T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 04-10-2011, n. 2329 Studenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti sono genitori di uno studente che, nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, ha frequentato la classe seconda della scuola secondaria di primo grado Statale "G.P. Ligari" di Sondrio.

In sede di scrutinio finale, il Consiglio di classe ha deliberato la non ammissione dell’alunno alla classe successiva.

Avverso tale provvedimento, nonché avverso i provvedimenti presupposti, è diretto il ricorso in esame.

Il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio tenutasi in data 19 settembre 2011 per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 59/2004 in quanto la scuola non avrebbe predisposto alcun intervento finalizzato al recupero delle carenze dimostrate dall’alunno nel corso dell’anno scolastico; ed in quanto la decisione di non ammissione alla classe successiva non sarebbe sorretta da adeguata motivazione.

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 177 del d.lgs. n. 297/94 in quanto la scuola ha tenuto conto solamente dei voti riportati dall’allievo durante il secondo quadrimestre: qualora, per il calcolo delle medie, si fosse tenuto invece conto anche dei voti conseguiti nel primo quadrimestre, solo tre materie sarebbero risultate insufficienti. Conseguentemente, applicando i criteri deliberati dal Collegio dei docenti in data 9 maggio 2011, si sarebbe dovuta disporre l’ammissione alla classe successiva dello studente.

Con il terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 137/2008 in quanto, pur avendo lo studente conseguito un voto in condotta pari ad otto, la decisione di non ammissione è stata motivata facendo riferimento anche al comportamento da questi tenuto (definito inadeguato e selettivo); inoltre nello stesso motivo si lamenta la non conformità delle votazioni attribuite allo studente con la griglia di valutazione adottata dall’istituto.

Con il quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2, comma 7, del d.P.R. n. 122/09 in quanto le insufficienze riportate dall’alunno sarebbero non gravi; di conseguenza sarebbe stata decisione più corretta quella di ammetterlo alla classe successiva attribuendogli debiti formativi;

Con il quinto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 5, 7 ed 8 della legge n. 241/90 in quanto la scuola non avrebbe comunicato alla famiglia la possibilità di non ammissione dello studente alla classe successiva.

Con il sesto motivo viene dedotto eccesso di potere in quanto la motivazione della decisione di non ammissione si basa esclusivamente su profili che attengono al comportamento tenuto dall’alunno, mentre non sarebbero stati presi in considerazione il profitto e le potenzialità dimostrate: la motivazione lascerebbe quindi trasparire volontà punitive.

I motivi possono essere trattati congiuntamente.

L’art. 3, comma 3, del d.l. 1 settembre 2008 n. 137, convertito in legge 30 ottobre 2008, n. 169, stabilisce che "nella scuola secondaria di primo grado, sono ammessi alla classe successiva (…) gli studenti che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline".

Da questa norma si ricava che, il giudizio di non ammissione alla classe superiore deve essere necessariamente pronunciato quando l’alunno non consegua votazioni di piena sufficienza in tutte le materie (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 5 agosto 2010 n. 3585): non sono dunque ammissibili interpretazioni di favore che valorizzino la media delle votazioni conseguite nelle diverse materie, le ragioni che hanno determinato il conseguimento delle insufficienze, il complessivo andamento nel ciclo di studi o l’impegno profuso dal discente durante l’anno scolastico; aspetti questi che possono essere valutati dal Consiglio di Classe nel corso dello scrutinio finale, ma che debbono tradursi, per avere rilevanza ai fini dell’ammissione alla classe successiva, nell’attribuzione di un voto non inferiore alla sufficienza in ciascuna materia.

Per costante giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ha alcun motivo per discostarsi, i giudizi espressi dal Consiglio di Classe sono connotati da discrezionalità tecnica. Difatti, il livello di apprendimento e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione riservata dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette specifiche competenze tecniche solo da esso possedute; pertanto al giudice della legittimità spetta solo di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dall’organo stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 21 settembre 2009 n. 4694).

Si è altresì affermato che la valutazione di legittimità del giudizio di non ammissione alla classe superiore deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell’anno scolastico, la presenza o meno di un sufficiente livello di preparazione e di maturità dell’alunno, senza che su di essa possa incidere il livello della comunicazione scuolafamiglia intervenuta nel corso del medesimo anno scolastico (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 05 agosto 2010, n. 3583).

Per le stesse ragioni, ai fini in discorso, nessun rilievo riveste la mancata attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico: anche in questo caso la legittimità del giudizio non può dipendere dalla mancata attivazione delle iniziative di sostegno concretatesi in appositi corsi di recupero, la quale non ha alcuna influenza sul giudizio che il consiglio di classe è chiamato ad esprimere in sede di scrutinio finale. Le eventuali disfunzioni organizzative verificatesi nel corso dell’anno scolastico non sono di per sé sufficienti ad inficiare il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore il quale, come anticipato, si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello studente, sia dell’incompleta maturazione personale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 236).

Nel caso concreto l’alunno ha riportato, alla fine dell’anno scolastico, quattro insufficienze seppure non gravi. Anche in geografia la valutazione di insufficienza appare corretta in quanto, per verificare se gli obiettivi finali di apprendimento sono stati raggiunti occorre ovviamente fare riferimento ai risultati conseguiti dall’alunno nel secondo quadrimestre.

Il mancato raggiungimento della sufficienza in tutte le materie costituisce, come detto, ragione di per sé sufficiente per disporre la non ammissione alla classe successiva. Pertanto sono del tutto infondate quelle doglianze che deducono il difetto di motivazione, che lamentano la mancata attivazione dei corsi di recupero e l’insufficiente livello della comunicazione scuola famiglia, e che fanno leva sulla non gravità delle insufficienze riportate.

Non decisive sono invece le doglianze volte a denunciare la contraddittorietà fra la motivazione contenuta nel verbale di scrutinio, laddove si evidenzierebbero carenze nella condotta dell’alunno, ed il voto in condotta attribuito. Invero, come detto, la deliberazione di non ammissione alla classe successiva trova già valida e sufficiente giustificazione nella valutazione del profitto scolastico; sicché il riferimento al comportamento è un elemento accessorio che, se anche si rivelasse in contraddizione con le votazioni attribuite all’alunno, non determinerebbe l’illegittimità del giudizio di non ammissione.

In ogni caso va osservato che da un’attenta lettura della motivazione contenuta nel suindicato verbale si ricava che il riferimento al comportamento non riguarda il profilo relazionale, e dunque non attiene ai rapporti intercorsi fra l’alunno ed il corpo docente od i compagni di classe; attiene invece alle modalità di svolgimento del lavoro quotidiano di apprendimento e all’impegno profuso nell’affrontare lo studio. Pertanto, la motivazione riguarda pur sempre un profilo che attiene al profitto scolastico e non già alla condotta strettamente intesa; sicché nessuna contraddizione vi è fra motivazione della non ammissione alla classe successiva e voto in condotta attribuito.

Tutti i motivi dedotti sono pertanto infondati.

In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la regola generale della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti a rifondere all’amministrazione costituita le spese di giudizio che vengono quantificate in euro 800, oltre IVA e c.p.a. se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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