Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-07-2011) 04-11-2011, n. 39782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza dell’8.2.2011 il Tribunale di Caltanissetta, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa confronti di O.S. dal Gip del tribunale di Enna, in data 26.1.2011, in relazione ai reati di detenzione illegale di arma e di detenzione di arma clandestina.

Preliminarmente il tribunale evidenziava che a seguito di perquisizione effettuata dalla polizia all’interno della masseria dell’ O. veniva rinvenuto nella camera da letto un fucile da caccia, marca Beretta calibro 12, con matricola che presentava evidenti segni di alterazione, nonchè, una cartucciera con dodici cartucce calibro 12. Nell’azienda agricola di pertinenza dell’indagato venivano trovati due mezzi agricoli risultati di provenienza furtiva ed un terzo mezzo con matricola cancellata.

Quanto alla configurabilità dei reati contestati, nell’ordinanza impugnata si precisava che il fucile non risultava censito alla banca dati delle armi legalmente detenute e che il tentativo di alterazione della matricola, consistente in una manomissione mediante azione meccanica di limatura delle lettere e dei numeri e nella impressione delle ultime due cifre con caratteri difformi dagli altri, consentiva di ritenere il reato di detenzione di arma clandestina. Del resto, l’indagato in sede di convalida dell’arresto aveva ammesso gli addebiti.

Quanto alle esigenze cautelari, il tribunale sottolineava la gravità del fatto e la personalità dell’indagato alla luce di quanto accertato (armi e mezzi di illecita provenienza). L’inadeguatezza della misura meno afflittiva richiesta veniva ritenuta in ragione della predetta pericolosità e tenuto conto che la documentazione sanitaria prodotta non attestava, allo stato, una condizione di incompatibilità con la detenzione in carcere.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei difensori di fiducia, l’indagato.

Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione In ordine alla sussistenza del reato di detenzione di arma clandestina, piuttosto che di arma comune da sparo. Lamenta, quindi, il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui alla L. n. 365 del 1937, art. 5.

Con il terzo e quarto motivo il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alle sussistenza della esigenze cautelari ed alla valutazione in ordine alla inadeguatezza di una misura cautelare meno afflittiva di quella applicata. Il tribunale, infatti, avrebbe dovuto valutare che trattandosi di persona sostanzialmente incensurata l’indagato potrebbe ottenere il beneficio della sospensione condizionale.

Inoltre, la documentazione sanitaria prodotta dimostra una condizione di salute del ricorrente incompatibile con il regime carcerario.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto deve essere dichiarato inammissibile.

Le dedotte violazioni si sostanziano nella mera riproposizione delle doglianze poste a fondamento del riesame sulle quali il tribunale ha compiuto una valutazione approfondita nella quale ha preso ampiamente in considerazione le argomentazioni difensive alle quali ha risposto con un percorso argomentativo esente dai vizi dedotti.

Quanto alla sussistenza del reato di detenzione di arma clandestina, invero, nell’ordinanza impugnata ha evidenziato come il tentativo di alterazione della matricola consistente nella azione meccanica di limatura delle lettere e dei numeri e nella impressione delle ultime due cifre con caratteri difformi dagli altri, consentisse di ritenere il reato di detenzione di arma clandestina, rilevando, altresì, che la circostanza che si trattasse di canne intercambiabili con eventuale numero di matricola diverso da quello della bascula, non poteva elidere la rilevanza dei segni evidenti di manomissione della matricola della bascula.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen., per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle vantazioni riservate al giudice di merito.

Per quel che riguarda la valutazione delle esigenze cautelari, come è noto, il giudizio prognostico relativo al pericolo di recidiva deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto, indicative dell’inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie, alla personalità dell’indagato, da valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziari, all’ambiente in cui il delitto è maturato, nonchè alla vita anteatta dell’indagato, come pure di ogni altro elemento compreso fra quelli enunciati nell’art. 133 cod. pen.. A detti elementi, all’evidenza, il giudice può fare riferimento congiuntamente o alternativamente.

Deve essere, altresì, ricordato che l’insussistenza delle esigenze cautelari è censurabile in sede di legittimità soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795, 06/02/1996, rv. 204014).

Orbene, la motivazione della ordinanza impugnata sullo specifico punto contestato dal ricorrente si sottrae alle censure che le sono state mosse perchè ha ampiamente esplicitato, con argomenti logici e coerenti, le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere sussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura, nonchè, l’adeguatezza della misura della custodia in carcere in considerazione della gravità dei fatti accertati. Inoltre, il tribunale ha considerato, anche ai fini della possibilità della concessione del beneficio della sospensione condizionale, che la diminuente del fatto di lieve entità di cui alla L. n. 865 del 1967, art. 5, non è applicabile in ipotesi di arma clandestina richiamando l’orientamento di questa Corte secondo il quale la clandestinità costituisce una qualità dell’arma tale da attribuirle una particolare pericolosità per l’ordine pubblico – attesa l’impossibilità di risalire alla sua provenienza, alle sue modalità di acquisizione, ai suoi trasferimenti – cui consegue la inapplicabilità della diminuente in parola (Sez. 1, n. 14624, 06/03/2008, Vespa, rv. 239905).Del resto, tanto rappresenta una specificazione del più generale principio per il quale l’attenuante della lieve entità del fatto, di cui alla L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5, dovendo essere commisurata a tutti i parametri di un potere discrezionale, può essere negata anche per le componenti oggettive e soggettive del fatto diverse da quelle della qualità e quantità delle armi (Sez. 1, n. 7927, 02/07/1997, Martino, rv. 208266).

Peraltro, la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena (S. U., n. 1235, 28/10/2010, Giordano, rv. 248866).

Sul punto relativo alla valutazione delle condizioni di salute il ricorso non è autosufficiente.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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