Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Sussistono i presupposti di fatto e di diritto per la definizione immediata della causa e di ciò è stato dato avviso alle parti.
Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale l’intimata amministrazione lo ha escluso dal concorso per il reclutamento di 814 vigili del fuoco (indetto con d.m. n. 5140 del 6/11/2008) per la seguente motivazione: "Presenza nelle urine di sostanza stupefacente appartenente alla classe degli oppiacei, accertata tramite esame tossicologico delle urine e successivamente confermato attraverso gascromatografia".
L’interessato censura l’impugnato provvedimento per:
omesso avviso del procedimento di esclusione;
eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore dei presupposti e difetto di istruttoria.
A confutazione delle risultanze dell’accertamento sanitario, egli allega la circostanza, documentata in fatto dalla sua dichiarazione resa a verbale il giorno della visita medica, che nella settimana antecedente quella del 26 gennaio 2011 (giorno del primo accertamento) aveva assunto il farmaco COEFFERALGAN il quale contiene codeina, un oppiaceo che nell’organismo si trasforma nel tempo in morfina e che, come tale, può dare dei risultati positivi per gli oppiacei sia nel capello che nelle urine.
Si è costituito il Ministero dell’Interno depositando, per mezzo dell’Avvocatura di Stato, relazione di servizio.
In data 24 giugno 2011, parte ricorrente ha depositato parere tecnico scientifico.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Nei procedimenti avviati ad istanza di parte – ai quali va assimilato, ai fini di che trattasi, il procedimento concorsuale in cui è l’interessato, con la propria domanda di ammissione, ad instaurare, spontaneamente e volontariamente, con l’amministrazione un rapporto amministrativo – non occorre alcuna comunicazione di avvio dell’atto di esclusione trattandosi di una modalità di conclusione del procedimento medesimo nei confronti del candidato privo dei requisiti richiesti dal bando.
Se poi il ricorrente si duole della mancata comunicazione dei motivi ostativi alla partecipazione concorsuale, l’obbligo di che trattasi è escluso espressamente dall’art. 10 bis della L. n. 241/1990.
L’interessato sostiene, con gli altri motivi di ricorso, che la presenza delle sostanze stupefacenti nelle urine dipenda dall’avere assunto, nella settimana precedente quella del primo controllo, il farmaco COEFFERALGAN contenente codeina.
Il ricorrente, dunque, non contesta la presenza nelle urine di sostanze stupefacenti, bensì, imputa tale circostanza all’assunzione di un farmaco, il COEFFERLGAN, avvenuto nella settimana precedente il controllo sanitario; da ciò, il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’amministrazione.
Il Collegio osserva, innanzitutto, che la commissione ha proceduto secondo il giusto e corretto protocollo metodologico.
Essa, come risulta anche dai chiarimenti forniti e non contestati, ha accertato "il possesso dei requisiti psicofisici ed attitudinali previsti dal D.M. n. 78 dell’11 marzo 2008, alla luce delle particolari mansioni tecnicooperative che I’attività del Corpo nazionale dei vigili del fuoco comporta".
Gli accertamenti di laboratorio sono stati eseguiti sui campioni di urina prodotta dal ricorrente; le modalità di prelievo, di accertamento chimico tossicologico, "conservazione e catena di custodia" del campione di urine hanno seguito l’iter proprio delle tecniche analitiche specifiche.
La presenza di codeina nel campione biologico di urine è stata accertata e, poi, confermata agli esami tossicologici.
Il candidato ha dichiarato, nel modulo da lui compilato, l’assunzione del farmaco nella settimana precedente la visita medica concorsuale. Anche in parte qua, la procedura è stata corretta atteso che queste informazioni vengono chieste al candidato allo scopo di incrociare i dati derivanti dall’esame tossicologico delle urine con eventuali farmaci assunti dallo stesso; incrocio che potrebbe dare un risultato cosiddetto di "falso positivo".
Per evitare che si possa incorrere nel c.d. "falso positivo, l’amministrazione procede ad esami più specifici.
Nella fattispecie, essa ha effettuato una "cromatografia liquida ad alta prestazione -spettrometria di massa (HPLC -MS) – presso il laboratorio di analisi tossicologiche della Cattedra di Tossicologia Forense dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Si tratta di un esame, come riferisce la stessa amministrazione, che "fornisce risultati certi ed incontrovertibili, senza possibilità di errore".
All’esito di detto esame, è stata riscontrata, attraverso il test di screening, "la presenza di oppiacei nel campione di urina fornito dal signor COCO in data 26 gennaio 2011".
