Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rileva:
1. – Con decreto, deliberato il 27 settembre 2010 e depositato il 29 settembre 2010, la Corte di appello di Messina ha respinto le richieste di revoca della imposizione della cauzione e, gradatamente, di riduzione del relativo importo e di rateizzazione, formulata dai sorvegliati speciali della pubblica sicurezza P.N. e D., motivando: in pendenza dell’appello proposto avverso il decreto che ha disposto la misura di prevenzione, spetta alla Corte territoriale provvedere sulle richiesta di revoca o di riduzione della cauzione; 2^) la istanza ulteriore di rateizzazione è priva di giuridico fondamento; e, peraltro, la rateizzazione comprometterebbe la funzione di garanzia dell’istituto.
2. – Ricorrono per cassazione gli interessati, personalmente, mediante atto recante la data del 4 ottobre 2010, depositato il 5 ottobre 2010, col quale dichiara di denunziare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) violazione della L. 31 maggio 1965, n. 575, artt. 2-ter e 3-bis, e 3-ter, comma 2, deducendo: la applicazione della cauzione non è soggetta alla impugnazione, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità; lo stesso giudice che ha imposto la cauzione può revocarla o ridurla.
3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 22 novembre 2010, osserva: il Tribunale ha affermato non che la imposizione della cauzione dovesse essere autonomamente impugnata; ma che, essendo stato proposto appello, competente a revocare o a modificare la cauzione era la Corte territoriale; alla suddetta Corte devono essere trasmessi gli atti.
4. – Il ricorso è inammissibile.
Sebbene il giudice a quo abbia impropriamente adottato la formula del rigetto delle richieste dei sorvegliati speciali della pubblica sicurezza, il provvedimento ha il contenuto sostanziale di una declinatoria della competenza del giudice di primo grado in favore della competenza funzionale del giudice dell’appello delle misure di prevenzione.
Orbene, in virtù del generale principio della inoppugnabilità dei provvedimenti "sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto", positivamente stabilito dall’art. 568 c.p.p., comma 2, con espresso riferimento alle sentenze – ed estensibile anche ai provvedimenti decisori che nella materia della prevenzione assumono la forma del decreto motivato – la decisione del Tribunale ordinario di Messina non può formare oggetto di impugnazione: gli interessati devono, invece, adire la Corte territoriale, la quale, a sua volta, se riterrà non la propria competenza, bensì quella del primo giudice che la ha declinata, provvedere a sollevare conflitto negativo davanti a questa Corte regolatrice.
Ricorre, pertanto, l’ipotesi di inammissibilità della impugnazione prevista dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. b), trattandosi di ricorso proposto contro provvedimento non impugnabile.
Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – di ciascuno dei ricorrenti medesimi al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
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