Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il ricorrente sig. L., proprietario di un terreno in località "Piana di Velia" del Comune di Ascea espone di aver presentato nell’anno 2003 un progetto per l’insediamento di una struttura ricettiva.
Convocata la conferenza di servizi, la Soprintendenza BB.AA.PP. ha reso parere negativo.
Avverso tale parere L. ha proposto ricorso giurisdizionale (R.G. n 2886/2004), conclusosi con la sentenza di accoglimento n. 1123 del 3.8.2006, non impugnata e passata in giudicato, con la quale questo TAR ha dichiarato l’illegittimità del parere.
Il ricorrente sig. L. ha pertanto riformulato l’istanza per la realizzazione della predetta struttura recettiva, con nota protocollata dal SUAP Cilento n. 1222 del 30.10.2008, sulla quale la commissione per i Beni ambientali del Comune di Ascea, ha rilasciato parere favorevole, con provvedimento n. 3717 del 28.2.2008.
La Soprintendenza ha disposto l’annullamento del suddetto nullaosta con decreto n. 17613 del 19.6.2008, impugnato dal ricorrente L. con nuovo ricorso (R.G. n. 2174/2008) avanti il TAR, che, con la sentenza n. 3183/2009 ha a sua volta annullato l’atto della Soprintendenza per violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, in quanto il comune di Ascea aveva omesso di informare il privato del sub procedimento di controllo attivato presso la Soprintendenza.
Tale sentenza del Tar è stata appellata dal ricorrente ed il Consiglio di Stato – Sesta Sezione con decisione n. 8790/2009 ha confermato l’annullamento del decreto della Soprintendenza, disponendo che "la comunicazione (di avvio del procedimento) del comune deve essere rinnovata secondo quanto disposto dall’art. 159 del d. lgs. 42 del 2004, al fine di porre le condizioni della partecipazione del ricorrente in primo grado al procedimento di controllo dell’autorizzazione rilasciato dal comune stesso".
La Soprintendenza, con nota prot. n. 7520 del 22.3.2010, non avendo ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, ha chiesto al SUAP Cilento ed al Comune di Ascea, di essere informata degli atti eventualmente adottati in adempimento del giudicato amministrativo.
Con nota prot. n. 3514 del 25.3.2010, acquisita agli atti il 2.4.2010, il comune di Ascea, ottemperando a quanto disposto dal Consiglio di Stato, ha rinnovato la trasmissione alla Soprintendenza dell’autorizzazione paesaggistica n. 3717/2008, corredandola del verbale della Commissione edilizia integrata n. 243 del 28.2.2008 e della relazione illustrativa predisposta dal responsabile comunale del procedimento, resa ai sensi degli artt. 146, comma 6, e 159, comma 2, del d. lgs. 42/2004 ed ha altresì comunicato al ricorrente l’avvio di procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 L. n. 241 del 1990.
In data 10.8.2009, lo SUAP Cilento, preso atto della pronuncia, ha rilasciato il titolo unico per la realizzazione della struttura ricettiva (prot. 1179) al sig. L., che, in base del predetto titolo, ha dato inizio ai lavori con la recinzione dell’area il 5.10.2009, sospesi dalla Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici con ordinanza prot. n. 27694 del 20.10.2009 e dal SUAP Cilento con atto prot. 1487 del 20.10.2009, provvedimenti impugnati con il ricorso n. 103/2010, trattato nella stessa udienza pubblica del 9 giugno 2010 del presente ricorso.
Successivamente, la Soprintendenza, dopo la ricezione della suindicata nota prot. n. 7520 del 22.3.2010 del comune di Ascea, inviata anche al ricorrente, ha quindi rinnovato, anche alla luce delle contestazioni mosse dal ricorrente nel pregresso contenzioso avanti a questo TAR, l’esame dell’autorizzazione paesaggistica n. 3717/2008, e l’ha annullata con il decreto n. 14186/2010, impugnato con il presente ricorso dal ricorrente, che ha prospettato molteplici profili di censura.
La Soprintendenza si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 9 giugno 2011 la causa è stata spedita in decisione.
Motivi della decisione
Oggetto della presente impugnativa è il decreto n. 14186 del 31.5.2010, adottato a seguito della ripetizione del procedimento di controllo, disposto ai sensi dell’art. 159 del d. lgs. 42 del 2004, con cui la Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali ha annullato nuovamente l’autorizzazione paesaggistica n. 3717/2008.
Il ricorso è infondato.
Va in primo luogo disatteso il primo motivo, con cui la parte ricorrente assume la tardività del decreto soprintendentizio prot.n.14186/2010 in data 31 maggio 2010, essendo stato adottato oltre il termine di 60 giorni, decorrente dal 29 marzo 2010, data in cui è pervenuta alla stessa Soprintendenza la nota del ricorrente sig. L., che ha trasmesso per il procedimento connesso la decisione del Consiglio di Stato – Sesta Sezione n. 8790/2009 di annullamento del precedente decreto della Soprintendenza per violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, in quanto il Comune di Ascea aveva omesso di informare il privato del sub procedimento di controllo attivato presso la Soprintendenza.
