Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5526 Fideiussione Interpretazione del contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Il Ministero dei Lavori Pubblici convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Fondiaria Assicurazioni S.p.A., chiedendo che fosse dichiarata obbligata all’adempimento delle prestazioni di cui alla polizza fideiussoria n. (OMISSIS) rilasciata dalla Fondiaria Assicurazioni S.p.A. – Agenzia Generale di Napoli Centro, a garanzia della restituzione dell’anticipazione contrattuale versata dal Ministero in favore del Raggruppamento temporaneo di imprese costituito da SAILEM S.p.A., quale capogruppo, GAMBOGI Costruzioni S.p.A., CO.GE.I. S.p.A. e ICLA Costruzioni Generali S.p.A., in forza del contratto di appalto per il completamento di opere marittime nel porto di Bari; e che, per l’effetto, fosse condannata a pagare in favore dell’istante la somma di L. 4.167.678.097, oltre interessi legali, in quanto l’amministrazione committente aveva rescisso il contratto in data 13 settembre 1999.

La convenuta si costituì e chiese ed ottenne l’autorizzazione alla chiamata in causa delle imprese costituite nel Raggruppamento contraente la polizza, in quanto responsabili verso la garante, in via tra loro solidale ed a semplice richiesta; nel merito, dedusse il carattere accessorio della garanzia, la carenza di prova della pretesa del Ministero e l’inesistenza dell’inadempimento legittimante la rescissione del rapporto garantito, disposta a seguito del fallimento della mandataria SAILEM S.p.A. ed in ragione della asserita mancata dimostrazione, da parte delle rimanenti imprese del raggruppamento (Ferrocemento Recchi S.p.A., nella quale era stata incorporata la GAMBOGI Costruzioni S.p.A. ed ICLA Costruzioni Generali S.p.A., essendo nelle more fallita anche la CO.GE.I. S.p.A.), in concreto, dell’intendimento di riprendere i lavori;

eccepì, infine, l’estinzione (e/o comunque la riduzione) del credito del Ministero in ragione di controcrediti vantati dal Raggruppamento per lavori già eseguiti. Concluse, chiedendo, in via preliminare, il rigetto della domanda; in subordine, la pronunzia di estinzione dell’intero credito, od, in ulteriore subordine, di parte di esso, per compensazione; in ogni caso, la condanna delle imprese chiamate in causa, Società Italiana per le Condotte d’Acqua S.p.A. (cui la Ferrocemento Recchi S.p.A. aveva ceduto il ramo d’azienda) ed ICLA Costruzioni Generali S.p.A., a tenere indenne e manlevare la società assicuratrice delle somme che avrebbe dovuto corrispondere all’assicuratore.

Si costituirono in giudizio anche le società chiamate in causa e contestarono nel merito la domanda dell’attrice, chiedendo comunque la riunione del giudizio ad altro, introdotto dalla Ferrocemento Recchi S.p.A. nei confronti del Ministero, per l’accertamento dell’illegittimità della rescissione in danno dell’appalto, nonchè per l’accertamento del diritto delle rimanenti imprese alla prosecuzione dei lavori; chiesero, in subordine, la sospensione del presente giudizio fino alla definizione dell’altro; contestarono, altresì, la pretesa di rimborso avanzata nei loro confronti dalla chiamante.

1.1.- Con sentenza n. 612 del 13 gennaio 2005, il Tribunale di Roma, ritenuta la natura autonoma della garanzia prestata dalla Fondiaria – SAI S.p.A., condannava quest’ultima al pagamento di quanto richiesto in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Euro 2.152.426,11, oltre interessi dal 1 aprile 1995) e condannava altresì le imprese chiamate in causa a tenere indenne la garante per ogni somma versata all’Amministrazione.

2.- Avverso questa decisione propose appello la Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., opponendo la propria carenza di legittimazione passiva con riferimento alla domanda di manleva e di regresso della Fondiaria, nonchè la carenza di legittimazione passiva della propria dante causa (GAMBOGI Costruzioni S.p.A. e poi Ferrocemento Recchi S.p.A.).

Si costituì la Fondiaria – SAI S.p.A., contestando l’impugnazione proposta e proponendo, a sua volta, autonomo appello incidentale avverso il capo della sentenza che aveva qualificato come autonoma la garanzia prestata in favore del Ministero, nonchè avverso il capo della sentenza che aveva rigettato l’eccezione di compensazione.

Si costituì e propose appello incidentale anche la ICLA Costruzioni Generali S.p.A., proponendo motivi coincidenti con quelli dell’appello incidentale della Fondiaria – SAI S.p.A., quanto alla qualificazione della polizza fideiussoria, al rigetto della richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ., e dell’eccezione di compensazione; propose altri motivi inerenti la legittimazione attiva della Fondiaria – SAI S.p.A. nei propri confronti ed il proprio difetto di legittimazione passiva.

Resistette, sia all’appello principale che agli appelli incidentali, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

2.1.- Con sentenza n. 4623 del 23 novembre 2009 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato gli appelli principale ed incidentali, confermando la sentenza impugnata; ha condannato la società appellante al pagamento delle spese in favore del Ministero, compensando le spese tra tutte le altre parti costituite.

3.- Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione la Fondiaria – S.A.I. S.p.A. (d’ora innanzi "Fondiaria"), affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, la Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A. (d’ora innanzi "Condotte") e la ICLA Costruzioni Generali S.P.A. (d’ora innanzi "ICLA") in liquidazione; queste ultime due propongono ricorsi incidentali, rispettivamente affidati a tre ed a cinque motivi, cui resiste Fondiaria con separati controricorsi.

Fondiaria ed ICLA hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

Preliminarmente, i ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti.

Sempre in via preliminare, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale di ICLA avanzata da Fondiaria per essere stato il ricorso proposto nel termine di giorni quaranta decorrente dalla notificazione dell’impugnazione principale, ma oltre il termine di giorni venti decorrente dalla data di notificazione della sentenza: l’impugnazione di ICLA è ammissibile, in base al principio dell’interesse all’impugnazione, come ricorso incidentale tardivo, sia per i motivi coincidenti con quelli fatti valere dal ricorrente principale (dei quali si tratterà unitamente a questi ultimi) nei confronti del Ministero, sia avverso il capo di sentenza diverso da quello oggetto dell’impugnazione principale, riguardante l’azione di regresso della società garante, in ragione del rapporto di dipendenza delle cause (cfr. Cass. n. 9308/11, n. 12714/10, nonchè S.U. n. 24627/07).

1.-Col primo motivo del ricorso principale è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, con riferimento agli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1368, 1370 e 1371 cod. civ. (in relazione all’interpretazione degli artt. 1944, 1945, 1952 e 1957 cod. civ. e degli artt. 1, 5, 6 e CGA di polizza), nonchè vizio di motivazione con riferimento ad un fatto decisivo per la controversia (ossia la presenza o meno, nel testo del contratto di garanzia per cui è causa, di una clausola contenente la previsione di impegno del garante al pagamento "a semplice richiesta" del beneficiario).

Deduce la ricorrente che l’art. 5 delle CGA è del seguente tenore letterale: "il pagamento delle somme dovute in base alla presente polizza sarà effettuato dalla Società entro il termine massimo di 30 giorni dal ricevimento della richiesta scritta dell’Ente garantito, restando inteso che, ai sensi dell’art. 1944 cod. civ., la società non godrà della preventiva escussione della Ditta obbligata" e che sia il giudice di primo grado, che il giudice di secondo, nel confermare pedissequamente la sentenza appellata, avrebbero invece letteralmente interpretato la clausola, in violazione dell’art. 1362 cod. civ., come se avesse usato l’espressione "semplice richiesta" di pagamento ed avesse previsto una deroga alla disciplina di cui all’art. 1945 cod. civ.; invece, Fondiaria aveva già rilevato con l’atto di appello incidentale che l’art. 5 CGA si limiterebbe ad escludere il beneficio della preventiva escussione ed a prevedere un termine breve (30 giorni) per il pagamento da parte del garante (termine oltre il quale sarebbe decorsa la mora per la Compagnia) e che la clausola non conterrebbe alcuna rinuncia della Compagnia a sollevare le eccezioni derivanti dal rapporto principale garantito nè alcuna previsione di pagamento a "prima" richiesta.

Secondo la ricorrente, fornendo l’interpretazione anzidetta, la Corte di merito avrebbe ritenuto presenti nel contratto previsioni e pattuizioni che non sarebbe dato affatto leggere e riscontrare, così prescindendo dal testo contrattuale ed addirittura assumendovi presenti espressioni assolutamente assenti; tanto più che l’art. 1 CGA prevede la costituzione della Compagnia come "fideiussore solidale nell’interesse della Ditta medesima per le somme che questa fosse tenuta a restituire all’Ente indicato nel frontespizio della polizza".

