Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-03-2012, n. 3738 Indennità di espropriazione Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza in data 13 maggio 2009 la Corte di appello di Palermo, pronunciando sulla opposizione alla stima proposta (a seguito di riassunzione, avendo il tribunale di Palermo, inizialmente adito, declinato la propria competenza) da V. e G.M. A. nei confronti del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Palermo, in relazione all’espropriazione di due terreni siti in località (OMISSIS), determinava – valutate criticamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio – in Euro 397.280,26 l’indennità di esproprio, rigettando la richiesta di rivalutazione delle somme e condannando l’ente al pagamento delle spese di lite.

1.1 – Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso le G., deducendo due motivi, illustrati con memoria.

1.2 – Il Consorzio non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo di ricorso si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, formulandosi idoneo momento di sintesi, ai sensi dell’art. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Vengono, in particolare, denunciate, sotto il profilo dell’insufficienza: l’omessa considerazione di vari atti prodotti dalle opponenti, ai fini della valutazione sintetica-comparativa; la incongruenza della giustificazione con la quale si è ritenuto, in disaccordo con il consulente tecnico d’ufficio, che l’atto ai rogiti del notaio Rocca del 14 luglio 1981 non fosse valido elemento di comparazione; il travisamento dell’opinione del consulente tecnico d’ufficio circa il ruolo del Consorzio nella determinazione del valore di mercato, ed infine l’inadeguatezza della mancata rivalutazione dal 1980 al 1990, sol perchè le quotazioni del mercato immobiliare non corrispondono agli indici di svalutazione monetaria.

2.1 – Il motivo è in parte inammissibile, ed in parte infondato.

Sotto il primo profilo, deve rilevarsi che le cen-sure concernenti le specifiche ragioni in base alle quali il giudice del merito abbia ritenuto di discostarsi dalle valutazioni del consulente tecnico d’ufficio debbono rispettare il principio di autosufficienza, ragion per cui vanno compiutamente riportate le parti della consulenza stessa che si ritengono erroneamente disattese, onde poter consentire al giudice di legittimità, che non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificare la decisività della censura (Cass. 14973/2006; 12984/2006; 7610/2006; 17369/2004; 10576/2003). Il ricorso non rispetta tale esigenza (della quale si rinvengono, ma inammissibilmente – Cass., n. 5795/2010 – alcuni tardivi adempimenti nella memoria presentata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.), limitandosi a una sommaria indicazione degli aspetti evidenziati dal consulente, soprattutto nell’elaborato supplementare, che la corte territoriale non avrebbe correttamente valutato. Ciò valga anche per la censura inerente alla incidenza sulla corrispondenza al valore di mercato dei terreni di cui agli atti ai rogiti del notaio Rocca (27 ottobre 1988) e del notaio Drago (4 maggio 1989): le brevi estrapolazioni della relazione del consulente in ordine a tale aspetto non consentono di apprezzare la censura in merito alla contraria opinione della corte territoriale circa l’attendibilità degli atti stessi (uno di cessione volontaria e l’altro di compravendita), per altro coevi al decreto di espropriazione e inerenti a due fondi, come si legge nella decisione impugnata, siti proprio nella medesima contrada Dominici i cui si trovavano i terreni appartenenti alle G..

2.2 – Tanto premesso, non può omettersi di rilevare che le censure, mediante la prospettazione di vizi motivazionali, in realtà tradiscono un tentativo di proporre un diverso apprezzamento del merito, inammissibile in questa sede, posto che le valutazioni della corte territoriale appaiono congruamente motivate e frutto di una considerazione ponderata delle risultanze probatorie. Invero, se da un lato, come già evidenziato, sono stati utilizzati, quali validi parametri di riferimento, i valori desunti da atti, per periodo e per ubicazione dei terreni, maggiormente significativi, dall’altro sono state congruamente manifestate le ragioni in virtù delle quali un atto preso in considerazione dal consulente tecnico d’ufficio non era ritenuto attendibile, sia per diversa collocazione cronologica, sia per la differente estensione ed ubicazione degli immobili da stimare, ponendosi in evidenza come di tale inadeguatezza fosse in qualche misura consapevole lo stesso consulente, tanto da procedere dapprima a una decurtazione, e poi a rivalutazione (seguendo inopportunamente indici di rivalutazione monetaria), per poi adattarlo, come in un letto di Procuste, alle varie parti dei fondi ablati.

3 – Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e dei principi in tema di determinazione della giusta indennità, per aver la decisione impugnato escluso – non essendo stata ritualmente formulata la relativa domanda – la rivalutazione della somma corrispondente all’indennità.

Viene in proposito formulato il seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte se il giudice, nel determinare la misura dell’indennità dovuta per una espropriazione avvenuta circa venti anni prima, debba tener conto della svalutazione della moneta, anche senza domanda di rivalutazione formalmente perfetta, senza incorrere nella violazione di legge denunciata". 3.1 – Il motivo è infondato, ragion per cui deve rispondersi negativamente al quesito proposto. Benvero viene in considerazione la natura di debito di valuta dell’indennità di espropriazione, che, a differenza dell’obbligazione risarcitoria, non è soggetta a rivalutazione monetaria, potendo il titolare del bene avanzare domanda di ristoro del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., fornendo la relativa prova o allegando le circostanze all’uopo necessarie; domanda (sulla cui necessità cfr. Cass. n. 4830/2004;

4234/1990) che le stesse ricorrenti dichiarano di non aver proposto.

4 – Al rigetto del ricorso non consegue alcuna statuizione in merito alle spese processuali nonavendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2012

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