Tale adempimento non può essere assunto come termine iniziale ai fini della decorrenza del termine di 60 giorni, non solo per la genericità ed incompletezza del suo contenuto, ma soprattutto perché l’onere – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di comunicazione ex art. 7 L. n. 241/90- grava sull’Amministrazione e non sul privato, destinatario del relativo procedimento.
D’altronde, va rilevato ad abundantiam che la suddetta decisione il Consiglio di Stato ha espressamente statuito che "la comunicazione (di avvio del procedimento) del comune deve essere rinnovata secondo quanto disposto dall’art. 159 del d. lgs. 42 del 2004, al fine di porre le condizioni della partecipazione del ricorrente in primo grado al procedimento di controllo dell’autorizzazione rilasciato dal comune stesso", precisando altresì che il procedimento di controllo avrebbe dovuto "essere rinnovato da parte dell’Autorità statale decorrendo il previsto termine di sessanta giorni per la sua conclusione dalla richiesta secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 159 più volte citato.".
La Soprintendenza, con nota prot. n. 7520 del 22.3.2010, non avendo ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, ha chiesto al SUAP Cilento ed al Comune di Ascea, di essere informata degli atti eventualmente adottati in adempimento del giudicato amministrativo.
Soltanto, a seguito di tale comunicazione, con nota prot. n. 3514 del 25.3.2010, acquisita agli atti il 2.4.2010, il comune di Ascea, ottemperando a quanto chiarito dal Consiglio di Stato, ha rinnovato la trasmissione alla Soprintendenza dell’autorizzazione paesaggistica n. 3717 del 28.2.2008, corredandola del verbale della Commissione edilizia integrata n. 243 del 28.2.2008 e della relazione illustrativa predisposta dal responsabile comunale del procedimento, resa ai sensi degli artt. 146, comma 6, e 159, comma 2, del d. lgs. 42/2004 ed ha comunicato anche al ricorrente l’avvio di procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, al quale in data 10.8.2009, lo SUAP Cilento aveva già rilasciato il titolo unico per la realizzazione della struttura ricettiva (prot. 1179) ed il ricorrente aveva già iniziato, sulla base del predetto titolo, i lavori, sospesi con ordinanza di sospensione lavori prot. n. 27694/2009 dalla Soprintendenza e con provvedimento prot. n. 1487/2009 del SUAP Cilento datato 20.10.2009, provvedimenti impugnati con ricorso n..
r. g. 103/2010, trattato nella stessa udienza pubblica del 9 giugno 2010 del presente ricorso.
Non è pertanto configurabile la dedotta tardività in ordine all’adozione dell’impugnato decreto della Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali.
Si può ora passare alla disamina del secondo mezzo di gravame, con cui il ricorrente assume la decadenza del vincolo previsto dalla Legge Regionale Campania 8/2/2005 n. 5, avente ad oggetto la costituzione di una zona di riqualificazione paesisticoambientale intorno all’antica città di Velia, sita nei comuni di Ascea e Casalvelino, nel cui ambito rientra l’immobile di proprietà di parte ricorrente.
Orbene, tale legge, all’art. 2, primo comma ha sancito in tale zona il divieto, "fino all’approvazione del piano particolareggiato di riqualificazione, di apportare ogni modifica dell’assetto del territorio o realizzare qualsiasi opera edilizia, con esclusione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici." ed al secondo comma che " Restano esclusi da tale divieto le opere pubbliche e di interesse pubblico, a condizione che i progetti siano approvati anche dalle competenti soprintendenze, in conformità agli obiettivi del redigendo piano particolareggiato di cui al comma 1.
Il successivo art. 4 della legge prevede che "Il piano deve essere redatto d’intesa tra il comune di Ascea, Casalvelino e le soprintendenze per i beni archeologici e per i beni architettonici e per il paesaggio, il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico entro dodici mesi dalla pubblicazione della presente legge. Decorso tale termine la Regione Campania provvede con la nomina di un Commissario ad acta.".
Orbene, la parte ricorrente assume che, non essendo stato approvato il piano particolareggiato, il vincolo strumentale comportante inedificabilità sarebbe decaduto con l’inutile decorso del quinquennio dalla promulgazione della suddetta legge regionale, intervenuto in data 11 febbraio 2010, cioè in data anteriore all’adozione dell’impugnato provvedimento della Sopraintendenza.
L’interpretazione della suindicata normativa prospettata da parte ricorrente non può essere condivisa, perché – come risulta per tabulas- è la legge regionale a sancire il divieto di apportare ogni modifica dell’assetto del territorio o realizzare qualsiasi opera edilizia, indicando gli interventi esclusi dal divieto e prevedendo la nomina di un Commissario ad acta da parte della Regione Campania in caso di mancata approvazione del piano particolareggiato entro dodici mesi dalla pubblicazione della presente legge.
Trattandosi di un vincolo previsto non da un provvedimento amministrativo (piano urbanistico comunale), ma sancito da un provvedimento legislativo regionale, l’unico rimedio esperibile sarebbe la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Campania n. 5/2005 da sottoporre all’esame della Corte per violazione dell’art. l’art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, poiché le predette norme regionali imporrebbero, dopo la scadenza dei termini previsti per l’adozione dei piani attuativi, la protrazione automatica di vincoli di inedificabilità.
