Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-04-2011) 12-07-2011, n. 27234 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione D.A. avverso l’ordinanza in data 16 dicembre 2010 con la quale il tribunale del riesame di Lecce ha confermato l’ordinanza del locale gip, applicativa della misura della custodia cautelare in carcere in relazione ad una serie di ipotesi di reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, contestate come commesse tra giugno e settembre 2009.

Indagini avviate in merito ad un episodio di estorsione ai danni di F.D. avevano fatto emergere fitti contatti telefonici tra la stessa e fornitori di sostanze stupefacenti.

In particolare gravi indizi erano stati acquisiti riguardo alla posizione, quale fornitore di cocaina sul territorio, di D. A..

Il tribunale evidenziava una certa ripetitività nei contatti accertati, tutti posti in essere con clichè predeterminati costituiti da laconiche conversazioni con i cessionari, luoghi di incontro più o meno ricorrenti, ricorso a meri squilli telefonici come segnali dell’arrivo sul luogo dell’appuntamento fissato per lo scambio, utilizzo di linguaggio criptico.

Passava poi all’esame del materiale indiziario concernente i singoli capi d’imputazione e ravvisava esigenze cautelari fronteggiabili con la sola misura inframuraria.

Deduce:

1) la inosservanza dell’art. 73 legge stupefacenti e il vizio di motivazione. Il materiale indiziario sarebbe costituito da elementi generici, oggetto di una errata interpretazione da parte dei giudici.

Si tratta di conversazioni telefoniche nelle quali non è presente alcun cenno esplicito a sostanze stupefacenti ma le conversazioni, che apoditticamente il tribunale definisce "criptiche" attengono a normali argomenti quali il vino, gli aperitivi, i viaggi.

La difesa sottolinea che la gravità indiziaria in ordine alle contestazioni sub C) è solo assertivamente affermata.

Osserva poi che gli elementi indicati dal tribunale a sostegno della ipotesi sub D) sarebbero stati oggetto di una interpretazione forzata posto che non vi è in atti prova di un contatto finalizzato alla cessione di droga, tra il ricorrente e C. il quale oltretutto, sebbene trovato dalla polizia giudiziaria in possesso di due dosi di droga, ha negato di conoscere il D..

Quanto al capo E bis), la ricorrente difesa critica la lettura, effettuata dal tribunale, dei labili indizi evidenziati nel provvedimento impugnato, proponendone una opposta interpretazione.

Ricorda, al riguardo, che D. ha non solo negato ogni addebito ma ha spiegato che i contatti avuti con F.D. riguardavano la vendita alla stessa di olio d’oliva e di altri prodotti della terra.

In ordine al capo F) la difesa sottolinea che sono state valorizzate intercettazioni il cui contenuto non ha nulla a che fare con il commercio della droga e ricorda che il presunto cessionario, V., ha solo ammesso di essersi recato dal ricorrente per consegnargli del denaro in relazione ad un acquisto di olio da parte della F..

Identiche considerazioni vengono formulate in relazione al capo Q).

Il capo I) (cessione di sostanza stupefacente a G.) è stato ritenuto integrato sulla base di una conversazione telefonica di cui lo stesso D. aveva dato una diversa spiegazione.

Il capo L) (cessione, ancora, al G.) sarebbe stato ritenuto dal tribunale sulla base di una erronea trascrizione della telefonata di riferimento. Il capo H) (cessione, per la terza volta, a G.) è stato ritenuto convalidato sulla base di eventi (rinvenimento di tracce di droga nell’auto del presunto destinatario finale della sostanza, tal B.) assolutamente non inizianti.

Infine, il capo M) (cessione di sostanza stupefacente a T. G.) sarebbe stato ritenuto oggetto di indizi in realtà inesistenti. Infatti il portatore di denaro per la transazione oggetto della telefonata non è il T. ma il ricorrente come si desume dal testo della intercettazione riportata nel ricorso.

Telefonata nella quale si parla dell’acquisto di pane duro che proprio il residuo della lavorazione del T., gestore di un forno.

2) L’inosservanza degli artt. 274 e 275 c.p.p. in tema di esigenze cautelari. Ad avviso della difesa era venuta meno la motivazione sull’attualità delle esigenze cautelari in relazione a condotte risalenti al 2009. Inoltre era mancata la disamina della adeguatezza della misura ed in particolare di quella meno gravosa degli arresti domiciliari alla luce del fatto che l’imputato aveva svolto onesta attività lavorativa.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo è articolato in termini prossimi alla inammissibilità consistendo nella prospettazione di una interpretazione alternativa delle emergenze di causa.

E’ noto che il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso della impossibilità, per la cassazione, di sostituirsi al giudice del merito nella "lettura" del tenore delle intercettazioni telefoniche.

Il tribunale, sul punto, ha prospettato una disamina del tutto plausibile completa in quanto tale sottratta all’ulteriore vaglio del giudice della legittimità.

In particolare i giudici hanno dato conto di come il tenore delle conversazioni fosse da collegare all’illecito traffico di sostanze stupefacenti sia in quanto l’apparente oggetto delle conversazioni è risultato del tutto "decontestualizzato" e cioè privo del senso apparente, sia in quanto le conversazioni, così come intese dagli inquirenti, hanno trovato conforto in più di un esito positivo dei controlli effettuati su uno dei colloquianti, con conseguente sequestro della sostanza stupefacente.

La ricerca puntigliosa, da parte della difesa, di interpretazioni alternative dei medesimi colloqui si è basata, peraltro, sulla estrapolazione delle frasi dal contesto e dagli sviluppi investigativi e si è tradotta, pertanto, come già detto, in una lettura alternativa del risultato indiziario, non consentita nella presente sede.

Parimenti fondato il rilievo sulle esigenze cautelari e sulla individuazione della misura più adeguata, rinvenendosi nella ordinanza impugnata, una puntuale disamina sia della irrilevanza del tempo trascorso che della attività lavorativa svolta dal ricorrente contemporaneamente al perseguimento dei fini illeciti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Manda la cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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