Oltre alla violazione dell’art. 1362 cod. civ., di cui sopra, vi sarebbe, altresì, secondo la ricorrente, anche la violazione dell’art. 1364 cod. civ., perchè il giudice avrebbe inserito, per via interpretativa, nel contratto "oggetti" (autonomia dell’impegno del garante) sui quali le parti non avrebbero contrattato, così finendo per sostituire la volontà delle parti.

La ricorrente ripete i medesimi rilievi, già svolti con riguardo al vizio di violazione di legge, anche relativamente alla denuncia del vizio di motivazione sul fatto decisivo per la controversia rappresentato dalla verifica della presenza o meno, nel testo della polizza fideiussoria, dell’impegno di Fondiaria al pagamento "a prima (semplice) richiesta". 1.2.- Quanto alla violazione dell’art. 1363 cod. civ. ed alla "lettura paritaria della polizza" che la Corte di merito avrebbe tratto dal raffronto tra il menzionato art. 5 CGA ed il successivo art. 6 (che, nel disciplinare i rapporti tra garante e debitore principale, prevede che il soggetto obbligato debba restituire, a semplice richiesta, le somme corrisposte dal garante al creditore, senza poter opporre alcuna eccezione, comprese le eccezioni previste dall’art. 1952 cod. civ.), la ricorrente deduce che soltanto nell’art. 6 sarebbe previsto un pagamento incondizionato che invece non sarebbe previsto nell’art. 5 e che quindi la differenza letterale non autorizzerebbe il confronto fatto nella sentenza impugnata, trattandosi di disposizioni aventi, per volontà delle parti contrattuali, contenuto evidentemente diverso ed anzi addirittura opposto; che, comunque, non si vede quale sarebbe il criterio di parità di trattamento, cui allude la Corte di merito, da reputarsi violato – nell’ambito di un contratto inerente diritti disponibili – se si ritenessero, come è, diversamente regolati i rapporti tra garante e debitore, da un lato, e garante e creditore beneficiario della garanzia, dall’altro. Sarebbe pertanto assurda l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, a voler seguire tale interpretazione, il terzo garantito si troverebbe "nei confronti del garante in una posizione molto più sfavorevole rispetto a quella dello stesso garante nei confronti del debitore principale. Il garante insomma sarebbe più garantito del soggetto garantito", poichè non terrebbe conto del fatto che l’operatività del regresso si colloca in un momento diverso rispetto all’escussione della garanzia e comunque successivo al pagamento fatto dal fideiussore.

1.3.- La ricorrente passa infine a criticare le conseguenze tratte dalla Corte di merito dalla interpretazione già criticata, ritenendo tali conseguenze, a loro volta, suscettibili dei rilievi di cui appresso:

– anche qualora – e pur non essendo così – vi fosse stato un impegno di Fondiaria al pagamento in favore del Ministero "a prima richiesta", ciò non avrebbe consentito comunque di qualificare la polizza fideiussoria per cui è lite alla stregua di un contratto autonomo di garanzia, così come invece è avvenuto;

caratteristica fondamentale di tale ultimo contratto è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, che non può essere tratta, come da giurisprudenza richiamata in ricorso, dalla sola presenza di clausole apparentemente "fuorvianti" rispetto allo schema tipico della fideiussione (quali quelle volte ad affermare l’impegno del garante a pagare "a prima (o semplice) richiesta" ovvero "senza eccezioni"), essendo invece necessarie specifiche clausole idonee ad indicare l’esclusione della facoltà del fideiussore di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, quindi idonee ad esprimere un obbligo del garante al pagamento incondizionato;

– nel caso di specie, non vi sarebbero in contratto "specifiche clausole" rivolte all’assunzione di tale obbligo di pagamento incondizionato, mentre emergerebbe dal testo della garanzia che Fondiaria, fino alla concorrenza del massimale indicato, si sarebbe costituita fideiussore solidale nell’interesse dell’ATI debitrice principale: ciò in quanto l’art. 5 si limita a prevedere l’esclusione del beneficio della preventiva escussione (che, come da giurisprudenza richiamata, non varrebbe a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia) ed addirittura disciplina l’operatività nella fattispecie del disposto dell’art. 1957 c.c. (che secondo la costante giurisprudenza sarebbe invece inapplicabile alle ipotesi di garanzia autonoma);

– le considerazioni anzidette, già svolte da Fondiaria nel giudizio di merito, resterebbero attuali anche dopo la pronuncia a Sezioni Unite n. 3947/10 sopravvenuta al deposito della sentenza impugnata.

2.- Il motivo non merita accoglimento.

Giova premettere che costante è l’affermazione di questa Corte, che qui si ribadisce, per la quale la qualificazione della garanzia come contratto autonomo di garanzia o di fideiussione (eventualmente atipica) si risolve in un apprezzamento dei fatti e delle prove da parte del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. n. 4981/01; n. 10637/02; n. 11368/02; n. 2464/04; n. 13001/06), essendo privo di valore il nomen iuris utilizzato dalle parti per designare la garanzia.

Ritiene il collegio che la sentenza impugnata abbia interpretato il contratto senza violare i canoni interpretativi di cui all’art. 1362, e segg., ed abbia espresso le proprie valutazioni con motivazione logica e coerente.

La Corte territoriale non ha fondato il proprio convincimento esclusivamente sull’asserito inserimento nell’art. 5 CGA dell’espressione "semplice richiesta", che, invece, la ricorrente deduce come mancante dell’aggettivo "semplice" e riferibile soltanto alla previsione di un termine automatico di messa in mora della Compagnia, decorrente dal ricevimento della richiesta di pagamento.

La sentenza interpreta la clausola contrattuale come idonea ad escludere il diritto del garante di opporre le eccezioni ex art. 1945 cod. civ., in ragione della brevità del termine previsto che, secondo la Corte d’Appello, "indica il chiaro intendimento delle parti di assicurare alla istanza del beneficiario una evoluzione assai rapida, in modo da rendere la funzione della polizza fideiussoria equivalente, nella sostanza, al deposito cauzionale che la polizza sostituisce".

L’attribuzione alla clausola del significato criticato dalla ricorrente non discende dalla violazione del canone di interpretazione letterale: non risulta frainteso il senso letterale delle parole, perchè l’interprete si fa carico di considerare quale portata le parti abbiano inteso attribuire alla necessaria preventiva richiesta e lo fa, tenendo conto del fatto che alla ricezione della richiesta le parti hanno collegato un termine entro il quale effettuare il pagamento; la brevità di questo termine è, a sua volta, considerata dall’interprete come significativa della volontà delle parti di far sì che alla richiesta medesima conseguisse il pagamento, in modo da assicurare all’istanza del beneficiario "una evoluzione assai rapida". Pertanto, sebbene debba escludersi che il testo contrattuale contenga l’aggettivo "semplice" come riferito alla "richiesta" di pagamento, il senso complessivo della clausola che comunque risulta da tale esclusione non è affatto in contrasto con quanto sostenuto dal giudice a quo: l’interpretazione di quest’ultimo, in sè, non è fondata (soltanto) sul dato meramente letterale della qualificazione della richiesta come "semplice", ma è (anche e) soprattutto fondata sul raccordo, pure letterale, tra tale richiesta e la previsione di un termine per il pagamento, qualificato come breve – qualificazione congrua, ed, in sè, nemmeno contestata dalla ricorrente; il risultato interpretativo così ottenuto non aggiunge affatto al testo del contratto una pattuizione che non sarebbe dato leggere e riscontrare, sul piano letterale, ovvero che vi si potrebbe leggere soltanto se il testo avesse fatto riferimento ad una "semplice" (o "prima") richiesta (cfr., per casi analoghi in cui si è ritenuta l’esistenza di un contratto autonomo di garanzia in ragione della previsione contrattuale di un termine breve per il pagamento tale da precludere a priori qualsiasi possibilità, per il garante, di sollevare eccezioni in ordine al rapporto sottostante, non essendo immaginabile, in tempi estremamente ristretti, lo svolgimento delle necessarie indagini per l’accertamento in concreto dell’inadempimento dell’appaltatore e della legittimità della richiesta dell’amministrazione garantita, Cass. n. 3964/99 e n. 8324/01).

A quanto detto giova aggiungere che l’interpretazione letterale come sopra fornita trova riscontro nell’indagine, che il giudice di merito da conto di aver fatto, riguardo alla comune intenzione dei contraenti. Ed, invero, la brevità del termine per il pagamento è valutata come sopra, tenendo conto della funzione che, nell’assetto dei rapporti tra le parti, risulta essere stata da queste assegnata alla polizza fideiussoria: essere, come dice la sentenza, "equivalente, nella sostanza, al deposito cauzionale che la polizza sostituisce".

