Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-09-2011, n. 5223 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, la Provincia di Sondrio impugna la sentenza 29 dicembre 2010 n. 7754, con la quale il TAR per la Lombardia, sez. III di Milano, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla società L. s.r.l., ha annullato, tra gli altri atti, il decreto di occupazione di urgenza 16 dicembre 2009 n. 1 e la concessione 26 marzo 2010 n. 2/2010, nonché il correlativo atto unilaterale d’obbligo, approvato dalla Giunta Provinciale di Sondrio con delibera 15 marzo 2010 n. 70.

Gli atti impugnati sono relativi alla concessione di coltivazione di una cava "di riserva" (prevista solo al fine di realizzare la strada statale n. 38 dello Stelvio), ubicata in terreni di proprietà del ricorrente in I grado ed emanata in favore della ATI rappresentata dalla mandataria Ing. Claudio Salini Grandi Lavori s.p.a., già aggiudicataria della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori relativi alla citata SS n. 38 dello Stelvio. A tale concessione sono connessi i provvedimenti espropriativi impugnati.

La sentenza appellata, respinta l’istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di Anas s.p.a. e della Regione Lombardia ed estromesso dal giudizio il Comune di Talamona, afferma:

– l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, avanzata dalla soc. Salini, secondo la quale "il sito estrattivo, essendo vincolato alla realizzazione della SS 38 variante di Morbegno non potrebbe dare luogo ad attività estrattiva di tipo imprenditoriale – commerciale da parte dei soggetti estranei all’aggiudicazione dell’appalto"; e ciò in quanto "tale destinazione non si traduce nella necessaria concessione della coltivazione della cava al soggetto aggiudicatario dell’appalto per la realizzazione della strada statale", e, nel caso di specie, è stata chiesta dal proprietario l’autorizzazione alla coltivazione della cava (ed il diniego è stato impugnato con diverso ricorso);

– l’apertura della cava di riserva "comporta la realizzazione di un intervento sul territorio integrante un’opera di difesa del suolo", e pertanto la procedura espropriativa posta in essere per la sua attivazione non necessita della preventiva apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, ai sensi dell’art. 8, l. reg. Lombardia n. 3/2009;

– l’approvazione del piano cave non costituisce anche dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da realizzare, poiché detto piano "non integra uno dei piani attuativi… elencati dall’art. 12 lett. a) del DPR n. 327/2001, trattandosi di un piano diverso da essi"; né esso è riconducibile al progetto preliminare o al programma triennale delle opere pubbliche o al piano attuativo;

– non risulta che la Provincia di Sondrio "abbia approvato il progetto definitivo per la coltivazione della cava di riserva", di modo che "il decreto di occupazione di urgenza è stato adottato senza la previa approvazione del progetto definitivo di coltivazione della cava di riserva", e ciò, da un lato esclude la configurazione di una dichiarazione di pubblica utilità implicita; dall’altro "integra una violazione delle prescrizioni impartite dalla Regione Lombardia con il decreto di valutazione di compatibilità ambientale";

– "neppure il rinvio alle norme del r.d. n. 1443/1927 consente di ritenere esistente, almeno per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità, in quanto la coltivazione della cava non era compresa, al tempo dell’occupazione d’urgenza, entro il perimetro di una concessione già rilasciata";

– poiché "la coltivazione della cava di riserva da parte dell’ATI facente capo alla Salini s.p.a. dipende dalla disponibilità dei terreni cui si riferisce il decreto di occupazione di urgenza", ne consegue che l’illegittimità di quest’ultima, quale atto presupposto, "determina in via derivata l’illegittimità del conseguente provvedimento concessorio".

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erroneo rigetto dell’istanza di integrazione del contraddittorio con Regione Lombardia ed ANAS s.p.a.; violazione di legge ( art. 111 Cost. e 2 Cpa);

b) violazione e/o falsa applicazione di legge, laddove la sentenza ritiene che l’art. 22, co. 1, l. reg. n. 14/1998 preveda la possibilità di concedere a terzi di coltivare la cava, ma "solo se il titolare del diritto alla coltivazione non presenta la domanda di autorizzazione" nel termine stabilito dalla Provincia; erroneità anche per inesistente prova di valida istanza del ricorrente; ciò sia in quanto, ai sensi del citato art. 22, decorso l’anno dalla pubblicazione del piano cave provinciale "la Provincia non doveva più de iure avvertire o preferire i proprietari delle aree di cava", sia in quanto il privato proprietario ha comunque presentato la domanda di autorizzazione alla coltivazione dopo la Salini (ed ha rinunciato al ricorso avverso il diniego di autorizzazione);

