Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-03-2012, n. 4369 Pignoramento di beni immobili e di beni mobili registrati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La presente controversia trae origine dal pignoramento immobiliare eseguito nei confronti della Cooperativa edilizia Sant’Erasmo (poi in liquidazione coatta amministrativa, di seguito brevemente Cooperativa) dalla s.p.a. Monte dei Paschi Factor (cui subentrava la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., di seguito M.P.S.) con l’intervento della Banca di Roma (poi Capitalia s.p.a.), della Europa Costruzioni s.r.l. e di S.U..

Con sentenza n. 2368 del 29.10.2004 il Tribunale di Latina rigettava due opposizioni proposte ex art. 619 cod. proc. civ., con autonomi giudizi, poi riuniti, da T.R. e altri soci della Cooperativa, nonchè dal Comune di Aprilia avverso detto pignoramento immobiliare; condannava parte opponente al pagamento delle spese processuali.

Il Tribunale – per quanto ancora interessa in questa sede – riteneva infondata l’eccezione di nullità del pignoramento, erroneamente trascritto sulla proprietà piena, anzichè sul diritto di superficie concesso alla Cooperativa dal Comune di Aprilia, ritenendo l’errore emendabile retroattivamente, per effetto della rettifica della nota di trascrizione eseguita in data antecedente all’udienza di comparizione nel giudizio di opposizione del suddetto Comune.

Proposto appello dal Comune di Aprilia nei confronti della Banca M.P.S., di Capitalia s.p.a., della Europa Costruzioni s.r.l. e verso la Cooperativa, nella contumacia degli altri originari opponenti, soci della cooperativa, la Corte di appello di Roma così provvedeva:

rigettava l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle parti appellate.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Aprilia, svolgendo due motivi.

Hanno resistito, depositando distinti controricorsi, la banca M.P.S., l’Europa Costruzioni s.r.l., la Trevi Finance s.p.a. (cessionaria della posizione creditoria, già della Banca di Roma) e, per essa, la mandataria UniCredit Credit Management Bank s.p.a. (di seguito brevemente UniCredit C.M.B.).

La banca M.P.S., con la memoria depositata nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ., si è limitata ad allegare la cartolina relativa alla notifica del controricorso, riportandosi integralmente al ricorso.

Motivi della decisione

1. Pacifico tra le parti che il pignoramento immobiliare è stato erroneamente eseguito con indicazione del diritto di proprietà anzichè di superficie, effettivamente spettante alla Cooperativa, debitrice esecutata e che – nelle more dell’udienza di prima comparizione nel giudizio di opposizione ex art. 619 cod. proc. civ. – si è proceduto alla rettifica, con rinnovazione del pignoramento e della sua trascrizione, il problema che propone il ricorrente, opponente ex art. 619 cod. proc. civ., in quanto titolare della "nuda" proprietà, è quello dell’invalidità del pignoramento per incertezza dell’oggetto e dell’inidoneità della successiva rettifica a sanare detta invalidità.

Orbene la Corte di appello – pur dichiaratamente abbandonando il rilievo del primo Giudice in ordine alla diversa misura dei diritti in questione (intendendosi la proprietà come un genus, di cui il diritto di superficie costituiva la species) – da un lato, ha ribadito l’impianto argomentativo del Tribunale nella parte in cui aveva escluso l’idoneità dell’errore della nota di trascrizione a determinare una situazione di incertezza rilevante ex art. 2665 cod. civ., e, dall’altro, ha precisato che, anche a voler riguardare il pignoramento ex art. 555 cod. proc. civ., come fattispecie avente funzione unitaria, ancorchè a formazione progressiva, l’avvenuta rettifica del pignoramento e della conseguente trascrizione, ben prima dell’udienza di comparizione delle parti, aveva avuto sicuramente efficacia sanante della dedotta irregolarità. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 2665 cod. civ. in comb. disp. con l’art. 952 cod. civ. e dell’art. 555 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che – contrariamente a quanto opinato dalla Corte di appello l’erronea trascrizione ha determinato incertezza rilevante agli effetti dell’art. 2665 cod. civ., sia in ordine al bene pignorato, posto che ai sensi dell’art. 952, stesso codice "il bene" oggetto del diritto di superficie è la costruzione al di sopra del suolo, sia in ordine al "rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto" di pignoramento e, cioè, al titolo; per altro verso osserva che il riferimento, come momento sanante del pignoramento, all’udienza di comparizione delle parti nel giudizio di opposizione risulta improprio, dal momento che la fattispecie del pignoramento si completa ex art. 555 cod. proc. civ., attraverso la successione del pignoramento e della successiva trascrizione, non risultando menzionata dalla norma l’udienza di comparizione delle parti.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e art. 24 Cost. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che – essendo stato l’errore commesso dalla creditrice procedente sanato solo successivamente all’atto di opposizione – doveva applicarsi quantomeno il principio della soccombenza virtuale nei confronti della stessa parte procedente, risultando inconferente il rilievo della Corte di appello circa il breve lasso di tempo intercorso tra l’opposizione e la rettifica.