Si tratta di un’interpretazione dell’art. 5 CGA rispettosa del disposto dell’art. 1362 cod. civ., poichè si è avvalsa di un’indagine sulla volontà dei contraenti volta a verificare, in concreto, la carenza dell’elemento dell’accessorietà, attraverso l’adozione di un complesso di regole interpretative, testuali ed extratestuali. L’esito di tale indagine è stato nel senso della stipulazione di un contratto autonomo di garanzia perchè la Corte vi ha riconosciuto la funzione "cauzionale" tipica di quest’ultimo:

stipulando la polizza fideiussoria in parola, i contraenti – presupponendo il contratto di appalto esistente tra il Raggruppamento di imprese, appaltatore, stipulante la polizza e da questa garantito, e la pubblica amministrazione, committente e beneficiarla della garanzia- hanno inteso consentire al creditore di escutere il garante con la stessa, tempestiva efficacia con cui avrebbe potuto far proprio un versamento cauzionale. Questa funzione cauzionale della garanzia è più volte richiamata nella sentenza impugnata, che appunto vi rinviene il carattere dell’autonomia nell’insieme di previsioni (prima fra tutte quella dell’art. 5 CGA, ma anche altre di cui si dirà) che comportano l’attribuzione alla pubblica amministrazione, ente appaltante, della facoltà di procedere ad immediata riscossione delle somme, a prescindere dal rapporto garantito, realizzando così una funzione del tutto simile a quella dell’incameramento di una somma di denaro a titolo di cauzione (cfr. già Cass. n. 3964/99 e n. 6757/01, nonchè Cass. S.U. n. 3947/10, in motivazione).

2.1.- Quanto al canone ermeneutico dell’art. 1363 cod. civ., la Corte di merito si è occupata del raffronto tra l’art. 5 CGA ed il successivo art. 6 ed ha escluso che alla differente portata letterale delle due clausole (dovuta al fatto che la seconda prevede letteralmente, a differenza della prima, l’obbligo del debitore principale di rimborsare il garante a semplice richiesta, senza potergli opporre alcuna eccezione, comprese quelle dell’art. 1952 cod. civ.) corrisponda una differente disciplina dei due rapporti garante-debitore e garante-creditore cui sono rispettivamente riferite; anzi, ha ritenuto di poter trarre dal testo dell’art. 6 argomenti per interpretare il precedente art. 5, considerando le due previsioni come "speculari", in modo da dar luogo ad una situazione "paritaria".

Sebbene il risultato interpretativo cui è giunta la Corte di merito non sia l’unico possibile (ciò, che, di per sè, non vizia la decisione: cfr. Cass. n. 24539/09, n. 7500/07), esso è tuttavia congruamente e logicamente spiegato nel senso che "da un lato l’appaltante/creditore/garantito beneficerà del pagamento, entro trenta giorni, a semplice richiesta, ma, dall’altro, l’assicuratore potrà a sua volta chiedere al suo cliente, cioè al soggetto obbligato/debitore principale, sempre a semplice richiesta, il rimborso delle somme corrisposte dall’appaltatore, senza che il debitore possa opporre eccezioni di sorta, comprese quelle ex art. 1952 c.c."; tale ragionamento è suffragato dalle ulteriori considerazioni svolte in sentenza e riportate in ricorso. Con questo, Fondiaria critica l’interpretazione data dal giudice del merito, limitandosi a contrapporre un’altra, possibile, interpretazione del raffronto tra le due clausole, nel senso che esse sarebbero espressione di una differente disciplina che le parti – nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, liberamente esercitabile, trattandosi di diritti disponibili – avrebbero inteso riservare ai due rapporti rispettivamente contemplati nell’art. 5 e nell’art. 6 CGA. Orbene, rispetto all’interpretazione propugnata da Fondiaria quella invece preferita dal giudice a quo ha il merito di valorizzare il dato dell’esclusione dell’operatività dell’art. 1952 cod. civ. in modo da farne indice della volontà delle parti di svincolare del tutto il rapporto di garanzia dal rapporto principale, secondo un indirizzo interpretativo più volte condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, che rinviene il tratto tipico del contratto autonomo di garanzia nel regime delle azioni di rivalsa dopo l’avvenuto pagamento (cfr. Cass. S.U. n. 3947/10, in motivazione). In particolare, si è ritenuta caratterizzare un contratto autonomo di garanzia la previsione per la quale, il garante, una volta che abbia pagato nelle mani del creditore beneficiario, pur non potendo agire nei confronti dell’accipiens, possa invece esperire l’azione di regresso ex art. 1950 c.c., nei confronti del debitore garantito, senza possibilità per il debitore di opporsi al pagamento richiesto dal garante ne1 di eccepire alcunchè, in sede di rivalsa, in merito all’avvenuto pagamento (così Cass. n. 8324/01; n. 7502/04; n. 14853/07); siffatta giurisprudenza da riscontro alla "lettura paritaria" delle due clausole che la Corte di merito ha esplicitato in motivazione.

2.2.- L’esito dell’operazione interpretativa di cui sopra è l’attribuzione alla clausola dell’art. 5 CGA del significato di escludere il diritto della Compagnia assicuratrice di opporre al creditore le eccezioni opponibili dal debitore principale ex art. 1945 cod. civ.. Dato ciò, si pone l’ulteriore questione della portata da riferire a tale esclusione: la Corte di merito, in proposito, ha ritenuto che la clausola di pagamento prevista non possa risolversi in una clausola di solve et repete con carattere di accessorietà ed ha considerato, invece, la stessa come afferente ad un contratto del tutto svincolato dal rapporto principale garantito, vale a dire ad un contratto autonomo di garanzia. Malgrado la Corte abbia avuto cura di premettere che le espressioni "a semplice richiesta" o a prima richiesta potrebbero essere di per sè non decisive per affermare l’autonomia della garanzia, ha concluso nel senso che, nel caso di specie, la qualificazione del contratto di garanzia come autonomo, desumibile dalla portata dell’art. 5 come sopra interpretato, troverebbe riscontro e conferma, per un verso, nell’esclusione della facoltà del debitore principale di opporre al garante le eccezioni di cui all’art. 1952 cod. civ., della quale si è detto sopra; per altro verso, nella non decisività del richiamo compiuto dall’art. 5, all’art. 1957 cod. civ..

2.2. 1- Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’esclusione dell’operatività dell’art. 1952 cod. civ. è indice di deroga alla normale accessorietà della garanzia fideiussoria, sia nei precedenti citati dalla Corte d’Appello (Cass. n. 7502/04, n. 23900/06), che in altri successivi (tra cui Cass. n. 14853/07 cit.), compresa la decisione a Sezioni Unite del 2010, già più volte citata, in quanto comporta l’effetto di "autonomizzare" il rapporto di garanzia rispetto al rapporto base, contrariamente a quanto accade per la fideiussione tipica.

Nè, nel caso di specie, la ricorrente ha fornito una lettura diversa della clausola contrattuale che prevede espressamente tale esclusione, salvo a sostenere che da questa non si potrebbe desumere l’altra, a favore del creditore garantito, perchè il regresso opera in un momento diverso o, meglio, successivo a quello dell’adempimento nei confronti di quest’ultimo: ciò che, però, essendo comunque un presupposto dell’art. 1952 cod. civ., comma 2, non spiega perchè, proprio nel caso di specie, il debitore avrebbe dovuto rinunciare ad un suo diritto e fa apparire come arbitraria una posizione deteriore del debitore principale, come rilevato dalla Corte d’Appello.

Viceversa, l’interpretazione data da quest’ultima rende comprensibile tale rinuncia per il fatto che, dovendo la Compagnia pagare comunque a richiesta dell’Amministrazione senza poter opporre a quest’ultima le eccezioni riservate al Raggruppamento debitore, nemmeno assumono rilevanza, nei rapporti tra garante e debitore, le eccezioni che il secondo potrebbe opporre al primo; così la rinuncia del debitore alle eccezioni che gli spetterebbero nei confronti del garante, oltre a porsi in piano di "parità" con la contestuale ritenuta rinuncia della Compagnia al diritto di opporre le eccezioni del debitore al creditore, finisce per assumere anche un suo proprio coerente significato nell’economia del complessivo assetto dei rapporti fra le tre parti coinvolte nell’operazione economica (cfr. per i caratteri strutturali e funzionali della polizza fideiussoria, da intendersi riferita ad un rapporto sostanzialmente trilatero, tra le altre Cass. n. 11261/05 e n. 23708/08).

2.2. 2- Quanto al richiamo all’art. 1957 cod. civ., contenuto nello stesso art. 5 CGA (il cui comma 3 dispone, secondo quanto riportato in ricorso: "…il termine di sei mesi di cui all’art. 1957 cod. civ., comma 1, decorre dalla data di approvazione definitiva degli atti di collaudo dei lavori o, in caso di anticipata risoluzione del contratto per fatto e colpa della Ditta obbligata, dalla data di approvazione degli atti di collaudo della parte di lavori eseguiti…") anche la sentenza richiama la giurisprudenza fatta propria dalla ricorrente, secondo cui la norma sarebbe incompatibile con il contratto autonomo di garanzia; tuttavia, evidenzia come la stessa giurisprudenza di questa Corte abbia affermato che l’art. 1957 cod. civ., non si applica al contratto autonomo di garanzia, a meno che le parti non abbiano disposto diversamente (principio che risulta ribadito e precisato da Cass. S.U. n. 3947/10).

