Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe A.A. e N.C. hanno premesso di essere proprietari di alcuni appezzamenti di terreno siti nel Comune di Giugliano in Campania – identificati in catasto, rispettivamente, con le particelle n.1737, 1741, 42, 1743 del foglio 83 della estensione complessiva di mq 15750 – ricadenti sotto il profilo urbanistico in zona E/1 agricola normale del vigente piano regolatore.
I ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza n.139 del 19 settembre 2008 con cui il competente dirigente comunale ha sanzionato, ai sensi dell’art.30 del D.P.R. n.380 del 2001, la lottizzazione abusiva asseritamente posta in essere sulla porzione di territorio ivi meglio specificata, in cui sono incluse anche le suddette particelle. A sostegno della domanda giudiziale di annullamento del provvedimento impugnato hanno dedotto i seguenti motivi di diritto:
12) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art.18 della L. n.47/1985, dell’art.1 del D.L. n.146/1985, della L. n.765/1967, dell’art.28 della L. n.1150/1942 – Violazione dei principi generali di legalità e "tempus regit actum" – Violazione dell’art.97 Cost. – Eccesso di potere per sviamento, assoluta carenza di motivazione, erronea presupposizione dei fatti, illogicità manifesta, evidente carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, contraddittorietà – stante l’inapplicabilità della misura repressiva ai frazionamenti antecedenti alla data di entrata in vigore delle legge 28.2.1985 n.47; inoltre, l’amministrazione avrebbe omesso di esplicitare elementi certi, precisi ed univoci che dimostrino l’intento di asservire all’edificazione, per la prima volta, un’area non urbanizzata e non avrebbe tenuto conto del tempo trascorso e della conservazione dell’uso agricolo dei fondi;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art.29 della L. n.47/1985 e dell’art.97 Cost. – Eccesso di potere per sviamento, assoluta carenza di motivazione, erronea presupposizione dei fatti, illogicità manifesta, evidente carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, contraddittorietà, ingiustizia manifesta – giacché l’amministrazione comunale avrebbe omesso di considerare la totalità delle particelle acquistate, che superano il lotto minimo in zona agricola, nonché l’assenza di qualsivoglia opera edificatoria sul lotto in questione;
4) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.7, 8 e 21octies della legge n.241/1990, come modificati dalla L. n.15/2005 – Eccesso di potere per sviamento, assoluta carenza di motivazione, erronea presupposizione dei fatti, illogicità manifesta, evidente carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, contraddittorietà, ingiustizia manifesta – ove lamentano l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.
Si è costituito in resistenza il Comune di Giugliano in Campania, che ha controdedotto in merito alla censure prospettate e depositato documenti, concludendo con richiesta di reiezione del gravame.
Alla pubblica udienza del 21 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Con il provvedimento oggetto del presente giudizio, il Comune di Giugliano in Campania ha ordinato a 75 soggetti – quali proprietari o alienanti degli immobili corrispondenti alle diverse particelle catastali, ivi specificate, del foglio di mappa n.83 – l’immediata sospensione della lottizzazione abusiva asseritamente posta in essere sulla suddetta porzione di territorio, che ricade sotto il profilo urbanistico in zona E/1 agricola normale del vigente piano regolatore. L’autorità emanante ha rilevato che tutta l’area ivi individuata è stata prima frazionata ed ha poi costituito oggetto di una serie di atti di trasferimento della titolarità, con l’esecuzione di vari manufatti edilizi abusivi, che avrebbero comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni a scopo edificatorio, integrando così la fattispecie sanzionata dall’articolo 30 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Tra i destinatari del provvedimento l’amministrazione ha individuato anche gli odierni ricorrenti, proprietari delle particelle meglio specificate in premessa.
Il ricorso è infondato.
I ricorrenti sostengono che l’amministrazione avrebbe omesso di esplicitare elementi certi, precisi ed univoci che dimostrino l’intento di asservire all’edificazione, per la prima volta, un’area non urbanizzata e non avrebbe comunque tenuto in alcuna considerazione il lungo tempo trascorso e la conservazione dell’uso agricolo dei fondi.
Le censure non sono meritevoli di accoglimento.
Giova premettere che l’articolo 30 del T.U. sull’edilizia – che riproduce le disposizioni contenute nel previgente articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – distingue due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio. La prima, cd. lottizzazione materiale o reale, ricorre "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione". La seconda, cd. formale, negoziale ovvero cartolare, si delinea "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che, se è vero che in tema di lottizzazione abusiva per mezzo di frazionamento e vendita di terreno l’accertamento della fattispecie implica la ricostruzione di un quadro indiziario sulla scorta degli elementi suindicati, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 ottobre 2004, n. 6810), d’altra parte non è necessario che sia dimostrata l’esistenza di tutti gli indici rilevatori indicati nella citata norma, ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio (Consiglio di Stato, Sezione V, 14 maggio 2004, n. 3136 e 2 dicembre 2008, n.5930).
