Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sent. n. 1072/09

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo De Zotti Presidente

Stefano Mielli Primo Referendario

Marina Perrelli Referendario, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 971/07, proposto da Valerio Bodo, rappresentato e difeso dall’avv.to Alfredo Bianchini, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Venezia, piazzale Roma n. 464;

CONTRO

L’Azienda ULSS n. 20 di Verona, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Amleto Cattarin e Alessandro Azzini, unitamente e disgiuntamente con l’avv.to Alessandra Volpato, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Venezia, piazzale Roma, S. Croce n. 468/b;

PER L’ANNULLAMENTO

della nota prot. 1249/D.I. Pers dell’1 marzo 2007, avente ad oggetto “Applicazione sentenza TAR Veneto n. 1798/04 – Dott. Bodo Valerio. Deliberazione n. 125 del 9.3.2007” del Dipartimento Internazionale per la Gestione e Amministrazione del Personale dell’Azienda U.L.S.S. n. 20 di Verona, comunicata il 27 marzo 2007;

della deliberazione n. 125 del 9 marzo 2007, avente ad oggetto “Applicazione sentenza TAR n. 1798/04 – Dott. Valerio Bodo” del Direttore Generale dell’Azienda U.L.S.S. 20 di Verona, comunicata il 27 marzo 2007;

della nota n. 6106/06 del Servizio legale dell’Azienda U.L.S.S. 20 di Verona, non noto la cui esistenza è stata comunicata con la deliberazione n. 125 del 9 marzo 2007, in data 27 marzo 2007.

Visto il ricorso, notificato il 22 maggio 2007 e depositato presso la Segreteria il 24 maggio 2007, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti di causa;

Uditi nella pubblica udienza del 15 gennaio 2009 – relatore il Referendario Marina Perrelli – i procuratori delle parti presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

A. Il ricorrente, dirigente amministrativo prima della disciolta U.L.S.S. 25 e poi dell’Azienda sanitaria resistente, veniva collocato in aspettativa ai sensi dell’art. 2 della legge n. 816/1985 per i periodi dal 24 luglio 1986 all’1 aprile 1988 e dal 20 novembre 1989 al 31 maggio 1990, a seguito della nomina come componente del Consiglio di Amministrazione della società Autostrade “ Serenissima”.

B. Dopo quattro anni dalla fine dell’ultimo periodo di aspettativa l’U.L.S.S. 25 riconsiderava la decisione di concedere al ricorrente l’aspettativa ai sensi della legge n. 816/1985 e tramutava i periodi già usufruiti in aspettativa senza assegni per motivi di famiglia, avviando altresì la procedura di ripetizione delle somme corrisposte in ragione dell’originaria tipologia di aspettativa concessa, mediante trattenute sullo stipendio.

C. Il ricorrente impugnava il predetto provvedimento davanti al T.A.R. che con la sentenza n. 1798/04 lo annullava risultando fondata la censura di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241/1990.

D. Con la nota del 24 novembre 2006 prot. 13689 l’Azienda sanitaria 20 di Verona comunicava al dott. Bodo l’avvio del procedimento per l’adozione di un nuovo provvedimento di riqualificazione dell’aspettativa già goduta come aspettativa per motivi familiari. Avverso tale nota il ricorrente presentava delle osservazioni.

E. Quindi il 27 marzo 2007, con nota prot. 1249, l’Azienda U.L.S.S. resistente rendeva nota al dott. Bodo la delibera n. 125/2007 del Direttore Generale che confermava la volontà dell’amministrazione di convertire i periodi di aspettativa goduti dall’interessato ai sensi della legge n. 816/1985 in aspettativa per motivi familiari senza assegni, facendo salve altresì le procedure di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte.

F. Il ricorrente ha censurato il provvedimento impugnato sotto molteplici profili:

1) Incompetenza, violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 1, della legge n. 724/1994, 2, comma 12, della legge n. 549/1995, 45 bis della legge regionale Veneto n. 55/1994.

I provvedimenti impugnati sono stati adottati dall’Azienda U.L.S.S. 20 di Verona anziché dalla Gestione liquidatoria della disciolta U.L.S.S. 25, come avrebbe dovuto avvenire in conformità al disposto dell’art. 6 della legge n. 724/1994 che prevede la costituzione di apposite gestioni a stralcio per i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali che non possono gravare sulle aziende di cui al d.lgs. n. 502/1992, e dell’art. 2 della legge n. 549/1995, ai sensi del quale le sopravvenienze attive e passive relative alle gestioni stralcio, accertate successivamente al 31 dicembre 1994, devono essere registrate nelle contabilità delle gestioni liquidatorie.