In effetti, il problema della compatibilità della norma col carattere autonomo della garanzia si pone quando nulla in proposito è detto in contratto e solo relativamente a tale ipotesi si è registrato il contrasto giurisprudenziale tra i precedenti che ritenevano sussistere una deroga implicita (cfr., tra le altre, Cass. n. 3257/07, nonchè n. 4200/10) ed i precedenti che invece, nel silenzio del contratto di garanzia, pur qualificando questa come autonoma, ritenevano la norma comunque applicabile (cfr., già Cass. n. 10574/03, nonchè da ultimo, Cass. n. 84/2010); contrasto, al quale, tra l’altro, ha inteso porre rimedio il citato intervento delle Sezioni Unite, che ha escluso la possibilità della deroga implicita, ritenendo la norma incompatibile, di regola e salvo diversa pattuizione, con il carattere autonomo della garanzia.

Il principio espresso da ultimo dalle Sezioni Unite non può essere applicato nel senso preteso dalla ricorrente, vale a dire che, argomentando da esso in contrario, si dovrebbe escludere il carattere autonomo della garanzia quando le parti abbiano regolamentato gli oneri del creditore ex art. 1957 cod. civ.. Ed invero va ribadito che la norma, in quanto espressione di un’esigenza di tutela del fideiussore che può essere considerata meritevole di protezione anche in caso di garanzia non accessoria (cfr. Cass. n. 10574/03 e succ., sul punto non confutate da Cass. S.U. n. 3947/10), può trovare nel contratto di garanzia una regolamentazione non incompatibile con l’autonomia di quest’ultima, e la valutazione di tale compatibilità va fatta in concreto da parte del giudice del merito chiamato ad apprezzare la portata delle clausole contrattuali.

Nel caso di specie, tale apprezzamento risulta compiuto ed il suo risultato, in termini di compatibilità in concreto, non forma oggetto di censura; quest’ultima, infatti, per come detto sopra, si limita a richiamare genericamente un principio giurisprudenziale non applicabile al caso di specie.

2.2. 3- Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sopravvenuta pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte ha reso inattuali gran parte dei precedenti di cui si era avvalsa Fondiaria per suffragare i motivi dell’appello incidentale e che risultano trascritti in ricorso.

In particolare, risulta superato, quanto meno con riferimento alla polizza fideiussoria (quale è quella di specie, e quale è stato il contratto fatto specificamente oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite) il principio per il quale -poichè la caratteristica fondamentale del contratto autonomo di garanzia, che vale a distinguerlo dalla fideiussione, non consiste tanto nel fatto che il garante non possa opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale quanto nella funzione diversa dalla fideiussione (che garantisce l’adempimento di un debito altrui), di assicurare al beneficiario la disponibilità di una determinata somma di denaro- tale funzione dovrebbe risultare esplicitamente dal contratto con l’impiego di specifiche clausole, non essendo all’uopo sufficiente un patto di rinunzia del fideiussore a far valere subito determinate eccezioni, e specificamente essendo inidonea allo scopo la clausola del pagamento "a semplice richiesta" o "a prima richiesta" (cfr.

Cass. n. 6823/01, n. 4637/02, n. 10574/03, n. 52/04, tra le altre;

ed, ancora, di recente Cass. n. 5044/09).

L’indirizzo contrario è nel senso che l’inserimento di clausole del genere valga di per sè a qualificare il negozio de quo come contratto autonomo di garanzia, essendo incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza la fideiussione (Cass. n. 3552/1998, in motivazione; n. 6757/01; n. 412/07, n. 3257/07; n. 14853/07; n. 11890/08, in motivazione). Le sezioni unite hanno ritenuto di dover dare continuità a quest’ultimo orientamento, "così che la clausola "a prima richiesta e senza eccezioni" dovrebbe di per sè orientare l’interprete verso l’approdo alla autonoma fattispecie del Garantievertrag, salva evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto altro della convenzione negoziale" (Cass. S.U. n. 3947/10, seguita da Cass. n. 19736/11).

Ne segue che, una volta interpretata la clausola dell’art. 5 come contenente una rinunzia del garante ad opporre le eccezioni riservate al debitore – secondo quanto detto sopra, anche in ragione dell’individuazione da parte del giudice di merito dello scopo in concreto perseguito dalle parti contrattuali – non sarebbe stato necessario individuare ulteriori apposite clausole finalizzate all’indicazione specifica della funzione riservata al contratto;

correttamente, quindi, la Corte d’Appello ne ha tratto la conclusione dell’autonomia della garanzia prestata da Fondiaria.

3.- Gli argomenti ed i principi di diritto sopra esposti vanno richiamati con riguardo al primo motivo del ricorso incidentale proposto da ICLA, col quale si denunciano il vizio di violazione di legge ex art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, relativamente alle medesime norme fatte oggetto di censura da parte della ricorrente principale, nonchè insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, coincidente con quello indicato dal ricorrente principale; ed, ancora, si denuncia il vizio di omessa pronuncia per non essersi la Corte d’Appello pronunciata sulle specifiche doglianze sollevate da ICLA con riguardo alla qualificazione del contratto come contratto autonomo di garanzia effettuata dal Tribunale.

Va qui ribadito che l’interpretazione data dal giudice di merito alle clausole 5 e 6 CGA non è in contrasto con i canoni interpretativi dell’art. 1362 cod. civ., e segg., ed è adeguatamente motivata, per le ragioni esposte sopra. Quanto all’ulteriore argomento, che la ricorrente incidentale, e non anche la principale, trae dal testo del secondo comma dell’art. 5 CGA (che prevede che il garante dovesse dare avviso del pagamento alla Ditta obbligata, "senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest’ultima, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento stesso"), esso, pur non considerato dal giudice a quo, non pare affatto decisivo nel senso di confermare la natura accessoria della garanzia sostenuta dalla ricorrente incidentale: anzi, si tratta di clausola spesso ricorrente proprio in polizze fideiussorie che, venute all’attenzione della giurisprudenza, sono state qualificate in termini di garanzia autonoma (cfr. Cass. n. 3964/99, n. 8324/01); la necessità dell’avviso al debitore principale non è stato ritenuto ostativo alla configurazione del rapporto garante – beneficiario come svincolato dal rapporto tra beneficiario e garantito, proprio in ragione dell’irrilevanza del consenso di quest’ultimo al pagamento (ed apparendo inconsistente la distinzione che la ricorrente incidentale pone tra eccezioni "in merito al pagamento stesso" ed eccezioni in merito alla richiesta del creditore assicurato).

4.- Col secondo motivo di ricorso principale è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, con riferimento all’art. 1375 cod. civ., nonchè omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento ad un fatto decisivo della controversia (legittimità o meno della rescissione contrattuale e, conseguentemente, della escussione della garanzia).

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’exceptio doli, che Fondiaria aveva già sollevato in primo grado e ribadito con l’appello incidentale, per illegittimità della rescissione, sotto il profilo della non corrispondenza al vero della circostanza che, dopo il fallimento della mandataria, le altre imprese associate non avrebbero comunicato tempestivamente il loro intendimento di riprendere e proseguire i lavori oggetto dell’appalto; ragione, quest’ultima, posta dal Ministero appaltante a fondamento della rescissione in danno del contratto di appalto.

4.1.- Giova premettere che non è qui in discussione l’ammissibilità in astratto dell’eccezione, quanto piuttosto la ricorrenza in concreto della situazione che la garante ne ha posto a base, con riguardo al contratto di appalto e quindi alla legittimità del provvedimento di rescissione (da cui è conseguita l’attivazione della polizza per la restituzione delle anticipazioni già corrisposte dall’ente appaltante, secondo lo schema del c.d. repayment bond o advance payment bond).

Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe preso in considerazione il contenuto del provvedimento di rescissione nella parte in cui attesta l’intendimento della Ferrocemento Recchi S.p.A. (d’ora innanzi "Ferrocemento") di proseguire nell’esecuzione dei lavori: affermazione, questa, che trova smentita nell’esame di tale attestazione fatta a pag. 5 della sentenza impugnata, che da altresì atto della comunicazione di Ferrocemento con nota del 30 aprile 1999.

