Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-05-2011) 19-07-2011, n. 28824 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.D. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che gli ha applicato la pena per le plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 contestategli.

Si duole del fatto che il giudice non avrebbe considerato che per i fatti sub iudice sarebbe stato già giudicato con sentenza irrevocabile: ciò che doveva desumersi da alcune intercettazioni.

Si duole del fatto che il giudicante avrebbe accolto la richiesta di patteggiamento senza considerare che questa era condizionata all’esclusione dell’aggravante dell’ingente quantità e alla richiesta di "determinare" temporalmente l’epoca finale dei commessi reati.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

A prescindere dalla genericità della doglianza, meramente assertiva, va rilevato, quanto al primo motivo, con considerazione assorbente, che l’accertamento delle condizioni di operatività della preclusione del "ne bis in idem", per giudicato sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto, non può essere svolto dalla Corte di cassazione, poichè resta estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento del fatto e la parte non può produrre documenti concernenti elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito, potendo comunque l’imputato far valere la violazione di detto divieto davanti al giudice dell’esecuzione (cfr. Sezione 4, 3 dicembre 2009, Bersani, rv.

245740).

Quanto all’altro motivo, basta osservare che, poichè l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale, da un lato, l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse e sull’entità della pena, e, dall’altro, il giudice ha il potere- dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerge in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen., ne deriva che l’imputato non può poi dolersi, con il ricorso per cassazione, del mancato riconoscimento di attenuanti, dell’esclusione di un’aggravante e della mancata applicazione della continuazione, trattandosi di doglianze inammissibili perchè mirano a ricostruire i fatti, sul punto, in modo diverso da quanto concordato. Ciò valendo, a fortiori, con riferimento alla pretesa della ricostruzione del fatto oggetto di richiesta di applicazione di pena concordata in termini diversi da quelli contestati qui, con riferimento al tempus commissi delicti (cfr., per riferimenti, Sezione feriale, 12 agosto 2010, Alò).

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *