Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-07-2011) 12-10-2011, n. 36849 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 19.10.2009 il Tribunale di Salerno, set. dist. di Amalfi, in composizione monocratica, applicava a B.G., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generi che equivalenti alle contestate aggravanti e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art. 444 c.p.p. di anni 1 di reclusione, convertito nella corrispondente sanzione della libertà controllata per anni due, e di Euro 200,00 di multa per par i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, art. 349 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 64 e 71, 93 e 95, art. 734 c.p., unificati sotto il vincolo della continuazione.

2) Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Salerno per erronea applicazione dell’art. 445 c.p.p., comma 1 in relazione all’omesso ordine di demolizione delle opere abusive. Secondo consolidata giurisprudenza tale ordine ha natura di sanzione amministrativa e non di pena accessoria, per cui è applicabile anche in caso di pena concordata tra le parti ex art. 444 c.p.p..

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’omessa statuizione della demolizione delle opere abusive.

2.1) Ricorre per cassazione anche il B., denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione del disposto di cui all’art. 129 cpv. c.p.p. ed alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza, con conseguente irrogazione di una pena nel minimo edittale.

3) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpv. c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 c.p.p., non si possono rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perchè essi sono coperti dal patteggiamento.

Con il ricorso per cassazione, pertanto, possono essere fatti valere errores in procedendo ed il mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

3.1) Tra i vizi che possono essere dedotti rientra certamente quello inerente la mancata applicazione dell’ordine di demolizione previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 7 (ora dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9). L’ordine di demolizione costituisce, invero, atto dovuto in quanto obbligatoriamente previsto, dalla normativa in vigore, in relazione alle opere abusivamente realizzate. Tale sanzione, pur formalmente giurisdizionale, ha natura sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio che il giudice deve disporre, non trattandosi di pena accessoria nè di misura di sicurezza, anche nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti ex art. 444 c.p.p. a nulla rilevando che l’ordine medesimo non abbia formato oggetto dell’accordo intercorso tra le parti. L’ordine di demolizione, infatti, essendo atto dovuto, non è suscettibile di valutazione discrezionale ed è sottratto, conseguentemente, alla disponibilità delle parti; di tale obbligatoria sanzione l’imputato, pertanto, deve tener conto nell’operare la scelta del patteggiamento, (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 3123 del 28.9.1995; conf. Cass. sez. 3 n. 296 del 13.10.1997; Cass. sez. 3, n. 3107 del 25.10.1997).

Ne deriva che, anche in caso di patteggiamento, la manifestazione di volontà delle parti non può investire la misura amministrativa:

pertanto così come non può essere ritenuto valido un accordo che preveda la esclusione della demolizione, ugualmente il mancato riferimento all’ordine di demolizione, nella richiesta e nell’accettazione del patteggiamento, non esime il giudice dal provvedere ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9).

Il disposto di cui all’art. 445 c.p.p., comma 1 riguarda il divieto di applicare, con la sentenza che recepisce l’accordo delle parti, pene accessorie.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è, ormai, assolutamente pacifica a partire dalla decisione a sezioni unite, dal momento che la sentenza che applica la pena su richiesta delle parti è equiparata ad una sentenza di condanna a tutti gli effetti diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 445 c.p.p., comma 1 (cfr.

Cass.sez.un.15.5.1992 n.5777).

3.1.1) In accoglimento del ricorso del PG, la sentenza impugnata va pertanto annullata, per violazione di legge, limitatamente alla mancata applicazione dell’ordine di demolizione che, stante la sua obbligatorietà, va disposto direttamente da questa Corte senza necessità di rinvio ( art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l).

3.2) Il ricorso del B. è, invece manifestamente infondato.

Quanto alla mancata applicazione dell’art. 129 cpv. c.p.p., questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione "soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p." (ex multis sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n. 18 – Serafino).

Il GUP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che dai verbali di sequestro e dai rilievi fotografici emergeva la prova dei reati ascritti.

In ordine alle generiche, il Gup ha ratificato l’accordo tra le parti che prevedeva la equivalenza delle stesse con le aggravanti.

Quanto, infine, alla congruità della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte "In mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art. 27 Cost., comma 3, può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’intera decisione che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la condizione personale dell’imputato" (cfr.

Cass. sez.6, ord. n.549 dell’11.2.1994). Sicchè "Nella motivazione della sentenza applicativa della pena richiesta dalle parti appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti di legge inderogabili, è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice di tale rilevante elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la valutazione favorevole operata ai fini dell’art. 27 Cost., comma 3" (Cass. sez. 1, n.1878 del 28.3.1995).

Il GUP ha effettuato il controllo richiesto ed ha ritenuto congrua la pena concordata tra le parti anche ai fini di quanto previsto dall’art. 27 Cost..

3.2.1) Il ricorso del B. deve, quindi, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in Euro 1.500,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del B. che condanna al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.500,00.

Annulla senza rinvio, in accoglimento del ricorso del P.G., la sentenza impugnata limitatamente all’omesso ordine di demolizione, ordine che dispone.

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