Il testo del decreto ministeriale del 13 settembre 1999 (provvedimento di rescissione), considerato dal giudice unitamente alle circostanze di fatto della mancata nomina di una nuova mandataria da parte del Raggruppamento di imprese (malgrado il tempo trascorso tra il relativo invito, del 5 marzo 1999, e la data della rescissione) e della cessione del ramo d’impresa da Ferrocemento a Condotte (circostanze, entrambe, valutate dalla p.a. nel citato provvedimento), ha condotto la Corte ad escludere che fosse talmente tanto manifesta l’illegittimità della rescissione, da poter reputare la richiesta di pagamento come rivolta al garante "in modo abusivo o fraudolento". Si tratta di un accertamento in punto di fatto, sul quale la motivazione appare completa e coerente, avuto riguardo ai documenti sottoposti ad esame, comunque immune dal vizio di omissione come sopra lamentato.

La motivazione anzidetta è, altresì, sufficiente al rigetto dell’exceptio doli generalis seu praesentis, da intendersi come limite funzionale all’operatività della garanzia autonoma, rappresentato dall’abuso del diritto da parte del beneficiario, che si verifica qualora la richiesta appaia fraudolenta e con esclusione della buona fede del beneficiario (cfr. Cass. n. 10864/99, n. 14239/04, n. 5997/06, n. 26262/07).

4.2.- La ricorrente critica inoltre le decisioni del giudice di merito di rigetto dell’istanza di riunione col giudizio pendente tra le parti del contratto di appalto per l’accertamento dell’illegittimità della rescissione e dell’istanza di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione dell’altro (sospensione, la cui ammissibilità è stata espressamente esclusa dalla Corte d’Appello proprio in ragione del carattere autonomo della garanzia, di cui si è ampiamente detto: cfr. pag. 5 della sentenza), sostenendo che, a seguito di tali rigetti, avrebbe finito per "dichiarare legittima la successiva rescissione del contratto disposta dal Ministero in danno alla appaltatrice".

La censura è infondata poichè la Corte di merito non ha affatto accertato (nè ha inteso accertare) la legittimità della rescissione. Questo accertamento è mancato, non solo perchè non oggetto del giudizio, nemmeno in via incidentale, ma anche perchè questione, in sè, estranea alla delibazione connessa all’exceptio doli, come sopra intesa. Presupposto della fondatezza dell’eccezione è che sia evidente, certo ed incontestabile il venir meno del debito garantito per pregressa estinzione dell’obbligazione principale o per altra causa, ovvero l’inesistenza del rapporto garantito:

l’accoglimento dell’eccezione avrebbe presupposto la prova, da fornirsi dal garante, dello scopo fraudolento dell’attivazione della garanzia da parte del Ministero beneficiario (cfr., sull’obbligo del garante di fornire la prova certa ed incontestata dell’esatto adempimento del debitore ovvero della nullità del contratto garantito o illiceità della sua causa: Cass. n. 917/99, n. 3964/99, n. 10652/08, n. 29215/08). La mancanza del carattere fraudolento od abusivo della richiesta di pagamento ha costituito oggetto di un accertamento di fatto, su cui congruamente si è intrattenuta la sentenza impugnata; gli elementi di fatto dei quali la ricorrente assume la mancata considerazione da parte del giudice di merito (tempi e modalità di svolgimento del procedimento di rescissione dell’appalto; tempi tecnici minimi per la riorganizzazione del Raggruppamento e la nomina di nuova capogruppo dopo il fallimento della mandataria; valutazione negativa da parte del Ministero della intervenuta cessione del ramo di azienda da parte di Ferrocemento;

mancanza di urgenza della conclusione dei lavori in capo all’Amministrazione), in quanto tutt’al più valutabili ai fini del giudizio sull’illegittimità della risoluzione contrattuale, non sono, per ciò soltanto, tali da potersi ritenere decisivi al fine di ribaltare le conclusioni raggiunte dal giudice in punto di mancanza dell’abuso del beneficiario: questo va riferito all’istanza rivolta al garante, e non può certo dirsi sussistente solo in ragione della (asserita) illegittimità del provvedimento che costituisce la fonte dell’obbligazione di restituzione garantita con la polizza fideiussoria; l’accertamento dell’illegittimità, contrariamente a quanto sostenuto da Fondiaria, non è pregiudiziale alla decisione sulla exceptio doli. L’abusività della richiesta della garanzia, ai fini dell’accoglimento dell’exceptio doli, deve risultare prima facie (cfr. Cass. n. 3552/98) o comunque da una prova c.d. liquida, cioè di pronta soluzione (cfr., sull’obbligo del garante di fornire la prova certa ed incontestata dell’esatto adempimento del debitore ovvero della nullità del contratto garantito o illiceità della sua causa: Cass. n. 3964/99; n. 10652/08); nel caso di specie, una situazione probatoria siffatta è stata esclusa con motivazione logicamente ineccepibile; pertanto, non sussiste il vizio denunciato ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

Inammissibile è, infine, in questa sede il riferimento fatto dalla ricorrente al provvedimento di fermo amministrativo, che la stessa ricorrente assume essere stato ottenuto dal Ministero appaltante in danno della Condotte, poichè, mentre è detto in ricorso che il relativo documento sarebbe stato prodotto in appello da quest’ultima società, nulla è detto sull’attività svolta al riguardo dalla ricorrente Fondiaria. Poichè si tratta di fatto che la ricorrente assume come estintivo dell’obbligazione principale, sicchè la sua considerazione avrebbe comportato la fondatezza dell’exceptio doli, per ragioni diverse da quelle di cui sopra (estinzione dell’obbligazione principale per adempimento piuttosto che insussistenza dell’obbligazione di restituzione delle anticipazioni – garantita dalla polizza – per illegittimità del provvedimento di rescissione del contratto) e poichè nulla è detto in sentenza al riguardo, sarebbe stato onere della ricorrente indicare gli atti del giudizio di merito, riferibili alla medesima Fondiaria, con i quali risulterebbe mosso il rilievo in parola; in mancanza, per tale eccezione, il ricorso è inammissibile.

5.- Col terzo ed ultimo motivo del ricorso principale, è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli artt. 1247, 1251, 1945, 1955 ed agli artt. 112, 115, 134, 166, 183 e 184 c.p.c., nonchè omessa motivazione con riferimento ad un fatto decisivo della controversia (estinzione ovvero comunque limitazione della pretesa del Ministero per effetto della opposta compensazione con i controcrediti dell’ATI). La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di compensazione del credito garantito con un preteso controcredito dell’Amministrazione appaltante per lavori eseguiti e non pagati.

Orbene, anche a voler prescindere dall’incompatibilità dell’eccezione in esame con il contratto autonomo di garanzia (cfr., tra le altre, Cass. n. 10486/04, n. 11890/08), a meno che non sia riferita direttamente al rapporto garante beneficiario (cfr. Cass. n. 6728/02), la relativa operatività è stata esclusa, in concreto, dalla Corte d’Appello. In particolare, il giudice ha escluso che, nel caso di specie, il credito erariale opposto in compensazione avesse i caratteri di certezza e liquidità richiesti dall’art. 1243 cod. civ., comma 1, per la compensazione legale; ha escluso altresì che fosse di facile e pronta liquidazione onde provvedervi in sede giudiziale, ai sensi del secondo comma della norma citata.

Quanto al primo aspetto, ha escluso un riconoscimento di debito da parte dell’Amministrazione appaltante, evidenziando come questa abbia sostenuto di avere interamente pagato i lavori eseguiti e come abbia contestato le riserve iscritte dalla curatela del fallimento della capogruppo mandataria SAILEM S.p.A.; e ciò è sufficiente per l’inoperatività della compensazione legale (cfr., da ultimo, Cass. n. 16120/09, n. 13208/10).

La ricorrente vi oppone la mancata ammissione di CTU, richiesta allo scopo di determinare il credito opposto in compensazione, così finendo per avallare – come correttamente detto in sentenza – il giudizio di illiquidità rilevante ex art. 1243 cod. civ., comma 1, e per suffragare la valutazione di insussistenza di credito di facile e pronta liquidazione ex art. 1243 cod. civ., comma 2, riservata al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. n. 18775/05, n. 21923/09).

6.- Gli argomenti ed i principi di diritto sopra esposti con riguardo al secondo ed al terzo motivo del ricorso principale vanno richiamati anche con riguardo ai motivi quarto e quinto del ricorso incidentale di ICLA, secondo quanto appresso.

Con il quarto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa motivazione con riferimento ad un fatto decisivo della controversia, per non avere il giudice del merito sospeso il presente giudizio ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio pendente tra le imprese appaltatrici ed il Ministero ed avente ad oggetto la legittimità del provvedimento di rescissione.

La qualificazione come autonoma della garanzia prestata con la polizza fideiussoria in forza della quale il Ministero ha agito nei confronti di Fondiaria e la ritenuta mancanza in capo a quest’ultima del diritto di sollevare eccezioni diverse dall’exceptio doli comportano che non sia configurabile, per le ragioni esposte sopra, la pregiudizialità posta dalla ricorrente incidentale a fondamento dell’invocata richiesta di sospensione ex art. 295 cod. proc. civ..

