Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
A partire dal 15 ottobre 2007 la I. (I.P.M.) s.p.a. incorporava la "C.A." s.r.l., subentrando a questa nella titolarità di n. 2 depositi costieri per lo stoccaggio del gas propano liquido (GPL) allocati nel territorio del Comune di Brindisi.
In ordine ad uno dei due citati depositi veniva a suo tempo elaborato un progetto di ampliamento volto ad aumentare la capacità di stoccaggio da quasi 7 mila tonnellate ad oltre 17 mila tonnellate.
A tal fine nel mese di luglio 2006 veniva chiesto alla Regione Puglia di attivare le relative procedure di screening ambientale.
Con determinazione regionale n. 51 del 30 gennaio 2007 il progetto di ampliamento veniva assoggettato a valutazione di impatto ambientale.
Veniva allora proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale che, con sentenza n. 51 del 2008, lo rigettava.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2991 del 18 giugno 2008, accoglieva il relativo appello riformando la citata sentenza di questa sezione. In particolare, si affermava che la determinazione regionale n. 51 del 2007 era illegittima in quanto, essendosi formato ai sensi dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2003 il silenzioassenso sulla richiesta di screening del mese di luglio 2006, la Regione "avrebbe dovuto attivare un procedimento di secondo grado (id est, di autotutela) per la rimozione degli effetti, appunto, illegittimamente prodottisi per silentium, nel rispetto di tutte le garanzie procedimentali che la normativa e la giurisprudenza prescrivono in tal caso".
A seguito della pronunzia i lavori di ampliamento venivano completati e lo stabilimento pienamente attivato, per un investimento pari a 32 milioni 500 mila euro e con un numero di soggetti impiegati pari a 49 operai.
Tuttavia, con provvedimento n. 147 del 12 febbraio 2010 il dirigente del servizio ecologia della Provincia di Brindisi (ente questo nel frattempo divenuto competente, per delega di funzioni ai sensi della legge regionale n. 17 del 2007, in materia di rilascio della VIA) disponeva l’annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi sulla citata istanza di screening del 2006. Alla predetta decisione si perveniva "in considerazione dei rilevanti motivi di interesse pubblico che solo nell’ambito del procedimento di VIA possono essere oggetto di una attenta valutazione". In particolare, il silenzio maturatosi sulla predetta istanza sarebbe stato da ritenere illegittimo "in relazione alle oggettive e sostanziali motivazioni che hanno portato i competenti Uffici della Regione Puglia a ritenere necessaria la procedura di VIA". Inoltre: a) "ancorché i lavori per la realizzazione delle opere risultano già avviati ed il termine trascorso potrebbe non apparire ragionevole… la potenziale pericolosità dell’impianto per l’ambiente e la salute pubblica impone come doveroso da parte dell’amministrazione pubblica l’adozione di ogni necessario provvedimento affinché tutte le problematiche connesse vengano attentamente valutate"; b) "l’interesse generale di tutela dell’ambiente e della salute pubblica, in un contesto come quello dell’area industriale di Brindisi, già fortemente compromesso e caratterizzato dalla presenza di altri impianti ad elevato rischio di incidente rilevante, non può essere degradato in secondo ordine rispetto agli interessi della Società interessata". Nel provvedimento provinciale si riteneva dunque "di dover riaprire il procedimento istruttorio… di verifica di assoggettabilità a VIA… al fine di consentire una puntuale ed organica valutazione di tutti i possibili impatti che l’impianto in questione può produrre sull’ambiente e la salute pubblica". In conclusione, si annullava il silenzio sull’istanza di screening e si stabiliva di sottoporre a VIA il progetto di ampliamento in questione.
La citata determinazione provinciale veniva impugnata per i motivi di seguito sintetizzati:
a) incompetenza, in quanto la legge regionale n. 17 del 2007, se da un lato delega alle province le funzioni in materia di procedure di VIA (art. 2, comma 2), dall’altro lato afferma che i procedimenti avviati "alla data del 30 giugno 2007… sono espletati e portati a termine dalla Regione". Inoltre, l’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990 prevede che gli atti di annullamento possono essere adottati "dall’organo che lo ha emanato";
b) violazione dell’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990 e difetto di motivazione nella parte in cui il provvedimento di autotutela non sarebbe stato adottato "entro un termine ragionevole", considerato anche che nel frattempo gli investimenti ed i connessi lavori sono stati integralmente realizzati, nonché laddove non sarebbe stata operata una adeguata valutazione circa la sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’atto e ad una sua comparazione con altri interessi privati contrapposti. Interesse pubblico che sarebbe peraltro legato ad aspetti (rischio di incidenti rilevanti) che trovano le propria regolamentazione in altre discipline diverse dalla VIA.
