Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il prof. C. riferisce di aver partecipato alla procedura indetta dall’Università degli Studi de L’Aquila nel corso del 2005, finalizzata alla copertura di un posto di professore di prima fascia nell’ambito del settore disciplinare MED30/Malattie dell’apparato visivo presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia.
All’esito dei lavori, la commissione di valutazione ha individuato come candidati meritevoli di valutazione comparativa i Professori C., S. (odierno appellato) e T..
Al termine della valutazione, la Commissione esprimeva quattro voti in favore del candidato C., uno in favore del candidato S. e nessun voto in favore del candidato T..
Quindi, con decreto in data 6 settembre 2007, il Rettore dell’Università approvava gli atti della procedura che aveva visto riconosciuta l’idoneità del prof. C..
Gli atti in questione venivano impugnati dinanzi al T.A.R. de L’Aquila dal prof. S., il quale ne chiedeva l’annullamento (ricorso n. 325/2008).
Nelle more di tale giudizio, il Rettore avviava presso il Consiglio di Facoltà la procedura di gradimento dell’idoneo, finalizzata alla nomina in ruolo.
Siccome il Consiglio di Facoltà non aveva raggiunto la maggioranza degli aventi diritto al voto (ma solo la maggioranza dei presenti), con delibera in data 23 ottobre 2007 veniva negato l’accesso in ruolo dell’odierno appellante.
La delibera in questione veniva impugnata dinanzi al T.A.R. de L’Aquila dal prof. C., il quale ne chiedeva l’annullamento.
Con sentenza n. 526/2008, il Tribunale adito accoglieva il ricorso, disponendo la riedizione della votazione.
Quindi, in attuazione del dictum giudiziale, il Consiglio di Facoltà si riuniva nuovamente, ma questa volta l’esito della votazione risultava sfavorevole al prof. C., il quale riportava una maggioranza di voti contrari.
Tuttavia, la sentenza del T.A.R. da ultimo richiamata (impugnata dall’odierno appellante) veniva riformata dal Consiglio di Stato, il quale non ravvisava la necessità di doversi procedere a nuove votazioni e stabiliva, quindi, che l’odierno appellante avesse titolo a richiedere la prosecuzione dell’iter, nel cui ambito doveva ritenersi ormai acquisito il favorevole parere del consiglio di facoltà, già espresso in precedenza a maggioranza semplice (sentenza 23 marzo 2009, n. 1730).
A seguito della sentenza del Consiglio di Stato, il Rettore (previa autorizzazione da parte del Senato accademico) nominava l’odierno appellante professore straordinario per il settore scientifico disciplinare MED/30.
Gli atti conclusivi della procedura venivano impugnati dal prof. S. dapprima con il rimedio del ricorso straordinario e, in seguito ad atto di trasposizione, dinanzi al T.A.R. (ricorso n. 357/2009).
Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adito così provvedeva:
– accoglieva il ricorso n. 325/2008 (proposto avverso il decreto rettorale con cui era stata dichiarata l’idoneità del candidato C.);
– dichiarava inammissibile il ricorso incidentale;
– dichiarava improcedibile il ricorso n. 357/2009 per sopravvenuta carenza di interesse
La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal prof. C., il quale ne chiedeva la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Error in procedendo ed in judicando: errata motivazione in ordine all’eccezione preliminare di improcedibilità e di inammissibilità rispettivamente dei ricorsi numm. 325/2008 e 357/2009 – Improcedibilità del ricorso n. 325/2008;
La sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per non aver correttamente valutato l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso n. 325/2008, atteso che il ricorso n. 357/2009 sarebbe inammissibile in quanto inizialmente proposto con ricorso straordinario, pur avendo ad oggetto l’impugnazione di atti conclusivi del medesimo procedimento cui afferivano gli atti impugnati con il primo ricorso
2) (nel merito): error in judicando per violazione del d.P.R. 117/2000 in materia di valutazioni comparative e universitarie – Violazione del bando di concorso e dei criteri fissati dalla Commissione – Travisamento ed erronea valutazione di circostanze decisive per il giudizio – Difetto di motivazione e vizio di ultrapetizione;
La sentenza in epigrafe sarebbe errata per la parte in cui ha ritenuto immotivato il giudizio di prevalenza riconosciuto all’attività didattica prestata dal prof. C., con particolare riguardo alla più duratura esperienza come ricercatore universitario.
