Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
I.D., in qualità di creditore intervenuto nella procedura di espropriazione immobiliare intrapresa nei confronti di Business & Co. di Albanese Antonio & C. s.a.s. (di seguito brevemente Business & Co.) dall’Istituto Italfondiario s.p.a., quale mandatario del creditore ipotecario Istituto Intesa Sanpaolo s.p.a. – procedura in cui si è surrogata, a seguito di acquisto del credito ipotecario, S.S. e in cui è, altresì, intervenuta Equitalia Polis s.p.a. – propone ricorso straordinario ex art. 111 Cost., articolando cinque motivi, avverso l’ordinanza n. 7303 emessa in data 11.11.2009 dal G. E. presso il Tribunale di Ravenna.
La Business & Co. ha depositato controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso straordinario.
Nessuna attività difensiva è stata svolta dagli altri intimati S.S., Equitalia Polis s.p.a., Italfondiario s.p.a., avv. T.A., A.F. (gli ultimi due anch’essi intervenuti nella procedura esecutiva ed esclusi, come l’odierno ricorrente, dalla conversione del pignoramento, per essere intervenuti successivamente all’ammissione della debitrice alla conversione).
Motivi della decisione
1. Il problema che pone il presente ricorso è quello dell’impugnabilità dell’ordinanza del G.E. di rigetto dell’istanza di revoca ex art. 487 cod. proc. civ. di una precedente ordinanza del medesimo giudice.
Invero con l’ordinanza impugnata emessa in data 11.11.2009 il G.E. ha rigettato l’istanza di revoca e modifica ex artt. 487 e 177 cod. proc. civ. proposta dall’ I. con riguardo ad altra ordinanza in data 27.05.2009, con cui il credito per cui era intervenuto l’odierno ricorrente (credito avente ad oggetto la restituzione della somma di Euro 327.639,95, vantato, in via subordinata, nei confronti di Business & Co. innanzi al Tribunale di Bologna nel giudizio promosso ex art. 2932 c.c. per il trasferimento del compendio immobiliare, poi pignorato da Italfondiario) era stato escluso dalla procedura di conversione del pignoramento in considerazione della ritenuta inammissibilità dell’intervento, siccome effettuato in data 14.11.2008, successiva all’ordinanza in data 1.10.2008 di ammissione della debitrice esecutata alla conversione.
Con l’ordinanza qui impugnata il G.E., dato atto dell’avvenuto versamento da parte della società esecutata della somma di danaro determinata ai fini della conversione nell’ordinanza in data 27.05.2009, ha, quindi, distribuito la somma versata da Business & Co., assegnando Euro 140.568,14 a S.S. ed Euro 20.900,00 a Equitalia Polis s.p.a. ed ha ordinato la cancellazione della trascrizione del pignoramento.
1.1. Il ricorrente – muovendo dal presupposto che il suddetto provvedimento, ad onta della forma dell’ordinanza, abbia assunto contenuto di sentenza, per aver disposto sulla questione controversa, in termini di definitività degli effetti (definitiva esclusione dello stesso I. dalla procedura esecutiva) e dall’ulteriore rilievo della non impugnabilità, con l’opposizione agli atti, di detto provvedimento per avere esso ribadito i contenuti dell’ordinanza del maggio 2009, lasciando inalterata la propria posizione – è pervenuto alla conclusione dell’esclusiva esperibilità, nella specie, del rimedio del ricorso straordinario.
Ha, quindi, articolato i seguenti motivi: a) violazione o falsa applicazione degli artt. 495, 499, 564, 565 e 566 cod. proc. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere il giudice violato il principio emergente dagli stessi articoli in base al quale in tema di conversione del pignoramento, venendo meno la fase della vendita (ormai inutile) e, conseguentemente, l’udienza per determinarne le modalità, il limite temporale per il tempestivo intervento di altri creditori nell’esecuzione andrebbe individuato nell’udienza, da fissarsi, ai sensi del cit. art. 495, comma 3, per sentire le parti, prima di emettere l’ordinanza di conversione; b) violazione o falsa applicazione dell’art. 495 c.p.c., commi 1, 2, 3 e 5 (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere il G.E. respinto l’istanza di revoca o modifica dell’ordinanza del 27.05.2009 avanzata dall’ I. sul presupposto che, al momento dell’intervento del creditore, si era già provveduto sulla conversione; c) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) laddove il G.E. ha dichiarato di confermare l’ordinanza del 27.05.2009 per i motivi logici in essa espressi; d) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), laddove il G.E. ha dichiarato, in relazione alla procedura di conversione, essere incompatibili con tale istituto, e non previste, successive modificazione della conversione per adeguarla a nuovi interventi; e) violazione o falsa applicazione degli artt. 495, 499, 564, 565 e 566 cod. proc. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere il giudice determinato il complessivo ammontare della somma da versare in Euro 170.478,14 interamente assegnata ai creditori S. ed Equitalia Polis s.p.a..