A fronte del risultato positivo, uno dei tre campioni di urina è stato inviato al laboratorio di analisi tossicologiche dell’Università Cattolica di Roma per la conferma tramite HPLC -MS. L’esito ha evidenziato la presenza nel campione di urine di due sostanze: morfina e codeina, "entrambe appartenenti alla c1asse degli oppiacei, la cui concentrazione era per la codeina inferiore al limite di normalità, mentre per la morfina, metabolita dell’eroina, la concentrazione era superiore a detto limite".
Si tratta, a questo punto, di appurare se la presenza di questa sostanza possa essere imputata all’assunzione del farmaco COEFFERALGAN.
Non rientra nella competenza dell’autorità giudiziaria sostituirsi alle valutazioni tecniche discrezionali dell’amministrazione, ma il relativo giudizio di valore ben può essere sindacato sotto il profilo della corretta, rectius non illogica applicazione al caso concreto delle norme fornite dalle scienze extragiuridiche.
Sotto questo profilo, l’amministrazione ha fornito non implausibili argomentazioni tecnico scientifiche a supporto della decisione.
La molecola della morfina, infatti, " non è presente nei farmaci comunemente usati per il trattamento delle sindromi dolorose ed infiammatorie, al contrario di quanto avviene per la codeina".
Pertanto, il riscontro di una concentrazione di morfina superiore al valore limite stabilito dalla normativa vigente, non può essere imputata alla assunzione di farmaci.
Ragionevolmente, essa lascia supporre l’assunzione di sostanze stupefacenti appartenenti alla classe degli oppiacei.
Va soggiunto, che la presenza di sostanze stupefacenti è stata riscontrata il 26 gennaio e, successivamente, al più approfondito esame del 9 febbraio.
Ebbene, come sopra chiarito, quando si verificano situazioni del genere, l’amministrazione effettua più controlli separati a distanza di intervalli temporali.
Nel caso di specie, l’esame più specifico, attendibile ed approfondito, ha confermato il superamento dei limiti.
Il ricorrente imputa il superamento dei suddetti limiti al farmaco COEFFERALGAN, da lui assunti la settimana prima.
Sennonché, il protocollo farmaceutico indica che il farmaco contenuto nell’aspirina esaurisce i propri effetti in un arco delimitato di tempo di circa dieci giorni.
Pertanto, anche sotto questo aspetto, non è ragionevole che gli effetti tossicologici potessero ancora resistere a distanza di circa venti giorni dall’assunzione del farmaco.
Nessuna rilevanza assumono gli accertamenti medici cui si è sottoposto il ricorrente, siccome effettuati a distanza di tempo dall’evento, in condizioni ambientali e fisiche del tutto mutate e, pertanto, inattendibili.
Va soggiunto, che la documentazione sanitaria in genere (tra cui, il certificato rilasciato da una struttura pubblica come anche quello del medico di fiducia) vale soltanto a manifestare un parere ed un apprezzamento tecnico particolarmente qualificato, suscettibile di valutazione in sede peritale.
Ebbene, affinché i prospettati errori e/o lacune del giudizio medico legale determinino un vizio di motivazione e/o di contrasto illogico con altre certificazioni mediche di parte, è necessario che siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche, o affermazioni illogiche o scientificamente errate nella diagnosi resa dalla commissione medicolegale, e non già semplici difformità tra la valutazione del medico di parte o della struttura, circa l’entità e l’incidenza del dato sanitarioattitudinale, e quella accertata nei confronti del ricorrente dall’organo tecnico deputato, in via esclusiva, per fatto di norma, alla verifica di idoneità del candidato.
Peraltro, il sindacato del giudice amministrativo, in ordine alle valutazioni scientifiche e medicolegali, deve arrestarsi qualora l’operato dell’Amministrazione non presenti – come nel caso di specie – indizi di manifestata irragionevolezza, di arbitrarietà e di travisamento dei fatti o qualora siano criticati i criteri tecnici impiegati (C.d.S., sezione quarta, 18 giugno 2009, n. 3984).
Nel caso di specie, come sopra già chiarito, nessun elemento sintomatico ha trovato conferma riguardo ad una eventuale violazione dell’obbligo metodologico che risulta, pertanto, regolarmente adempiuto dalla commissione.
In conclusione, il ricorso in esame è infondato e va, perciò, respinto.
Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste in favore del Ministero dell’Interno.
Nulla si dispone nei confronti del contro interessato non costituitosi..
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore del Ministero dell’Interno, in Euro 1.500,00.
Nulla spese nei confronti del controinteressato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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