Infine l’art. 45 bis della legge regionale del Veneto n. 55/1994 ha espressamente individuato nelle gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali i soggetti competenti ad adottare atti o provvedimenti e tenuti a rispondere di eventuali debiti maturati dai disciolti enti sanitari. Secondo la prospettazione del ricorrente, dunque, l’Azienda sanitaria resistente non era competente ad adottare i provvedimenti oggetto di impugnazione.

2) Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento in relazione alla cessazione definitiva degli effetti dell’atto di concessione dell’aspettativa.

Ad avviso del ricorrente, tenuto conto della qualificazione di annullamento in autotutela attribuita dal TAR al precedente provvedimento concernente la conversione del tipo di aspettativa concessogli, il nuovo provvedimento di annullamento, adottato dall’amministrazione resistente, è illegittimo laddove attiene ad un atto che ha ormai esaurito tutti i suoi effetti, avendo il dott. Bodo già goduto dell’aspettativa concessa ai sensi dell’art. 2 della legge n. 816/1985. Manca, infatti, nel caso di specie, l’interesse all’annullamento in considerazione dell’impossibilità di interrompere gli effetti del provvedimento annullato, né l’interesse perseguito può concretizzarsi nella ripetizione delle somme erogate al dott. Bodo poiché altrimenti si incorrerebbe in uno sviamento di potere.

3) Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento in relazione all’impossibilità di negare un dato di fatto.

La nuova qualificazione dell’aspettativa goduta dal dott. Bodo risulta altresì illegittima in considerazione dell’inesistenza di una norma di legge che consenta alla P.A. di smentire o modificare un dato di fatto, rappresentato dall’aver usufruito di un’aspettativa ai sensi della legge n. 816/1985. Pertanto, ad avviso del ricorrente, non è possibile per l’Azienda sanitaria resistente emendare ora per allora un errore compiuto nella qualificazione dell’aspettativa da concedere al dipendente, avendo il relativo provvedimento esaurito i propri effetti e determinando la nuova qualificazione giuridica dell’aspettativa una falsa rappresentazione della realtà.

4) Eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità manifesta, anche sotto il profilo della violazione del principio di irripetibilità delle somme percepite in buona fede dal pubblico dipendente. Violazione di legge: violazione dell’art. 2946 c.c. in relazione all’art. 2033 c.c..

I provvedimenti impugnati sono illegittimi per violazione del giudicato della sentenza del TAR n. 1798/04 sia perché la detta pronuncia ha riconosciuto la legittimità della concessione e del godimento dell’aspettativa nei periodi 1986/1990 ai sensi dell’art. 2 della legge n. 816/1985, sia perché è irragionevole adottare un provvedimento di riqualificazione della carriera professionale di un dipendente a quasi 20 anni di distanza dai fatti ed in contrasto con il principio di irripetibilità delle somme riscosse dal pubblico dipendente in buona fede. Il ricorrente ha, infine, eccepito la prescrizione dell’azione di ripetizione in considerazione del decorso del termine decennale previsto dall’art. 2946 c.c., non potendosi riconoscere alcun effetto interruttivo alla prima delibera di conversione (n.1164/1994), giacché annullata dal TAR.

5) Eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria.

Nella delibera n. 125/2007, pur dandosi atto dell’avvenuta presentazione di osservazioni da parte del ricorrente, non si spiegano le ragioni per le quali le stesse vanno disattese con conseguente violazione dell’obbligo di valutare i contributi presentati dai partecipanti al procedimento, difetto di motivazione e carenza di istruttoria.

6) Eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità manifeste.

A distanza di tanti anni non esiste più alcun interesse pubblico al recupero delle somme erogate al dipendente, né alla modificazione del suo stato di servizio, né tanto meno tale interesse è idoneo a prevalere sulla buona fede del dott. Bodo e sul legittimo affidamento alla spettanza delle somme percepite.

G. L’Azienda sanitaria resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito, in via preliminare di rito, l’irricevibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso alla gestione liquidatoria dell’ex U.L.S.S. n. 25, poiché accedendo alla tesi del ricorrente, lo stesso avrebbe dovuto notificare il ricorso introduttivo anche al soggetto competente ad emanare l’atto, oltre a quello che lo ha effettivamente emanato, perché il contraddittorio possa ritenersi integrato.

