Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-04-2011) 07-11-2011, n. 40127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La Corte di Appello di Napoli, con ordinanza deliberata il 22 marzo 2010 e depositata il 7 maggio 2010, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, ha disposto, su richiesta del PM della sede, la revoca del condono concesso a S.P., ai sensi della L. 31 luglio 2006, n. 241, relativamente alle pene inflitte al medesimo con sentenze emesse rispettivamente il 13 maggio 2004 ed il 22 luglio 2009 dal GIP del medesimo tribunale, siccome colpevole di reati commessi rispettivamente il (OMISSIS), e ciò a ragione del rilievo che il S., il 19 maggio 2007, e quindi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della L. 31 luglio 2006, n. 241 (1 agosto 2006), aveva commesso un delitto non colposo (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) per il quale aveva riportato condanna (sentenza della Corte di Appello di Napoli del 21 aprile 2008, divenuta irrevocabile il 5 maggio 2009) ad anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, e quindi a pena detentiva non inferiore a due anni.

1.1 – In particolare, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto infondate le argomentazioni difensive secondo cui la revoca dell’indulto doveva ritenersi sostanzialmente preclusa dalla mancata impugnazione per cassazione del provvedimento di applicazione dell’indulto, affermando al riguardo, che "la commissione del nuovo reato" costituiva un "evento sopravvenuto al provvedimento concessorio" e che nel caso in esame non poteva venire utilmente invocato il principio del "ne bis in idem", nè poteva fondatamente sostenersi che il condannato non avesse avuto consapevolezza di aver "usufruito" dell’indulto, operando tale causa di estinzione della pena, ipso iure, all’atto stesso della concessione del provvedimento di demenza.

2. – Avverso tale provvedimento il S., per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendone l’illegittimità per violazione di legge, sostanziale e processuale, non avendo il giudice dell’esecuzione, in particolare, adeguatamente considerato che per il nuovo delitto non colposo commesso entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge che ha concesso l’indulto – evento che ha dato causa alla revoca del beneficio – il ricorrente aveva subito condanna divenuta definitiva prima che il GIP del Tribunale di Napoli, con ordinanza del 5 novembre 2009, applicasse l’indulto alle pene inflitte con le due sentenze di condanna emesse rispettivamente il 13 maggio 2004 ed il 22 luglio 2009, con la conseguenza che la mancata tempestiva impugnazione di detta ordinanza, che erroneamente aveva applicato l’Indulto pur in presenza di una causa di revoca, precludeva, conformemente a quanto già ritenuto da questa Corte in una fattispecie non dissimile (Sez. 1, Sentenza n. 749 del 01/02/2000, dep. 16/05/2000, imp. Cici, Rv. 216077) "l’accoglimento di una successiva istanza del pubblico ministero intesa a far valere la medesima ragione di revoca".

Motivi della decisione

1. – Il ricorso proposto nell’interesse di S.P. è fondato e merita accoglimento.

1.1 – Come da tempo chiarito da questa Corte (in termini, Sez. 1, Sentenza n. 19752 del 28/03/2003, dep. il 28/04/2003, imp. Cali, Rv.

223850, ed in senso conforme, Sez. 1, Sentenza n. 15462 del 31/03/2010, dep. il 22/04/2010, imp. Jouini, Rv. 246842) "in presenza di una già operante e riconoscibile causa di revoca dell’indulto, è legittima e doverosa la mancata applicazione del beneficio atteso che, altrimenti, il medesimo, una volta applicato, o dovrebbe essere subito dopo revocato, con inutile dispendio di attività giurisdizionale, o non sarebbe più revocabile, con evidente violazione della legge che, quando ne sussistano le condizioni, prevede invece la revoca come obbligatoria". 1.2 – Alla luce di tali principi, una volta accertato, in fatto, che contrariamente a quanto genericamente affermato dal giudice dell’esecuzione, "la commissione del nuovo reato" non costituiva, in effetti, "un evento sopravvenuto al provvedimento concessorio", ove si consideri che: l’applicazione dell’indulto al S. è stata disposta con ordinanza del 5 novembre 2009; il nuovo delitto non colposo, risulta commesso il (OMISSIS) e la condanna a pena detentiva non inferiore a due anni riportata dal ricorrente per lo stesso è divenuta esecutiva il 5 maggio 2009, deve senz’altro riconoscersi che illegittimamente l’adora giudice dell’esecuzione (il GIP del Tribunale di Napoli) aveva applicato al ricorrente l’indulto, pur in presenza di una causa di revoca.

Ciò posto, a ragione da parte del ricorrente si sostiene – conformemente al principio già enunciato da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 749 del 01/02/2000, dep. 16/05/2000, imp. Gei, Rv.

216077) in un caso analogo e rispetto al quale non si registrano effettivi mutamenti giurisprudenziali, in quanto i precedenti massimati come difformi, si riferiscono, in realtà, a provvedimenti applicativi dell’indulto emessi in sede di cognizione e non già in sede esecutiva – che una L volta divenuto definitivo il provvedimento applicativo dell’indulto, al nuovo giudice dell’esecuzione, era precluso, in forza del generale principio del "ne bis in idem" operante, in quanto compatibile, anche nel procedimento esecutivo, vanificarne gli effetti, disponendone la revoca, sulla base di elementi preesistenti.

1.3 – Nè possono condividersi le pur articolate argomentazioni svolte dal Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta, il quale, muovendo dal preliminare e condivisibile rilievo dell’esistenza di una ontologica diversità tra concessione dell’indulto e la sua revoca, approda tuttavia a conclusioni in palese contrasto con il riferito consolidato orientamento di questa Corte, laddove afferma che "nulla osta a che venga concesso un indulto anche in presenza delle condizioni per la sua revoca"; affermazione questa, che finendo col teorizzare la legittimità di un’attività giurisdizionale che questa Corte ha invece definito "un inutile dispendio di attività giurisdizionale", appare configgere, oltretutto, con elementari regole di economicità dei giudizi e con il principio, di rango costituzionale, della ragionevole durata del processo.

2. – Da tali considerazioni discende, in conclusione, che l’ordinanza della Corte di Appello di Napoli, va annullata senza rinvio e che va disposta la trasmissione degli atti al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli, per il corso ulteriore.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli, per il corso ulteriore.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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