3. I motivi, che per la stretta connessione delle tematiche possono essere esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento, ancorchè gli argomenti addotti nell’impugnata sentenza – precisi e puntuali nella parte in cui evidenziano l’efficacia sanante della rettifica, siccome riguardante sia l’atto di pignoramento, sia la nota di trascrizione – richiedano, per il resto, di essere integrati e corretti.

3.1. Va qui ribadito, in adesione ai più recenti approdi di questa Corte, che l’esecuzione del pignoramento immobiliare delineata dall’art. 555 cod. proc. civ., ha natura unitaria, benchè a formazione progressiva, e si attua attraverso la fase della notifica dell’atto e quella della sua trascrizione (così Cass. 16 maggio 2008, n. 12429). Per quanto si chiarirà di seguito, ai fini dell’economia della motivazione della presente sentenza non occorre prendere posizione, sull’altra questione – strettamente connessa alla natura, integrativa o costitutiva, assegnata alla trascrizione del pignoramento – dell’applicabilità, nei casi di incertezza soggettiva o oggettiva, degli artt. 2659 e 2665 cod. civ., o, piuttosto, della riferibilità in via analogica agli artt. 2839 e 2841 cod. civ., in tema di iscrizione ipotecaria (con l’ulteriore corollario, in caso di adesione a quest’ultima tesi, avuto riguardo al richiamo contenuto nell’art. 2841 cit., alternativamente, ai vizi del titolo o della nota, che la produzione degli effetti di cui all’art. 2913 cod. civ., deve ritenersi condizionata all’insussistenza di cause di invalidità vuoi del pignoramento, vuoi della nota). Ciò che più preme rilevare è, piuttosto, che – indipendentemente dall’individuazione della normativa di riferimento per il caso di errori o omissioni della nota di trascrizione nell’art. 2665, o, per analogia, nell’art. 2841 cod. civ. – la trascrizione del pignoramento non ha esclusivamente valore di atto esecutivo, rispondendo anche alle logiche proprie della pubblicità immobiliare; correlativamente il riconoscimento di una struttura complessa nella fattispecie di cui all’art. 555 cod. proc. civ., non può indurre a sovrapporre e confondere le due fasi in cui essa si perfeziona, valendo, anzi, ad evidenziare l’esigenza di distinguere l’ipotesi in cui il vizio formale, afferente all’atto di pignoramento, si riflette sulla conseguente trascrizione da quella in cui il medesimo vizio attiene solo alla nota di trascrizione.

Da questa premessa si desume quanto segue.

