Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-05-2012, n. 7170 Revisione dei prezzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’esecuzione dell’appalto stipulato il 16 dicembre 1989 dal Comune di Agira e da R.G., capogruppo dell’Associazione temporanea con l’impresa R.D., per la costruzione d’un centro per la valorizzazione, esposizione e vendita di prodotti tipici locali per l’importo di L. 1.089.849.440, lavori consegnati per l’esecuzione il 15 gennaio 1990, l’appaltatorè, prima di dare inizio agli stessi, aveva denunciato al committente l’esistenza, nel progetto, di errori nel computo dei costi trasfusi nella proposta dell’appaltante per l’appalto dell’opera.

Tra le parti del contratto venne concordato che i lavori sarebbero proseguiti con diritto dell’appaltatrice di "iscrivere riserve in ordine ai costi eccessivi, riserve che furono poi apposte in numero di tre.

Con la riserva numero uno era chiesto un sovrapprezzo delle armature di sostegno e delle casseformi dei pilastri rastremati, dati gli errori contabili contenuti nell’offerta per Euro 11.968,58 (L. 23.174.440); con la numero due, erano domandate integrazioni dei prezzi per le travi di copertura dell’edificio costruito, pari ad Euro 86.316,47 (L. 167.132.000) e con la numero tre, era richiesto il pagamento dei ponteggi usati per l’esecuzione della copertura dell’edificio oggetto dell’appalto per Euro 23.272,39 (L. 45.061.632).

Complessivamente il R. domandava, quindi, in relazione alle indicate riserve, il pagamento di Euro 121.559,44, pari a L. 249.808.298 e, dopo inutili tentativi di transigere la controversia, notificava al Comune di Agira atto di citazione in data 5 novembre 1997, convenendolo dinanzi al Tribunale di Nicosia che, con sentenza n. 203 dell’8 novembre 2005, accoglieva parzialmente la sola domanda di cui alla riserva numero uno, rigettando le altre e condannando il committente a pagare all’attore Euro 7.411,59 (L. 14.350.840), oltre interessi, con compensazione parziale delle spese di causa. Il rigetto delle altre domande di pagamento per i maggiori prezzi delle casseformi delle travi e dei pilastri della costruzione e dei ponteggi di servizio per eseguire la copertura dell’edificio era fondato dal tribunale sul rilievo che l’appaltatore era tenuto a verificare il progetto e i costi preventivati dal committente con l’offerta di gara, che aveva accettato, partecipando ad essa.

Soltanto all’omesso controllo dei prezzi proposti dalla stazione appaltante dall’Associazione aggiudicataria dei lavori, erano dovuti i maggiori esborsi di cui si chiedeva il. pagamento con l’azione giudiziaria, che quindi doveva essere rigettata.

Il gravame del R. nella qualità contro la sentenza di primo grado alla Corte d’appello di Caltanisetta è stato respinto, con spese a carico dell’appellante, perchè la revisione prezzi, nell’appalto pubblico, è consentita solo per eventi sopravvenuti, imprevisti e imprevedibili nella fase della formulazione dell’offerta, nessun rilievo avendo gli errori di calcolo del committente nell’offerta di gara, come causale che possa giustificarla.

Per la cassazione di tale sentenza del 17 giugno 2009 non notificata alle parti, è stato proposto ricorso di unico articolato motivo notificato il 21-26 luglio 2010 da R.G., titolare dell’impresa capogruppo dell’A.T.I. con R.D., cui resiste, con controricorso notificato l’11 – 12 ottobre successivo, il Comune di Agira; entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

L’unico motivo di ricorso denuncia erronea applicazione dell’art. 1664 c.c., in materia di revisione prezzi, e violazione della L.R. siciliana 10 agosto 1978, n. 35, art. 31 e della L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 14, in ordine all’error in quantitate, di cui agli artt. 1429 e 1430 c.c., con disapplicazione dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, anche per illogica e contraddittoria motivazione su un fatto controverso, decisivo per il giudizio.

Il ricorrente ripercorre la sentenza di merito per la quale, ai sensi della normativa sugli appalti di opere pubbliche, non può aversi revisione prezzi dell’appalto se non per variazioni di essi successive alla presentazione della offerta, tanto che il R.D. 25 maggio 1895, n. 350, all’art. 21, regolava il modo di stabilire nuovi prezzi non contemplati nel contratto.

I nuovi prezzi erano possibili, se approvati dal committente e sempre che per la norma di legge richiamata sopra, fosse stato necessario eseguire "una specie di lavoro non preveduta dal contratto o adoperare materiali di specie diversa o provenienti da luoghi diversi da quelli preveduti dal medesimo".

Per la pronuncia oggetto di ricorso, nessun aumento dei prezzi può consentirsi negli appalti di opere pubbliche, se non sia stato imprevedibile alla data della formazione del consenso; nel caso, invece, lo stesso R. collegava la sua richiesta di incremento del prezzo dei lavori al solo errore di calcolo nel computo della base d’asta dal committente, situazione irrilevante per la revisione o l’aumento dei prezzi della cui inadeguatezza doveva essere consapevole l’appaltatore.

Quest’ultimo con l’uso della ordinaria diligenza nella presentazione della sua offerta per partecipare alla gara, poteva rilevare l’erroneo computo dei prezzi dell’appalto, essendo inapplicabile comunque l’art. 1664 c.c., in ragione del solo errore di calcolo non riscontrato dall’impresa nel l’accettare l’offerta di cui al bando.

