Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-09-2011) 06-10-2011, n. 36246 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 3/5/2011, il Tribunale di Lecce, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di C.S., indagato per il reato di estorsione, confermava l’ordinanza del Gip di Lecce, emessa in data 11/4/2011, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sulle dichiarazioni della persona offesa e sulle circostanze che avevano portato all’arresto del prevenuto e del concorrente nel reato, R.M., in flagranza di reato, nonchè sulla incompatibilità delle dichiarazioni rese dai due arrestati. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con il quali contesta sia la sussistenza del quadro indiziario, sia la fondatezza delle esigenze cautelari riconosciute dal Tribunale.

Con il primo motivo deduce violazione della legge penale. In particolare si duole che non sia stato trasmesso dal P.M. procedente il verbale della denunzia presentata dalla persona offesa dinanzi ai Carabinieri e contesta che il Tribunale del riesame possa utilizzare, in assenza del documento originale, quella parte delle dichiarazioni che risultano trasfuse nel verbale di arresto in flagranza.

Eccepisce, quindi, che, in assenza del verbale delle dichiarazioni accusatorie rese dalla parte offesa, M.A., la consegna del denaro assume un significato neutro, facendo venir meno il quadro di gravità indiziaria.

Con il secondo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e, segnatamente, alla proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare custodiale.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, "l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:

1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento".

(Cass. Sez. 6A sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre "Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto". (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998rv 210566).

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, in ordine alla inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie rese da M.A. per la mancata allegazione della denunzia presentata ai Carabinieri in data 1/4/2011, la questione non è fondata. In particolare è inconferente il richiamo al principio di diritto formulato da questa Corte, secondo cui: "Le dichiarazioni accusatorie non verbalizzate, ma raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota informativa, non sottoscritta dal dichiarante, devono considerarsi acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge e ricomprese nell’ipotesi di inutilizzabilità di cui all’art. 191 cod. proc. pen.; ne consegue che la insuscettibilità ad essere utilizzate in dibattimento rende tali dichiarazioni inutilizzabili anche ai fini dell’emissione di una misura cautelare, in quanto deve escludersi che possano costituire gravi indizi di colpevolezza a norma dell’art. 273 cod. proc. pen., non essendo idonee a formulare alcuna prognosi di probabilità della colpevolezza dell’imputato" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 21937 del 01/04/2003 Cc. (dep. 17/05/2003) Rv. 225681).

Nel caso di specie, infatti, non siamo in presenza di dichiarazioni accusatorie non verbalizzate e raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota non sottoscritta dal dichiarante. Il verbale di arresto, utilizzato da Gip e dal Tribunale per il riesame come elemento utile per la formazione del quadro indiziario, non fa riferimento a dichiarazioni accusatorie non verbalizzate, ma riporta il contenuto essenziale delle dichiarazioni rese da costui con la denunzia presentata ai Carabinieri in data 1/4/2011. E’ ben vero che il verbale della denunzia presentata dalla p.o. non è stato allegato agli atti e che tale circostanza indebolisce l’assunto accusatorio per l’impossibilità di verificare l’intrinseca coerenza del narrato e quindi l’attendibilità del dichiarante. Tuttavia le dichiarazioni rese dalla parte offesa non costituiscono l’unico elemento a carico dell’indagato, ma si inseriscono in un quadro indiziario in cui sono riscontrate da numerose circostanze oggettive, quali la consegna della somma di denaro di Euro 300,00, avvenuta sotto il controllo della polizia giudiziaria ed i risultati del servizio di osservazione predisposto dai Carabinieri. A completare il quadro indiziario concorrono inoltre le dichiarazioni rese dai due arrestati in flagranza che sono state ritenute inattendibili ed incompatibili dal Tribunale per il riesame.

Pertanto il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto.

Quanto alle censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, le stesse risultano inammissibili, essendo le relative valutazioni del Tribunale del riesame fondate su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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