Venendo al caso di specie, la fattispecie concreta sanzionata dal Comune di Giugliano in Campania assume natura cd. mista, in quanto caratterizzata, oltre che da una pluralità di atti di frazionamento di un più ampio fondo (la ex particella n.55 del foglio n.83, di circa 16 ettari) in più lotti e dalla compravendita di questi ultimi, anche da consistenti attività materiali realizzate in un ampio arco temporale e proseguite anche di recente, indubbiamente idonee ad attuare in via progressiva un’abusiva trasformazione urbanistica ed edilizia dell’area, in violazione delle prescrizioni del P.R.G. dirette a salvaguardarne la destinazione agricola.
Pertanto ritiene il Collegio che il Comune di Giugliano in Campania ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, evidenziando come sulla suindicata porzione di territorio sono stati compiuti, nel corso degli anni, non solo il frazionamento di un più ampio fondo (la ex particella n.55 del foglio n.83) in più lotti e la compravendita di questi ultimi, ma anche realizzate molteplici opere abusive certamente idonee ad attuare un’illecita trasformazione urbanistica dell’area, classificata come agricola dal P.R.G.. Il disegno lottizzatorio emerge chiaramente ove si considerino unitariamente, nel loro sviluppo cronologico, le circostanze fattuali poste a base dell’iter logico seguito dall’organo emanante, come esplicitate nell’atto in discussione e confermate dalla complessiva documentazione depositata in giudizio. Ed invero:
a) dopo il primo frazionamento del fondo individuato in catasto con la suindicata particella madre n.55 del foglio 83, di oltre 16 ettari, da parte dell’originario proprietario sig. Tullio Ciardo, nel corso degli anni, i suoli sono stati frammentati, a più riprese, in nuove particelle di superficie via via sempre inferiore, tanto che, nel solo periodo dal 1991 al 2005, si contano ben 14 atti di frazionamento (come indicato nello stesso atto impugnato e rilevabile, anche visivamente, dai tre estratti di mappa catastale depositati dall’amministrazione resistente);
b) la maggior parte dei lotti derivati sono stati successivamente alienati a terzi con distinti atti di compravendita (il sig. T. Ciardo è restato comunque proprietario di alcune residue particelle specificate nel provvedimento);
c) dagli accertamenti compiuti dall’amministrazione comunale, risultano eseguite costruzioni abusive su numerosi lotti (particelle nn. 783, 782, 779, 1152, 1147, 902, 810, 1039, 1593, 1807, 1598, 835, 834, 1384, 1779, 1191, 828, 1242, 1722, 1782, 1783, 711, 1833, 1831, 1832, 1657, 826, 1642, 1815, 1839, 1739), dotate delle relative infrastrutture;
d) le attività di trasformazione del territorio, pur non coinvolgendo le particelle di proprietà degli odierni ricorrenti, sono di tale entità da non poter ritenere integrata la loro buona fede al momento dell’acquisto, avvenuto nel 2005 e pertanto in epoca in cui il territorio era già stato ampiamente edificato e compromesso l’uso agricolo del suolo;
e) sulla base dei suindicati presupposti e tenuto conto delle dimensioni, della destinazione urbanistica, del numero e dell’ubicazione dei lotti, l’amministrazione ha quindi sanzionato la lottizzazione abusiva emettendo, in data 19.9.2008, l’ordinanza n.139 impugnata con il ricorso in trattazione. In particolare, nei confronti degli odierni ricorrenti, non si ravvisa ipotesi escludente l’intento lottizzatorio nella dimensione complessiva del terreno acquistato, atteso che- pur trattandosi di particelle che complessivamente ammontano a circa 15.000 mq- le stesse sono state acquistate in comune ed in ragione di 500/1000 con altro soggetto(Ciccarelli Santolo cfr. atto di acquisto depositato in data 8 giugno 2011). Pertanto la quota acquistata dagli odierni ricorrenti è inferiore al lotto minimo richiesto per l’edificazione in zona agricola, ed irrilevante si presenta la omissione nella contestazione da parte dell’amministrazione di tre delle quattro particelle acquistate.