Il richiamo ai corrispettivi previsti nei tariffar regionali di cui all’offerta non tiene conto della loro incongruità originaria, derivata dalla particolare complessità esecutiva delle opere, che di certo erano al di fuori delle normali tipologie edilizie.

Il Comune di Agira, ad avviso del ricorrente, ha violato il R.D. 29 maggio 1895, n. 350, art. 1, la L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 14 e la L.R. siciliana 29 aprile 1985, n. 21, art. 5, che impongono al committente il massimo di esattezza e scrupolosità nella formazione dei prezzi dell’appalto già nel bando di gara.

Pur essendo gli enti locali vincolati per la L.R. siciliana 10 agosto 1978, n. 35, art. 31, ad adeguarsi al prezzario regionale, la norma consente scostamenti da questo, analiticamente determinabili, se dovuti a ragioni obiettive, come quelle indicate nel R.D. n. 350 del 1895, art. 20 e nella L. n. 741 del 1981, art. 14, che consentono variazioni dei prezzi anche in aumento.

Ai sensi del R.D. n. 350 del 1895, art. 54, possono farsi valere compensi aggiuntivi rispetto a quelli concordati, purchè tempestivamente inseriti nella contabilità dei lavori (si cita Cass. 2 aprile 2008 n. 8512) e sempre che essi siano stati indicati come causae petendi delle riserve del R. e delle sue successive domande.

Nel caso le domande del ricorrente al comune si sono sempre fondate sull’errore di calcolo di cui all’art. 1430 c.c.. I tre quesiti di diritto a chiusura del motivo di ricorso chiedono di accertare: a) che la adozione di corrispettivi unitari del prezzario regionale, senza tenere conto della peculiari difficoltà esecutive dei lavori e senza discostarsi da tale prezzario, comporta violazione della L.R. siciliana n. 35 del 1978, art. 31 e L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 14; b) che il mancato discostamento dal corrispettivo del prezzario regionale dei lavori aveva dato luogo a un errore di calcolo che dava diritto all’appaltatore di ottenere l’annullamento dell’appalto ai sensi degli artt. 1429 e 1430 c.c.; c) in sub ordine, che le difformità dei prezzi adottati rispetto a quelli sopportati per le difficoltà di esecuzione dei lavori avevano dato luogo alla domanda di pagamento per cui costituiva errore di calcolo incidente sulla validità dell’appalto quello dedotto in causa.

2. Il ricorso è in parte inammissibile e nel resto infondato. Il richiamo agli artt. 1429 e 1430 c.c., contenuto nella impugnazione si fonda su un errore – vizio incidente sull’appalto per il quale si è chiesta la rettifica del prezzo del contratto, e si introduce, quindi, per la prima volta in cassazione, una causa diversa dal chiesto aumento di prezzo risultante dalle riserve prospettata nel merito.

Dinanzi al tribunale e alla corte d’appello, il R. ha sempre e solo evidenziato i maggiori costi subiti per le difficoltà di esecuzione dei lavori e denunciato gli errori esistenti nell’offerta di appalto, così collegando la domanda alla disciplina degli appalti pubblici e delle circostanze sopravvenute e imprevedibili che possono determinare, entro i limiti di legge, la revisione dei prezzi e dare diritto all’appaltatore ad un incremento dei corrispettivi a lui spettanti nel corso dei lavori.

Nello stesso ricorso sono riportati i riferimenti alla L. 20 marzo 1865, n. 2348, all. F e al R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 21, oltre che all’art. 20 dello stesso regolamento, cui rinvia la L. n. 741 del 1981, art. 14 e alla legislazione nazionale sulla revisione prezzi, cioè al D.Lgs.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, art. 1 e D.Lgs.C.P.S. 15 luglio 1947, n. 763 ratione temporis applicabili, oltre che all’art. 1664 c.c. e della L.R. n. 35 del 1978, art. 31, sui prezzari applicabili nei lavori pubblici in Sicilia.

I problemi posti nel merito sono stati quelli connessi ai maggiori prezzi emersi nella esecuzione dei lavori per la loro difficoltà, mentre, nel giudizio di legittimità, il ricorrente prospetta l’errore di calcolo quale vizio del consenso, di cui agli artt. 1429 e 1430 c.c., invocando norme sull’errore vizio del consenso, cui si riferiscono i quesiti conclusivi del motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

In sostanza o il quesito conclusivo ha riferimento a norme che non sono relative alla questione controversa e come tale è inidoneo a evidenziare il principio di diritto da applicare rispetto a quello violato, rendendo inammissibile il ricorso (S.U. 30 ottobre 2008 n.ri 26014 e 26020), ovvero introduce una domanda nuova per la prima volta in sede di legittimità, da ritenere quindi preclusa (Cass. 30 settembre 2011 n. 19982 e 15 luglio 2009 n. 16541).

Per i due profili indicati il ricorso è inammissibile, e per la parte in cui tende a denunciare violazioni di legge della sentenza di merito, per avere negato il diritto alla revisione dei prezzi, in mancanza di elementi imprevedibili che la giustifichino, è infondato, ai sensi della normativa già richiamata anche dal ricorrente sui pubblici appalti (sulla revisione prezzi negli appalti pubblici, cfr., tra altre, le recenti Cass. 26 ottobre 2011 n. 22333, 14 ottobre 2011 n. 21222 e S.U. 25 novembre 2008 n. 28042).

3. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi e, per la soccombenza, le spese del giudizio di cassazione devono porsi a carico del ricorrente, liquidandosi in favore del controricorrente nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio di cassazione al controricorrente, spese che liquida in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

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