L’Azienda U.L.S.S. 20 di Verona ha, quindi, chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

E. All’udienza del 15 gennaio 2009 il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto per le seguenti ragioni.

2. Il Collegio ritiene innanzitutto di trattare congiuntamente l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Azienda sanitaria resistente e l’eccezione di incompetenza, dedotta con il primo motivo di ricorso dal ricorrente, giacché entrambe riguardano i rapporti tra la disciolta U.L.S.S. 25 di Verona e la neoistituita U.L.S.S. n. 20 di Verona.

Occorre, in primis, evidenziare che il dott. Bodo, già dipendente della disciolta U.L.S.S. n. 25, è poi divenuto dipendente dell’Azienda sanitaria resistente.

2.1. Il Collegio non ritiene condivisibile la prospettazione del ricorrente secondo cui l’unica legittimata ad assumere il nuovo provvedimento di conversione dell’aspettativa concessa al dott. Bodo ai sensi dell’art. 2 della legge n. 816/1985 in aspettativa per motivi di famiglia fosse il Direttore Generale, in qualità di Commissario liquidatore della disciolta U.L.S.S. 25 e non, invece, in qualità di legale rappresentate dell’Azienda sanitaria n. 20.

2.3. Secondo il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, dal quale il Collegio non ravvisa valide ragioni per discostarsi, infatti, l’art. 6 della legge n. 724/1994, a norma del quale in nessun caso le Regioni possono far gravare sulle neocostituite A.S.L. i debiti già facenti capo alle soppresse U.S.L. , ha disposto la successione ex lege della regione nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle U.S.L., con la creazione di apposite gestioni stralcio, fruenti della soggettività dell’ente soppresso (prolungata durante la fase liquidatoria) e rappresentate dal direttore generale delle neocostituite A.S.L., che, in veste di commissario liquidatore, agisce nell’interesse della Regione.

2.4. Rileva il Collegio che con il riordinamento e l’avvio della cd. regionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, ad opera del d.lgs. n. 502/1992, in attuazione della legge n. 421/1992 e il passaggio dalle unità sanitarie locali, strutture operative dei comuni, alle aziende sanitarie locali e alle aziende ospedaliere, soggetti pubblici strumentali delle regioni ma autonomi, erogatori delle prestazioni, si è delineata una diversa articolazione territoriale del medesimo servizio pubblico. Non v’è, infatti, una successione a titolo universale in universum ius delle A.S.L. alle U.S.L., ma semmai una successione ex lege delle regioni. Nondimeno, questa successione attiene – come è confermato dall’art. 6 legge n. 724/1994 – ai debiti delle gestioni pregresse U.S.L. , tanto che a tale fine le regioni debbono predisporre apposite gestioni stralcio con individuazione dell’ufficio responsabile, gestioni poi trasformate (legge n. 549/1995) in gestioni liquidatorie affidate ai direttori generali delle A.S.L. per conto delle regioni (Cass., SS.UU., 6 marzo 1997, n. 1989; I, 7 novembre 1997, n. 10939; Cons. Stato, V,17 settembre 2008, n. 4413; V, 30 agosto 2006, n. 5071: Cass., I, 20 settembre 2006, n. 20412).

2.5. D’altra parte, per quanto concerne i rapporti di lavoro, la vicenda successoria si atteggia in modo particolare, e tiene in considerazione la circostanza che si tratta di una provvista per l’espletamento del medesimo servizio. Ripetutamente la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che un’ A.S.L. è legittimata ad impugnare una decisione resa nei confronti di una soppressa U.S.L. quando l’oggetto del contendere è l’accertamento del diritto di un impiegato a ottenere indennità accessorie riferite anche al periodo successivo all’istituzione dell’azienda stessa (Cons. Stato, V, 21 ottobre 1997, n. 1156) e che sussiste la legittimazione processuale all’appello dell’A.S.L., subentrata alla U.S.L., quando la controversia inerisca a un rapporto giuridico perdurante prima e dopo il 1º gennaio 1995, che abbraccia tanto il periodo pregresso quanto quello successivo all’istituzione delle A.S.L.(cfr. Cons. Stato, V, 17 settembre 2008, n. 4413).