Come già rilevato dalla Sezione con riguardo ad altri ricorsi proposti avverso il medesimo provvedimento (sentenze dal n.16703 al n.16714 del 13.7.2010 e dal n.17263 al 17265 del 27.8.2010) – le cui statuizioni vanno integralmente richiamate nel presente giudizio – tutte le suesposte circostanze, unitariamente intese, contrariamente all’assunto formulato dalla parte ricorrente, sono tali da evidenziare congruamente il disegno lottizzatorio abusivo non solo nella forma negoziale ma anche materiale. Sussistono, infatti, univoci indici rivelatori da cui emerge l’illecito scopo edificatorio, risultando accertato per tabulas che all’atto di suddivisione dell’area in lotti di dimensione inferiore al minimo prescritto dal P.R.G. è seguita, prima, la stipula di atti di trasferimento della loro proprietà a terzi e, successivamente, anche la costruzione di opere abusive destinate ad abitazione.
In tale ottica diviene irrilevante la mancata edificazione sul suolo di proprietà degli odierni ricorrenti, essendo punibile anche la mera lottizzazione cd. negoziale.
Invero, la punibilità della lottizzazione negoziale assolve alla esigenza di anticipare la soglia di tutelabilità del beneinteresse protetto dalla norma, quando ancora esso non è stato oggetto di modificazione materiale, sì da consentire alla amministrazione di intervenire, e di poter esercitare i poteri di vigilanza funzionali alla garanzia di assicurare un corretto ed ordinato uso del territorio, ancora prima che vengano posti in essere concreti atti di trasformazione del territorio medesimo, ed evitare che il territorio rischi così di essere trasformato in modo irreversibile.
In tal modo, attraverso la sanzionabilità della c.d. lottizzazione negoziale, a differenza di quanto avviene nelle altre tipologie di abuso edilizio, si viene ad anticipare la soglia minima di punibilità dell’illecito, ritenendo integrata la lesione al bene interesse tutelato dalla norma anche in presenza di un’attività solo giuridica ma potenzialmente preordinata alla manomissione del territorio, e suscettibile di precludere la strada della pianificazione urbanistica. Tale esigenza di intervento si è imposta alla attenzione prima dei giudici e poi del legislatore, proprio in considerazione delle peculiarità della lottizzazione giuridica che può anche restare in stato di quiescenza per lungo tempo, ben potendo i proprietari dei singoli lotti decidere di attendere il momento più opportuno per ottenere il rilascio della concessione edilizia per edificare(cfr TAR Campania IV, sent. 9458/06).
Priva di pregio si rivela, inoltre, l’ulteriore doglianza di difetto di motivazione circa l’interesse pubblico alla repressione dell’attività abusiva e la mancata comparazione con l’interesse privato sacrificato, in relazione al tempo decorso, atteso il carattere doveroso e vincolato della potestà esercitata, in presenza di tutti gli elementi integranti la fattispecie della lottizzazione abusiva, fermo restando che la tutela dei terzi acquirenti di buona fede, estranei all’illecito, può essere fatta valere in sede civile nei confronti dell’alienante.
Può procedersi ora all’esame della residua censura con cui si lamenta la violazione dell’art.7 della legge n.241/1990 per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. Non ignora il Collegio che la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato come il procedimento di verifica degli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva, lungi dall’avere uno sbocco necessitato, richiede un accertamento complesso di circostanze di fatto, non contraddistinte da significati unidirezionali, basato su molteplici elementi, al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in punto di fatto, utilmente cooperare, facendo eventualmente anche rilevare circostanze ed elementi tali da indurre la p.a. stessa ad orientarsi diversamente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 23 febbraio 2000, n. 948; 29 gennaio 2004, n. 296; 11 maggio 2004, n. 2953; T.A.R. Campania Napoli, Sezione IV, 10 novembre 2006, n. 9458). Il suesposto indirizzo va tuttavia rivisitato e precisato alla luce delle novità normative introdotte con la legge 11 febbraio 2005 n.15, avendo il legislatore inteso far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali nelle ipotesi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio, a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell’amministrazione. E’ noto che l’art. 21 octies della L. n.241/1990, aggiunto dall’art. 14 della L. n.15/2005, ha espressamente sancito che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" e che "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Orbene, nella fattispecie in esame, le circostanze di fatto poste a fondamento dell’azione amministrativa, come sopra descritte, non risultano contestate dalla parte ricorrente né questa ha dimostrato la concreta utilità della sua partecipazione, sicché la misura repressiva adottata assumeva carattere dovuto e contenuto vincolato in relazione ai presupposti acclarati. In definitiva, nella vicenda in esame una specifica comunicazione dell’avvio del procedimento era oggettivamente superflua poiché il contenuto dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. in termini, per altra fattispecie lottizzatoria sanzionata dallo stesso Comune, T.A.R. Campania, Sezione II, sentenze nn.16131620 del 25 marzo 2010).
In conclusione, alla stregua di tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va respinto siccome infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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