Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Dalla sentenza oggi gravata, resa dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 23.9.09 in grado di appello, nonchè dagli altri atti legittimamente esaminabili da questa Corte, risulta che:
1.1. il condominio (OMISSIS) conseguì, dal giudice di pace di quel Comune ed in data 5.6.01, decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di I.G., notificato il 7.7.01 e posto a base di precetto notificato il 26.9.03, seguito da pignoramento mobiliare in data 11.10.03;
1.2. il giudice di pace dell’opposizione al monitorio aveva peraltro sospeso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo con provvedimento del 3.1.02, notificato al legale del condominio in data 8.1.02, confermandolo poi – in data 2.7.02 – nonostante le contestazioni dell’opposto condominio e precisando il contenuto dei precedenti con ulteriore provvedimento del 6.11.03;
1.3. l’esecutato, con atto notificato in data 1.10.03, aveva allora proposto opposizione al precetto stesso, deducendo tra l’altro – e per quel che qui ancora interessa – appunto la carenza originaria di esecutività per il titolo posto a base di quello e della successiva esecuzione mobiliare;
1.4. il creditore procedente aveva ribattuto che era la sospensione dell’esecutività ad essere stata revocata, sicchè il titolo era esecutivo al momento dell’intimazione del precetto e dell’inizio dell’azione esecutiva;
1.5. il giudice di pace rigettò l’opposizione, con sentenza n. 3 del 10.1.05, sulla considerazione dell’illegittimità del provvedimento di revoca della clausola di provvisoria esecuzione, perchè non emesso nel contraddittorio delle parti;
1.6. per la riforma di tale sentenza interpose appello al tribunale l’ I., sostenendo l’illegittimità di tale valutazione, vietata al giudice dell’opposizione ad esecuzione e comunque infondata;
1.7. resistendo l’esecutante al gravame, il tribunale peraltro lo ha accolto, ritenendo precluso al giudice dell’opposizione all’esecuzione il controllo sulla validità o sulla ritualità del titolo: e, rilevato che pertanto difettava un titolo esecutivo già al momento della notifica del precetto, ha "annullato" la sentenza di primo grado, il precetto e la procedura espropriativa ad esso seguita.
2. Il Condominio (OMISSIS) ricorre per la cassazione di tale sentenza, affidandosi a tre motivi; resiste con controricorso l’ I.. La causa, proposta con relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., la reiezione del ricorso, è stata peraltro – all’esito della produzione di memorie del ricorrente e dell’adunanza in camera di consiglio del 17.2.11 – rimessa alla pubblica udienza, fissata poi per il 16.2.12.
Motivi della decisione
3. I motivi sviluppati dal ricorrente condominio riguardano:
3.1. violazione dell’art. 156 cod. proc. civ., in relazione dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, sotto molteplici profili: in quanto il giudice di pace non avrebbe rilevato la nullità/inesistenza del provvedimento 3.1.02, con cui era stata sospesa la provvisoria esecuzione del monitorio, siccome reso in carenza di contraddittorio, nonchè del successivo del 28.10.03, confermativo del primo; in quanto non poteva comunque essere revocata la sospensione, tanto meno inaudita altera parte; perchè non ha alcuna efficacia sanante l’instaurazione del contraddittorio ex post; perchè sul punto il giudice di appello non ha svolto alcuna motivazione a confutazione delle tesi di esso odierno ricorrente, limitandosi ad affermare argomenti di principio;
3.2. violazione degli artt. 615, 617 e 618 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, dovendo la sentenza di primo grado qualificarsi opposizione agli atti esecutivi e quindi non soggetta ad appello;
3.3. violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., per carenza delle conclusioni delle parti nel testo della sentenza impugnata.
4. A tali argomenti l’ I. ribatte:
4.1. quanto al primo motivo, sostenendone:
4.1.1. l’inammissibilità: sia in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la controversia in modo conforme alla giurisprudenza di questa Suprema Corte; sia perchè con esso si pretende di attribuire al giudice dell’opposizione all’esecuzione il compito di effettuare un controllo intrinseco del titolo esecutivo e di vagliarne la legittimità; sia perchè la questione della portata e dell’interpretazione del provvedimento del 3.1.02 sarebbe stata mossa per la prima volta in sede di legittimità; sia perchè nessuna rituale censura di vizio motivazionale sarebbe stata formulata;
4.1.2. l’infondatezza: per essere intervenuto il provvedimento di revoca della provvisoria esecuzione a contraddittorio già instaurato e comunque per essere stato confermato alla successiva udienza del 2.7.02; per essere quindi infondata la tesi della controparte sul ripristino di tale provvisoria esecuzione con detto ultimo provvedimento; per essere comunque, nel contraddittorio tra le parti, stato emesso ulteriore provvedimento – del 28.10.03 – di chiarimento del tenore del primo, a definitiva conferma che quanto era stato confermato era la revoca della clausola di provvisoria esecuzione;
per la sussistenza di motivazione esaustiva sull’accoglimento dell’appello;
4.2. quanto al secondo, evidenziandone l’infondatezza, dovendosi ricostruire l’azione come opposizione all’esecuzione e riguardando i precedenti richiamati da controparte il diverso caso del venir meno dell’esecutività del titolo in pendenza di processo esecutivo o dell’opposizione ad esso;
4.3. quanto al terzo, contestandone la fondatezza, per non sussistere e comunque per non essere stata prospettata, quale conseguenza dell’omessa indicazione delle conclusioni, un’omissione di pronuncia od altra menomazione del diritto di difesa dell’impugnante.