2.6. La A.S.L. è un ente dotato di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, istituito in luogo delle U.S.L.. La legge ha sgravato questo nuovo ente dei debiti e dei crediti pregressi delle U.S.L., assegnandoli a un organo straordinario (le gestioni stralcio) presso le regioni (e successivamente alle gestioni liquidatorie); ma non ne ha disposto la successione negli altri rapporti, in particolare nei rapporti di lavoro del personale, nei quali all’U.S.L. è subentrata l’A.S.L., che ne ha ereditato le funzioni e i rapporti giuridici per successione fra enti (Cons. Stato, V, 18 ottobre 2002, n. 5771; V, 6 ottobre 2003, n. 5879).

2.7. In un tale quadro, dunque, occorre distinguere l’oggetto del rapporto giuridico: la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che spetta all’ A.S.L. la legittimazione passiva alla lite intrapresa da un dipendente per crediti di lavoro concernenti il periodo precedente l’istituzione dell’ A.S.L. stessa e quello successivo, perché la vicenda si riverbera sull’assetto economico e finanziario della nuova azienda e perciò determina una legittimazione, in capo al direttore generale dell’azienda stessa, separata da quella della regione, afferente alla gestione -stralcio delle soppresse USL (Cons. Stato, V, 18 ottobre 1999, n. 1547; V, 18 ottobre 2002, n. 5771; V, 6 ottobre 2003, n. 5879). In sintesi, nel rapporto di impiego, alla U.S.L. è subentrata la A.S.L. , che ne ha ereditato funzioni e altri rapporti giuridici secondo le regole che disciplinano la successione tra enti (Cons. Stato, V, 7 novembre 2002, n. 6139).

2.8. Questa distinzione è ribadita dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione per la quale, subentrate le A.S.L. nelle attribuzioni istituzionali delle U.S.L., si è verificata la successione delle prime alle seconde circa la titolarità dei rapporti di lavoro del personale (art. 8, comma 8, d.lgs. n. 502/1992, nel testo integrato dall’art. 9 d.lgs. n. 517/1993) fatta eccezione per i debiti delle U.S.L. derivanti dallo svolgimento dei medesimi rapporti, che sono trasferiti a carico delle regioni per effetto dell’art. 6 della legge n. 724 del 1994 per non gravare i nuovi organismi delle passività in atto (Cass., SS.UU., 18 dicembre 1998, n. 12712).

2.9. Sulla scorta delle predette argomentazioni, devono, pertanto, essere disattese sia l’eccezione di irricevibilità proposta dall’Azienda sanitaria resistente che l’eccezione di incompetenza sollevata dal ricorrente.

3. Con riguardo alle ulteriori censure di illegittimità dei provvedimenti impugnati per eccesso di potere sotto più profili (per sviamento di potere, per violazione del principio di irripetibilità delle somme, per difetto di motivazione, per carenza di istruttoria, per irragionevolezza ed illogicità manifeste), il Collegio ritiene opportuno in primis rammentare il contenuto della sentenza n. 1798/04 con la quale è stata annullata la delibera n. 1164 del 7 dicembre 1994 dell’U.L.S.S. 25, in accoglimento del ricorso proposto dal dott. Bodo. 3.1. Il T.A.R. nella predetta decisione stabilisce che il ricorrente “non aveva diritto al collocamento in aspettativa ai sensi dell’art. 2 della legge n. 816 del 1985; infatti, (…) tale aspettativa è prevista solo per le aziende pubbliche ed in particolare per quelle provinciali, laddove nel caso il ricorrente era stato nominato nel consiglio di amministrazione della società autostrada Serenissima, che non può essere considerata un’azienda della Provincia di Padova, la quale ne è semplicemente uno degli azionisti. In sostanza, mancava il presupposto per concedere al ricorrente la richiesta aspettativa (si veda, sul punto specifico, Corte dei Conti, sez. III, 24 marzo 2000, n. 118/A).

3.2. Il Tribunale disattende anche la censura di violazione dei principi riguardanti la conversione degli atti amministrativi, qualificando il provvedimento impugnato come un annullamento ex tunc di una concessione di aspettativa illegittima ed evidenziando che la concessione dell’aspettativa per motivi di famiglia, anziché di quella prevista dall’art. 2 della legge n. 816/1985, rappresenta un provvedimento favorevole al ricorrente che altrimenti avrebbe dovuto essere considerato assente senza giusta causa.