c) erroneità della sentenza; violazione e mancata applicazione del combinato disposto degli artt. 9, co. 1, lett. b) l. reg. n. 3/2009 e 10 l. reg. n. 14/1998; errore di fatto; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, co. 2, lett. c) e 11, co. 1, l. reg. n. 14/1998, escludente la necessità del progetto definitivo di coltivazione cava di riserva; travisamento del punto 2 del decreto regionale di VIA; ciò in quanto la decisione "risulta errata ed incompleta perché dimentica di richiamare l’art. 10 l. reg. n. 14/1998, poi da collegare con l’art. 9 l. reg. n. 3/2009 ed ancora con il comma 1/b DPR n. 327/2001"; ed infatti, "la dichiarazione di pubblica utilità deriva dall’approvazione del piano cave che, quindi, ha il valore e gli effetti di un piano territoriale regionale, donde consegue la dichiarazione di p.u.". Inoltre, "il punto n. 2 del dispositivo dello stesso decreto di VIA non richiede e neanche demanda alla Provincia un’ulteriore approvazione del progetto, bensì contiene solo la puntualizzazione di esercitare la vigilanza di fatto sulla gestione della cava concessa all’ATI Salini". Infine, è errata l’interpretazione data in sentenza agli artt. 45 e 32 R.D. n. 1443/1927, poichè l’art. 32 (cui l’art. 45 rinvia), laddove afferma che "le opere necessarie per la coltivazione del giacimento… sono considerate di pubblica utilità a tutti gli effetti", non riguarda "la qualità di concessionario o anche di proprietario, poiché la p.u. è riferita non al soggetto ma alle opere come tali".

Si è costituita in giudizio la soc. L. s.r.l., che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con ordinanza 20 aprile 2011 n. 1787, questo Consiglio di Stato ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza di I grado.

All’odierna udienza, dopo deposito di ulteriori memorie, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente superamento dell’esame della istanza di estensione del contraddittorio, reiterata dall’appellante Provincia di Sondrio nella presente sede.

In sostanza, la sentenza appellata ha accolto parzialmente il ricorso proposto ed annullato gli atti impugnati, in quanto ha ritenuto insussistente la dichiarazione di pubblica utilità (pagg. 14 ss.), poichè:

– l’approvazione del piano cave – contrariamente a quanto esposto nel decreto di occupazione di urgenza – non equivale a dichiarazione di pubblica utilità, poichè esso non "integra uno dei piani attuativi… elencati nell’art. 12, lett. a) del DPR n. 327" del 2001, né esso "è oggettivamente riconducibile al progetto preliminare, o al programma triennale delle opere pubbliche o al piano attuativo, integrati ai sensi del comma 2 dell’art. 9 della l. reg. n. 3/2009";

– la dichiarazione di pubblica utilità non può essere ritenuta sussistente nemmeno per effetto dell’approvazione del progetto definitivo dell’opera (che l’art. 12, lett. a) DPR n. 327/2001 e l’art. 9., lett. a) l. reg. n. 3/2009, ritengono valere quale d.p.u.), poiché tale approvazione del progetto definitivo per la coltivazione della cava di riserva non vi è stata (il che costituisce inoltre autonoma illegittimità, nei sensi esposti a pag. 18 sent.);

– la dichiarazione di p.u. derivante dall’approvazione del piano cave non è sostenibile nemmeno ai sensi degli artt. 45 e 32 R.D. n. 1443/1927.

Occorre, dunque, verificare se l’approvazione del piano delle cave comporti anche dichiarazione di pubblica utilità, come sostenuto dalla Provincia appellante (motivo sub c) dell’esposizione in fatto), ed invece escluso dalla sentenza appellata.

Orbene, l’art. 12 DPR n. 327/2001 (Testo Unico espropriazioni), nell’individuare gli atti che comportano la dichiarazione di pubblica utilità, prevede in particolare (comma 1):

"La dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta:

a) quando l’autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità, ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano di ricostruzione, il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano di zona;

b) in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l’approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti."