2. Il ricorso è inammissibile perchè proposto contro un provvedimento che in alcun modo può essere qualificato sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.
Invero costituisce ius reception che sono impugnabili con ricorso straordinario per Cassazione, i provvedimenti pronunciati dagli organi giurisdizionali, che, sebbene non qualificati dalla legge come sentenze, hanno natura di decisione, perchè giudicano in ordine a situazioni di diritto sostanziale delle parti e, perciò, presentano attitudine alla formazione del giudicato, e sono definitivi, nel senso di non essere soggetti secondo la legge a riesame nè da parte del giudice che li ha emessi, nè da parte di altro giudice.
Orbene i provvedimenti che il giudice del tribunale, quale giudice dell’esecuzione, adotta, di norma con ordinanza, secondo quanto previsto dall’art. 487 cod. proc. civ., non presentano tutti e due i caratteri prima indicati, posto che – quand’anche intervenienti su situazioni di diritto soggettivo – non statuiscono su di esse e in particolare mancano di quello della definitività: ciò, in quanto l’art. 487 c.p.c., comma 1, prevede che lo stesso giudice possa modificarli o revocarli sino a che non siano stati eseguiti; perchè le ordinanze, che dichiarano l’estinzione o rigettano la relativa eccezione, sono soggetti a reclamo che è deciso con sentenza (art. 630 c.p.c., comma 3); perchè anche i provvedimenti sulla sospensione, positivi o negativi che siano, adottabili nell’ambito di opposizioni esecutive ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 cod. proc. civ. sono soggetti a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies in forza del richiamo, da parte dell’art. 624 c.p.c., comma 4, al comma 2, della stessa norma (cfr. Cass. ord. n. 11243 del 2010); perchè infine e, in linea generale, il sistema di controllo dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione è garantito, come avverso ogni atto esecutivo, attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ..
Valga, in particolare, considerare che l’opposizione agli atti esecutivi (come tutte le opposizioni esecutive) deve essere trattata in apposita sede, la quale è di cognizione contenziosa e autonoma rispetto al procedimento esecutivo (dovendo, tra l’altra, in base all’attuale art. 186 bis att. cod. proc. civ. essere assegnata ad un magistrato diverso da quello che conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione) e deve, altresì, concludersi con sentenza, la quale è tale sotto tutti i profili (compresa la sua ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.). In tale prospettiva è stato più volte evidenziato da questa Corte, in fattispecie analoghe a quelle in esame, come non sia consentito all’interprete discostarsi dal modello così delineato, adottando forme ritenute più idonee o convenienti ed è stato, quindi, affermato il principio, secondo cui in mancanza dei requisiti formali e sostanziali richiesti per le sentenze, nonchè (come nella specie) in caso di provenienza da un giudice – quello dell’esecuzione – al quale le legge non conferisce il potere di emettere provvedimenti definitivi di chiusura del procedimento, il provvedimento adottato non può avere portata maggiore di quella propria dell’atto esecutivo, contro il quale non è esperibile, a pena di inammissibilità, il rimedio dell’immediato ricorso per cassazione.
Da quanto sin qui detto consegue che il mezzo di reazione avverso il provvedimento, come quello all’esame, con cui il G.E. dichiari l’inammissibilità di un intervento per ragioni, come nella specie, di carattere formale è rappresentato dall’opposizione agli atti ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. (salvo che la parte, come qui è avvenuto, preferisca sollecitare i poteri di modifica o revoca dello stesso giudice), mentre sarà la sentenza che decida sull’opposizione ad essere ricorribile per Cassazione con il ricorso straordinario;
inoltre nell’ambito dell’opposizione agli atti esecutivi sarà possibile sollecitare al G.E. i provvedimenti indilazionabili o di sospensione di cui all’art. 618 c.p.c., comma 2. 2.1. Merita puntualizzare che siffatto ordine concettuale è stato ribadito da questa Corte anche per i provvedimenti che il G.E. adotta, per così dire, in seconda battuta, a modifica e revoca dei precedenti, che sono anch’essi pronunciati con ordinanza, ai sensi dell’art. 487 cod. proc. civ. e soggetti al regime di cui agli artt. 176 e segg. e 186 c.p.c.. Anche detti provvedimenti costituiscono manifestazione del potere di direzione del processo e sono, quindi, al pari di quello modificato e revocato, modificabili e revocabili da parte dello stesso G.E. sino a quanto non abbiano avuto esecuzione;
inoltre, in quanto vengono a regolare diversamente la situazione già disciplinata dal provvedimento precedente, sono soggetti a riesame attraverso l’opposizione agli atti esecutivi ad iniziativa della parte che subisce la modifica o la revoca (cfr. Cass. 23 febbraio 1998 n. 1943; Cass. 6 agosto 2001 n. 10840; Cass. 17 luglio 2009, n. 16731).
