Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione III Sentenza n. 4326 del 2006 deposito del 03 febbraio 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– A seguito di opposizione a decreto penale, il Tribunale di Vicenza-Sezione di Schio, con la decisione indicata in premessa, condannava F? A?, quale legale rappresentante della ditta "Conceria Tre Effe Fratelli F? s.p.a.", alla pena di ? 200,00 di ammenda in ordine al reato, accertato il 12/12/2000, di cui agli artt. 15 e 25, comma 6, D.P.R. n. 203/1988, per aver modificato, ampliandolo, il proprio impianto termico, senza la prescritta autorizzazione.

– L’imputato ricorre per cassazione, deducendo erronea applicazione della legge penale, mancata valutazione di un punto qualificante del reato, mancanza di motivazione in logicità. In particolare lamenta che il giudice si è basato soltanto sulla circostanza della installazione di una terza caldaia, senza valutare se detta modifica dell’impianto avesse comportato una variazione essenziale (qualitativa e/o quantitativa) dello stesso. In secondo luogo il ricorrente eccepisce l’intervenuta prescrizione della contravvenzione, dovendosi comunque ritenere cessato ogni effetto permanente di essa dalla conoscenza avutane dalla P.A. in data 12/12/2000.

– All’odierna udienza il P.G. e la difesa concludono come riportato in epigrafe.

Motivi della decisione

– Preliminarmente deve affrontarsi il problema della natura (permanente o istantanea) della contravvenzione de qua in relazione all’eccepita prescrizione di essa.

Sul punto la giurisprudenza è oscillante. Con una prima decisione (Cass. Sez. III, 18 dicembre 1997, n. 11836, Pasini) si è affermato che, in tema di immissioni nell’atmosfera, la contravvenzione prevista dagli artt. 15 e 25, sesto comma, d.p.r. 24 maggio 1988 n. 203 (esecuzione senza autorizzazione di una modifica sostanziale di impianto industriale) non integra un reato istantaneo, la cui epoca di commissione debba farsi risalire al momento in cui avviene la modifica non autorizzata, bensì un reato permanente in cui detta modifica costituisce solo il momento iniziale della consumazione che si protrae sino alla conclusione del procedimento di controllo ed al rilascio dell’autorizzazione (con cui si mira ad accertare la compatibilità di quanto eseguito con la salvaguardia dell’interesse protetto), ovvero sino a che l’agente non abbia desistito dal comportamento o ripristinato la situazione precedente. Questo orientamento ha trovato integrale conferma nella sentenza Cass. Sez. III 14 maggio 2002, n. 18198, Pinori.

Con due decisioni intermedie (Cass. Sez. III, 4 maggio 2000, n. 5207, Murri; 6 aprile 2001, n. 13992, Uva) si è invece affermato che il reato previsto dall’art. 15 del d.P.R. n.203 del 1988 ha natura istantanea, ancorchè con effetti eventualmente permanenti, nell’ipotesi di utilizzazione dell’impianto modificato, con aumento o variazione qualitativa delle relative emissioni, il cui momento consumativo va individuato alla data di realizzazione delle modifiche, non precedute dalla prescritta preventiva autorizzazione. Nella sentenza Uva si è inoltre precisato che gli effetti permanenti, consistenti nella mancata conoscenza delle caratteristiche dell’impianto e/o della relativa sua ubicazione (cd. informazione ambientale) da parte dell’autorità amministrativa, cessano o per ottemperanza tardiva dell’agente oppure per la conoscenza che l’amministrazione ne abbia comunque avuto.

Il Collegio condivide il primo dei citati orientamenti, non ravvisando serie ragioni per attribuire alla contravvenzione di cui all’ art. 25, comma 6, D.P.R. n. 203/1988, natura diversa da quella monoliticamente riconosciuta da questa Corte alla contravvenzione, sotto molti profili ad essa assimilabile, di cui all’ art. 24, comma 1, dello stesso decreto.

Invero come quest’ultima è collegata al precetto contenuto nell’ art. 6, che sottopone la costruzione di un nuovo impianto alla preventiva autorizzazione dell’autorità amministrativa, così la contravvenzione in esame è collegata al precetto di cui all’ art. 15, che prescrive la preventiva autorizzazione per le modifiche sostanziali dell’ impianto esistente (comportanti variazioni quali-quantitative delle emissioni inquinanti) o per il trasferimento dello stesso in diversa località. In altri termini il legislatore, sebbene graduando la sanzione penale in relazione alle singole fattispecie, ha inteso considerare la modifica sostanziale dell’ impianto o il suo trasferimento alla stregua della costruzione di un nuovo impianto, ancorché meno gravemente, equiparando dette attività con la sottoposizione di tutte alla preventiva autorizzazione amministrativa.

Orbene la natura permanente della contravvenzione di cui all’ art. 24, comma 1, D.P.R. n. 203/1988, come si è detto, è del tutto pacifica (Cass. Sez. III, 21.12.1994, n. 12710, D’ Alessandro; Cass. Sez. III, 15.2.1999, n. 1918, Busetto; Cass. Sez. III, 5.2.2003, n. 5417, Matilde; Cass. Sez. III, 27.5.2004, n. 24189), così come lo è quella della contravvenzione prevista dal successivo art. 25, comma 1, relativa agli impianti esistenti (Cass. Sez. III, 25 luglio 1995, n. 8324, Cascone; Sez. III, 12 dicembre 1995, n. 12220, PG/Candelore; Sez. III, 20 luglio 1996, n. 7300, Simonetti ed altro; Sez. III, 18 dicembre 1997, n. 11836, Pasini; Sez. III, 26 novembre 1999, n. 13534, Cipriani; Sez. III, 7 aprile 2000, n. 4355, Ciccone; Sez. III, 2 aprile 2001, n. 12819, Motto).

Alla luce delle considerazioni che precedono il reato de quo non è ancora prescritto, essendo cessata la permanenza nel caso di specie -secondo i principi generali- con la pronunzia della sentenza di condanna, giacché non risulta dagli atti l’ottemperanza dell’ agente al precetto, né la cessazione dell’ attività dell’ azienda in epoca precedente.

– Non essendo estinto il reato per prescrizione, la doglianza proposta dal ricorrente in ordine alla valutazione dell’ entità della modifica apportata all’impianto, e cioè se fosse tale da determinare una variazione essenziale (qualitativa e/o quantitativa) dello stesso, esula dai poteri di questa Corte di legittimità, ritenuto che la motivazione del giudice del merito sul punto si presenta adeguata e corretta, in considerazione della non contestata circostanza di fatto dell’ installazione di una terza caldaia (per l’ essiccamento di fanghi) oltre alle due regolarmente autorizzate (per produzione vapore).

Il ricorso pertanto è inammissibile.

A mente dell’ art. 616 c.p.p., a tale declaratoria consegue – non potendo escludersi che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186)- l’ onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di ? 500,00.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma di ? 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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