Occorre aggiungere che l’art. 9 l. reg. Lombardia n. 3/2009 (rubricato "atti che comportano la dichiarazione di pubblica utilità"), prevede:

"1. La dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta:

a) quando l’autorità espropriante approva il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblico interesse, ovvero quando sono approvati il progetto preliminare, il programma triennale delle opere pubbliche o il piano attuativo, comunque denominato, integrati ai sensi del comma 2;

b) in ogni caso, quando, in base alla normativa vigente, equivalgono alla dichiarazione di pubblica utilità: l’approvazione di uno strumento di pianificazione territoriale, anche di settore o attuativo, la determinazione finale di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma o di altro strumento di programmazione negoziata, ovvero il rilascio di una concessione o di un atto avente effetti equivalenti.

2. Il progetto preliminare, anche in riferimento a quanto previsto dall’articolo 52 quater, comma 2, del TUE, e il programma triennale delle opere pubbliche, relativamente a ciascuna opera per la quale intendono produrre l’effetto di cui al comma 1, lettera a), e il piano attuativo, comunque denominato, devono contenere:

a) piano particellare che individui i beni da espropriare, con allegate le relative planimetrie catastali;

b) motivazione circa la necessità di dichiarare la pubblica utilità in tale fase;

c) determinazione del valore da attribuire ai beni da espropriare, in conformità ai criteri indennizzativi applicabili in materia, con l’indicazione della relativa copertura finanziaria.".

In sostanza, il legislatore nazionale (e successivamente, in modo sostanzialmente conforme, il legislatore regionale) prevede due categorie di atti comportanti dichiarazione di pubblica utilità:

– una prima categoria, comprendente atti puntualmente indicati (art. 12, lett. a) DPR n. 327/2001 ed art. 9, lett.a) l. reg. n. 3/2009), i quali, una volta approvati, "costituiscono" anche dichiarazione di pubblica utilità (ferme, per gli atti indicati dalla norma di legge regionale, le integrazioni ivi previste);

– una seconda categoria che, a differenza della prima, comprende atti i quali non costituiscono ex se "anche" dichiarazione di pubblica utilità, ma che "possono" avere anche tale natura, allorchè "in base alla normativa vigente" la loro approvazione "equivale a dichiarazione di pubblica utilità". Tali atti sono uno "strumento urbanistico, anche di settore o attuativo", "una conferenza di servizi", "un accordo di programma" perfezionato, una concessione, una autorizzazione o un altro "atto avente effetti equivalenti.".

A tal fine, l’art. 9, co. 1, lett. b) l. reg. n. 3/2009, precisa ancor meglio che comportano dichiarazione di pubblica utilità "l’approvazione di uno strumento di pianificazione territoriale, anche di settore o attuativo, la determinazione finale di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma o di altro strumento di programmazione negoziata, ovvero il rilascio di una concessione o di un atto avente effetti equivalenti."

Tanto premesso, questo Consiglio di Stato ritiene che il piano delle cave, previsto dalla l. reg. n. 14/1998 (recante "Nuove norme per la disciplina della coltivazione delle sostanze minerali di cava"), costituisce a tutta evidenza uno "strumento urbanistico, anche di settore o attuativo" (secondo la definizione dell’art. 12, lett. b) DPR n. 327/2001), ovvero uno "strumento di pianificazione territoriale, anche di settore o attuativo" (secondo la definizione ex art. 9, lett. b) l. reg. n. 3/2009), e ritiene altresì che la sua approvazione comporta, per le ragioni di seguito esposte, dichiarazione di pubblica utilità.

A tale fine, infatti, l’"equivalenza" alla dichiarazione di pubblica utilità "in base alla normativa vigente", citata alle disposizioni sopra richiamate, non deve essere necessariamente ed espressamente indicata dalla norma.

Contrariamente a quanto affermato nella sentenza appellata (pag 15), secondo la quale occorre che "una norma ad hoc prevede che l’approvazione di un piano valga d.p.u.", nel senso che "resta fermo che tale effetto dipende dall’esistenza di una simile, ulteriore disposizione normativa" (e sostenuto anche dal ricorrente vincitore in I grado), questo Collegio ritiene che la dichiarazione di pubblica utilità ben può conseguire ad una verifica in concreto della "equivalenza" dell’atto ad altri per i quali l’ordinamento vigente assume che comportino la detta dichiarazione.

