Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con la sentenza di cui in epigrafe, il giudice di pace di Genova ha accolto l’opposizione di T.B., assistente alla balneazione presso lo stabilimento Superfactivity Beach Club, alla ingiunzione della locale Capitaneria del porto di pagare £ 2.000.000, per infrazione dell’art. 1164 del codice della navigazione, perché, violando l’art. 5, co. 1.1.3, dell’ordinanza n. 87/98 del comandante del porto, non stazionava nella postazione da bagnino, pur essendovi in mare bagnanti e surfisti.
Il giudice adito, compensando le spese di causa e senza esaminare i profili di merito del ricorso, ha ritenuto fondati due motivi pregiudiziali della opposizione, che aveva tra l’altro dedotto la tardività dell’ordinanza emessa oltre il termine di 30 giorni dell’art. 2 della legge 7 ago. 1990 n. 241, affermando che l’ordine regolante la balneazione del comandante del porto si rivolgeva soltanto ai concessionari di stabilimenti balneari e non ai bagnini o agli assistenti alla balneazione.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso con due motivi il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con il suo ufficio periferico Capitaneria del porto di Genova e il B. si è difeso con controricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso premette che il B. fu sanzionato perché adibito ad altre mansioni in luogo di quelle di vigilanza e che egli nelle sue difese aveva affermato che il servizio poteva essere garantito anche da altri bagnini al servizio di concessionari vicini.
Il primo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 3,18 e 8 della legge 24 nov. 1981 n. 689, dalla sentenza che ha ritenuto che l’ordinanza ingiunzione dovesse essere emessa entro un termine prefissato per legge, senza chiarire quale sia tale termine e in quale norma lo stesso è previsto ne rilevare che le sanzioni sono solo soggette a prescrizione quinquennale.
Altrettanto errata è la statuizione del giudice di pace sul fatto che l’ordinanza non osservata dalla capitaneria avrebbe avuto come unici destinatari i concessionari e non gli assistenti alla balneazione, ai quali è invece espressamente diretto l’ordine di non allontanarsi dalla posizione di servizio, di cui all’art. 5 del provvedimento inosservato.
La norma consente ai concessionari di consorziarsi per un fronte di mare inferiore a mt. 80, ma tale deroga ai doveri individuali deve essere autorizzata e nel caso nessuna motivazione è data dal giudice di pace.
In secondo luogo, si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 156, co. 2, c.p.c., perché non vi è stata lettura del dispositivo dal giudice di pace, come risulta dallo stesso verbale di udienza, in violazione dell’art. 23, co. 7, della legge 689/81.
Il controricorrente contesta entrambi i motivi di ricorso, deducendo che il termine di 30 giorni è applicabile a tutti i procedimenti amministrativi e che l’ordinanza non adempiuta è diretta ai soli concessionari e non ai bagnini; sul piano processuale rivela la incomprensibilità del motivo relativo alla omessa lettura del dispositivo, posto che i ricorrenti affermano di non avere mai avuto copia del verbale di udienza cui si rifanno per impugnare la sentenza.
Il secondo motivo di ricorso, pregiudiziale al primo, perché la nullità della sentenza osterebbe alla stessa valutazione delle censure di merito contenute nella residua impugnativa, è infondato.
Dallo svolgimento del processo della sentenza oggetto di ricorso risulta che, all’udienza del 27 ott. 001, svoltasi la discussione, il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo.
l’affermazione che precede costituisce attestazione dell’avvenuto rispetto dell’art. 23, co. 7, della legge 24 nov. 1981 n. 689, proveniente da un pubblico ufficiale che riporta un fatto da lui compiuto; ciò determina la presunzione di regolarità del procedimento, che può essere superata dall’interessato solo a mezzo di querela di falso di quanto riportato in sentenza, nei modi di cui all’art. 221 c.p.c. (Cass. 22 lug. 2005 n. 15366, 1° ago. 2003 n. 11714 e 27 feb. 2003 n. 2959).
La detta querela, proponibile anche nel giudizio di cassazione quando concerne documenti attinenti al procedimento che debbano essere prodotti nel giudizio di legittimità e non atti che il giudice di merito ha posto a fondamento della sua decisione (Cass. 4 nov. 2001 n. 1414), è l’unico mezzo idoneo ad accertare la omessa lettura del dispositivo denunciata nel caso, la quale determinerebbe la nullità della sentenza (Cass. 25 ago. 2005 n. 172888), nessun rilievo avendo la mancanza in atti del foglio sul quale il dispositivo letto sarebbe stato scritto, potendosi la lettura dedurre anche da altri atti o documenti del processo (Cass. 8 mar. 2005 n. 4970).
La mancata proposizione della querela di falso comporta che la lettura del dispositivo in udienza attestata in sentenza debba ritenersi veritiera e determina la infondatezza del secondo motivo di ricorso, che deve quindi respingersi.
ÿ invece fondato e va accolto il primo motivo di ricorso, sia in ordine al termine di 30 giorni che il giudice di pace definisce perentorio e applicabile anche nel procedimento amministrativo concluso dalla emissione dell’ordinanza ingiunzione, che per l’interpretazione data dallo stesso giudice della ordinanza non osservata dal controricorrente, il cui testo è riportato nella sentenza impugnata.
La prevalente giurisprudenza di questa Corte afferma costantemente il seguente principio di diritto in tema di opposizione a sanzioni amministrative previste nel regolamento di attuazione del codice della navigazione in rapporto agli aerei non di linea, si è espressamente previsto dall’art. 56 del DM 18 giu. 1981 successivamente modificato, il termine di 90 giorni tra l’accertamento dell’inosservanza e la notifica dell’atto di contestazione degli estremi della violazione, così prevedendosi con specifica norma un termine diverso applicabile in tali fattispecie, ma non in quella per cui è causa.
In rapporto poi all’interpretazione che il giudice di pace ha dato dell’ordinanza che si afferma non osserva nella fattispecie, interamente riportata nella sentenza impugnata, dal tenore letterale di essa appare indubbio che tra i destinatari degli ordini che contiene vi sono con i concessionari degli stabilimenti, gli assistenti e/o bagnini, dei quali sono indicate alcune condotte che possono tenersi solo nell’esercizio delle loro mansioni, la cui omissione è punita con sanzione pecuniaria.
Tra le condotte da tenere dagli assistenti o bagnini vi è quella di stazionare nella postazione di salvataggio, dalla quale il B. si è indebitamente allontanato, non osservando in tale modo la ordinanza in violazione dell’art. 1164 del codice della navigazione.
In tale contesto, è sicuramente errata la sentenza impugnata che, per i due profili sopra riportati, non può che essere cassata.
In ordine poi agli altri motivi di opposizione non esaminati nella sentenza impugnata e riportati in ricorso, gli stessi sono irrilevanti in questa sede e per la disposta cassazione potranno essere oggetto del futuro giudizio di rinvio.
In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto e il secondo rigettato; la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve rinviarsi al Giudice di pace di Genova in persona di diverso magistrato, perché si uniformi ai principi enunciati sul termine entro il quale va emessa l’ordinanza ingiunzione e nella interpretazione dell’ordinanza che sui assume disattesa e provveda anche sugli altri motivi di opposizione e sulle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Giudice di pace di Genova in persona di diverso magistrato anche per le spese di questa fase.
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