3.1.1. Quale che sia la soluzione della questione di principio sopra esposta, certo è che nel caso all’esame il riferimento all’art. 2665 cod. civ., su cui si è incentrato il dibattito in sede di merito e la cui violazione, tuttora, censura parte ricorrente, non è affatto pertinente; ciò in quanto la norma – ricollegando l’invalidità o meno della trascrizione, per omissioni o inesattezze nelle relative note, all’idoneità o meno del vizio a determinare incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto "cui si riferisce l’atto" (o la sentenza o la domanda) – è intesa a stabilire se e in quali limiti quell’atto, nel suo effettivo contenuto, è opponibile a terzi, nonostante l’errore o l’omissione da cui è affetta la relativa pubblicità. In altri termini la norma ha riguardo al vizio proprio della nota di trascrizione, risultando ad essa estranea l’ipotesi, in cui non vi è discrepanza tra l’atto e la nota di trascrizione, ma sia il primo a contenere un’inesattezza in relazione a quello che avrebbe dovuto essere il suo effettivo contenuto, circa alcuno degli elementi che vengono poi indicati nella nota (cfr. per l’affermazione del principio Cass. 8 marzo 2005, n. 5002), giacchè in quest’ultimo caso la nota viene a riprodurre fedelmente l’erroneo contenuto dell’atto.

3.1.2. Nel caso di specie – pacifico che sia l’atto di pignoramento notificato alla debitrice esecutata, sia (di conseguenza) la nota di trascrizione si riferivano alla proprietà (piena) e non al diritto di superficie – la questione da porsi, dunque, non è quella se tale errore fosse rilevante o meno in relazione all’art. 2665 cod. civ. (id est se vi fosse o meno incertezza della nota rispetto ai contenuti del pignoramento, che, anzi, risultava fedelmente riprodotto), bensì quella se, per effetto di detto errore, fosse stato pignorato il bene del terzo – tale essendo la veste in cui ha agito il Comune – o, più esattamente, se il vincolo fosse stato apposto anche sulla (nuda) proprietà del Comune.

3.1.3. Valga considerare, spostando l’indagine dalla nota di trascrizione all’atto di pignoramento, che l’errore contenuto nell’atto di pignoramento circa gli elementi, poi, riprodotti nella nota (nella specie, la tipologia di diritto spettante al debitore esecutato) – mentre va valutato, nei confronti del debitore esecutato, in rapporto all’idoneità o meno del pignoramento a raggiungere lo scopo suo proprio di atto iniziale del processo esecutivo, secondo la regola generale delle nullità degli atti processuali – con riguardo alla posizione del terzo opponente ex art. 619 cod. proc. civ., che qui interessa, non si pone tanto in termini di validità/invalidità del pignoramento, occorrendo, piuttosto, verificare, se per effetto di quell’errore, è stato pignorato un bene, non già del debitore, ma del terzo.

3.1.4. Nel caso all’esame, anche a dare risposta positiva a siffatto quesito (riferendosi il vincolo apposto con il pignoramento sul diritto di proprietà, anzichè sul diritto di superficie, effettivamente spettante alla debitrice esecutata, anche alla "nuda" proprietà del Comune), è dirimente la considerazione, svolta dal giudice di appello, circa l’avvenuta rettifica, con la rinnovazione sia dell’atto di pignoramento che della sua trascrizione, dovendosi sicuramente escludere che, in seguito a ciò, il pignoramento potesse condurre all’ablazione anche del diritto del terzo. E’ ben vero che la rettifica è avvenuta dopo la proposizione dell’atto di opposizione, risultando verosimilmente provocata dalle stesse allegazioni contenute nell’atto di opposizione; tuttavia, la circostanza che il Comune, ad onta della veste formale di terzo, abbia singolarmente continuato ad affermare la nullità del pignoramento per incertezza del suo oggetto e a contestare l’efficacia sanante della rettifica, conferma non solo che era controversa, quantomeno, l’idoneità di tale situazione a far cessare la materia del contendere (donde l’impraticabilità del criterio di virtuale soccombenza), ma anche che l’opposizione era strumentale a finalità diverse da quelle per cui è accordato il mezzo di cui all’art. 619 cod. proc. civ..

In disparte il rilievo circa il brevissimo lasso di tempo intercorso prima della rettifica, avvenuta "ben prima dell’udienza di comparizione delle parti", evidentemente svolto dalla Corte di appello ai fini dell’esclusione di ogni profilo di danno, peraltro neppure reclamato dal Comune e, comunque, difficilmente ipotizzabile anche in relazione alla tipologia di diritto allo stesso spettante.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore di ognuno dei controricorrenti in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2012

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