Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
N.R.M. proponeva innanzi al giudice di pace di Pantelleria opposizione all’ordinanza emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Trapani, con la quale le era stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 11.372,23 per la violazione della L. n. 164 del 1992, art. 29 avendo ella indicato nella denuncia di produzione delle uve, per la vendemmia del 1995, 21,75 q.li di uva in più rispetto alla capacità produttiva del fondo.
La Prefettura di Trapani resisteva all’opposizione, chiedendone il rigetto.
Con sentenza del 13.6.2006 il giudice di pace accoglieva l’opposizione, sotto il profilo preliminare dell’estinzione dell’obbligazione di pagamento per decorso del termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c. e conseguentemente annullava l’ordinanza opposta.
L’appello proposto dalla Prefettura innanzi al Tribunale di Palermo, si chiudeva con declaratoria d’incompetenza per territorio in favore del Tribunale di Marsala, innanzi al quale la causa era riassunta dalla Prefettura di Trapani.
Con sentenza del 2.10.2009 il Tribunale di Marsala accoglieva l’appello e confermava l’ordinanza d’ingiunzione opposta, ritenendo che il termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 decorresse dal nulla osta dell’A.G. alla contestazione dell’illecito amministrativo. Ciò in quanto si trattava di illecito accertato dalla Guardia di Finanza nell’esercizio delle proprie attribuzioni di Polizia giudiziaria, ed essendo l’organo accertatore tenuto al segreto d’ufficio fino all’autorizzazione del titolare delle indagini.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre N.R.M., formulando due motivi d’impugnazione.
La Prefettura di Trapani resiste con controricorso tramite l’Avvocatura generale dello Stato.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, artt. 50, 101 e 307 c.p.c., artt. 125 e 132 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
Sostiene parte ricorrente che il ricorso in riassunzione innanzi al Tribunale di Marsala e il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione non è stato notificato in alcun modo alla N., nè personalmente, nè presso il domicilio eletto, nè presso la cancelleria del giudice adito. Soggiunge, richiamandosi a Cass. S.U. n. 458/00, che in ogni caso, ai sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c., la notificazione dell’atto di riassunzione si sarebbe dovuta effettuare personalmente alla parte appellata (non essendosi quest’ultima costituita in quel grado), e non presso il domicilio eletto per il giudizio di primo grado. Di conseguenza, deve essere dichiarata l’estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine di sei mesi dalla comunicazione del deposito della sentenza del Tribunale di Palermo.
1.1. – Il ricorso è fondato.
Premesso che in tema di opposizione a sanzioni amministrative le regole speciali dettate per il giudizio di primo grado non possono ritenersi automaticamente estensibili anche a quello d’appello, in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso (Cass. S.U. n. 23285/10), va osservato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il procedimento di secondo grado relativo all’impugnazione di una pronuncia del Tribunale riguardante un’opposizione a ordinanza ingiunzione si deve svolgere, nel regime applicabile a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 secondo le regole generali del processo ordinario, sicchè il procedimento stesso deve essere introdotto mediante atto di citazione tempestivamente notificato alla parte appellata e non con ricorso. Tuttavia, ove la parte abbia proposto l’impugnazione nella forma irrituale del ricorso, essa, per ottenere l’effetto dell’utile radicamento del contraddittorio, è tenuta a notificare tempestivamente alla controparte l’improprio atto introduttivo unitamente al decreto di fissazione d’udienza, del quale ultimo provvedimento è suo esclusivo onere acquisire conoscenza, informandosi presso la cancelleria, la quale non è tenuta ad alcuna comunicazione relativa, alla stregua di quanto invece è previsto dalla disciplina di altri riti (Cass. nn. 3058/12 e 5826/11).
Tali regole, applicabili alla fattispecie in quanto soggetta ratione temporis al nuovo testo della L. n. 689 del 1981, art. 23 risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 e vigenti fino all’abrogazione disposta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, sono state disattese nel caso in esame.
Infatti, come emerge dal fascicolo di secondo grado – cui questa Corte può accedere trattandosi della verifica di un fatto processuale – l’atto di riassunzione del giudizio d’appello, erroneamente proposto con le forme del ricorso, non risulta essere stato notificato in alcun modo all’odierna ricorrente, con la conseguenza che il giudizio di secondo grado si è estinto per mancata riassunzione nel termine massimo di legge innanzi al giudice indicato come competente.
2. – L’accoglimento del primo motivo assorbe, nell’ordine, l’eccezione, proposta alla pubblica udienza dal Procuratore generale presso questa Corte, di nullità della sentenza impugnata per mancata indicazione in essa dello svolgimento del processo (nei limiti necessitati alla comprensione dei fatti rilevanti, ai sensi della legge n.69/09), e il secondo motivo di annullamento, concernente la questione inerente alla contestazione dell’illecito.
3. – In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio e il giudizio d’appello deve dichiararsi estinto.
4. – Considerata l’oggettiva opinabilità, all’epoca della riassunzione del giudizio d’appello, della quaestio iuris riguardante la forma del relativo atto introduttivo, sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, dichiara estinto il giudizio d’appello e compensa integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
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