3.3. Tanto premesso il T.A.R. accoglie la censura relativa al mancato avviso di avvio del procedimento e, pertanto, annulla per tale ragione la delibera impugnata.

4.Orbene dalla mera lettura della predetta decisione è evidente l’infondatezza delle censure relative alla violazione del giudicato posto che l’adozione del nuovo provvedimento di riqualificazione dell’aspettativa usufruita dal ricorrente non contrasta in alcun modo il decisum della sentenza n. 1798/04 che si limita ad annullare la delibera adottata dalla disciolta U.L.S.S. 25 esclusivamente per un vizio procedimentale, cioè l’omesso avviso di avvio del procedimento.

5. Con riferimento alle doglianze relative al difetto di motivazione sotto più profili (prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse del dipendente, irrilevanza delle ragioni addotte con le memorie difensive), nonché all’illegittimità della delibera impugnata per violazione del principio dell’irripetibilità delle somme percepite dal dipendente in buona fede e della tutela dell’affidamento il Collegio osserva che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, in tema di recupero di somme indebitamente erogate l’amministrazione non è tenuta a fornire una specifica e dettagliata motivazione, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quella determinata somma corrispostagli per errore (T. A. R. Lazio Roma, sez. III, 6 settembre 2007, n. 8651).

5.1. Nella specie dalla lettura della delibera n. 125/2007 del Direttore Generale dell’Azienda resistente si evince chiaramente che il recupero delle somme consegue alla riqualificazione dell’aspettativa concessa al dott. Bodo, giacché lo stesso non aveva i presupposti per usufruire di quella prevista dall’art. 2 della legge n. 816/1985.

5.2. Quanto, poi, alla censurata mancata esternazione delle ragioni d’interesse pubblico, sottese alla determinazione in oggetto, vale il richiamo all’altrettanto consolidato indirizzo della giurisprudenza, secondo il quale il recupero di somme indebitamente erogate dalla pubblica amministrazione ai propri dipendenti ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell’art. 2033 c.c., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate; tale recupero non necessita di specifica motivazione, essendo la stessa insita nell’acclaramento della non spettanza degli emolumenti percepiti dal dipendente né occorre alcuna comparazione tra gli interessi coinvolti (quello pubblico e quello del privato), non vertendosi in ipotesi di interessi sacrificati, se non sotto il limitato aspetto delle esigenze di vita del debitore (Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2789).

5.3. Per quanto, poi, concerne la doglianza concernente la presunta vigenza del principio, di carattere inderogabile, d’irripetibilità dei crediti de quibus, ove percepiti in buona fede (altrimenti sacrificandosi illegittimamente l’affidamento, ingenerato nel dipendente, circa la disponibilità di tali somme di danaro), rileva il Tribunale che il principio, ormai pacificamente accolto da parte dei giudici amministrativi, è viceversa proprio l’opposto, della normale ripetibilità di tali crediti da parte della P.A., soprattutto nel caso di somme di lieve entità. Per costante giurisprudenza amministrativa, infatti, il recupero delle somme indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici ha natura di atto dovuto, ex art. 2033 c.c., con la conseguenza che la buona fede del percettore rileva ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente . Pertanto, lo stato psicologico del debitore, in ipotesi in buona fede, di per sé non preclude l’attività di recupero dell’indebito, ma impone l’obbligo di una più approfondita valutazione degli interessi implicati, in particolare sotto il profilo del grado di lesione di quello del dipendente . Ne consegue che, nel caso in cui il sacrificio imposto con il recupero è di lieve entità, l’interesse del dipendente a trattenere gli emolumenti percepiti non può prevalere su quello pubblico alla ripetizione delle somme erogate indebitamente, che è di per sé sempre attuale e concreto.( cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 1 aprile 2008, n. 2764).

6. Deve, infine, essere disattesa anche l’eccezione di prescrizione del credito della P.A. per decorso del termine di cui all’art. 2946 c.c. essendo evidente che la delibera dell’U.L.S.S. 25 n. 1164/1994, così come la pendenza del successivo contenzioso conclusosi con la sentenza di questo Tribunale n. 1798/04 valgono ad interrompere il decorso della prescrizione.

7. Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso deve, dunque, essere respinto.

8. Appaiono sussistere giustificati motivi, in considerazione della complessità delle questioni giuridiche trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo rigetta.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 15 gennaio 2009.

Il Presidente L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione

T.A.R. Veneto – III Sezione n.r.g. 971/07

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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