6.1.- Con il quinto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1243, 1247, 1251, 1945 e 1955 e degli artt. 112, 115, 183 e 184 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, per omesso esame del motivo di appello con il quale ICLA aveva opposto in compensazione i controcrediti vantati dalle società costituenti l’ATI nei confronti dell’Amministrazione appaltante, assumendo che il Ministero avrebbe riconosciuto nel proprio atto introduttivo l’esecuzione di lavori per oltre L. trentanove miliardi e che a tale importo si sarebbero dovuti andare ad aggiungere gli ulteriori crediti del Raggruppamento in dipendenza delle riserve apposte sullo stato finale dei lavori dalla curatela del fallimento della mandataria SAILEM. Richiamato quanto detto sopra sub 5, sulla correttezza della decisione di rigetto dell’eccezione di compensazione, si deve aggiungere che la motivazione della sentenza, in punto di mancato riconoscimento del credito da parte del Ministero (per lavori eseguiti e non pagati), non presenta affatto il profilo di illogicità lamentato dalla ricorrente incidentale. Ed, invero, la sentenza da atto del fatto che il Ministero avrebbe riconosciuto l’esecuzione dei lavori per l’ammontare indicato in atti, ma ne avrebbe altresì sostenuto l’integrale pagamento, così contestando il relativo credito; inoltre, la sentenza impugnata da atto del fatto che il Ministero nemmeno avrebbe riconosciuto la fondatezza della riserve apposte dalla curatela SAILEM: l’una e l’altra contestazione sono, in sè, idonee a far ritenere insussistente, così come ritenuto dal giudice di merito, il requisito della certezza e liquidità del credito opposto in compensazione richiesto per l’accoglimento della relativa eccezione.

Le ulteriori doglianze della ricorrente incidentale sul mancato accoglimento dell’istanza di CTU avanzata dalle parti in causa sono, così come quelle della ricorrente principale, inammissibili in sede di legittimità poichè contrastanti con l’apprezzamento in punto di non facile e pronta liquidazione del controcredito effettuato dal Tribunale e confermato dalla Corte d’Appello, con motivazione adeguata e sufficiente. Vanno pertanto rigettati anche i motivi quarto e quinto del ricorso incidentale di ICLA. 7.- Il primo motivo del ricorso incidentale di Condotte è relativo a violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., e segg., e dell’art. 1711 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3.

La ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per avere ritenuto infondata l’eccezione sollevata da Condotte secondo cui la polizza fideiussoria avrebbe vincolato soltanto SAILEM, in quanto quest’ultima l’avrebbe sottoscritta in proprio e non quale rappresentante del raggruppamento.

Sostiene la ricorrente che sarebbe irrilevante che nel contratto si sia fatto riferimento all’ATI ed all’appalto per cui è causa, in quanto parte obbligata e firmataria, in proprio, vi figurerebbe soltanto la SAILEM e questa sarebbe stata priva di poteri rappresentativi e, perciò, non avrebbe potuto vincolare i soggetti non rappresentati. La mancanza di poteri rappresentativi risulterebbe dal regolamento di mandato prodotto in giudizio, specificamente dal testo dell’art. 6 relativo alle "Garanzie fideiussorie per la Committente", che avrebbe previsto che la fideiussione avrebbe dovuto essere stipulata (quindi firmata) da parte di tutte le imprese del raggruppamento e che la mandataria avesse il potere di "concordare" le condizioni della garanzia, previo benestare delle mandanti, che non sarebbe stato dato. Per di più, l’art. 6 avrebbe disposto nel senso di una responsabilità pro quota delle mandanti nei confronti degli istituti fidejubenti.

Secondo la ricorrente, la qualità di mandataria di SAILEM sarebbe valsa soltanto nei confronti della Committenza, non anche nei confronti della Compagnia assicuratrice, rispetto alla quale avrebbe potuto impegnare le mandanti soltanto spendendo la procura.

La sentenza è criticata per violazione dell’art. 1362 cod. civ., e segg., con riferimento all’interpretazione del contratto di fideiussione e del regolamento di mandato; nonchè per violazione dell’art. 1711 cod. civ., per non aver lasciato a carico di SAILEM la sottoscrizione della polizza, esorbitante dai limiti del mandato.

7.1.- Va trattato congiuntamente il secondo motivo del ricorso incidentale di ICLA, col quale è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’Appello omesso di pronunciarsi sul suo secondo motivo di appello incidentale riguardante il difetto di legittimazione attiva della chiamante in causa nei confronti di ICLA. Secondo la ricorrente, sarebbe stato privo di riscontro l’assunto di Fondiaria secondo cui l’impegno assunto nei suoi confronti con la stipula della polizza di fideiussione per cui è causa gravava su tutte le imprese costituite in Raggruppamento in via tra loro solidale a semplice richiesta; in particolare, esso sarebbe stato smentito dal testo dell’art. 6 CGA che avrebbe posto un impegno di rimborso a carico della sola ditta obbligata, ovvero della SAILEM in proprio.

La ricorrente critica la sentenza impugnata perchè avrebbe omesso di valutare e di motivare sul punto in contestazione, ed avrebbe altresì omesso di pronunciarsi sulla consequenziale richiesta di estromissione avanzata da ICLA. 7.2.- Evidentemente connesso, e quindi da esaminare insieme ai precedenti, è il terzo motivo del ricorso incidentale di ICLA, con cui è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., e segg., dell’art. 1951 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, nonchè vizio di motivazione; con questo mezzo si critica la sentenza impugnata nella stessa parte (relativa all’efficacia della polizza) già criticata da Condotte, con il motivo di ricorso incidentale di cui al precedente punto 7. Ribadisce ICLA che il contratto di garanzia sarebbe stato sottoscritto da SAILEM, in persona del suo amministratore unico, anche ai sensi dell’art. 1341 c.c., senza fare alcun riferimento alla ATI e quindi senza spendere assolutamente la propria qualità di mandataria; che tale dato di fatto, pur riscontrato dal giudice di merito, sarebbe stato comunque male interpretato in violazione degli artt. 1362 e 1366 cod. civ.; che i risultati interpretativi sarebbero stati inoltre in contrasto con il regolamento di mandato, che regolava i rapporti interni tra le imprese costituitesi in associazione temporanea; che quest’ultimo avrebbe previsto che le garanzie fideiussorie sarebbero state prestate con un unico atto dalle imprese in proporzione delle rispettive quote di competenza e che la mandataria le avrebbe dovute concordare previo benestare delle mandanti; che in atti non vi era prova nè dei poteri rappresentativi della capogruppo nè di un assenso che a questa sarebbe stato dato dalle mandanti per la stipula della fideiussione; che SAILEM aveva il potere di impegnare le mandanti nei confronti della Committente, non anche della Fondiaria, sia per previsione contrattuale sia perchè, in presenza di un’ATI, ciò che rileva nei rapporti con i soggetti terzi è l’autonomia delle imprese riunite, di talchè qualora con i terzi agisca la capogruppo mandataria, occorrerebbe rifarsi alle norme sul mandato.

8.- I motivi non sono meritevoli di accoglimento.

Va preliminarmente affrontata la questione della spendita, nel contratto di garanzia stipulato con Fondiaria, da parte di SAILEM, dei propri poteri rappresentativi, quale capogruppo dell’ATI SAILEM – GAMBOGI, CO.GE.I e ICLA. Premesso che l’accertamento, in concreto, se vi sia stata o meno la contemplatici domini, involgendo la necessità di indagini su elementi di fatto, è compito istituzionalmente devoluto al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici o errori di diritto (cfr. Cass. n. 18441/05, n. 25247/06), va rilevato che la motivazione della sentenza impugnata dice:

che la sottoscrizione della polizza deve essere interpretata come riferita al contenuto della polizza stessa (avendo la SAILEM "sottoscritto la polizza fideiussoria nel contesto in cui la polizza si colloca");

che nell’apposita "voce" del modulo contrattuale utilizzato vi è indicata l’"ATI Sailem, Gambogi, Cogei, Tela quale obbligata" e quindi "il soggetto indicato, all’apice del documento, come obbligato era … l’associazione e non la Sailem in proprio";

nel contratto, oltre il riferimento all’ATI, vi era anche l’indicazione dell’appalto garantito "cioè quello relativo ai lavori di completamento delle strutture portuali nell’area Pizzoli- Marisabella. Appalto con riferimento al quale la SAILEM compariva e compare, esclusivamente nella sua veste di mandataria dell’associazione di imprese";

non vi sono elementi ("non è dato comprendere") per ritenere che la SAILEM avrebbe agito, in seno all’appalto come mandataria dell’ATI ed, invece, in proprio, nel sottoscrivere la polizza fideiussoria riferita al medesimo appalto (in quanto "strettamente funzionale e necessariamente collegata al quadro negoziale complessivo in cui la società appariva come mandataria").

