Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con domanda di accesso inoltrata in data 4/11/2010 al Nucleo Polizia Tributaria di Sondrio la Società S. Internationale Betting Limited, operante nell’attività di bookimaking nella attività sportive, chiedeva di prendere visione ed estrarre copia degli atti antecedenti, e susseguenti relativi all’ispezione eseguita da addetti del suindicato Reparto della G.d.F, in data 28 maggio 2010 in Aprica, evidenziando come tale richiesta fosse finalizzata a scopi di tutela e difesa dei propri diritti in sede giudiziaria.
A fronte del mancato riscontro da parte dell’Ufficio in questione, la predetta società proponeva il rimedio giurisdizionale di cui all’art. 25 della legge n.241/90 avverso il tacito diniego opposto nei confronti della sua richiesta e il Tar per la Lombardia, sede di Milano, con sentenza n.1051/2011 accoglieva il relativo ricorso, con il riconoscimento del diritto ad ottenere il chiesto accesso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Guardia di Finanza a mezzo della difesa erariale hanno impugnato tale sentenza ritenendola errata ed ingiusta e tanto in ragione di argomentazioni giuridiche sia processuali che sostanziali.
In primo luogo viene eccepita l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notificazione dello stesso al soggetto controinteressato; quanto al merito della pretesa fatta valere, vi sarebbero motivi ostativi all’accoglimento della domanda avanzata dalla citata Società, dal momento che gli atti richiesti riguardano interessi pubblici prevalenti, attinenti, in particolare, all’ordine e alla sicurezza pubblica e alla prevenzione e repressione della criminalità, rientrando così gli stessi in una tipologia di atti per i quali la normativa recata dall’art.24 della legge n.241/90 e dal DPR n.352/92 prevede la sottrazione al diritto di accesso.
Si è costituita in giudizio per resistere al proposto gravame la Società ricorrente in primo grado.
Motivi della decisione
L’appello è infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.
In primo luogo va prioritariamente esaminata la censura dell’Amministrazione appellante circa l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata chiamata in giudizio dei contro interessati: il dedotto profilo di doglianza non ha pregio, atteso che, ad avviso del Collegio, nella specie non era rilevabile al momento della presentazione di tale gravame la posizione di un contraddittore diverso dall’Amministrazione intimata.
Invero, in tema di esercizio del diritto di accesso sono controinteressati i soggetti che in relazione al contenuto degli atti di cui si chiede l’ostensione vantano in maniera simmetrica un opposto interesse alla riservatezza dei documenti, dovendosi evincere una siffatta posizione di controinteresse sia formalmente che sostanzialmente.
Ebbene, nella specie, con riferimento all’aspetto formale, avuto riguardo al tipo di documenti e notizie chiesti di conoscere a mezzo di accesso, non era possibile per la Società appellata, già in sede di presentazione della domanda ex art.22 legge n.241/90, l’ individuazione con esattezza dei soggetti interessati alla non conoscibilità di tali atti da parte della società richiedente; nè l’identificazione, in concreto, di tali eventuali contraddittori poteva avvenire in sede di ricorso ex art.25 legge n.241/90, visto che l’Amministrazione ha semplicemente opposto un silenzio (significativo) di diniego, senza dare riscontro alcuno o fornire dati e/o notizie in ordine all’avanzata richiesta, da cui potere evincere l’esistenza in concreto di tali contraddittori.
Con riferimento, poi, ai profili sostanziali, tenuto conto della natura e contenuto dei documenti richiesti, non era individuabile e comunque rilevabile, al momento di presentazione del rimedio giurisdizionale ex art.25 legge n.241/90, l’esistenza di una correlata situazione di privacy suscettibile di compromissione alla quale assicurare eventuale tutela (e ciò al di là della questione relativa alla prevalenza della tutela da accordarsi tra gli interessi in rilievo) sicchè, per concludere sul punto, non rilevandosi posizioni di controinteresse, il contraddittorio processuale ben poteva limitarsi, come avvenuto, alla chiamata in causa della sola Amministrazione detentrice dei documenti
Quanto al merito delle questio juris qui in evidenza, la tesi di fondo su cui poggia l’intero gravame è che i documenti richiesti non sono ostensibili giacchè facenti parti degli atti riguardanti la tutela dell’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità per i quali la normativa ad hoc emanata, costituita dall’art.4 D.M. n.603 del 1996 (attuativo dell’art.24, comma 2, delle legge n.241/90 e riproduttivo della disposizione di cui al comma 6 del citato articolo) prevede la sottrazione all’accesso.
