Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 12 del 16-3-2011
Sentenza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 31, commi
2, 3 e 8 lettera c); 32 e 33 della legge della Regione Molise 22
febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio,
contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale
del Molise – Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n.
12), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 29 aprile – 7 maggio 2010, depositato in cancelleria il
6 maggio 2010 ed iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2010.
Udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice
relatore Alfonso Quaranta;
Udito l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso del 29 aprile 2010, depositato presso la
cancelleria della Corte il successivo 6 maggio (ric. n. 73 del 2010),
il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di
legittimita’ costituzionale degli articoli 31, commi 2, 3 e 8,
lettera c); 32 e 33 della legge della Regione Molise 22 febbraio
2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio, contabile,
gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale del Molise
– Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n. 12), per
violazione dell’articolo 120 della Costituzione.
1.1. – Il ricorrente premette che la Regione Molise rientra tra
quelle Regioni che «hanno sottoscritto l’accordo con lo Stato per il
rientro dai deficit sanitari», ai sensi dell’art. 1, comma 180, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005),
nel testo modificato dall’art. 4 del decreto-legge 14 marzo 2003, n.
35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
Sottolinea, inoltre, che tale accordo – la cui attuazione
costituisce condizione per la rinnovata attribuzione del
finanziamento statale – comporta, tra l’altro, l’impegno da parte
delle Regioni interessate a procedere ad una ricognizione delle cause
dei disavanzi e ad elaborare un programma operativo di
riorganizzazione, riqualificazione o di potenziamento del servizio
sanitario regionale, nella prospettiva di individuare gli interventi
necessari al perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto
dei livelli essenziali di assistenza sanitaria.
Analogamente, l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) ha
istituito un fondo transitorio, da ripartirsi tra le Regioni
interessate, subordinando l’accesso anche a tali ulteriori risorse
alla sottoscrizione di un apposito accordo, nuovamente comprensivo di
un piano di rientro dai disavanzi, il cui azzeramento era previsto
entro l’anno 2010. La medesima norma conferisce, poi, al Ministero
della salute, di concerto con quello dell’economia e finanze,
un’attivita’ di affiancamento delle Regioni, per la verifica ed il
monitoraggio dei singoli piani di rientro.
Qualora, poi, nell’ambito del procedimento di verifica e
monitoraggio dei singoli piani, sottolinea ancora la difesa statale,
risulti la mancata attuazione, da parte di taluna delle Regioni
interessate, degli adempimenti posti a loro carico, e’ previsto che
il Presidente del Consiglio dei ministri – ai sensi dell’art. 4 del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia
economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equita’ sociale),
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29
novembre 2007, n. 222 – diffidi la Regione ad adottare, entro
quindici giorni, tutti gli atti normativi, amministrativi,
organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli
obiettivi del piano. In caso di persistente inadempimento regionale,
ovvero di verificata inidoneita’ od insufficienza degli atti ed
azioni posti in essere, il Consiglio dei ministri nomina un
commissario ad acta, per l’intero periodo di vigenza del piano di
rientro, con facolta’ – tra l’altro – di proporre alla Regione la
sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali
ovvero delle aziende ospedaliere.
Orbene, non avendo realizzato la Regione Molise gli obiettivi
previsti dal piano di rientro, il Presidente del Consiglio dei
ministri, in base alle citate disposizioni legislative, ha nominato
il Presidente della Regione commissario ad acta per la realizzazione
del piano stesso.
1.2. – E’ in tale contesto, dunque, che si inserisce la legge
regionale n. 8 del 2010, che ha previsto l’adozione di una serie di
misure di natura programmatica, economica, finanziaria e patrimoniale
al fine di individuare gli obiettivi da assegnare al servizio
sanitario regionale, le fonti di finanziamento delle aziende
sanitarie regionali, le modalita’ di ripartizione di tali risorse, il
controllo sulla gestione delle aziende sanitarie regionali per
assicurare efficacia ed efficienza nella acquisizione e nella
gestione delle risorse.
In particolare, gli artt. 31, 32 e 33 attribuiscono alla Giunta
regionale il controllo regionale, il visto regionale e l’attivita’ di
controllo regionale in materia amministrativo-contabile.
Tuttavia, atteso l’intervenuto commissariamento della Regione
Molise, risulterebbero costituzionalmente illegittime le previsioni
legislative secondo cui: e’ la Giunta ad esercitare il controllo su
tutti gli atti del Direttore generale dell’Azienda sanitaria della
Regione Molise (art. 31, comma 2); gli atti adottati dalla Giunta
nell’esercizio della funzione di vigilanza non sono soggetti a
controllo (art. 31, comma 3); la Giunta puo’ deliberare la
risoluzione del contratto con il Direttore generale e la sua
contestuale sostituzione, qualora questi non provveda nei termini
all’adozione del bilancio e/o alla proposta per la copertura della
perdita d’esercizio (art. 31, comma 8, lettera c).