In particolare, la sentenza risulterebbe erronea per la parte in cui ha ritenuto di limitare la didattica "ufficialè (valutabile ai fini della procedura per cui è causa) a quella svolta dai docenti con il titolo di professore, in tal modo escludendo la valutabilità non solo dei periodi svolti in qualità di cultore della materia, ma anche di quelli svolti in qualità di ricercatore universitario.
3) Ancora nel merito: error in judicando per violazione del d.P.R. 117/2000 in materia di valutazioni comparative universitarie, del bando di concorso e dei criteri fissati dalla commissione – Travisamento dei fatti – Erronea valutazione di fatti decisivi e dei presupposti per il giudizio – Difetto di motivazione e vizio di ultrapetizione.
La sentenza oggetto di gravame sarebbe meritevole di riforma per la parte in cui ha ritenuto erroneo il giudizio della Commissione, la quale si era espressa nel senso dell’equivalenza dell’attività clinica svolta dai candidati C. e S..
In particolare, la sentenza in questione risulterebbe erronea per la parte in cui ha ritenuto che l’attività clinica realizzata dal prof. S. risulterebbe prevalente in relazione al solo dato numerico degli interventi chirurgici effettuati.
In tal modo decidendo, il Tribunale avrebbe omesso di considerare: a) che la nozione di "attività clinicà rilevante ai fini valutativi non deve tenere in considerazione soltanto il dato numerico, bensì anche il dato qualitativo riferito alla tipologia degli interventi svolti; b) che, più in generale, la richiamata nozione non può essere riferita unicamente all’attività chirurgica, dovendo piuttosto essere riferita al complesso delle attività terapeutiche poste in essere in favore dei pazienti.
In definitiva, risulterebbe del tutto congruo il giudizio espresso dalla Commissione, la quale aveva ritenuto parimenti "rilevantè l’attività assistenziale e clinicochirurgica svolta dai Professori C. e S..
4) in via subordinata, nel merito: erronea ovvero omessa valutazione dei fatti decisivi e dei presupposti del giudizio – Difetto di motivazione e vizio di ultrapetizione
La sentenza in epigrafe risulterebbe, altresì, viziata per la parte in cui ha ritenuto di poter affidare a una nuova commissione il giudizio valutativo e comparativo fra i due candidati.
Ad avviso dell’appellante, una siffatta statuizione troverebbe giustificazione solo qualora il vizio ravvisato dal T.A.R. concernesse la composizione stessa della Commissione e non anche qualora – come nel caso di specie – il vizio rilevato attiene al contenuto in se dell’attività valutativa.
Si costituivano in giudizio l’Università degli Studi de L’Aquila e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, i quali concludevano nel senso dell’accoglimento dell’appello e spiegavano a propria volta appello incidentale al fine di ottenere la riforma della pronuncia.
Si costituiva, altresì, il prof. C., il quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.
All’udienza pubblica del 12 luglio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un candidato alla copertura di un posto di professore universitario di prima fascia (il quale era risultato l’unico idoneo all’esito della particolare procedura di cui al d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117) avverso la sentenza del T.A.R. Abruzzo con cui è stato accolto il ricorso proposto dal secondo classificato e, per l’effetto, è stato annullato il decreto di nomina.
2. Il Collegio ritiene di poter prescindere dal primo motivo di appello (con cui si è lamentato il mancato accoglimento dell’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso n. 325/2008), dal momento che il ricorso in appello è comunque fondato e meritevole di accoglimento in relazione al secondo e al terzo motivo.
3. In primo luogo, appare fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si è contestata la correttezza della sentenza del T.A.R. la quale aveva ritenuto ingiustificato il giudizio di prevalenza espresso dalla commissione in ordine all’attività didattica svolta dal prof. C..
