Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-06-2011) 19-08-2011, n. 32553 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.D., indagato in ordine al delitto continuato di concorso in usura ( artt. 81, 110 e 644 c.p.) ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Firenze in data 3 gennaio 2011 che ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza del Gip di Prato del 9 dicembre 2010 che ha imposto la custodia cautelare in carcere.

Il difensore del C., avv. Alessandro Giuliani, deduce violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 8, e motivazione carente ed illogica per avere ricevuto avviso della nuova udienza fissata dal tribunale per il giorno 3.1.2011 alla data del 31.12.2010 e quindi, stante le giornate festive del 31.12 2010 e del 1.1.2011 con il mancato rispetto dei tre giorni liberi prescritti dall’art. 309 c.p.p., comma 8. Deduce che il rinvio dell’udienza fu ritenuto necessitato dal tribunale per la mancanza di atti che non consentì la discussione di merito. Con altro motivo deduce gli stessi vizi della decisione con riferimento al disposto di cui all’art. 273 c.p.p., essendo stata l’azione addebitata (ruolo di "legale" dei creditori) posta in essere solo successivamente alla consumazione del delitto di usura già perfezionato con la promessa o il pagamento di interessi usurari, dovendosi ravvisare il delitto di favoreggiamento di cui all’art. 379 c.p.. L’indagato intervenne "con strumenti legali unicamente dopo la consumazione dell’usura nella fase in cui le parti, già decise ad estinguere il debito mediante una cessione immobiliare, si prepararono a recarsi dal notaio per la predisposizione del contratto di compravendita". Insiste nel rilevare che l’avv. C. non ha responsabilità per il tasso usurario e non è stato a conoscenza della genesi dell’obbligazione, come risulta dalle mancate accuse al riguardo rivolte dalle parti lese.

Deduce ancora violazione degli artt. 63 e 191 c.p.p., per essere l’ordinanza custodiate fondata su dichiarazioni dell’indagato rese nel corso di una perquisizione senza le garanzie di legge. Ricorre anche eccependo la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p., non sussistendo esigenze cautelari, comunque raggiungibili con misure meno afflittive.

Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto i termini di cui all’art. 309 c.p.p., comma 8, sono previsti e sono stati rispettati per la prima udienza tenuta dal Tribunale del Riesame il 29.12 (avviso ricevuto dal difensore del ricorrente il 23.12), udienza cui lo stesso difensore fu presente ed esercitò le dovute attività difensive. Detti termini di tre giorni non dovevano essere concessi per la successiva udienza di rinvio disposta nel caso concreto solo erroneamente per acquisire atti che invece risultavano già nel fascicolo con diversa numerazione. Il secondo motivo di gravame inerente la responsabilità per la determinazione dei tassi usurari è manifestamente infondato risolvendosi in una discrezionale valutazione di insufficienza indiziaria a fronte di un non illogico giudizio di gravità degli indizi accertasti dal giudice di merito.

Nel giudizio di cassazione deve essere accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito nel rispetto delle norme processuali e sostanziali. Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. S.U. 19.6.96, De Francesco). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). conclusione il controllo di legittimità sui punti devoluti rimane circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità; 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. 6^ 25.5.95 n. 2146, depositata 16.6.95, rv.

201840). Le doglianze si presentano al riguardo meramente assertive a fronte dell’accertamento del giudice di merito (fondato sulle dichiarazioni delle parti lese e sui documenti sequestrati) in ordine al fatto che l’indagato "gestì personalmente la fase del prestito e la definizione del piano di rientro" essendo quindi "artefice egli stesso del tasso usurario" in pieno concorso con l’attività dei coindagati. E’ parimenti manifestamente infondata l’eccezione di inutilizzabilità di dichiarazioni rese informalmente dall’indagato, dichiarazioni che non sono state poste a fondamento indiziario di responsabilità, responsabilità risultante dalle diverse prove appena indicate.

Deve essere respinto anche il ricorso relativo alle esigenze cautelari. In punto di fatto il giudice della cautela ha accertato che le modalità di attuazione del delitto contestato sono espressione capacità a delinquere dell’indagato sistematicamente reiterata. Tanto è conforme al principio di legittimità che statuisce che ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato previsto dall’art. 274 c.p.p., lett. e), gli elementi di cautela possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, in quanto la valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi tenendo presenti i criteri stabiliti dall’art. 133 c.p.. L’attribuzione alle medesime modalità e circostanze di una duplice valenza sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto sia sotto quello dell’apprezzamento della capacità a delinquere discende dalla considerazione che la condotta tenuta in occasione del reato (nella specie la capacità delinquenziale reiterata nel tempo) costituisce un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente e l’attualità delle esigenze (Cass. 3^ 23.4.04, ud.

18.3.04, rv. 228882; Cass. 6^ 6.6.02 n. 22121, c.c. 20.2.02, rv.

222242).

Anche l’ultimo motivo di gravame deve essere rigettato avendo il tribunale considerato la specifica idoneità della misura imposta ai fini di soddisfare le descritte esigenze di prevenzione, in difetto di condizioni sanitarie evidenzianti una qualche incompatibilità con il regime carcerario..

Al rigetto del ricorso dell’indagato segue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del C. al pagamento delle spese processuali. Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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