stato adottato debbono essere prodotti, ad opera della amministrazione intimata, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso.

4. Con ordinanza n. 97 del 27 gennaio 2011 veniva accolta l’istanza di tutela cautelare.

5. Alla pubblica udienza del 27 aprile 2011 le parti rassegnavano le rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

06. Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di seguito indicati.

6. Va innanzitutto rigettata l’eccezione di tardività sollevata in ordine alla produzione documentale della Regione Puglia, dal momento che il termine di cui al citato art. 46 c.p.a. è soltanto ordinatorio, non implicando la sua inosservanza alcuna sanzione o decadenza a carico della PA ma soltanto la libera valutazione del giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. oppure l’intervento sostitutivo del presidente del collegio o del magistrato delegato ai sensi dell’art. 65, comma 3, c.p.a.

7. Vanno poi respinti i primi due motivi di ricorso, sia perché in caso di violazione od elusione del giudicato è necessario esperire gli ordinari rimedi del giudizio di ottemperanza, sia perché i termini per la conclusione del procedimento di cui all’art. 14ter della legge n. 241 del 1990 sono da considerarsi ordinatori non perentori.

7. È invece fondato in via assorbente il motivo sub lettera d).

7.1. Si rammenta al riguardo che la disposizione di cui all’art. 338 del testo unico leggi sanitarie, come modificata dalla legge n. 166 del 2002, prevede in particolare che: "i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale" (primo comma); "il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri", e ciò in presenza di alcune particolari condizioni locali ovvero di adeguate separazioni fisiche o infrastrutturali tra impianto cimiteriale e centro urbano (quarto comma); "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienicosanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre" (quinto comma).

Come affermato dal Consiglio di Stato (Sez. V, 29 marzo 2006, n. 1593), "le disposizioni di cui all’art. 338, R.D. n. 1265 del 1934, e successive modificazioni, sono rivolte a disciplinare da una parte l’attività costruttiva dei cimiteri da parte del Comune, che deve scegliere aree distanti almeno duecento metri dai centri abitati (salvo la deroga del comma 4) e dall’altra l’attività costruttiva del privato (una volta realizzato il cimitero) che non può costruire intorno al cimitero entro il raggio di duecento metri (salvo la deroga del comma 5)". Nel caso di specie occorre stabilire se possa trovare o meno applicazione, e in quale misura, la disposizione da ultimo citata di cui al quinto comma.

7.2. Secondo la tesi della amministrazione regionale la disposizione non si potrebbe applicare all’ipotesi in contestazione, non ricorrendone i presupposti: poiché dunque l’intervento ricadrebbe nella suddetta fascia di rispetto cimiteriale (ossia tra i 50 ed i 200 metri dall’impianto cimiteriale), la variante urbanistica non potrebbe essere adottata in presenza di un vincolo legislativo insuperabile.

7.3. La tesi non può essere accolta sulla base di un orientamento della Corte di cassazione che questo collegio ritiene di condividere.

In particolare è stato affermato che la disposizione di cui al quarto comma (introdotta come detto dalla legge n. 166 del 2002) "introduce… quale limite minimo inderogabile per la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli esistenti la distanza di 50 mt dai centri abitati. Lo stesso limite evidentemente deve valere… anche per l’ipotesi regolata dal comma successivo, specularmene opposta, che attiene all’esecuzione di (altre) opere pubbliche, all’ampliamento di edifici preesistenti o alla costruzione di nuovi edifici in zone contigue all’area cimiteriale. Ed, invero, poiché il limite di 50 metri risponde ad inderogabili esigenze di natura igienico – sanitarie, non avrebbe alcun senso stabilire che esso valga solo per l’ipotesi dell’ampliamento del cimitero e non invece per quella inversa degli altri edifici limitrofi, comportando in entrambi i casi l’ampliamento il medesimo risultato sotto il profilo sanitario" (Cass. penale, sez. III, 2 aprile 2008, n. 18900).

In una ulteriore decisione (Cass. Penale sez. III, 13 gennaio 2009, n. 8626) è stato poi affermato che la fascia di rispetto cimiteriale deve essere pari a 200 mt e che tale distanza può essere derogata in due ipotesi: qualora sia il cimitero ad avvicinarsi al centro abitato; qualora sia un’opera pubblica oppure un "intervento urbanistico" a dover essere realizzato a ridosso (ma pur sempre ad una distanza non inferiore ai cinquanta metri) del cimitero. Ebbene la cassazione penale si è soffermata proprio sul significato da attribuire alla locuzione "attuazione di un intervento urbanistico", ritenendo che la stessa "non può essere interpretata estensivamente fino a comprendervi… anche l’edilizia residenziale privata… perchè, trattandosi di eccezione al divieto generale di edificazione di cui al citato art. 338, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente e quindi limitata ai soli interventi pubblici o quanto meno di rilevanza pubblica"; ed infatti "solo un interesse pubblico meritevole di tutela, come quelli esplicitamente indicati nella deroga, concorrente con quelli posti a base del divieto, potrebbe giustificare la riduzione della fascia di rispetto. Invero, questa è imposta a tutela di esigenze di natura igienico sanitaria a salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione ed alla sepoltura e soprattutto a tutela della possibile espansione della cinta cimiteriale e ad assicurare una cintura sanitaria intorno ai luoghi per loro natura insalubri. Orbene, se si consentisse all’edilizia residenziale privata di estendersi fino a 50 metri dal perimetro del cimitero…, a parte il sacrificio delle esigenze di natura igienico sanitarie e di salvaguardia della sacralità del luogo, verrebbe neutralizzata, a vantaggio di un interesse privatistico, quella che è la ragione fondamentale dell’imposizione della fascia di rispetto di duecento metri". Prosegue la Corte di cassazione affermando pertanto che "la locuzione "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri".

