Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-06-2011) 27-07-2011, n. 29948 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza dell’11.01.2010, dichiarava Z.G.M. e Z.A. colpevoli del reato di coltivazione di sostanza stupefacente limitatamente a n. 200 piante di canapa indiana e, concesse le attenuanti generiche, applicata la riduzione per la scelta del rito, li condannava alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 12.000 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali. Assolveva gli imputati dalla residua contestazione perchè il fatto non sussiste; confisca e distruzione delle piante di canapa indiana in sequestro.

I due imputati erano accusati del reato previsto e punito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere coltivato al fine di spaccio 1210 piante di canapa indiana di altezza variabile tra i 2 e i 3,5 metri.

Il Tribunale aveva ritenuto che, sebbene fosse stata dichiarata la nullità della campionatura ai sensi del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 87, comma 2 (Tuls), 364 c.p.p., art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 180 c.p.p., dovesse ritenersi provata la penale responsabilità degli imputati sulla base dei rilievi fotografici ritraenti la piantagione, del narcotest effettuato dai militari e delle tre piante del medesimo tipo in sequestro.

Avverso la sentenza del Tribunale proponevano appello gli imputati.

La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza datata 12.07.2010, oggetto del presente ricorso, in riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, previo riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e limitatamente alla coltivazione di numero tre piante di canapa indiana, rideterminava la pena in mesi 10 e giorni 20 di reclusione ed Euro 4000 di multa, con la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena; assolveva nel resto perchè il fatto non sussiste ed eliminava le pene accessorie.

Avverso tale sentenza Z.G.M. e Z.A. proponevano ricorso per cassazione, a mezzo del loro difensore, chiedendone l’annullamento e la censuravano ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) per erronea interpretazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 87, comma 2 in relazione all’art. 364 c.p.p. e art. 179 c.p.p., comma 2, e per manifesta illogicità e contraddittorieta della motivazione.

Rilevavano i ricorrenti che la piantagione quale corpo del reato era stata posta sotto sequestro e che soltanto successivamente il Pubblico Ministero aveva disposto la campionatura della sostanza drogante (tre piante) e la distruzione della parte residua.

L’attività con la quale la polizia giudiziaria aveva provveduto al campionamento della sostanza sequestrata e alla contestuale distruzione della parte residua era stata dichiarata affetta da nullità dal giudice di primo grado, perchè era avvenuta in violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 87, comma 2, dal momento che le operazioni venivano effettuate senza dare avviso al difensore ai sensi dell’art. 364 c.p.p., trattandosi di attività non ripetibile, in quanto avente ad oggetto la descrizione ed il controllo sulla natura e sulla maturazione delle piante e sulla possibilità di estrazione di sostanze stupefacenti, ossia attività riguardanti situazioni evidentemente soggette a modificazioni.

Quindi, secondo la difesa dei ricorrenti, essendo la questione sottoposta al giudice di merito afferente alla utilizzabilità degli atti consecutivi alla campionatura, che dipendevano da quello dichiarato nullo, doveva ritenersi la inesistenza giuridica delle piante oggetto del campione residuo. Sarebbe quindi contraddittorio e illogico l’assunto dei giudici della Corte territoriale che hanno parlato di "ontologica esistenza di tre piante oggetto di sequestro nelle condizioni di tempo e di luogo di cui trattasi", in quanto tale ontologica esistenza non rileva, dal momento che l’attività di campionatura è affetta da nullità e quindi il risultato di tale attività è inutilizzabile.

Pertanto, ad avviso della difesa, anche la perizia tossicologica disposta dalla Corte di appello per accertare la qualità delle piante, doveva considerarsi un atto affetto da nullità, atteso che l’ordinanza che ha dichiarato la nullità dell’attività di campionatura emessa dal giudice di primo grado non è stata impugnata, costituendo pertanto l’accertamento tecnico di cui sopra un mezzo istruttorio nullo.

Motivi della decisione

Osserva la Corte di Cassazione che il proposto motivo di ricorso non è fondato.

La declaratoria di nullità della "campionatura", infatti, determina la conseguenza che le tre piante in sequestro non possano più essere considerate parte rappresentativa di un tutto.

Peraltro le stesse sono state legittimamente sequestrate e, quindi, come correttamente afferma la sentenza impugnata, sono ontologicamente esistenti nelle condizioni di tempo e di luogo di cui trattasi, essendo riconducibili all’operazione di polizia di cui è processo, dal momento che è pacifica la loro provenienza dalla coltivazione oggetto di irrigazione da parte dei due imputati per mezzo di un impianto che attingeva l’acqua alla loro casa familiare.

Non è stato infatti il provvedimento di sequestro ad essere colpito dalla declaratoria di nullità, bensì la ""campionatura", ossia la capacità delle tre piante in sequestro di costituire "campione" e quindi di rappresentare "il tutto" ormai distrutto. Da tali osservazioni, pertanto, si desume la piena legittimità degli accertamenti che la Corte territoriale ha disposto sulle tre piante in sequestro, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti, secondo cui la perizia tossicologica disposta dal collegio sarebbe nulla, non essendo stata impugnata l’ordinanza dichiarativa della nullità della campionatura emessa dal giudice di primo grado. In conseguenza di tale provvedimento infatti non potevano essere ritenuti validi gli accertamenti effettuati tramite narcotest. Ma, in considerazione dell’esistenza di un reperto legittimamente sequestrato, la Corte territoriale ha ritenuto del tutto legittimamente che fosse necessario disporre i relativi accertamenti per verificare la natura offensiva della condotta, accertamenti che hanno dato esito positivo, essendo stata dimostrata la efficacia drogante delle tre piante in sequestro.

I proposti ricorsi devono essere , pertanto, rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *