Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-12-2011, n. 29739 Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La madre ed i fratelli dell’ U., deceduto in un incidente stradale, ottennero in primo grado la condanna dell’investitore (il S.) e della compagnia assicuratrice (la Milano Ass.ni) al risarcimento del danno non patrimoniale.

La sentenza della Corte d’appello di Lecce ha, invece, ritenuto prescritto il diritto, così respingendo la domanda dei congiunti della vittima. In particolare, il giudice del gravame ha rilevato che (ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 3) alla fattispecie s’applica la prescrizione biennale, decorrente dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna dell’investitore (2 dicembre 1992), mentre la citazione introduttiva era stata notificata in data 16 febbraio 1998, quando ormai il diritto era ampiamente prescritto.

Propongono ricorso per cassazione gli U. attraverso cinque motivi. Non si difendono con controricorso gli intimati. Il difensore della Milano Ass.ni spa ha partecipato alla discussione della causa in quanto munito di procura atta allo scopo.

Motivi della decisione

1) Il primo motivo censura per violazione di legge e vizio della motivazione il punto della sentenza che ha respinto l’eccezione svolta dagli U. di inammissibilità dell’appello conseguente alla nullità della procura rilasciata per la Milano Ass.ni da soggetto non legittimato. Il motivo è inammissibile sotto diversi profili. La sentenza risolve la questione sul rilievo che chi conferisce il mandato non ha l’onere di dimostrare la propria qualità, spettando invece alla parte che la contesta l’onere di fornire la relativa prova negativa. I ricorrenti non contestano specificamente il principio affermato dal giudice, ma sostengono che questo avrebbe dovuto rilevare la mancata precisazione, nella procura, della qualifica assunta nella società dal sottoscrittore della stessa e, dunque, affermarne l’invalidità.

A tal riguardo, bisogna osservare, in primo luogo, che il tipo di censura avanzata (violazione di legge e vizio della motivazione) non consente al giudice della legittimità la lettura degli atti processuali; sicchè, i ricorrenti, per ottenere la delibazione della loro doglianza, avrebbero dovuto trascrivere (in ossequio al principio di autosufficienza) la procura della quale si discute. In secondo luogo, la questione introdotta è affatto nuova, considerato che nel giudizio d’appello gli attuali ricorrenti avevano posto il problema dell’invalidità della procura per carenza di legittimazione al rilascio da parte del sottoscrittore, mentre in questa sede essi invocano la diversa ragione d’invalidità derivante dalla mancata specificazione dell’organo rivestito dal sottoscrittore.

2) Il secondo motivo concerne il punto in cui ha sentenza ha respinto l’eccezione degli U., i quali sostenevano che tra loro e la compagnia era intervenuta una transazione, traendo a sostegno della loro tesi la circostanza che sul modulo a stampa utilizzato come quietanza per le somme riscosse in esecuzione della sentenza di primo grado era inserito l’inciso "somma offerta, transattivamente concordata …". Sennonchè, il giudice ha fugato ogni dubbio a riguardo, rilevando che su quello stesso documento la compagnia aveva curato di apporre l’annotazione manoscritta secondo cui "la somma di cui sopra viene pagata dalla scrivente in esecuzione della sentenza n. 179/2000 ed al pedissequo precetto", così da escludere l’acquiescenza alla sentenza di primo grado.

In questa sede i ricorrenti sostengono: che dalla lettura del documento in questione emergerebbe l’esistenza di una vera e propria transazione; che, ad ogni buon conto, il pagamento effettuato senza riserva alcuna rappresenterebbe un atto incompatibile con la volontà di impugnare. Questo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ inammissibile perchè, anche in questo caso, i ricorrenti discorrono del tenore dell’atto in questione senza neppure trascriverne il contenuto. E’ infondato in quanto è consolidato ed incontrastato nella giurisprudenza il principio secondo cui il pagamento eseguito a seguito di sentenza provvisoriamente esecutiva non costituisce in alcun caso rinunzia ad avvalersi della facoltà di impugnazione (tra le tantissime e più recenti, cfr. Cass. n. 21010/10; n. 26156/06).

3) Il terzo motivo – che censura la sentenza per vizio della motivazione nel punto in cui, in ragione di quell’inciso manoscritto (del quale sopra s’è detto), ha escluso l’identificabilità di un’avvenuta transazione – è inammissibile anch’esso per difetto di autosufficienza, non essendo stato trascritto il testo del documento posto a fondamento della tesi dei ricorrenti.

4) Il quarto motivo – nel quale è sostenuta l’omessa motivazione rispetto al punto della sentenza in cui è esclusa l’acquiescenza della compagnia alla sentenza di primo grado è infondato, siccome in maniera sufficiente e logica il giudice perviene alla conclusione dal rilievo che la compagnia stessa aveva precisato nel documento che il suo pagamento veniva effettuato in esecuzione della sentenza di primo grado.

5) Il quinto motivo – che censura (peraltro, in maniera assolutamente generica e senza neanche contraddire la ragione a riguardo affermata dal giudice) per violazione di legge il punto della sentenza che ha dichiarato prescritto il diritto dei ricorrenti – è infondato, siccome il giudice s’è correttamente adeguato al consolidato principio in ragione del quale, ai sensi dell’art. 2947 c.c., l’azione civile risarcitoria, se vi è stata sentenza penale, si prescrive nei termini indicati dai primi due commi dello stesso articolo, decorrenti dalla data in cui essa è divenuta irrevocabile, a prescindere dalla costituzione di parte civile del danneggiato (tra le più recenti, cfr. Cass. n. 16391/09).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna dei ricorrenti a rivalere la controparte delle spese sostenute nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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