Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. – Con ordinanza del 2 dicembre 2010, il Tribunale di Torino ha respinto l’appello del prevenuto avverso l’ordinanza dello stesso Tribunale che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare.
2. – Avverso tale provvedimento, il prevenuto ha proposto ricorso per cassazione, rilevando che le sue cattive condizioni di salute, dovute a un disturbo dell’adattamento con manifestazioni depressive e ansiose, non sarebbero state prese in considerazione sul piano della gravità e dell’inadeguatezza della struttura penitenziaria a prestare le cure necessarie.
Motivi della decisione
3. – Il ricorso è inammissibile, perchè proposto per un motivo manifestamente infondato.
Il ricorrente si limita, infatti, a contestare la motivazione dell’ordinanza censurata relativamente alle ragioni di incompatibilità della misura carceraria con il suo stato di salute.
Sul punto, con argomentazione esauriente e logicamente corretta, il provvedimento impugnato ha rilevato che, dalla perizia sullo stato di salute del prevenuto, "non emergono ragioni di incompatibilità carceraria" e che, anzi, la struttura carceraria risulta pienamente adeguata ad affrontare gli eventuali sviluppi clinici, anche nel senso di un peggioramento, del disturbo sofferto.
A fronte di una siffatta motivazione – la quale appare, come anticipato, del tutto completa e coerente – le censure del ricorrente si esauriscono nella richiesta di riesame di profili di fatto già esaminati; riesame precluso in sede di legittimità. Trova, infatti, applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione dell’espressa previsione normativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46: Sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; Sez. 6, 20 aprile 2006, n. 14054; Sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; Sez. 1, 24 novembre 2010, n. 45578; Sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096).
4. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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