Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-03-2012, n. 3392 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 29 gennaio 2010 il giudice delegato del tribunale di Padova, in sede di verifica dei crediti del fallimento RAM ITALIA s.r.l., rigettava, per difetto di idonea prova del diritto di proprietà, le istanze di rivendica e restituzione di vari macchinari industriali proposte dalla Ram Europe Itd.

La successiva opposizione L. Fall., ex artt. 98 e 99, era respinta dal Tribunale di Padova con decreto 22 luglio 2010.

Il tribunale motivava che la documentazione prodotta dall’opponente alla prima udienza non poteva trovare ingresso perchè non tempestivamente prodotta in sede di verifica dello stato passivo, senza allegazione di alcuna causa esimente del ritardo;

che gli altri documenti ritualmente prodotti ab initio erano priva di data certa e perciò inopponibili alla massa;

che neppure ricorrevano i presupposti per l’ammissione delle prove testimoniali dedotte, in deroga all’art. 621 c.p.c..

Avverso il decreto notificato il 24 agosto 2010 la Ram Europe Itd. proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi, notificato l’11 ottobre 2010 ed ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Deduceva:

1) la violazione degli art. 2709 e 2710 c.c., nonchè la carenza di motivazione in ordine al rigetto della sua istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c.;

2) la violazione dell’art. 621 c.p.c,. e il vizio di motivazione nella mancata ammissione della prova testimoniale.

Resisteva con controricorso la curatela.

All’udienza del 13 gennaio 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2709 e 2710 c.c., nonchè la carenza di motivazione in ordine al rigetto della sua istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c..

Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.

La qualità di terzo non esime, di per sè, dall’obbligo di esibizione di documenti di cui il curatore sia in possesso (art. 210 c.p.c., comma 1). E’ d’altronde esatto che il principio di inscindibilità di cui all’art. 2709 c.c. (analogo a quello vigente per la confessione, ex art. 2734 c.c.) non consente l’uso selettivo delle scritture contabili, a sostegno solo dell’eccezione di non conformità all’originale dei documenti prodotti in copia dalla Ram Europe Itd. e, più in generale, delle difese della curatela. Poichè l’actio ad exhibendum non può avere, peraltro, mero valore esplorativo, involgendo in modo onnicomprensivo la documentazione contabile dell’impresa fallita, la censura va accolta nei soli limiti in cui la società ricorrente ha specificato il documento contabile da cui emergerebbe il proprio diritto di proprietà: e cioè il registro dei beni di proprietà dei terzi, in cui sarebbero stati iscritti i beni mobili elencati nella domanda di revindica e restituzione.

E’ appena il caso di aggiungere che, trattandosi di scritture di cui il curatore è entrato in possesso alla data della dichiarazione di fallimento, non si pone un problema di data certa (art. 2704 c.c.), in difetto di allegazione di uno iato temporale tra sentenza e consegna della documentazione contabile.

Nè d’altronde la qualità di terzo del curatore può dipendere solo dalla sua posizione, attiva o passiva, ne rapporto processuale: a seconda cioè che abbia agito per far valere un diritto dell’imprenditore fallito – comprovato dalle sue stesse scritture contabili – o resista invece, specularmente, all’altrui pretesa, fondata sulla medesima prova documentale: ciò che integrerebbe un’evidente disparità di trattamento, incompatibile con il diritto alla prova, che deve essere assicurato in modo paritario alle parti processuali. La terzietà va affermata, per contro, in funzione dell’estraneità al rapporto negoziale di cui la curatela intenda disconoscere validità o efficacia (ad es., nell’ambito di un’azione di simulazione o revocatoria).

Il secondo motivo, con cui si denunzia la violazione dell’art. 621 c.p.c., e il vizio di motivazione nella mancata ammissione della prova testimoniale è invece inammissibile per difetto di autosufficienza, in assenza di riproduzione dei capitoli dedotti, al fine di consentirne la disamina sotto il profilo della decisività.

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato nei limiti di cui sopra, con rinvio al Tribunale di Padova, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto in relazione alla censura accolta e rinvia la causa al Tribunale di Padova, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese processuali della fase di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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