3.1. In punto di fatto, va sottolineato che le esperienze didattiche vantate dai due candidati sino all’a.a. 2000/2001 (termine, questo, preso a riferimento dalla lex specialis della procedura) erano le seguenti:
– l’appellante prof. C. aveva prestato attività di ricercatore non confermato dal 1994 al 1997 e di ricercatore confermato dal 1997 al 2005 (rectius: sino al 2001);
– l’appellato prof. S., prima di conseguire la nomina a professore associato nel corso del 2000 aveva dapprima prestato attività in qualità di tecnico laureato e cultore della materia dall’a.a. 198990 all’a.a. 199293 e, successivamente, in qualità di professore a contratto dall’a.a. 199293 all’a.a. 199798.
Tanto premesso, si osserva che sul punto, il giudizio del T.A.R. si è fondato essenzialmente su tre ragioni
a) in primo luogo, la commissione di concorso non avrebbe in alcun modo tenuto in considerazione la rilevante attività didattica svolta dal prof. S. prima della sua nomina a professore associato nel 2000 (è rilevante al riguardo osservare che la lex specialis della procedura rendeva rilevanti soltanto i titoli maturati prima dell’a.a. 2000/2001);
b) in secondo luogo, la commissione avrebbe erroneamente ritenuto non valutabile la richiamata esperienza, ritenendo che essa fosse qualificabile come "attività didattica non ufficiale’. Al contrario, applicando il criterio del carattere "ufficialè o meno dell’attività didattica svolta dal singolo candidato, la commissione avrebbe dovuto piuttosto riconoscere prevalenza al candidato S. (il quale vantava una più lunga esperienza in qualità di professore a contratto) rispetto al candidato C., il quale vantava soltanto una rilevante esperienza come ricercatore universitario. Ciò, in quanto la nozione di didattica "ufficialè sarebbe riferibile ai soli professori universitari e non anche ai ricercatori, la cui attività risulta prioritariamente rivolta all’ambito della ricerca;
c) in terzo luogo, la commissione avrebbe erroneamente fondato il proprio giudizio sulla "breve duratà dell’esperienza didattica ufficiale svolta dal prof. S., non tenendo in considerazione il fatto che egli avesse conseguito il titolo di professore associato in un momento (anno 2000) certamente anteriore rispetto all’odierno appellante (il quale aveva conseguito tale titolo soltanto nel corso del 2005).
3.2. Nel merito, è meritevole di accoglimento l’argomento articolato dal prof. C., il quale ha sottolineato che il richiamo contenuto nella lex specialis della procedura alla "continua e consolidata esperienza didatticoformativa" è stato declinato in concreti elementi valutativi dalla commissione nel corso della seduta preliminare del 1° giugno 2006.
In tale occasione, la commissione ha statuito che, in sede di valutazione dei titoli prodotti dai candidati, si sarebbe presa in considerazione (inter alia) " (la) coerenza del curriculum accademico, con particolare risalto per i ruoli di ricercatore e professore associato".
Nella medesima occasione, la commissione aveva stabilito che avrebbero comunque costituito "titoli da valutare specificamente nella valutazione comparativa (omissis): e) i titoli di ricercatore; f) i titoli di professore associato".
Ebbene, come correttamente rilevato dall’appellante, i richiamati criteri di cui si era dotata la commissione di concorso (e che comunque, prima facie, non avevano declinato in modo irragionevole le prescrizioni contenute nel bando di concorso) non sono stati fatti oggetto di specifica impugnativa da parte del prof. S., ragione per cui correttamente la commissione ha effettuato le sue operazioni valutative facendo coerente applicazione di tali criteri,
In particolare, una volta fissato e consolidatosi per mancata impugnativa un criterio valutativo di carattere applicativo in virtù del quale si sarebbe conferito "particolare risaltò ai ruoli di ricercatore e professore associato, non risulta viziato l’operato in concreto posto in essere dalla commissione, la quale si è limitata sul punto a prendere atto: a) del carattere obiettivamente rilevante dell’esperienza vantata dal prof. C. in qualità di ricercatore (attività – quest’ultima – svolta senza soluzioni di continuità dal 1994 al 2001 e successivamente protrattasi fino al 2005); b) della durata complessivamente limitata del periodo di tempo vantato dal prof. S. in qualità di professore associato (periodo che, alla data rilevante ai fini della procedura, ammontava a circa un anno, avendo il candidato in questione conseguito la nomina ad associato solo nell’anno 2000).