Difatti, osserva il ricorrente, il citato art. 31, comma 2,
«tende a realizzare una funzione di controllo sugli atti del
Direttore generale, in punto di bilancio, riequilibrio della
situazione economica e gestione delle risorse», nell’ottica
dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Nondimeno, nella specie, sulla base della disciplina legislativa
impugnata, tale finalita’ e’ «destinata a realizzarsi solo attraverso
l’opera degli organi ordinari della Regione, senza alcun riferimento
alle competenze e funzioni del commissario, in assenza del necessario
raccordo istituzionale imposto dal principio di leale collaborazione»
e, pertanto, in violazione dell’art. 120 Cost.
Alla stessa censura si esporrebbe il successivo comma 3 del
medesimo art. 31, posto che «la previsione della assenza di controllo
sugli atti adottati dalla Giunta regionale ai sensi del precedente
comma 2» si tradurrebbe «ancora una volta in una violazione del
principio di leale collaborazione, esautorando di fatto il
commissario ad acta di un’ampia sfera di poteri, primo fra tutti il
controllo sugli atti del Direttore generale, con implicito
disconoscimento dello stesso potere sostitutivo».
Infine, il comma 8 dello stesso articolo – secondo cui la Giunta
puo’ deliberare la risoluzione del contratto con il Direttore
generale e la sua contestuale sostituzione, qualora questi non
provveda nei termini all’adozione del bilancio e/o alla proposta per
la copertura della perdita d’esercizio – violerebbe l’art. 4, comma
2, del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007, ovvero la norma che
attribuisce al commissario ad acta la facolta’, nell’esercizio dei
suoi poteri, di disporre la sospensione dei Direttori generali.
Anche nel caso in esame la disciplina recata dalla norma
impugnata si tradurrebbe nella negazione della facolta’ spettante al
commissario di proporre alla Regione la sostituzione del Direttore
generale, e dunque in "un disconoscimento" di quel potere di
sostituzione degli organi regionali preordinato alla tutela di
interessi essenziali unitariamente facenti capo allo Stato ed
esercitati dal Governo con la nomina del predetto commissario (e’
richiamata la sentenza n. 2 del 2010 di questa Corte). Difatti, «in
forza di quanto disposto dal citato art. 4, comma 2, rientra tra le
facolta’ del commissario ad acta – dopo la modifica apportata al
testo di tale norma dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 ottobre
2008, n. 154 (Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa
sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie
locali), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 4 dicembre 2008, n. 189 – il potere non gia’ soltanto
di proporre alla Regione la sostituzione dei Direttori generali delle
aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, bensi’ quello
di motivatamente disporre la sospensione dalle funzioni dei Direttori
generali, facolta’ che implica, evidentemente, anche quella della
loro sostituzione, trattandosi di assicurare, con tale misura, la
continuita’ nello svolgimento di incarichi che – per il loro
carattere apicale – non tollerano alcuna vacatio» (cosi’ la gia’
citata sentenza n. 2 del 2010, che ha dichiarato costituzionalmente
illegittima la proroga automatica dei Direttori generali delle
aziende sanitarie locali disposta da una norma contenuta in una legge
della Regione Lazio).
Analogamente, violerebbero le prerogative del commissario ad acta
(e, pertanto, l’art. 120 Cost.) anche gli artt. 32 e 33 della legge
regionale impugnata.
Ed invero, il primo di tali articoli stabilisce che gli atti del
Direttore generale, adottati in punto di bilancio e di riequilibrio
della situazione economica, siano soggetti al solo visto di
congruita’ della Giunta regionale. Si e’ in presenza, pertanto, di
atti di natura economico-finanziaria e di programmazione – osserva il
ricorrente – «diretti ad inserirsi nell’ambito di una politica
regionale di ripianamento dei disavanzi», alla quale e’
«completamente estranea la previsione della partecipazione del
commissario ad acta, essendo lasciati alla integrale realizzazione
degli organi ordinari della Regione».
Del pari, l’art. 33 riserva alla Regione l’attivita’ di controllo
e vigilanza sugli atti di programmazione aziendale dell’Azienda
sanitaria regionale, sia sotto il profilo economico di bilancio, sia
sotto quello gestionale di analisi e verifica dei risultati
raggiunti, con eguale menomazione delle attribuzioni del commissario
ad acta.