Poichè l’unico elemento sostanzialmente addotto dalle ricorrenti a sostegno del proprio assunto è dato dall’avere la SAILEM sottoscritto la polizza, così figurando in calce al contratto quale "ditta obbligata", e poichè di tale elemento fattuale la sentenza impugnata si fa carico al fine di escluderne la concludenza nel senso preteso dalle ricorrenti e lo fa con motivazione ampia, congrua e logica, non sussiste il vizio di motivazione denunciato da ICLA. Parimenti insussistente è il vizio di violazione di legge denunciato da entrambe le ricorrenti incidentali.

Il contratto è stato interpretato nel rispetto del canone fondamentale dell’art. 1363 cod. civ. e facendo corretta applicazione al caso di specie del principio più volte espresso da questa Corte, e che qui si ribadisce, per il quale in tema di mandato con rappresentanza, la contemplatici domini – che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l’imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo – deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l’impiego di formule solenni o l’osservanza di un preciso rituale, e può essere manifestata attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente (cfr. Cass. n. 18441/05 cit., nonchè Cass. n. 433/07, n. 23131/10, n. 7510/11).

Pertanto è conforme a diritto la conclusione della spendita del nome dell’ATI da parte della SAILEM che il giudice ha tratto dall’intero testo del contratto, come sopra interpretato, tenuto conto dei dati univoci e concludenti riguardanti l’ATI e l’appalto, pure esposti in sentenza.

8.1.- Infondata è altresì la censura mossa da entrambe le ricorrenti incidentali alla parte della sentenza impugnata che ha ritenuto sussistente in capo alla SAILEM, anche nei confronti di Fondiaria, il potere rappresentativo delle imprese facenti parti dell’ATI. Sul punto la sentenza si basa sulla previsione contenuta nel regolamento di mandato che "demanda alla capogruppo, non solo di sottoscrivere il contratto di appalto, ma, più ampiamente, di intrattenere (tutti) i rapporti con la committente" al fine di trame la conclusione che nei rapporti con la committenza si inseriva anche l’incombenza di prestare cauzione a garanzia della restituzione delle anticipazioni e, quindi, la stipulazione della polizza fideiussoria in alternativa alla cauzione; e ciò, in ragione del fatto che questa costituiva presupposto indispensabile per il conferimento dei lavori oggetto dell’appalto.

Le ricorrenti assumono che il potere rappresentativo della mandataria sarebbe regolato come sopra soltanto nei confronti dell’ Amministrazione committente, non anche nei confronti dei terzi, quale sarebbe Fondiaria.

L’assunto non è condivisibile, poichè attribuisce alla compagnia assicuratrice la qualifica di terzo, che, pur formalmente predicabile rispetto al contratto di appalto, di certo non è tale rispetto all’assetto degli interessi complessivamente risultante dall’intera operazione economico-giuridica che in esso trova il suo punto di riferimento. La stipulazione del contratto di garanzia -per come ben messo in evidenza dal giudice del merito e per come risulta anche da quanto detto sopra a proposito della funzione riconosciuta, non solo nella pratica degli affari, ma anche nelle norme che regolavano (e regolano) gli appalti conferiti dalla pubblica amministrazione, in genere, e quello di specie, in particolare- è funzionalmente e necessariamente collegata al contratto di appalto, rispetto al quale si pone come atto esecutivo di apposita obbligazione; tanto è vero che essa è imposta dall’ente committente e che questi assume rispetto al contratto di garanzia la qualità di terzo beneficiario (cfr. Cass. S.U. n. 3947/10 in motivazione ed i precedenti ivi richiamati).

Nel caso di specie, SAILEM aveva ricevuto irrevocabile mandato collettivo speciale gratuito con rappresentanza ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 22, e segg., affinchè, oltre che in proprio, anche in nome e per conto delle imprese costituite mandanti, non solo partecipasse alla gara ma anche, in caso di aggiudicazione, provvedesse alla stipula del contratto di appalto ed a quant’altro necessario od anche solo opportuno per l’adempimento di tutte le obbligazioni assunte con tale contratto.

Pertanto, la decisione del giudice d’appello è conforme al principio espresso da questa Corte, in un caso analogo al presente (con l’unica differenza costituita dall’applicazione, nel presente, del D.Lgs. n. 406 del 1991, artt. 22 e 23 – il cui art. 36 ha frattanto abrogato le norme della L. n. 584 del 1977, avendo peraltro riprodotto, in parte qua, il D.Lgs. n. 406 del 1991, art. 23, il testo del previgente della L. n. 584 del 1977, art. 22) per il quale "in forza della L. n. 584 del 1977, art. 22 … nel mandato conferito all’impresa capogruppo dalle altre imprese riunite, il quale attribuisce alla società mandante la rappresentanza esclusiva delle imprese mandanti, è incluso il potere di stipulare polizze fideiussorie per l’importo richiesto dal committente o, in ogni caso, di concedere garanzie, salvo che le imprese mandanti non dispongano diversamente con la scrittura privata autenticata di conferimento del mandato stesso, ai sensi del primo comma del citato art. 22, circoscrivendo cosi i poteri dell’impresa mandataria. Pertanto, ove non sussista una siffatta espressa limitazione, nel caso di inadempimento degli obblighi nei confronti del committente, garantiti da impegni fideiussori, le imprese mandanti rispondono solidalmente anche nei confronti del fideiussore e ciò in base alle norme generali in tema di mandato e di responsabilità contrattuale" (così Cass. n. 2670/08).

8.2.- Secondo le ricorrenti, nel caso di specie, vi sarebbe stata una limitazione contrattuale ai poteri dell’impresa mandataria, contenuta nell’art. 6 del regolamento di mandato, che avrebbe previsto l’esclusione del vincolo di solidarietà tra le imprese verso gli istituti fidejubenti, oltre che la stipula con unico atto di tutte le garanzie fideiussorie richieste, da prestarsi "dalle imprese".

Quanto detto sopra sull’esistenza di un mandato ai sensi del D.Lgs. n. 409 del 1991, art. 22, e segg., e sull’ampia portata del mandato in concreto conferito nel caso di specie (secondo quanto sopra riportato) rende irrilevante l’assunto delle ricorrenti secondo cui – in forza dell’art. 6 del regolamento di mandato- la polizza fideiussoria avrebbe dovuto essere sottoscritta da ciascuna delle imprese riunite, perchè la sottoscrizione della mandataria, fatta con la spendita del nome delle imprese partecipanti all’ATI, è comunque riferibile a ciascuna di queste, nel nome e per conto delle quali si è ritenuto stipulato il contratto.

Invece, l’argomento appena richiamato non sarebbe, in sè, sufficiente a superare l’ulteriore limitazione che si assume posta dal citato art. 6 ai poteri della mandataria, vale a dire quella di non vincolare le mandanti nei confronti dell’istituto fidejubente oltre le rispettive quote di competenza di cui all’art. 3 del regolamento medesimo.

Pertanto, la Corte d’Appello si sarebbe dovuta fare carico della portata e degli effetti della previsione contrattuale in parola.

Sostiene la controricorrente Fondiaria che ciò non è accaduto perchè la disposizione dell’art. 6 del regolamento di mandato e, quindi, la relativa eccezione non si rinverrebbero in alcuno degli atti di primo e/o di secondo grado di nessuna delle due ricorrenti incidentali, fatta eccezione per la comparsa conclusionale di secondo grado di Condotte, nella quale sarebbe stato fatto un cenno generico ad una "scrittura privata del 9.3.1995 (agli atti del giudizio di primo grado)… omissis…"; eccepisce pertanto l’irritualità e la novità della questione posta, per la prima volta, in sede di legittimità, sia dall’una che dall’altra delle ricorrenti incidentali.

In effetti, non si evince nè dal ricorso incidentale di Condotte nè da quello di ICLA che in alcuno degli atti dei precedenti gradi di giudizio l’una e/o l’altra abbiano fatto riferimento alcuno al citato art. 6 del regolamento di mandato e/o abbiano sollevato l’eccezione di inoperatività del vincolo della solidarietà in loro danno ed a favore della Fondiaria in forza appunto di detta previsione contrattuale.

Orbene, proprio in ragione del fatto che la sentenza non prende in considerazione detta specifica previsione del regolamento contrattuale, era onere delle ricorrenti incidentali, non solo allegare di avere (ri)sollevato in grado d’appello l’eccezione, (eventualmente) disattesa dal giudice di primo grado, ma anche riportare in ricorso i motivi dell’appello principale (per Condotte) ed incidentale (per ICLA), al fine di consentire a questa Corte di controllare la veridicità dell’assunto, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. Cass. n. 20518/08); in mancanza, l’eccezione in parola è da reputarsi inammissibile dinanzi a questa Corte (cfr. Cass. n. 15422/05).