Con atto di motivi aggiunti è stato impugnato, in sostanza ribadendo le stesse censure sopra indicate, anche la nota in data 30 marzo 2010 con la quale, in risposta all’istanza di autotutela presentata dalla società ricorrente, è stato in sostanza confermato il provvedimento in questa sede oggetto di gravame.
Si costituiva in giudizio la Provincia di Brindisi per chiedere il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto, per giurisprudenza costante, se da un lato "di regola è consentito provvedere in via di autotutela soltanto all’organo che ha emanato l’atto… nel caso particolare in cui l’organo che ha emanato l’atto fosse in origine dotato della relativa competenza e questa sia stata successivamente trasferita ad un organo diverso, l’autotutela può essere esercitata soltanto dall’organo divenuto medio tempore competente, in quanto, venuta meno la competenza primaria, viene meno anche la potestà di caducazione o di revoca degli atti in precedenza ritualmente adottati" (T.A.R. Piemonte, sez. I, 23 giugno 2004, n. 1169; TAR Liguria, sez. I, 3 giugno 2005, n. 804; Cons. St., sez. V, 30 giugno 1995, n. 955; T.A.R. Piemonte, sez. II, 12 giugno 1986, n. 320; T.A.R. Calabria – Catanzaro, 9 novembre 1989, n. 1384; T.A.R. TrentinoAlto Adige – Bolzano, 24 marzo 1999, n. 97; T.A.R. Campania – Napoli, 28 marzo 2003, n. 3076).
In questa direzione, "il potere dell’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi va riconosciuto all’organo che, nel momento in cui detto potere è concretamente esercitato, risulta dotato della competenza a provvedere nella specifica materia cui si riferisce l’atto da annullare, indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo sia stato emanato dallo stesso organo, oppure che in soggetta materia vi sia stato lo spostamento della competenza tra organi diversi della stessa amministrazione, oppure ancora che si sia verificata una successione di enti pubblici nel tempo. In quest’ultima situazione la competenza all’autotutela spetta all’ente successore; diversamente argomentando, si perverrebbe alla configurazione di una nuova categoria di atti amministrativi, sottratti definitivamente a qualsivoglia possibilità di revisione (annullamento o revoca) ed intangibili" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 1995, n. 955).
D’altra parte, nella prospettiva della difesa di parte ricorrente si imporrebbe di intervenire in autotutela ad una amministrazione che, a prescindere dal caso di specie, nella gran parte dei casi non possederebbe più, per via dello spostamento di competenza, le necessarie risorse umane e tecniche onde (re)intervenire nel merito della questione da affrontare.
Né potrebbe valere l’obiezione sollevata dalla stessa difesa del ricorrente con riferimento all’enunciato di cui all’art. 10, comma 1, della legge regionale n. 17 del 2007, atteso che detta fattispecie normativa è diretta a disciplinare i procedimenti di VIA rimasti "aperti" alla data di entrata in vigore della suddetta legge e non quelli già "chiusi", sebbene per silentium, come nel caso di specie.
Per tali ragioni il primo motivo di censura deve essere rigettato.
2. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 21nonies a causa della mancanza dei presupposti in esso previsti.
Al riguardo va svolta qualche precisazione in ordine a quanto affermato nella sentenza n. 955 del 25 maggio 2011, in cui si è in effetti affermato che "l’interesse pubblico all’adozione di tali atti (n.d.r., di annullamento in autotutela) è in re ipsa quando ricorre una esigenza di tutela dell’ambiente, e ciò in diretta applicazione del principio di origine comunitaria di massima precauzione". In particolare, è stato altresì specificato che "in queste ipotesi… non sussiste uno specifico obbligo di motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico ed alla sua comparazione con gli interessi privati contrapposti, nonché in relazione al lasso di tempo eventualmente intercorso ed al conseguente affidamento sorto in capo a terzi (si consideri in proposito la mutevolezza delle condizioni ambientali, che possono determinare talune conseguenze negative anche ex post)".