E’ ben vero che la questione di legittimità costituzionale potrebbe essere sollevato d’ufficio anche dal giudice, ma l’adito Collegio la ritiene manifestamente infondata, in considerazione del fatto che non si è in presenza di un vincolo "sine die", in quanto gli interessati avrebbero avuto ed hanno la possibilità di attivarsi anche in sede giudiziaria per l’esercizio dell’attività sostitutiva da parte dell’Amministrazione regionale in modo da pervenire all’approvazione del piano particolareggiato.
Chiarito tale profilo essenziale della vicenda in esame, resta da esaminare l’ulteriore profilo, anch’esso di carattere essenziale, della natura giuridica dell’intervento che parte ricorrente ha chiesto di realizzare sull’area di sua proprietà, dato che sono normativamente esclusi dal divieto le opere pubbliche e di interesse pubblico, a condizione che i progetti siano approvati anche dalle competenti soprintendenze, in conformità agli obiettivi del redigendo piano particolareggiato di cui al comma 1."
E’ pertanto necessaria la disamina dell’intervento in esame al fine di verificare la legittimità dell’impugnato decreto della Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CECI con l’annullata autorizzazione paesaggistica n. 3717/2008 del 28 febbraio 2008, ha motivatamente denegato il carattere "di opera di interesse pubblico" all’intervento di cui è causa.
In proposito si osserva che, ai fini della nozione di opera di interesse pubblico, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dei soggetti esecutori, è decisivo considerare se l’edificio progettato abbia una destinazione utile e conforme al perseguimento dell’interesse pubblico tipico dell’amministrazione competente, con specifico riferimento alla situazione dell’immobile interessato.
Non è quindi sufficiente la mera destinazione impressa dallo strumento urbanistico generale; né la valutazione tecnico discrezionale può essere rimessa alla commissione edilizia integrata, la quale svolge compiti di mera consulenza ai fini del rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
Inoltre il suindicato art. 2, comma 2, della legge reg. n. 5 del 2005, nel prevedere un’espressa deroga per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la condiziona infatti alla necessaria approvazione dei relativi progetti da parte delle competenti Soprintendenze. A tal fine per il procedimento di autorizzazione in deroga vanno rispettate le prescrizioni delineate all’art. 14 del d.p.r. 380 del 2001 (testo unico dell’edilizia), il quale, per l’appunto, fissa le condizioni per il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici.
La norma del testo unico dell’edilizia chiarisce infatti che il permesso in deroga è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nel d. lgs. 490 del 1999 (ora d. lgs. 42 del 2004) e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia.
Nel caso di specie, non sussistono questi indefettibili passaggi procedimentali, in quanto mancano sia la delibera del Consiglio comunale che l’approvazione delle Sopraintendenze.
Appare irrilevante al riguardo che il terreno interessato dall’intervento proposto ricada in zona "T" del vigente Piano regolatore del Comune di Ascea, zona destinata ad attrezzature turistiche, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 271 del 17.5.1983 nonché ad attrezzature per lo spettacolo, lo sport ed il turismo, perché è pur sempre necessario che vi sia una valutazione specifica del singolo intervento da realizzare, valutazione che accerti se, in concreto, l’opera assolva alla funzione di interesse pubblico per potere fruire del regime derogatorio.
Il legislatore regionale ha quindi attribuito ai comuni il compito di dichiarare il pubblico interesse delle opere ed alle Soprintendenze di approvare i relativi progetti, tramite l’espressione di un parere obbligatorio e vincolante che, per avere ad oggetto interventi edilizi su aree interessate da programmi di riqualificazione ad hoc, non rappresenta un mero duplicato delle procedure di cui agli artt. 146 e 159 d. lgs. 42 del 2004. La mancanza di tali adempimenti procedurali porta conseguentemente ad escludere la configurabilità di opera di interesse pubblico per la realizzazione di un insediamento produttivo destinato a struttura turistico ricettiva nella località Piana Di Velia, in Ascea Marina, richiesto dal ricorrente.
Le censure prospettate da parte ricorrente avverso l’impugnato decreto della Soprintendenza BB.AA.PP. risultano pertanto infondate.
La conclusione cui si è pervenuti in merito alle censure dianzi esaminate determina l’inutilità dell’esame delle altri motivi dedotti dalla parte ricorrente, che non si pongono in posizione pregiudiziale rispetto a quelle dianzi esaminate, dato che riguardano altri aspetti dell’attività di controllo spettanti all’intimata Amministrazione statale e sono autonome rispetto alla stessa, che è sufficiente di per sè a sorreggere l’atto impugnato.
Infatti, qualora risultassero fondate, non inciderebbero sulla legittimità del decreto della Soprintendenza, atteso che per l’annullamento dell’autorizzazione paesistica n.3717/2008 del Comune di Ascea è sufficiente la fondatezza dell’evidenziato profilo motivazionale, avente, nel caso di specie, carattere autonomo.
Il ricorso va pertanto respinto.
Sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione delle spese ed onorari del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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