Di qui, in conclusione, il contrasto di tutte le norme impugnate
con l’art. 120 Cost., giacche’ «la scelta di riservare esclusivamente
agli organi ordinari della Regione la modifica delle "disposizioni
finanziarie, di bilancio e contabili", pur quando esse presentino
profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal
disavanzo sanitario, si risolve in un obiettivo svuotamento dei
poteri del commissario ad acta, e dunque in una violazione dell’art.
120, secondo comma, Cost.» (cosi’, la gia’ citata sentenza n. 2 del
2010).
2.- Non si e’ costituita in giudizio la Regione Molise.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questione di legittimita’ costituzionale degli articoli 31, commi 2,
3 e 8, lettera c); 32 e 33 della legge della Regione Molise 22
febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio,
contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale
del Molise – Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n.
12), per violazione dell’articolo 120 della Costituzione.
1.1. – Premette in punto di fatto il ricorrente che il Presidente
della Regione Molise e’ stato nominato commissario ad acta per il
rientro dal deficit nel settore sanitario, giacche’ il Molise e’ una
di quelle Regioni che – dopo aver sottoscritto gli accordi diretti
alla riduzione del disavanzo, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005)
– hanno disatteso l’impegno ad adottare tutti gli atti normativi,
amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il
conseguimento degli obiettivi del piano di rientro, giustificando,
con tale inerzia, l’esercizio del potere sostitutivo statale previsto
dall’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi
urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equita’
sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della
legge 29 novembre 2007, n. 222.
1.2. – Cio’ posto, il Presidente del Consiglio dei ministri
assume che la disciplina recata dalle disposizioni impugnate si
risolverebbe in un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario
ad acta, e dunque in una violazione dell’art. 120, secondo comma,
Cost.
In particolare, le norme suddette dispongono che: e’ la Giunta ad
esercitare il controllo su tutti gli atti del Direttore generale
dell’Azienda sanitaria regionale (art. 31, comma 2); gli atti
adottati dalla Giunta nell’esercizio della funzione di vigilanza non
sono soggetti a controllo (art. 31, comma 3); la Giunta puo’
deliberare la risoluzione del contratto con il Direttore generale e
la sua contestuale sostituzione, qualora questi non provveda nei
termini all’adozione del bilancio e/o alla proposta per la copertura
della perdita d’esercizio (art. 31, comma 8, lettera c).
In tal modo, osserva il ricorrente, il citato art. 31, comma 2,
«tende a realizzare una funzione di controllo sugli atti del
Direttore generale, in punto bilancio, riequilibrio della situazione
economica e gestione delle risorse», nell’ottica dell’attuazione del
piano di rientro dal disavanzo sanitario; nondimeno, tale finalita’
e’ «destinata a realizzarsi solo attraverso l’opera degli organi
ordinari della Regione, senza alcun riferimento alle competenze e
funzioni del commissario, in assenza del necessario raccordo
istituzionale imposto dal principio di leale collaborazione» e,
pertanto, in violazione dell’art. 120 Cost.
Alla stessa censura si esporrebbe il successivo comma 3 del
medesimo art. 31, posto che «la previsione della assenza di controllo
sugli atti adottati dalla Giunta regionale ai sensi del precedente
comma 2» si tradurrebbe «ancora una volta in una violazione del
principio di leale collaborazione, esautorando di fatto il
commissario ad acta da un’ampia sfera di poteri, primo fra tutti il
controllo sugli atti del Direttore generale, con implicito
disconoscimento dello stesso potere sostitutivo».
Infine, il comma 8 dello stesso articolo – secondo cui la Giunta
puo’ deliberare la risoluzione del contratto con il Direttore
generale e la sua contestuale sostituzione, qualora questi non
provveda nei termini all’adozione del bilancio e/o alla proposta per
la copertura della perdita d’esercizio – violerebbe l’art. 4, comma
2, del citato decreto-legge n. 159 del 2007, ovvero la norma che
attribuisce al commissario ad acta la facolta’, nell’esercizio dei
suoi poteri, di disporre la sospensione del Direttore generale.
In particolare, la disciplina recata dalla disposizione impugnata
si tradurrebbe nella negazione della facolta’ spettante al
commissario di proporre alla Regione la sostituzione del Direttore
generale, e dunque in "un disconoscimento" di quel potere di
sostituzione degli organi regionali preordinato alla tutela di
interessi essenziali unitariamente facenti capo allo Stato ed
esercitati dal Governo con la nomina del predetto commissario (e’
richiamata, al riguardo, la sentenza n. 2 del 2010).
Analogamente, violerebbero le prerogative del commissario ad acta
(e, pertanto, l’art. 120 Cost.) anche gli artt. 32 e 33 della legge
regionale della Regione Molise n. 8 del 2010.
