Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
In data 26.7.1971 i coniugi A.M. e R.T. contraevano matrimonio.
Il 30.4.1986 l’Istituto Autonomo Case Popolari concedeva in locazione alla Sig.ra A.M. ed al suo nucleo familiare l’alloggio sito in Roma, Via ostun n.4, scala W, interno 14.
In data 19.11.2008 i coniugi si separavano con provvedimento giudiziale che assegnava l’alloggio alla ricorrente Sig.ra A.M..
Il 4.3.2010 l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Roma comunicava alla Sig.ra Massaro l’avvio del procedimento volto a dichiarare la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio in questione, per la perdita dei requisiti di cui all’art.11, comma 1, lett.c, della L.R. 6.8.1999 n.12 e l’assenza delle condizioni di cui all’art.14, comma 1, lett.b, del regolamento Regionale 20.9.2000 n.2.
In pratica l’Amministrazione contestava alla ricorrente di essere titolare di diritti di proprietà su diversi immobili.
La ricorrente rispondeva di essere comproprietaria con il coniuge separato della metà indivisa di alcune unità immobiliari il cui valore non supera il limite fissato dal regolamento della regione Lazio n.4/2008.
Malgrado i chiarimenti forniti, il Dipartimento del Patrimonio e della Casa del Comune di Roma adottava il provvedimento impugnato con cui ha pronunziato la decadenza della ricorrente dall’assegnazione dell’alloggio; e, successivamente, il decreto con cui ha intimato il rilascio dello stesso.
Con il ricorso in esame l’interessata lo ha impugnato; e ne chiede l’annullamento, per le conseguenti statuizioni, con vittoria di spese.
Ritualmente costituitasi, il Comune di Roma ha eccepito l’irricevibilità del ricorso (per mancata notifica all’ATER di Roma) e comunque l’infondatezza dello stesso.
Con ordinanza del 27.10.2010 questo TAR ha accolto l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
Infine, all’udienza del 25.5.2011, uditi i Difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
1.1. L’eccezione preliminare sollevata dal Comune di Roma, secondo cui il ricorso sarebbe irricevibile perché non è stato notificato all’A.T.E.R. di Roma (che sarebbe controinteressato e dunque litisconsorte necessario), non può essere condivisa.
Come ormai costantemente affermato in precedenti analoghi, l’A.T.E.R. (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale) di Roma è un’articolazione, un organo del Comune di Roma che non può essere considerato estraneo alla predetta Amministrazione (alla quale, infatti, possono essere imputati gli effetti della sua azione amministrativa) ed autonomo rispetto alla stessa.
Posto che l’A.T.E.R. si identifica con la stessa Amministrazione comunale – per conto della quale e nel cui interesse agisce – ne consegue che essa non può essere considerata alla stregua di un vero e proprio soggetto (autonomamente)controinteressato; e che pertanto la chiamata in causa del Comune è assorbente e sufficiente ad incardinare un regolare contraddittorio.
1.2. Nel merito la domanda giudiziale merita accoglimento.
Con unico mezzo di gravame la ricorrente lamenta violazione dell’art.14, comma 1°, lett.b, del Regolamento della Regione Lazio n.2 del 2000, nonché dell’art.11 della L.R. n.12 del 1999 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di motivazione ed illogicità manifesta, deducendo che erroneamente l’Amministrazione ha ritenuto che i beni immobili del marito legalmente ormai separato possano essere considerati nella sua disponibilità ed ascrivibili al suo (di lei) nucleo familiare.
La censura va condivisa.
L’Amministrazione ha computato i beni immobili del coniuge separato come ancora ascrivibili al nucleo familiare beneficiario dell’alloggio popolare per cui è causa.
Senonchè, dalla documentazione versata in atti risulta che la ricorrente è legalmente separata dal coniuge il quale, conseguentemente, ha lasciato l’alloggio e non convive più con lei.
Il nucleo familiare originario non è più lo stesso ed il Giudice ha assegnato l’alloggio in questione alla ricorrente che è autorizzata ad abitarvi con il proprio nucleo familiare del quale l’ex coniuge non fa più parte.
E poiché dalla documentazione in atti emerge anche che la metà indivisa dei beni dei quali la ricorrente è ancora comproprietaria con l’ex coniuge hanno un valore inferiore al limite – previsto dalla vigente normativa – oltre cui si perde il diritto di beneficiare di un alloggio popolare, il provvedimento impugnato non resiste alle censure e va annullato.
2. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Si ravvisano giuste ragioni per condannare l’Amministrazione soccombente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 1500,00 oltre IVA e CPA.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in esame, e, per l’effetto, annulla il provvedimento di decadenza impugnato e la conseguente intimazione al rilascio dell’immobile.
Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali con le modalità e nella misura indicate in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
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