5. Il ricorso è infondato.
5.1. Logicamente preliminare è la disamina del secondo motivo, che attiene alla proseguibilità del giudizio, con esso prospettandosi l’inammissibilità dell’appello avverso una pronuncia che doveva qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi: ma tale tesi non è fondata.
Effettivamente, l’azione esecutiva deve essere necessariamente iniziata sulla base di un titolo esecutivo: la carenza originaria, cioè fin dal momento in cui l’esecuzione è stata minacciata (col precetto) od iniziata (col pignoramento), dell’esecutività del titolo azionato priva in radice il creditore del potere di agire in via esecutiva e comporta l’inesistenza del relativo diritto prima ancora dell’avvio della procedura o dei suoi atti prodromici (quali il precetto).
La contraria giurisprudenza addotta dal ricorrente si riferisce al ben diverso caso della sospensione dell’efficacia del titolo che era inizialmente dotato della sua tipica efficacia esecutiva, sicchè in tale fattispecie il processo esecutivo è stato ritualmente intrapreso e solo non può proseguire, in attesa della definitiva pronuncia sul diritto e quindi sull’esecutività della relativa statuizione.
In un caso assai simile a quello per cui è causa, del resto (Cass. 6 marzo 1998, n. 2487), questa Corte ha qualificato appunto opposizione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., quella proposta dal debitore per far valere la circostanza dell’intervenuta revoca della provvisoria esecuzione di un titolo giudiziale (con effetto, oltretutto, fin dalla pubblicazione della medesima, non rilevando il successivo lasso di tempo indispensabile per la sua comunicazione al creditore), negando al creditore il diritto di intimare perfino il precetto.
Tanto comporta l’infondatezza del relativo motivo.
5.2. Quanto al primo motivo, per giurisprudenza altrettanto consolidata è precluso al giudice dell’opposizione all’esecuzione ogni controllo in rito o nel merito dei titoli esecutivi giudiziali (tra le molte, basti un richiamo a Cass. 17 febbraio 2011, n. 3850), salvo il caso – effettivamente – di nullità-inesistenza. Ma la pretesa violazione del principio del contraddittorio non da di norma luogo ad un vizio di siffatta gravità, bensì, a tutto concedere, ad un’invalidità del provvedimento; ed anzi, quanto alla sospensione della provvisoria esecuzione ai sensi dell’art. 649 cod. proc. civ., la possibilità di ricostruirlo come provvedimento di natura lato sensu cautelare consente di applicare la normativa sul ed. procedimento cautelare uniforme e, di essa, l’art. 669 sexies cod. proc. civ., nella parte in cui consente appunto l’adozione di provvedimenti prima dell’instaurazione del contraddittorio sull’istanza cautelare stessa, salva la necessaria loro conferma (o modifica o revoca) a contraddittorio pieno: cosa che, a ben vedere, è accaduta proprio nel caso di specie, alla successiva udienza del 2.7.02.
Infine, quanto all’interpretazione di quest’ultimo provvedimento, dal tenore complessivo di questo e di quello ivi richiamato è evidente che, nonostante l’infelice espressione testuale del primo, oggetto della conferma era l’unico provvedimento immediatamente precedente reso sulla provvisoria esecuzione e cioè la revoca o sospensione della medesima (come riconosciuto, del resto, dal successivo ma superfluo provvedimento del 28.10.03): sicchè davvero, con il decreto del 3.1.02, confermato con ordinanza del 2.7.02, il monitorio posto poi a base dell’opposto precetto era stato radicitus privato della sua efficacia di titolo esecutivo e non poteva fondare alcuna esecuzione.
E tanto comporta l’infondatezza del relativo motivo.
5.3. Quanto al terzo motivo, è consolidata giurisprudenza di questa Corte che la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una semplice irregolarità formale, irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, affinchè possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto negativamente inciso sull’attività del giudice, comportando un’omissione di pronuncia su domande od eccezioni delle parti, ovvero un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati (per tutte: Cass. 23 febbraio 2007, n. 4208); ed è evidente che, nel ricorso (ed a nulla valendo eventuali successive integrazioni, non consentite neppure con le memorie ai sensi degli artt. 380-bis o 378 cod. proc. civ., che hanno il solo compito di illustrare le doglianze già ritualmente formulate), tali negative conseguenze non sono neppure prospettate. Il relativo motivo va quindi disatteso.
6. Il ricorso, attesa l’infondatezza di ognuno dei motivi formulati, va rigettato; e le spese del presente giudizio di legittimità conseguono alla soccombenza del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il Condominio (OMISSIS), in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento, in favore di I.G., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre maggiorazione per spese generali, C.P.A. ed I.V.A. nella misura di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2012
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