In primo luogo, deve sottolinearsi che tale orientamento si è sviluppato in merito ai provvedimenti adottati in materia di tutela dell’ambiente e non con riferimento a provvedimenti formati in qualsivoglia materia per silentium: per questi ultimi, qualora ovviamente adottati al di fuori della materia ambientale, si applicano infatti gli ordinari meccanismi previsti per i provvedimenti espressi, e ciò in forza del richiamo delle disposizioni di cui agli artt. 21quinquies e 21nonies contenuto nell’art. 20, comma 3, della stessa legge generale sul procedimento amministrativo.
In secondo luogo, la attenuazione del rigore motivazionale circa la sussistenza di tutti i presupposti indicati dall’art. 21nonies (in sintesi: interesse pubblico all’annullamento, termine ragionevole e legittimo affidamento) non significa completo azzeramento di un siffatto obbligo.
In questa direzione sarà necessario, da un lato, fornire una sia pur minima motivazione in ordine all’interesse pubblico all’annullamento e dunque, in casi analoghi a quelli di specie, circa la sussistenza di potenziali rischi per l’ambiente e per la salute umana (valutazione questa che nel caso affrontato dalla citata sentenza di questa sezione era stata puntualmente operata dalla PA con riferimento alla esistenza di una falda acquifera fortemente inquinata proprio in relazione all’area oggetto di intervento); dall’altro lato, valutare la sussistenza di un termine ragionevole e di un legittimo affidamento maturato in capo ai soggetti privati interessati sulla base della concrete circostanze di fatto.
Sotto il primo profilo, la valutazione dell’interesse pubblico è stata effettuata in modo alquanto generico, mediante ampi richiami alla situazione di grave crisi ambientale dell’area di Brindisi, senza tuttavia fornire elementi seri e circostanziati da riconnettere allo specifico sito oggetto di intervento. Gli stessi richiami si rivelano anzi a tratti incongruenti, nella parte in cui si fa riferimento alla sussistenza di rischi di incidenti rilevanti, i quali rispondono ad una diversa regolamentazione peraltro rispettata, nel caso di specie, mediante la corretta attuazione delle procedure di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999.
Sotto il secondo profilo occorre invece evidenziare che, a differenza del caso affrontato nella citata sentenza n. 955 del 2011 (in cui il provvedimento di VIA non aveva esplicato i propri effetti per la pendenza del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica – i lavori non erano dunque ancora stati avviati – e dove, soprattutto, il provvedimento di autotutela era stato adottato subito dopo avere acquisito le valutazioni di pericolosità per l’ambiente e per la salute umana effettuate dalle altre amministrazioni competenti per materia), nell’ipotesi in contestazione non solo il provvedimento formatosi per silentium ha immediatamente sortito i propri effetti, con conseguente piena realizzazione dei lavori ed avvio dell’impianto, ma soprattutto l’atto di autotutela è stato adottato a notevole distanza (quasi venti mesi) dalla sentenza di appello con cui il Consiglio di Stato aveva ritenuto illegittimo il provvedimento di autotutela originariamente emesso dalla Regione Puglia, ossia dal momento in cui la Provincia di Brindisi era pienamente nelle condizioni di intervenire, nel senso sopra indicato, sia sotto l’aspetto del riparto di attribuzioni (visto che per le ragioni esposte al punto n. 1 la Provincia era sin da allora da ritenere competente in materia di VIA), sia sotto l’aspetto sostanziale (visto che il provvedimento impugnato reca in concreto le stesse ragioni poste alla base della determinazione regionale n. 51 del 2007), sia infine sotto l’aspetto procedimentale, mediante il ricorso alle procedure di cui all’art. 21nonies che il Consiglio di Stato aveva puntualmente richiamato nella citata sentenza.
Ne deriva da quanto detto la violazione dei parametri di cui all’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990 ed il conseguente accoglimento del complessivo motivo di ricorso.
3. In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra censura, è fondato, nei sensi e nei limiti sopra indicati, e deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto provinciale in epigrafe indicato.
Stante la complessità della questione, sussistono in ogni caso giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la determinazione della Provincia di Brindisi n. 147 del 12 febbraio 2010.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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