L’assunto difensivo complessivamente considerato, volto a negare l’esercizio del diritto di accesso da parte della Società S. si appalesa fallace per le ragioni che di seguito, in via sintetica, si va ad esporre:
a) i documenti di cui la Società S. chiede l’ostensione (gli atti antecedenti e susseguenti la disposta ed eseguita ispezione della G.d.F.) tenuto conto della loro natura e funzione, non sono riconducibili alla categoria dei documenti fissata dall’art.4 del citato D.M. 603/96 vuoi perché oggettivamente non pregiudizievoli degli interessi tutelati della sicurezza, dell’ordine pubblico e della prevenzione e repressione vuoi perché non sono state spiegate dall’Amministrazione le ragioni che in concreto indurrebbero a salvaguardare le preminenti esigenze di tipo pubblicistico previste dalla normativa regolamentare sopra citata,di talchè la invocata ascrivibilità alla categoria di documenti per i quali vige il divieto di ostensione è solo tautologicamente affermata ma non risulta supportata da elementi oggettivi idonei a giustificare legittimamente il divieto di accesso, tenuto altresì conto che l’elencazione dei documenti sottratta all’accesso dal citato D.M. è rimessa alle scelte discrezionali dell’Amministrazione regolatrice cui quindi incombe l’onere (nel caso all’esame non adempiuto) di verificare ed esplicitare di volta in volta le eventuali prevalenti ragioni di tutela degli interessi sopra esposti (nella specie comunque non ravvisabili);
b) i documenti richiesti in visione non sono oggetto di un procedimento penale e neppure costituiscono atti di indagine assunti a seguito di una notitia criminis per la quale l’Autorità Giudiziaria stia procedendo, con conseguente sottrazione di tali atti all’accesso (cfr Cons Stato, Sez.VI, 9/12/2008 n.6117; idem, 29/7/2009 n.4716), se è vero che gli accertamenti eseguiti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Sondrio di cui al verbale redatto in data 28/5/2010 non hanno ravvisato a carico della S. "comportamenti penalmente rilevanti tali da costituire notizia di reato";
c) non può opporsi la non ostensibilità dei documenti richiesti in visione, dal momento che non si versa nell’ipotesi di un procedimento tributario in pendenza del quale opera il divieto di accesso ex art.24. comma 1, della legge n.241/90 (cfr Cons Stato Sez. IV 13/12/2010 n.53);
d) secondo un preciso orientamento giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, gli atti interni, le denunce, gli atti di iniziativa, gli esposti (categoria in cui possono farsi rientrare i documenti chiesti in visione) sono ostensibili ai soggetti legittimati a richiederli (cfr. Cons Stato, Sez. VI, 25/6/2007 n.3601; idem, Sez. V, 19/5/2009 n.3081);
e) il diritto di accesso dei documenti per cui è causa risulta pacificamente chiesto per finalità difensive, risultando la chiesta conoscibilità degli atti giustificata da un interesse volto alla cura e alla difesa degli interessi giuridici della richiedente, inverandosi in ciò l’ipotesi legislativa prevista dall’art.24, comma 7, che attribuisce al c.d. "accesso difensivo" prevalenza tout court sugli altri interessi coinvolti (non a caso la norma sopra citata chiude le disposizioni contenenti l’elencazione dei limiti all’accesso, quale eccezione ai casi di sottrazione dei documenti all’accesso stesso).
In forza delle osservazioni che precedono, l’appello si appesa infondato, dovendosi confermare le statuizioni rese dal Tar con l’impugnata sentenza circa la illegittimità del diniego opposto alla domanda di accesso qui in discussione e il conseguente obbligo dell’Amministrazione di rilasciare alla Società appellata gli atti richiesti.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila //00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.