Giova peraltro aggiungere che avendo SAILEM sottoscritto la polizza fideiussoria in nome e per conto delle imprese partecipanti all’ATi ed essendo costoro obbligate in solido nei confronti della committente, va applicato l’art. 1951 cod. civ., avendo Fondiaria garantito per tutte (cfr. Cass. n. 5669/01); per escludere l’operatività della regola codicistica la polizza avrebbe dovuto contenere apposita deroga. Non solo non risulta che tale deroga vi fosse, ma anzi l’art. 6 CGA, da riferirsi a tutte le imprese del raggruppamento (in quanto rappresentate in polizza dalla mandataria capogruppo), espressamente prevede l’obbligo della restituzione, a semplice richiesta della garante e senza possibilità di opporre eccezioni, delle somme corrisposte dal garante al creditore; obbligo, che, in applicazione dell’art. 1951 cod. civ., deve ritenersi gravare in via solidale nei confronti di tutte le imprese, in quanto, a loro volta, obbligate in solido nei confronti della committente.

8.3 – Da quanto sopra consegue il rigetto del primo motivo del ricorso incidentale di Condotte e del terzo del ricorso incidentale di ICLA, nonchè anche del secondo motivo di tale ultimo ricorso. Ed, invero, nel motivare secondo quanto sopra esposto, la Corte d’Appello ha finito per affrontare e risolvere, anche se non espressamente richiamando il secondo motivo dell’appello incidentale, le questioni poste da ICLA con tale motivo (integralmente riprodotto nel ricorso incidentale: cfr. nota 1 pag. 25). Quest’ultimo concerneva il preteso difetto di legittimazione attiva della chiamante in causa, Fondiaria, che aveva fondato la sua azione di regresso nei confronti di ICLA sul testo dell’art. 6 CGA della polizza fideiussoria. Le ragioni poste a fondamento del motivo di appello erano sostanzialmente coincidenti con quelle esaminate dalla Corte per decidere in merito all’efficacia della polizza (pagg. 6-8 della sentenza impugnata) considerato che con quel motivo l’appellante, censurando la sentenza di primo grado per la mancata (a suo dire) considerazione dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva, aveva sostanzialmente eccepito la propria estraneità al rapporto sostanziale dedotto in causa e posto a fondamento dell’azione di regresso. Non sussiste pertanto il vizio di omessa pronuncia (cfr. Cass. n. 10696/07, n. 20311/11).

9.- Col secondo motivo del ricorso incidentale Condotte denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345, 112 e 81 cod. proc. civ., nonchè della L. n. 104 del 1994, art. 35, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, censurando la pronuncia di inammissibilità resa dalla Corte d’Appello relativamente all’eccezione, ritenuta dal giudice "proposta per la prima volta in appello", della propria carenza di legittimazione passiva sollevata dalla società Condotte perchè la cessione del ramo di azienda del 21 luglio 1999 da Ferrocemento (subentrata alla incorporata Gambogi, partecipante all’ATI cui la polizza fideiussoria è riferita) a Condotte non si era perfezionata per l’opposizione della stazione appaltante Ministero dei Lavori Pubblici formulata con decreto del 1 settembre 1999.

Sostiene la ricorrente che sarebbe errato il riferimento all’art. 345 cod. proc. civ., per i seguenti motivi:

a) i giudici di secondo grado avrebbero erroneamente inteso l’eccezione sollevata dalla ricorrente, riferendola alla validità/efficacia dell’atto di cessione nei confronti del committente, piuttosto che alla posizione di Condotte all’interno del giudizio, quale legittimo contraddittore del Ministero e della Fondiaria;

b) l’eccezione non si sarebbe potuta ritenere "nuova" ai sensi dell’art. 345, poichè già proposta in primo grado, sia pure in relazione all’impossibilità di ritenere vincolate le mandanti per la sottoscrizione della polizza da parte della sola mandataria; il difetto di legittimazione in capo a Condotte non sarebbe mai stato neanche contestato dal Ministero; e ciò anche in altre vicende processuali tra le stesse parti;

c) l’eccezione in parola rientrerebbe tra quelle rilevabili d’ufficio ai sensi del menzionato art. 345, in quanto inerente alla legitimatio ad causam, vale a dire alla titolarità del potere e dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa e quindi ad una condizione dell’azione.

10. Col terzo motivo del ricorso incidentale, evidentemente connesso, Condotte ripropone censure analoghe, sotto il diverso profilo del vizio di motivazione "in ordine alla inammissibilità dell’eccezione".

I motivi non sono meritevoli di accoglimento.

La Corte d’Appello non ha condiviso la tesi dell’appellante secondo cui si sarebbe trattato di un’eccezione di difetto di legittimazione passiva rilevabile anche d’ufficio. E’ pervenuta a tale conclusione, che ha comportato la declaratoria di inammissibilità dell’eccezione, considerando che, secondo l’assunto della stessa appellante, non vi sarebbe stata una sua estraneità alla vicenda, ma soltanto il mancato perfezionamento nei confronti del Ministero appaltante del contratto di cessione in base al quale era subentrata a Ferrocemento e che, pertanto, proprio in ragione di tale cessione, sarebbe stata astrattamente individuata come una delle parti (quale cessionaria della società Ferrocemento che aveva incorporato l’originaria assicurata Gambogi) nei confronti delle quali Fondiaria avrebbe dovuto rivolgere le sue domande. Sulla scorta di tali rilievi, il giudice d’appello ha ritenuto che la questione non fosse di rito, e riguardante la legittimazione passiva della convenuta chiamata in causa, bensì di merito, circa la validità/efficacia del contratto di cessione del ramo d’azienda, inammissibile in appello perchè introdotta in violazione dell’art. 345 cod. proc. civ..

10.1.- La decisione impugnata è corretta, in quanto conforme al principio di diritto più volte affermato da questa Corte per il quale la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell’azione diretta all’ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall’azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza. Ne consegue che, a differenza della legitimatio ad causam (il cui eventuale difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio), intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l’eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non è rilevabile d’ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulata (così, da ultimo, Cass. n. 14177/11, nonchè, tra le più recenti, Cass. n. 11284/10 e ord. n. 27426/09, oltre a Cass. n. 20819/06, citata nella sentenza impugnata).

Il principio non trova smentita nelle massime citate dalla ricorrente poichè queste si riferiscono all’autentica questione di legittimazione, vale a dire a quella che si pone con riferimento alla titolarità affermata dall’attore, non a quella realmente esistente.

Nel caso di specie, pertanto, a fronte della titolarità del rapporto controverso affermata da Fondiaria nei confronti di Condotte, in forza della cessione del ramo d’azienda compiuta nei confronti di quest’ultima da parte di Ferrocemento, sarebbe stato onere della chiamata in causa eccepire tempestivamente, quindi sin dal primo grado di giudizio, l’inefficacia dell’atto di cessione; e ciò, tenendo conto della sua stessa prospettazione, che fa riferimento ad una (non meglio precisata) inefficacia a causa dell’opposizione ministeriale risultante dal provvedimento di rescissione dell’appalto del 13 settembre 1999, già intervenuto alla data dell’atto di chiamata in causa in primo grado – ed a prescindere dalla (dubbia) fondatezza nel merito dell’eccezione nei rapporti tra la cessionaria e la compagnia di assicurazioni, prima della "retrocessione" della partecipazione alla commessa, cui era riferita la garanzia, da Condotte a Ferrocemento, risultante da atto autenticato nelle sottoscrizioni dal Notaio Lepri del 17 giugno 2002 (sopravvenuto, quindi, alla chiamata in causa in primo grado effettuata da Fondiaria nei confronti di Condotte, perciò tutt’al più rilevante ex art. 111 cod. proc. civ., con riguardo al rapporto processuale già regolarmente instaurato).

Le argomentazioni che precedono confutano i rilievi della ricorrente richiamati alle lettere a) e c) del superiore punto 9.

Quanto al rilievo di cui alla lettera b), risulta dal tenore del medesimo che la questione in parola venne posta per la prima volta in appello e non venne mai posta in primo grado così come invece formulata in appello; l’eccezione proposta affrontata e decisa nel primo grado di giudizio era stata infatti quella della legittimazione passiva della società Condotte rispetto alla domanda di regresso di Fondiaria sotto il diverso profilo della asserita mancata sottoscrizione, in nome e per conto della dante causa (Gambogi, quale impresa del Raggruppamento) della sua dante causa (Ferrocemento, nella quale Gambogi era stata incorporata), della polizza fideiussoria; questione, già esaminata trattando del primo motivo del ricorso incidentale.

11.- Rigettati i ricorsi, principale ed incidentale, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo quanto al rapporto processuale tra la Fondiaria ed il Ministero controricorrente;

ritiene invece il collegio che sussistano giusti motivi per compensare le spese tra Fondiaria e le controricorrenti e ricorrenti incidentali Condotte ed ICLA, nonchè tra quest’ultima ed il Ministero.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta; condanna Fondiaria SAI S.p.A. al pagamento in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 14.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.; compensa le spese del giudizio di cassazione tra le altre parti.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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