Ed infatti, la diversa interpretazione (sostenuta dalla sentenza di I grado, la quale, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non ha affatto pretermesso ogni considerazione degli artt. 12, lett. b) DPR n. 327/2001 e 9, lett. b), l. reg. n. 3/2009), per un verso, appare fortemente legata ad un elemento meramente formale (l’espressa indicazione normativa di equivalenza), per altro verso, giunge a rendere del tutto superflua la stessa indicazione normativa, posto che, se l’equivalenza deriva solo da una espressa indicazione di legge, non vi sarebbe alcuna necessità di indicarla, in via generale e con formula ampliativa ("in ogni caso"), nella norma generale.

D’altra parte, sia il legislatore nazionale (sia, nel caso di specie, il legislatore della Regione Lombardia) non affermano che la "equivalenza" di un atto alla dichiarazione di pubblica utilità debba essere specificamente "enunciata" dalla legge, ma al contrario che essa avviene "in base alla normativa vigente".

Le argomentazioni sin qui esposte – fondate essenzialmente sul dato letterale delle disposizioni esaminate – appaiono ulteriormente confermate dalla interpretazione logicosistematica delle disposizioni in tema di dichiarazione di pubblica utilità, considerando sia la funzione dell’atto (che, lungi da ogni formalismo, ha la funzione di evidenziare la finalità pubblicistica che giustifica, in coerenza con l’art. 42 Cost., il sacrificio della proprietà privata, finalità che ben può – e forse meglio – risultare da altri atti di pianificazione), sia dalla tendenza legislativa a superare la ritualità di uno specifico atto di dichiarazione di pubblica utilità, collegando invece la medesima ad altre espressioni di volontà della pubblica amministrazione.

Nel caso specifico del piano delle cave, l’art. 10 della l. reg. n. 14/1998 citata, prevede, in particolare:

"1. Il piano, approvato dal Consiglio regionale, ha il valore e gli effetti di piano territoriale regionale relativo ad un settore funzionale, ai sensi dell’ ultimo comma dell’ art. 4 della l.r. 15 aprile 1975, n. 51…

2. Le previsioni del piano prevalgono sulle eventuali previsioni difformi contenute negli strumenti urbanistici approvati dai consigli comunali e sono immediatamente efficaci e vincolanti nei confronti di chiunque.

3. La Provincia, dopo l’ approvazione del piano da parte della Regione, comunica immediatamente ai Comuni interessati le aree estrattive di competenza. Ferma l’ immediata efficacia del piano delle cave, i Comuni interessati devono provvedere, entro sei mesi dalla avvenuta comunicazione, a introdurre le correzioni necessarie per il coordinamento formale dei propri strumenti urbanistici con le previsioni del piano delle cave.

4. Il piano ha validità massima di dieci anni per i settori sabbia, ghiaia e argille e di venti anni per il settore lapideo; la validità decorre dall’ esecutività del piano."

Dalla lettura della disposizione ora riportata, appare evidente la natura di strumento urbanistico di settore (o di strumento di pianificazione territoriale di settore) del piano cave, sia in virtù della natura ad esso espressamente attribuita dalla disposizione medesima, sia per la sua prevalenza sugli strumenti urbanistici comunali.

Tale piano, stante la sua equiparazione, quanto a valore ed effetti, al piano territoriale regionale, in particolare:

– "indica, per gli interventi di interesse regionale, le scelte di destinazione d" uso, di vincolo e la relativa localizzazione" (art. 4, lett. g) l. reg. n. 51/1975);

– "indica le previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica di livello comprensoriale e comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati… " (art. 4, lett. h);

– comporta, dalla data della sua entrata in vigore, il divieto di rilascio di autorizzazioni edilizia in contrasto con le sue previsioni (art. 7, ult. co.).

Esso, inoltre, ai sensi dell’art. 5 l. reg. n. 51/1975, è così composto:

"da un documento nel quale, in relazione agli obiettivi generali e specifici dello sviluppo economico e sociale della Regione, si formulano le scelte di assetto territoriale ritenute idonee a conseguirli;

– da rappresentazioni grafiche adeguate, in numero e scala, ad illustrare l’assetto territoriale previsto nel documento di cui al punto precedente;

– dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;

– da norme di attuazione del piano, comprendenti anche le direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti urbanistici di livello comprensoriale e comunale;

– da un programma di interventi prioritari determinati nel tempo, con l’ indicazione delle risorse necessarie e delle possibili fonti di finanziamento.".