Per le richiamate ragioni (mancata impugnativa di un criterio valutativo il quale riconosceva comunque prevalenza all’attività prestata in qualità di ricercatore e di professore associato e sua coerente applicazione da parte della commissione), non risulta rilevante ai fini del decidere la questione relativa al se la nozione di "didattica ufficialè potesse essere riconosciuta all’attività prestata in qualità di professore a contratto (come ritenuto dal T.A.R.), ovvero a quella prestata in qualità di ricercatore (come sostenuto dall’odierno appellante).
Per le medesime ragioni, la sentenza in epigrafe è meritevole di riforma per la parte in cui ha ritenuto che la commissione avesse escluso da una qualsiasi considerazione i titoli didattici maturati dal prof. S. prima dell’anno 2000.
Al riguardo si osserva – per un verso – che la rilevanza di tali titoli didattici è stata correttamente valutata alla luce dei criteri di cui la commissione si era dotata in occasione della richiamata seduta in data 1° giugno 2006 e – per altro verso – che l’esame degli atti di causa (e, in particolare, dei giudizi individuali espressi dai singoli commissari) palesa che i membri della commissione avessero ben presente la consistenza obiettiva delle esperienze didattiche vantate dai due candidati e che di tale consistenza avessero tenuto adeguatamente conto sia in sede di espressione di tali giudizi, sia in sede di espressione dei voti finali di preferenza.
Da ultimo, deve osservarsi che la sentenza in epigrafe è altresì meritevole di riforma per la parte in cui ha ritenuto che la commissione avesse erroneamente obliterato il fatto che il prof. S. avesse conseguito il titolo di professore associato nel corso del 2000, mentre l’odierno appellante aveva conseguito tale titolo solo nel corso del 2005.
Al riguardo, mette appena conto osservare che nessun errore valutativo sia in parte qua ascrivibile alla commissione, atteso che (come in precedenza osservato) la lex specialis di gara limitava la valutabilità dei titoli a quelli conseguiti prima dell’a.a. 200001.
4. In secondo luogo, appare fondato il terzo motivo di ricorso, con il quale si è contestata la correttezza della sentenza del T.A.R. la quale aveva ritenuto ingiustificato il giudizio di equivalenza espresso dalla commissione in ordine all’attività clinica svolta dal prof. C. e dal prof. S. (in entrambi i casi era stata ravvisata la sussistenza di una "rilevante attività assistenziale").
4.1. La sentenza in epigrafe ha ritenuto che il giudizio di equivalenza risultasse ingiustificato, in quanto: a) il prof. S. aveva dimostrato di avere effettuato 5.877 interventi oculistici di varia natura, mentre il prof. C. si era limitato ad autocertificare 2.370 interventi, senza – peraltro – che la commissione procedesse a una verifica in ordine alla correttezza di quanto dichiarato; b) in generale, il numero degli interventi espletato da ciascun candidato doveva necessariamente essere considerato dalla commissione ai fini valutativi (anche se a tale valutazione non doveva risultare estraneo un esame qualitativo degli interventi oculistici effettuati).
4.2. Sul punto, la sentenza è meritevole di riforma.
In primo luogo si osserva che la lex specialis della procedura richiedeva ai candidati, in relazione all’attività assistenziale svolta, "una comprovata esperienza clinica e chirurgica in campo oftalmologico", senza fornire alcun elemento testuale o sistematico per affermare che, ai fini valutativi, dovesse essere riconosciuto carattere esclusivo ovvero prevalente al numero degli interventi chirurgici effettuati.
