Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-07-2011) 24-10-2011, n. 38355

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lucca, giudice d’appello, assolto l’imputato dal delitto di ingiurie in danno di P. V., ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 29 ottobre 2008 dal Giudice di pace di Castelnuovo Garfagnana, appellata da R.A., che l’aveva dichiarato responsabile dei delitti di lesioni in danno del P. e di ingiurie in danno di B.F.M..

Ricorre per cassazione il prevenuto deducendo violazione di legge per non aver il giudice d’appello ritenuto la nullità della sentenza del Giudice di pace in quanto, seppur fosse stata depositata in un termine superiore ai quindici giorni stabiliti dalla L. n. 274 del 2000, art. 32, inderogabilmente, non ritenendosi applicabili le disposizioni dell’art. 544 c.p.p., e quindi avendo il giudice irritualmente stabilito un termine di deposito più lungo, non gli era stato notificato l’avviso di deposito della sentenza, con conseguente nullità del provvedimento.

Deduce poi vizio di motivazione sulla responsabilità, con riferimento all’asserita erronea valutazione delle emergenze processuali circa l’attendibilità delle testimonianze a carico. Il ricorso è inammissibile, innanzitutto quanto alla doglianza di natura processuale, manifestamente infondata.

Le disposizioni del D.Lgs. n. 274 del 2000, al di la dell’indicazione del termine di deposito della sentenza in giorni 15, non regolano espressamente il caso in cui la motivazione si presenti complessa, ipotesi più rara nei relativi procedimenti, ma non improponibile, se si considera che il Giudice di pace tratta procedimenti in cui vengono sentiti e valutati anche in numero elevato testimoni di accusa, pubblica e privata, e della difesa su vicende, seppur di ridotto spessore criminale, ma molto complesse per l’intrecciarsi di rapporti interpersonali difficili da dipanare. Si rende quindi applicabile il disposto dell’art. 544 c.p.p., non compreso dall’art. 2 c.p.p., del fra le disposizioni del codice inapplicabili nel procedimento davanti al Giudice di pace. Peraltro, la funzione dell’indicazione del c.d. termine lungo per il deposito della sentenza è quel la di rendere noto e certo alle parti l’inizio del termine loro concesso per l’impugnazione della sentenza, e non si riflette sulle condizioni di validità del provvedimento. In concreto poi il R. non riesce a dimostrare quale interesse avesse ad un’ulteriore informazione sul deposito della sentenza posto che risulta dal verbale che era presente, il 29 ottobre 2008, alla lettura del dispositivo contenente l’indicazione del termine di 90 giorni per il deposito della motivazione, essendo così al corrente che il giudice si era riservato un termine che scadeva il 27 gennaio 2009, e che per lui il termine per l’appello sarebbe scaduto il 13 marzo 2009. Essendo stato depositato in termini l’appello, sottoscritto il 12 marzo 2009 sia dal difensore che dal prevenuto, il ricorrente non deduce che avrebbe dovuto proporre personalmente ed esclusivamente l’impugnazione in un diverso termine e quindi non chiarisce, a fronte di un appello proposto regolarmente dagli aventi diritto, quale interesse avrebbe avuto a dedurre la pretesa nullità.

Ad avviso del Collegio il ricorso è inammissibile anche in punto di responsabilità, in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto ed all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal Tribunale.

Nel caso in esame, difatti, la pronuncia ha ineccepibilmente osservato che la prova del fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza delle persone offese, la cui credibilità è adeguatamente argomentata, e nel sostegno a quelle di P. che poteva trarsi dalla documentazione medica sulle lesioni, mentre sul punto dell’attendibilità della B.F. nonostante un’asserita scarsa conoscenza dell’italiano, il giudice d’appello ha adeguatamente e logicamente motivato.

Nè possono condurre a diversa conclusione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., le indicazioni contenute nel ricorso sulla possibilità di leggere in modo difforme certuni risultati probatori, che non possono comunque essere considerate da questa Corte, alla cui funzione istituzionale è estranea la possibilità di sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito. Anche perchè non c’è elemento, per quanto determinante, che può essere letto fuori dal contesto probatorio in cui è inserito e soltanto i giudici di merito hanno la possibilità di valutare complessivamente ed esaurientemente tale contesto.

La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perchè la Corte di cassazione non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica:

insomma, se sia esauriente e plausibile.

All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 500,00.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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