2.2. Per quanto concerne, poi, i provvedimenti di diniego dell’istanza di modifica o della revoca, questa Corte ha già rilevato, con argomentazioni condivisibili, che al novero degli atti esecutivi impugnabili (cioè opponibili o reclamabili) possono essere ricondotti anche i provvedimenti con cui il G.E. rigetta l’istanza di modifica o revoca di un proprio precedente provvedimento, quante volte però, pur rimanendo inalterata la posizione fatta alle parti dal quel provvedimento, un pregiudizio possa loro derivare dagli argomenti addotti a sostegno del diniego; mentre insuscettibile di impugnazione va considerato il provvedimenti) di diniego che, anche per la motivazione adottata, non altera la posizione fatta alle parti dal provvedimento di cui il giudice rifiuta la modifica o la revoca:
in tal caso, consentire 1’opposizione agli atti o il reclamo contro il provvedimento negativo significherebbe riaprire a favore della parte decadutane la possibilità di far valere i vizi da cui era affetto il provvedimento precedente (Cass. 23 febbraio 1998 n. 1943 in motivazione; Cass. 15 marzo 2004, n. 5238).
2.3. Preme rilevare che il principio da ultimo enunciato – secondo cui provvedimento del giudice dell’esecuzione di diniego della modifica o della revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioè opponibili o reclamabili) solo quando all’istante, pur rimanendo inalterata la sua posizione giuridica che tale precedente provvedimento fonda, possa derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del rigetto – non autorizza, però, a ritenere (come pretenderebbe l’odierno ricorrente) che ove, al contrario, il provvedimento di diniego non presenti tale connotazione, il provvedimento stesso sia impugnabile con il ricorso straordinario per Cassazione in luogo dell’opposizione agli atti esecutivi da cui la parte risulti ormai decaduta. Invero rispetto alla parte che abbia inutilmente sollecitato la revoca o modifica di un provvedimento che sia divenuto per lei inoppugnabile, la situazione processuale determinata dal provvedimento, la cui revoca è stata rifiutata, si è già consolidata per effetto della mancata opposizione, di modo che non ci si trova in presenza di una vicenda caratterizzata dalla originaria mancanza di mezzi di reazione avverso il provvedimento del giudice, ma di pregresso esaurimento dei mezzi esistenti e non esperiti (cfr. Cass., 13 giugno 1992, n. 7248). In altri termini, se il provvedimento non arreca alla parte alcun ulteriore pregiudizio vuoi dire che la parte non è posta da quel provvedimento in posizione di soccombenza diversa da quella in cui già si trovava, per cui non è dato esperire diretto ricorso per Cassazione quando essa non ha sperimentato, per rimuovere quella situazione, gli altri mezzi di impugnazione contenziosa accordatigli dall’ordinamento.
In definitiva l’ordinanza del G.E. in data 11.11.2009, che ha rigettato l’istanza di revoca o modifica del provvedimento del 27.05.2009, segnatamente per la parte relativa all’inammissibilità dell’intervento dell’ I., non ha contenuto decisorio, non statuendo su diritti e risultando, anzi, – secondo la stessa prospettazione di parte ricorrente, che assume essere rimasta inalterata la propria posizione – un provvedimento meramente ricognitivo del precedente. Inoltre il medesimo provvedimento non può neppure avere, indirettamente, la funzione di consentire alla parte l’impugnazione con ricorso straordinario per far valere eventuali vizi formali, che avrebbero potuto essere fatti valere (nei termini di cui all’art. 617 cod. proc. civ.) con l’opposizione agli atti avverso l’ordinanza precedente.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso straordinario consegue la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della resistente in Euro 6.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.
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