Ed invero, il primo di tali articoli stabilisce che gli atti del
Direttore generale, adottati in punto di bilanci e di riequilibrio
della situazione economica, sono soggetti al solo visto di congruita’
della Giunta regionale. Si e’ in presenza, pertanto, di atti di
natura economico-finanziaria e di programmazione – osserva il
ricorrente – «diretti ad inserirsi nell’ambito di una politica
regionale di ripianamento dei disavanzi», alla quale e’
«completamente estranea la previsione della partecipazione del
commissario ad acta, essendo lasciati alla integrale realizzazione
degli organi ordinari della Regione».
Del pari, l’art. 33 riserverebbe alla Regione l’attivita’ di
controllo e vigilanza sugli atti di programmazione aziendale
dell’Azienda sanitaria regionale, sia sotto il profilo economico di
bilancio, sia sotto quello gestionale di analisi e verifica dei
risultati raggiunti, con eguale menomazione delle attribuzioni del
commissario ad acta.
2.- La questione e’ fondata.
3. – In via preliminare, occorre precisare che nel presente
giudizio di costituzionalita’ non viene in rilievo l’esercizio di
poteri normativi da parte del commissario ad acta, bensi’
l’interferenza, sui poteri dallo stesso esercitati sul piano
amministrativo, di talune scelte compiute dal legislatore regionale
molisano con la legge n. 8 del 2010.
Resta, pertanto, estraneo all’odierno thema decidendum il
problema esaminato dalla recente sentenza n. 361 del 2010, con la
quale questa Corte ha affermato che la disciplina contenuta nel
secondo comma dell’art. 120 Cost. non puo’ essere interpretata come
implicitamente legittimante il conferimento di poteri di tipo
legislativo ad un soggetto che sia stato nominato commissario del
Governo.
4. – Nel caso ora in esame, si tratta soltanto di stabilire se
ricorrano le condizioni per estendere all’odierna questione la ratio
decidendi della citata sentenza n. 2 del 2010.
4.1. – Sul punto, occorre rammentare che tale pronuncia ha
dichiarato costituzionalmente illegittima una normativa legislativa
della Regione Lazio che si caratterizzava per riservare
esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle
disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili, pur quando esse
presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di
rientro dal disavanzo sanitario; cio’ che, secondo questa Corte,
costituiva «un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad
acta», e si traduceva dunque in una violazione dell’art. 120, secondo
comma, Cost. Analogamente, la scelta del legislatore regionale del
Lazio di disporre la proroga dei Direttori generali, nonche’ dei
Direttori sanitari e amministrativi e’ stata ritenuta in contrasto
con il potere del commissario non gia’ soltanto di proporre alla
Regione la sostituzione dei Direttori generali delle aziende
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, bensi’ di motivatamente
disporne la sospensione dalle funzioni, facolta’ che implica,
evidentemente, anche quella della loro sostituzione (sentenza n. 2
del 2010).
4.2. – Tanto premesso, sebbene nel caso oggi in esame –
diversamente da quanto avvenuto in quello deciso dalla citata
sentenza n. 2 del 2010 – non sia ravvisabile un diretto contrasto con
i poteri del commissario, ricorre comunque una situazione di
interferenza sulle funzioni commissariali, idonea ad integrare la
violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Giova, infatti, rammentare – come gia’ ha sottolineato in passato
questa Corte, sin dalla sentenza n. 193 del 2007 – che l’operato del
commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro
dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la
Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente
inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti –
malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b),
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione
– ad un’attivita’ che pure e’ imposta dalle esigenze della finanza
pubblica.
E’, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che
l’esercizio del potere sostitutivo e’, nella specie, imposto dalla
necessita’ di assicurare la tutela dell’unita’ economica della
Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual e’ quello
alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni
amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei
suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste
al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che
possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui
spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza
sanitaria in ambito regionale.
Da cio’ consegue che devono essere dichiarate costituzionalmente
illegittime le disposizioni contenute nell’art. 31, commi 2, 3 e 8,
lettera c), e negli artt. 32 e 33 della legge regionale impugnata,
nella parte in cui non escludono dall’ambito della loro operativita’
le funzioni e le attivita’ del commissario ad acta nominato dal
Governo per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo regionale
in materia sanitaria.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli articoli 31, commi
2, 3 e 8, lettera c); 32 e 33 della legge della Regione Molise 22
febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio,
contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale
del Molise – Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n.
12), nella parte in cui non escludono dall’ambito della loro
operativita’ le funzioni e le attivita’ del commissario ad acta
nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro dal
disavanzo regionale in materia sanitaria.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2011.
Il Presidente: De Siervo
Il redattore: Quaranta
Il cancelliere: Melatti
Depositata in cancelleria l’11 marzo 2011.
Il cancelliere: Melatti
Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.