Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza dell’11 aprile 2003 il Tribunale di Napoli – sezione distaccata di Pozzuoli – aveva riconosciuto L? S? D? C? responsabile dei reati di cui alla L. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, nonché L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 1, 2 e 20 e L.R. n. 9 del 1983, art. 2, per avere realizzato, in qualità di proprietaria e committente, in assenza di concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza del relativo nulla osta e senza osservare le disposizioni in materia di costruzioni in zona sismica, n. 11 scavi profondi un metro e delle dimensioni di circa 80 cm. per 8 cm. su di un’area di circa mq. 120, in Monte di Procida il 19 dicembre 2001, condannandola alla pena di giorni undici di arresto e Euro 11.000,00 di ammenda.
La decisione è stata quindi riformata dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza dell’11 maggio 2004, che ha assolto l’imputata perché il fatto non sussiste dai reati di cui alle leggi edilizia e quella relativa alle costruzioni in zona sismica, rideterminando la pena per il reato paesaggistico ambientale, in ordine al quale ha confermato il riconoscimento di responsabilità, in giorni 10 di arresto e Euro 10.666,00 di ammenda.
La Corte ha ritenuto al riguardo fondato il dubbio relativamente alla finalità edilizia dell’attività realizzata dalla S?, escludendone la ricorrenza, mentre ha valutato comunque violato il vincolo paesaggistico anche alla luce delle deduzioni dell’appellante, secondo le quali lo scopo dei lavori era quello di bonificare il fondo con l’impianto di nuove essenze arboree (alberi di ulivo), affermando che tale impianto avrebbe comunque modificato l’aspetto esteriore del fondo.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, in relazione alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, comma 1, lett. c), alla stregua del quale sarebbero puniti unicamente gli interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo, mentre nel caso in esame la natura edilizia dell’intervento accertato era da escludere, trattandosi esclusivamente di interventi di natura agricola finalizzati all’impianto di alberi di ulivo.
La ricorrente chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, senza rinvio, perché il fatto non costituisce reato o perché il fatto non sussiste.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Con l’unico motivo dello stesso, la ricorrente censura la decisione dei giudici di merito laddove, pur valutando l’intervento contestato come non inerente ad opere edili, tuttavia lo ha ritenuto comunque vietato e punito dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali vigente all’epoca dell’accertamento del fatto, e ciò in contrasto col contenuto di tale decreto.
Ed invero, se a norma del Decreto citato, art. 151, per eseguire opere di qualunque genere sui beni assoggettati a vincoli ambientali, è necessario ottenere la preventiva autorizzazione dell’autorità amministrativa competente (ove si tratti quindi, come nel caso di specie, di vincoli ambientali di natura non assoluta, ma relativa), il successivo art. 152, lett. b) del medesimo Decreto esclude la necessità di una tale autorizzazione, tra gli altri casi, ""per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempre che non si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio".
Poiché infine l’art. 163 del Decreto punisce chiunque esegue lavori di qualunque genere sui beni ambientali senza la prescritta autorizzazione, restano al di fuori dell’ambito di applicazione della norma penale gli interventi indicati dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 152, in quanto per essi non è prescritta la preventiva autorizzazione.
Nel caso in esame, è stata accertata dal Giudice di primo grado la natura e la finalità non edilizia dell’intervento contestato, consistente viceversa in una attività di bonifica di un fondo agricolo finalizzata all’impianto di piante di ulivo, come tale riconducibile ad uno dei casi che a norma del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 152, comma 1, lett. b) non necessitano di preventiva autorizzazione ambientale.
Il ricorso va pertanto accolto, con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto di reato contestato non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
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