7.4. Alla luce dell’orientamento sopra riportato occorre dunque stabilire se l’intervento di che trattasi possa avere rilevanza pubblicistica, sì da poter rientrare nell’orbita applicativa di cui al citato quinto comma.

Ebbene, secondo un consolidato orientamento gli interventi di cui al DPR n. 447 del 1998 (ratione temporis applicabile), il quale disciplina il procedimento per l’autorizzazione degli insediamenti produttivi, sono da considerarsi di interesse pubblico o meglio preordinati a soddisfare lo specifico "interesse pubblico di assecondare con prontezza insediamenti produttivi" (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 28 ottobre 2005, n. 4657). Tali progetti, pure definiti alla stregua di "opere private di interesse pubblico" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 695), sono infatti preordinati ad imprimere una certa accelerazione ed un certo sviluppo a determinate attività che, in relazione alle singole realtà territoriali che vengono di volta in volta in considerazione, assumono rilievo determinante ai fini della più generale crescita dell’economia locale.

In via generale non va poi sottaciuto che, secondo un certo indirizzo, le strutture turisticoricettive sono da considerarsi alla stregua di opere di interesse pubblico (cfr. Cons. Stato, sez.IV, 28 ottobre 1999, n.1641 e Cons. Stato, sez.V, 15 luglio 1998, n.1044, secondo cui: "L’ampliamento di una struttura alberghiera rientra fra gli impianti di interesse pubblico per i quali è consentito il rilascio di concessione edilizia in deroga ai sensi dell’art.41 quater l. 17 agosto 1942 n.1150"; Cons. Stato, sez.V, 10 novembre 1992, n.1257, secondo cui "la costruzione da adibire ad esercizio di affittacamere, è annoverabile nell’ambito degli edifici di interesse pubblico, avuto riguardo alla sua natura alberghiera, per cui ben può godere del beneficio previsto dall’art.80 l.reg. Veneto 27 giugno 1985 n.61 (concessione in deroga alle norme e previsioni nello stesso indicate)"; Cons. Stato, sez.IV, 6 ottobre 1983, n.700, secondo cui "ai sensi dell’art.16 l. 6 agosto 1967, n.765, per la qualificazione di edifici ed impianti di interesse pubblico, occorre avere riguardo all’interesse pubblico, inteso nella sua accezione tecnicogiuridica come tipico, qualificato per la sua corrispondenza agli scopi perseguiti dall’amministrazione, a prescindere dalla qualità pubblica o privata dei soggetti che realizzano la costruzione: rientra pertanto nella previsione dell’art.16 l’edificio alberghiero che, per le sue strutture, realizzi funzionalmente l’interesse turistico, cui la rilevanza pubblica è strettamente connessa").

7.5. Accertata la natura di siffatti progetti alla stregua di interventi urbanistici e dunque opere di interesse pubblico, va da sé la possibilità di applicare alla fattispecie l’ipotesi derogatoria di cui al quinto comma del citato art. 338 TULS, deroga che si può introdurre sia nelle forme della semplice delibera consiliare sia, a fortori, mediante il procedimento della variante puntuale di cui al citato art. 5 del DPR n. 447 del 1998.

7.6. Né al riguardo potrebbe obiettarsi la sussistenza di una precedente delibera consiliare (n. 12 del 2003) con la quale si disponeva la deroga di cui al quarto comma dell’art. 338, nel senso ossia di ampliare l’impianto cimiteriale verso il centro urbano (mentre nell’ipotesi in contestazione avverrebbe il processo urbanistico opposto), atteso che all’esito dei lavori della conferenza di servizi ex art. 5 del DPR n. 447 del 1998 spetta comunque al consiglio comunale, nell’ambito dei propri poteri ampiamente discrezionali in materia urbanistica, la scelta se proseguire nella direzione illo tempore intrapresa a favore dell’ampliamento cimiteriale (così rigettando l’ipotesi di variante puntuale in ordine al campeggio) oppure rinunziare alla medesima (così accogliendo la suddetta variante puntuale), oppure ancora trovare un punto di incontro tra le due ridette esigenze (ampliamento del cimitero e del campeggio).

8. In conclusione la posizione espressa dalla Regione in sede di conferenza di servizi è illegittima in quanto basata su erronei presupposti di diritto (impossibilità di disporre la deroga di cui all’art. 338, quinto comma, TULS, per le strutture turisticoricettive come quelle in argomento).

Ne consegue la fondatezza del ricorso ed il suo accoglimento, in uno con l’annullamento degli atti in epigrafe indicati.

9. Va invece rigettata l’istanza risarcitoria data la sua genericità.

10. Stante la complessità e la novità della questione sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la nota del Comune di Otranto n. 8067 del 29 ottobre 2010, il verbale 29 ottobre 2010 del Comune di Otranto ed il parere espresso dalla Regione Puglia nella conferenza di servizi del 19 ottobre 2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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