Alla luce delle disposizioni riportate, stante la natura, i contenuti e gli effetti del piano delle cave, appare sussistente l’"equivalenza" della approvazione dell’atto alla dichiarazione di pubblica utilità. E ciò a maggior ragione nel caso di specie, in cui – come affermato in sentenza (pag. 7) – "il piano cave della Provincia di Sondrio, approvato in data 20 marzo 2007, destina la coltivazione della cava di riserva esclusivamente alla realizzazione della SS dello Stelvio, variante di Morbegno".

Riconosciuta al piano cave anche la natura di dichiarazione di pubblica utilità (ai sensi dell’art. 12, lett. b) DPR n. 327/2001 e dell’art. 9, lett. b), l. reg. n. 3/2009), e quindi accogliendo, per questa parte, il motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto), risulta irrilevante verificare l’esattezza della interpretazione (contestata dall’appellante) data dalla sentenza di I grado, degli artt. 45 e 32 R.D. n. 1443/1927, posto che quest’ultima è finalizzata ad escludere la sussistenza, alla luce di tali disposizioni, della dichiarazione di pubblica utilità.

Deve essere, invece, esaminato l’ulteriore aspetto della decisione (anch’esso censurato con il motivo di appello sub c) dell’esposizione in fatto), laddove il I giudice rileva che la Provincia di Sondrio non ha "approvato il progetto definitivo per la coltivazione della cava di riserva", di modo che "il decreto di occupazione di urgenza è stato adottato senza la previa approvazione del progetto definitivo di coltivazione della cava di riserva", e ciò, da un lato esclude la configurazione di una dichiarazione di pubblica utilità implicita; dall’altro "integra una violazione delle prescrizioni impartite dalla Regione Lombardia con il decreto di valutazione di compatibilità ambientale".

Quanto al primo aspetto – relativo, ancora una volta, alla dichiarazione di pubblica utilità – esso risulta superato da quanto sopra affermato in ordine alla sussistenza della dichiarazione.

Quanto al secondo aspetto, la sentenza appellata afferma (pag. 17), che "il punto 2 del dispositivo del provvedimento di VIA pone in capo alla Provincia di Sondrio "in qualità di autorità competente all’approvazione del progetto", l’obbligo di vigilare sul rispetto delle prescrizioni impartite "così come recepite nel provvedimento di autorizzazione/approvazione"

Da ciò la sentenza rileva che "nondimeno, dalla documentazione versata in atti non risulta che la Provincia di Sondrio abbia approvato il progetto definitivo per la coltivazione della cava di riserva"; di qui la violazione delle prescrizioni del decreto VIA.

Orbene, dalla lettura del decreto di VIA, ed in particolare del punto 2 del dispositivo, non risulta (così come evidenziato anche dall’appellante) che sia stata imposta, quale prescrizione, l’approvazione del progetto definitivo; di modo che non sussiste l’illegittimità degli atti nei sensi rilevati in sentenza e sopra riportati.

Ancorchè la sentenza appellata rilevi la illegittimità derivante dalla mancata approvazione del progetto definitivo della cava di riserva solo nei sensi sopra riportati (v. pag. 18), occorre in ogni caso rilevare che l’art. 11, comma 1, l. reg. 14/1998, prevede la redazione di un "progetto di gestione produttiva", anche da parte di enti pubblici, solo per l’ambito territoriale estrattivo individuato ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a), laddove le cave di riserva sono invece contemplate dalla lettera c) dell’art. 6 ("aree di riserva di materiali inerti, da utilizzare esclusivamente per le occorrenze di opere pubbliche").

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto, in relazione ai motivi riportati sub c) dell’esposizione in fatto, con conseguente annullamento della sentenza appellata e reiezione del ricorso proposto in I grado.

L’accoglimento dell’appello nei sensi ora affermati dispensa il Collegio dall’esame del motivo di appello sub b) dell’esposizione in fatto, rilevandosi peraltro che le argomentazioni della sentenza, censurate con detto motivo, fondavano non già un punto di merito della decisione, bensì la mera reiezione di una eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Provincia di Sondrio (n. 2308/2011 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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