Ancora più a monte, deve osservarsi che la lex specialis della procedura si interessava della complessiva "attività assistenzialè svolta dai candidati, la quale si articola nelle attività clinico/assistenziale e chirurgica.
Anche sotto tale aspetto risulta non condivisibile l’approccio tenuto dai primi Giudici, i quali hanno fatto coincidere la nozione di "attività assistenzialè con quella di "attività chirurgicà e che hanno ritenuto di poter valutare quest’ultima con esclusivo riferimento al numero assoluto degli interventi effettuati.
In tal modo statuendo, oltretutto, il T.A.R. ha ingiustificatamente tenuto in non cale le argomentazioni svolte da parte dell’odierno appellante, il quale aveva condivisibilmente osservato che, al fine di scrutinare l’attendibilità del sintetico giudizio di equivalenza espresso nei confronti di entrambi i candidati per ciò che attiene l’attività assistenziale e clinicochirurgica, non dovesse annettersi rilievo al solo dato quantitativo del numero di interventi effettuati, bensì anche al dato qualitativo della tipologia di tali interventi.
Ed infatti, dalla pronuncia appellata non emerge in alcun modo che il Tribunale abbia tenuto in qualche effettiva considerazione il dato qualitativo (in termini di delicatezza e difficoltà degli interventi svolti) degli interventi oggetto di giudizio, pur se la necessità di valutare tali aspetti era stata enunciata in via di principio.
Inoltre, la pronuncia in questione sembra annettere un minore grado di attendibilità alle attività di cui si sia allegata l’esistenza attraverso il ricorso allo strumento del’autocertificazione, non tenendo in adeguata considerazione il fatto che il pertinente quadro normativo riconosce piena validità ai fini concorsuali a siffatta modalità di allegazione (art. 46 e segg. del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) e che tale valenza potrebbe essere negata solo in caso di conclamata non veridicità di quanto affermato (la quale può assumere rilievo penale nelle ipotesi di cui all’art. 76, d.P.R. 445, cit.).
Le considerazioni sin qui svolte inducono a ritenere non condivisibile il giudizio espresso dai primi Giudici, alla luce del consolidato – e qui condiviso – orientamento secondo cui i giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari – essendo essenzialmente "giudizi qualitativi" sulle esperienze e sulla preparazione scientifica dei candidati ed attenendo all’ampia sfera della discrezionalità tecnica – sono censurabile unicamente sul piano della legittimità, per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, emergente dalla stessa documentazione, senza con ciò entrare nel merito della valutazione della commissione (in tal senso -ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 25 settembre 2006, n. 5608).
Ed infatti, la sentenza in epigrafe ha ritenuto di ravvisare profili di incongruità valutativa in relazione all’attività assistenziale e clinicochirurgica, facendo leva su un parametro valutativo (quello relativo al numero assoluto degli interventi effettuati) che non assumeva né un valore esclusivo, né un valore determinante ai fini dell’espressione del giudizio da parte della commissione di concorso.
5. L’accoglimento del ricorso, con conseguente riforma della sentenza di primo grado, deriva quindi dalla rilevata fondatezza del secondo e del terzo motivo di doglianza.
Ciò, rende irrilevante ai fini del decidere l’esame del quarto motivo di ricorso (peraltro, articolato in via soltanto subordinata rispetto all’accoglimento dei primi due motivi), con il quale si è altresì contestata la correttezza della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha imposto la reiterazione delle operazioni di valutazione da parte di una commissione diversamente composta.
6. Deve, altresì, essere accolto l’appello incidentale proposto dall’Università degli Studi de L’Aquila e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in quanto fondato su argomenti in larga parte coincidenti con quelli proposti dall’appellante principale.
7. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso in epigrafe e il ricorso incidentale devono essere accolti e per l’effetto, in riforma della sentenza oggetto di gravame, deve essere disposta la reiezione del primo ricorso.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e sull’appello incidentale, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza oggetto di gravame, dispone la reiezione del primo ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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