Cass. civ., sez. V 24-02-2006, n. 4235 TRIBUTI – CONTENZIOSO TRIBUTARIO – PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO – TERMINI PER RICORRERE – Avviso di accertamento in tema di IVA inerente a crediti antecedenti al fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Ufficio Iva di Napoli ordinava, con ingiunzione diretta al signor A.A., in data 18 maggio 1988, il pagamento di una somma a titolo di imposta ed accessori per l’anno 1982, facente seguito ad un avviso di rettifica, ai fini applicativi dell’Iva, notificato il 24 gennaio 1987.

Il contribuente ricorreva avverso l’ingiunzione eccependo che la rettifica non gli era mai stata notificata e che in ogni caso difettava della legittimazione passiva.

La C.t.p. di Napoli rigettava il ricorso in quanto le notifiche sarebbero state effettuate correttamente, sia quella dell’avviso di rettifica, nelle mani del curatore del fallimento della ditta individuale Italchimica di A.A., sia quella dell’ingiunzione, al contribuente tornato in bonis, a seguito della chiusura della procedura concorsuale.

2. Sosteneva invece l’A., con l’appello, che l’ingiunzione doveva essere diretta nei confronti della curatela fallimentare, atteso che la procedura concorsuale, a cui era stato assoggettato, era ancora in corso e che comunque egli non era legittimato passivo dell’ingiunzione, in quanto alla data della notifica (18 maggio 1988), egli era fallito.

La C.t.r. respingeva il gravame perché: a) la notifica dell’accertamento, diretta al curatore, non era stata opposta e perciò l’accertamento sarebbe divenuto definitivo; b) il fallimento sarebbe stato chiuso il 5 maggio 1987 e, quindi, al momento della notifica dell’ingiunzione, del 18 successivo, il debitore era tornato in bonis.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato ad un unico motivo, diretto anche nei confronti dell’Ufficio Iva di Napoli, cui resiste il ministero delle Finanze, con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, con il quale si duole della violazione di legge e di vizi motivazionali, il ricorrente afferma che egli non era legittimato a ricevere l’atto posto che, al momento della notifica dell’ingiunzione, era fallito, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione tributaria, e come risultante dalla certificazione allegata.

2. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2.1. Il contribuente pretende di essere considerato estraneo alla controversia da lui stesso promossa solo a questo fine, e al contestuale obiettivo di veder dichiarare irritualmente notificata l’ingiunzione fiscale nelle sue mani anziché in quelle del curatore del suo fallimento, che si assume ancora pendente al momento della notificazione.

Il ricorrente, infatti, non mette in discussione l’avviso di accertamento a suo tempo notificato al curatore e mai impugnato né lamenta una sua disinformazione al riguardo ed anzi non esplicita affatto la volontà d’impugnarlo.

Egli impugna l’ingiunzione in luogo del curatore e stante il suo disinteresse.

2.2. Ma è già qui una ragione di inammissibilità del ricorso.

Infatti la giurisprudenza di questa Corte ha elaborato un tessuto giurisprudenziale riguardante l’impugnazione degli avvisi notificati dall’Amministrazione finanziaria che si caratterizza per i seguenti principi: a) l’accertamento tributario (anche in materia di Iva), ove inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore – in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento – ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla "definitività" dell’atto impositivo (Cassazione, sentenze 3667/1997, 14987/2000, 6937/2002); b) nell’inerzia degli organi fallimentari – ravvisabile, ad es., nell’omesso esercizio, da parte del curatore, del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’atto impositivo – il fallito è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela alla luce dell’interpretazione sistematica del combinato disposto degli art. 43 della legge fallimentare e dell’art. 16 del d.P.R. 636/1972, conforme ai principi, costituzionalmente garantiti (art. 24, comma 1 e 2), del diritto alla tutela giurisdizionale ed alla difesa (Cassazione, sentenze 3667/1997, 14987/2000, 6937/2002).

2.2.1. Il ricorrente, pertanto, ove anche – come assume – avesse ricevuto la notifica dell’ingiunzione in pendenza del suo assoggettamento a procedura fallimentare, aveva il potere di impugnare l’atto, in ragione della legittimazione straordinaria riconosciutagli dalla giurisprudenza di questa Corte.

2.3. Ma il ricorso è altresì inammissibile nella prospettazione dell’errore revocatorio, che si assume compiuto dalla Commissione di appello la quale, a dire del ricorrente, avrebbe ritenuto già chiuso il fallimento, al momento della consegna dell’atto fiscale, mentre la procedura (come risulterebbe da apposita certificazione) sarebbe stato ancora pendente.

2.3.1. Anche sotto tale profilo, il ricorso non merita sorte migliore.

Non è infatti censurabile in Cassazione il vizio consistito nella svista da parte del giudice di merito in ordine ad un fatto documentato, secondo i noti principi elaborati al riguardo.

Il vizio di motivazione su un punto decisivo, denunziabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., postula che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che, dopo aver percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo in modo che l’omissione venga a risolversi in un implicito apprezzamento negativo sulla rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico. Qualora, invece, l’omessa valutazione dipenda da una falsa percezione della realtà, nel senso che il giudice ritiene per una svista, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, inesistente un fatto o un documento, la cui esistenza risulti incontestabilmente accertata dagli stessi atti di causa, è configurabile un errore di fatto deducibile esclusivamente con l’impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (da ultima, Cassazione, sentenza 15672/2005).

2.4. La palese inammissibilità del ricorso (che non rendeva necessaria la costituzione della parte vittoriosa) e la condizione personale del ricorrente, inducono alla compensazione delle spese di questa fase.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese di questa fase.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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